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intervista su - Snowdonia.it

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Ristampe<br />

A Broken conSort - Box of Birch<br />

(tompkinS SquAre, mAG 2009)<br />

Gen e r e: p s y c h fo l k<br />

Come moniker, A Broken Consort è una scelta<br />

sottile che dice molto del <strong>su</strong>o autore. Come termine<br />

strettamente legato alla musica inglese indica<br />

un ensemble composto da strumenti di diversa<br />

estrazione, in voga nel periodo barocco del tardo<br />

diciassettesimo secolo. A Broken Consort però è<br />

anche letteralmente un Consorte Spezzato e qui il<br />

riferimento è all’amata Louise, scomparsa nel 2004<br />

e da allora chimera e musa malinconica delle astratte<br />

geometrie musicali di Richard Skelton.<br />

Box Of Birch era stato stampato inizialmente in<br />

pochissime copie, in una tiratura di 28, con confezione<br />

boxata contenente semi e fiori di betulla raccolti<br />

dalle parti intorno West Pennine Moors, nella<br />

campagna inglese e rilasciato individualmente da<br />

Richard tram<strong>it</strong>e la <strong>su</strong>a private press, Sustaine-Release,<br />

al prezzo di niente. Un regalo per esorcizzare i<br />

propri demoni e un affare estremamente personale<br />

quindi. Una seconda edizione in tiratura di 100 e<br />

con dedica individuale con cartoncino e artwork di<br />

Louise, appare <strong>su</strong>b<strong>it</strong>o dopo, ma è ancora un affare<br />

per pochi selezionati ascoltatori. Josh Rosenthal si<br />

invaghisce del disco e ora lo ristampa <strong>su</strong> Tompkins<br />

Square, con artwork e musica completamente rinnovati.<br />

Per l’occasione infatti Richard riprende le composizioni<br />

e le rielabora, con tanto di mastering ex novo.<br />

Ergo il disco che viene pubblicato in questi giorni<br />

è una sorta di remake del precedente. Un lavoro<br />

minuzioso ed elegante. Vengono regalate nuove profond<strong>it</strong>à<br />

alle nubi malinconiche di A Sundering Path e<br />

viene aumentato il registro romantico degli archi di<br />

Weight of Days. Il ri<strong>su</strong>ltato finale è ancora più denso<br />

e struggente e <strong>su</strong>lla scia di Marking Time sempre<br />

più in direzione di una nuova classica romantica.<br />

(8/10)<br />

Antonello comunAle<br />

AA. vv. - not Given liGhtly - A<br />

triBute to the GiAnt Golden Book<br />

of new zeAlAndS AlternAtive muSic<br />

Scene (morr muSic, mAG 2009)<br />

Gen e r e: in d i e po p<br />

Un curioso tributo questo doppio cd della Morr:<br />

a leggere il t<strong>it</strong>olo nella versione breve i destinatari<br />

sembrerebbero i VU (i quali c’entrano ma fino a un<br />

certo punto), in realtà l’etichetta berlinese nel secondo<br />

disco celebra se stessa con 16 tracce ined<strong>it</strong>e<br />

dei <strong>su</strong>oi gruppi, mentre nel primo attraverso più o<br />

meno le stesse bands omaggia la scena indie neozelandese<br />

degli anni ‘80.<br />

Detto così sembra più di una stranezza, ma in realtà<br />

l’oggetto del tributo annovera tra i fan nomi quali<br />

Sonic Youth (a propos<strong>it</strong>o di VU...), Pavement<br />

e Yo La Tengo; e soprattutto le canzoni mer<strong>it</strong>avano<br />

questa riscoperta.<br />

Quella che dà il t<strong>it</strong>olo<br />

al disco partiva proprio<br />

da un verso di Venus In<br />

Furs ed era opera di quel<br />

Chris Knox che dai newyorchesi<br />

prendeva il gusto<br />

per il dimesso (come<br />

dimostra il fatto che la<br />

<strong>su</strong>a discografia sia stata realizzata praticamente tutta<br />

in casa). Fatta di un giro di do, una tastierina, una<br />

ch<strong>it</strong>arra macinata come <strong>su</strong> una spiaggia e la voglia<br />

di scrivere un pezzo romantico, Not Given Lightly è<br />

diventata la cosa più vicina ad una h<strong>it</strong> del <strong>su</strong>o intero<br />

canzoniere e qui è affidata a Fleischmann, che<br />

mer<strong>it</strong>a l’onore della t<strong>it</strong>le track più per la delicatezza<br />

della resa che per il fatto di essere al momento il<br />

nome maggiormente noto dell’etichetta.<br />

Tra l’apertura dei Lali Puna in buona vena e la<br />

chiu<strong>su</strong>ra affidata a Aldebaran Waltz sempre di Fleischmann,<br />

il disco si dipana lungo i <strong>su</strong>oi 34 brani senza<br />

che nel passaggio tra le covers neozelandesi e le<br />

nov<strong>it</strong>à si registrino grosse scosse (e nemmeno tra<br />

gli inev<strong>it</strong>abili alti e bassi di un disco di questa lunghezza),<br />

sia perché quei vecchi brani sono stati ri-<br />

condotti al <strong>su</strong>ono dell’etichetta sia perché quest’ultimo<br />

deve qualcosa a quella scena semidimenticata,<br />

come dimostrano l’omaggio e il modo in cui è stato<br />

realizzato.<br />

Poi certo, il <strong>su</strong>ono generalmente “morr-bido” in<br />

qualche modo tradisce la grezzaggine lo-fi e DIY di<br />

buona parte dei gruppi dell’epoca. Ma è tradimento<br />

fino a un certo punto: la fedeltà sta nell’aver riscoperto<br />

queste piccole gemme del rock sotterraneo,<br />

e dopo averle dissotterrate lustrarle un po’ è normale.<br />

(7/10)<br />

Giulio pASquAli<br />

AA. vv. - the world’S louSy w<strong>it</strong>h<br />

ideAS vol. 8 (AlmoSt reAdy, mAG<br />

2009)<br />

Gen e r e: w e i r d p u n k<br />

La serie TWLWI giunge, dopo sette episodi <strong>su</strong> formato<br />

singolo, alla <strong>su</strong>a prima usc<strong>it</strong>a <strong>su</strong> LP e lo fa radunando<br />

molti dei nomi che più contano nell’attuale<br />

panorama weird punk/sh<strong>it</strong>gaze a stelle&strisce.<br />

Fin da <strong>su</strong>b<strong>it</strong>o però sorge spontanea una domanda:<br />

se una compilation deve essere il manifesto di una<br />

scena, che senso ha mettere insieme band già abbondantemente<br />

note al potenziale pubblico, se non<br />

quello di cercare di assicurasi un numero sicuro di<br />

vend<strong>it</strong>e? Si corre il rischio di celebrare qualcosa di<br />

già affermato ed è questo l’errore in cui cade il disco<br />

in questione.<br />

Si comincia con le Vivian Girls, la cui Lake House<br />

è senz’altro il pezzo più interessante dell’intera<br />

raccolta: fresco, ispirato, coinvolgente e trasognato;<br />

da qui in poi però i toni e di conseguenza l’entusiasmo<br />

vanno scemando, a part<strong>it</strong>e da Blank Dogs<br />

e Times New Viking che offrono dei pezzi già<br />

ampiamente sent<strong>it</strong>i e tutto sommato banali. Si riprende<br />

un po’ di fiducia con gli Intelligence ed il<br />

loro sound ormai notorio, ma sempre azzeccato ed<br />

obliquo a <strong>su</strong>fficienza per piacere; Guinea Worms<br />

e Sic Alps contribuiscono entrambi in maniera<br />

un po’ estemporanea. Poi è la volta di Thee Oh<br />

Sees, che presenziano con un pezzo immediato ma<br />

un po’ scontato, e Tyvek, che infilano un lunga <strong>su</strong><strong>it</strong>e<br />

monotona e claustrofobica nel loro tipico idioma;<br />

chiude Kevin Failure alias Pink Reason con forse<br />

l’unico brano all’altezza del pezzo di apertura. Così,<br />

anche se gli episodi buoni non sono del tutto assenti,<br />

l’impressione generale è che molte delle band<br />

coinvolte si siano lim<strong>it</strong>ate a fare il proprio comp<strong>it</strong>ino,<br />

ma nulla di più, ossequiando la regola mai scr<strong>it</strong>ta,<br />

ma costantemente rispettata, per cui “non vale la<br />

pensa bruciarsi un bel pezzo dandolo ad una compilation”.<br />

In sostanza una buona overview per chi, digiuno in<br />

materia, volesse una prima infarinatura; per tutti gli<br />

altri già svezzati, un’usc<strong>it</strong>a sostanzialmente by-passabile.<br />

(6/10)<br />

AndreA nApoli<br />

AA. vv. - BlAck rio 2 oriGinAl SAmBA<br />

Soul 1971-1980 (Strut recordS,<br />

mAr 2009)<br />

Gen e r e: s a m b a & s o u l<br />

Non sempre le seconde puntate vanno a segno nel<br />

mondo del cinema ed è teorema applicabile anche<br />

alla musica, ma che per lo più questo secondo tomo<br />

di soul e funk proveniente dal Brasile smentisce.<br />

Assemblate dopo un settennato dal predecessore<br />

sempre dal competentissimo DJ Cliffy (che delle<br />

serate acid jazz londinesi dal sapore brasiliano<br />

è figura di punta: si sente chiaro e forte), le tracce<br />

scavano ancor più in<br />

profond<strong>it</strong>à nel senso per<br />

il groove peculiare ma<br />

ballabile e stiloso, planando<br />

dr<strong>it</strong>ti dentro al cuore<br />

dei Settanta verdeoro,<br />

all’epoca in cui la giunta<br />

dispotica del generale<br />

Medici teneva sotto<br />

il proprio tallone quel che restava del movimento<br />

Tropicalista e della tradizione autoriale più controcorrente.<br />

Nello spazio tra quelle e la pista da ballo si infila(va)<br />

no dunque i diciotto artisti che sfilano qui, devoti a<br />

un torrido funk iniettato di r<strong>it</strong>mi locali e bossanova<br />

jazzata, reso popolare dalle feste tenute in quel di<br />

Rio che cercavano in qualche modo di rendere accettabili<br />

alla gioventù locale Sly Stone e James<br />

Brown. Materiale che pur non raggiungendo i vertici<br />

di genial<strong>it</strong>à di Veloso, Gil e Zé (ma Tema De<br />

Azambuja della semiomonima formazione ci s’avvicina…),<br />

piega sovente le gambe e ti ubriaca sornione<br />

(Our Sound di Guimaraes spedisce al tappeto<br />

qualsiasi Santana; semplicemente indiavolata è<br />

Renata Lu nell’acid-beat Faz Tanto Tempo); oppure<br />

sculetta sinuosa e policroma chiudendo il cerchio<br />

delle influenze reciproche (Bananeira di Emilio<br />

Santiago, Claudia e la fenomenale Salve, Rainha),<br />

talvolta scivolando in laccate sonor<strong>it</strong>à da carto-<br />

108 / Rearview Mirror Rearview Mirror / 109

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