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intervista su - Snowdonia.it

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Karachi in Pakistan, <strong>su</strong>ccessivamente trasfer<strong>it</strong>osi nel<br />

nord del New Jersey, Ilyas conserva questa sorta di<br />

abbraccio tra oriente e occidente, questo viaggio<br />

che lo ha visto spostarsi tra le sponde opposte della<br />

terra. Il <strong>su</strong>o fingerpicking conserva infatti gran parte<br />

dell’estasi mistica di un Robbie Basho, ma non è assolutamente<br />

un virtuoso.<br />

Non lo è per scelta, perché non gli interessa tanto<br />

lavorare <strong>su</strong>lla propria tecnica come valvola di<br />

espressione, come fanno appunto cultori contemporanei<br />

come Jack Rose e James Blackshaw.<br />

Ilyahs Ahmed sceglie più<br />

astrattamente la strada<br />

di una psichedelia ch<strong>it</strong>arristica,<br />

che unisce tanto<br />

le scale orientali quanto<br />

i fraseggi western degli<br />

eroi country. Dopo una<br />

pletora di pubblicazioni<br />

in proprio e <strong>su</strong> etichette<br />

di settore come Dig<strong>it</strong>alis e Time-Lag, questo Goner<br />

rappresenta il parto più lucido e compiuto fino ad<br />

ora. Registrato e mixato da Pete Swanson degli Yellow<br />

Swans, che ricopre la maggioranza del <strong>su</strong>ono di<br />

una grezza fragranza distorta, il disco si compone delle<br />

sol<strong>it</strong>e ballads acide con canto di fantasma ad aleggiarvi<br />

sopra.<br />

Di tutti i lavori pubblicati finora, questo è quello che<br />

maggiormente somiglia a Naqi il <strong>su</strong>o lavoro più distorto<br />

e rock. Earn Your Blood e Love After Love sono<br />

quasi grunge nel taglio, mentre gli episodi più cadenzati<br />

come Some Of None e Out Again sono quelli dove<br />

meglio si vede la particolare malia del <strong>su</strong>o autore, nel<br />

gioco personalissimo di far convivere Neil Young con<br />

strutture che di occidentale hanno ben poco. Si chiude<br />

con l’elegia di Ex<strong>it</strong> Twilight con Grouper alla voce,<br />

come sempre a due passi dallo scomparire in una nube<br />

di vapore.<br />

(7/10)<br />

Antonello comunAle<br />

intelliGence (the) - fAke SurferS<br />

(in the red recordS, Giu 2009)<br />

Gen e r e: G a r a G e -wa v e -<strong>su</strong> r f<br />

Più solari che mai, i The Intelligence sfruttano<br />

il post punk che hanno sempre usato – che poi per<br />

molti versi è lo stesso a cui guardano i Liars – per<br />

virarlo in un quasi sistematico r<strong>it</strong>mo in levare garagista.<br />

Si potrebbe rias<strong>su</strong>mere così Fake Surfers,<br />

disco fatto di molti picchi e qualche numero sottotono,<br />

ma in generale convincente sposalizio tra<br />

il <strong>su</strong>rf e i gom<strong>it</strong>i sbucciati delle rumorose strutture<br />

angolari a cui il combo – ormai affezionato alla compagine<br />

In The Red – ci aveva ab<strong>it</strong>uato.<br />

Sembra un cortocircu<strong>it</strong>o California-Inghilterra che<br />

dà la miccia a Tower. Così come il r<strong>it</strong>mo sostenuto<br />

di Saint Bartolomeu (come di Universal Babys<strong>it</strong>ter), se<br />

non fosse per i lamenti del synth, sembrerebbe da<br />

manuale metà Sessanta. Ma è il r<strong>it</strong>orno di fiamma<br />

dello stesso brano, dopo una pausa silenziosa, che<br />

dichiara poi una cosa importante: gli Intelligence<br />

stanno giocando, stanno esponendo, una volta per<br />

tutte, l’elemento ludico del loro fare musica. Il loro<br />

essere scanzonati punto. E tanto più interessante è<br />

questa caratteristica se in ballo sembrano esserci<br />

anche delle precise reminescenze Wire del periodo<br />

tra Pink Flag e 154 (centrato <strong>su</strong>lle loro Peel<br />

Sessions), a cui Fake Surfers fa pensare; come del<br />

resto a Swell Maps. In qualche modo i Novanta<br />

sono stati rimossi, la pietra angolare dei primi Fugazi<br />

anche, e rimane una filastrocca che potrebbe<br />

essere stata partor<strong>it</strong>a da un emule di Barrett, ma<br />

molto meno talentuoso, e cotto di mainstream Sessanta,<br />

in Warm Transfers. Le coordinate dei sempre<br />

c<strong>it</strong>ati Nuggets non sono mai state un sottofondo taciuto<br />

nelle scuderie In The Red. A partire da quelle<br />

coordinate, però, ci sembra di poter dire che sono<br />

le deviazioni che riescono meglio alla band. Cosa<br />

che hanno sempre fatto. E che qui sono rappresentate<br />

da quei brani che “fanno” qualcosa di diverso<br />

(Fuck Eat Skull e Thank You God For Fix <strong>su</strong> tutti). Sono<br />

questi gli Intelligence che preferiamo. Perché cap<strong>it</strong>o<br />

l’andazzo riescono a farci comunque drizzare le<br />

orecchie.<br />

(7/10)<br />

GASpAre cAliri<br />

interc<strong>it</strong>y - GrAnd piAno (interviStA<br />

muSic, Apr 2009)<br />

Gen e r e: e m o indie po p<br />

Un tempo c’erano gli Edwood da Brescia, oggi -<br />

stemperata la vena indie shoegaze verso una emotiv<strong>it</strong>à<br />

melodica in <strong>it</strong>aliano, sintonizzandosi <strong>su</strong> un’onda<br />

che pare montante nel Belpaese - ci sono gli Interc<strong>it</strong>y.<br />

Nel caso specifico va segnalata la peculiar<strong>it</strong>à<br />

di una proposta capace di foderarsi d’un bozzolo<br />

onirico e stralunato, con quei testi come collanine<br />

febbrili e sordidelle infilzate a mo’ di cut up, cantati<br />

con lo struggimento balzano d’un Jason Lytle ipnotizzato<br />

Rosario Di Bella.<br />

A propos<strong>it</strong>o di Grandaddy, cap<strong>it</strong>a di pensare ai<br />

loro inneschi (Odio Anversa) e alle loro palp<strong>it</strong>azio-<br />

ni prog futuristico/post-moderne (Cerbiatti), così<br />

come altrove ti sovviene l’arte pop wave-nouveau<br />

dei Notwist (Pomeriggio alcolico, Sei stata compagnia),<br />

con le ch<strong>it</strong>arre ora veementi ora impegnate<br />

in un trillare luccicoso, con le tastiere carezzevoli o<br />

acidule, il tutto casomai bagnato in un abbandono<br />

poetico e morbosetto come potrebbero i cuginetti<br />

decadenti dei Perturbazione (Caterpillar Music,<br />

Manhattan) o i nipotini svenevoli dei Marlene<br />

Kuntz (Racconti di dischi).<br />

Al momento non è una band da strapparsi i capelli,<br />

ma in questi tredici pezzi c’è una ragion d’essere<br />

tanto tenace quanto obliqua, ed è il motivo - credo<br />

- per cui attraggono oltre i loro apparenti mer<strong>it</strong>i.<br />

(7.2/10)<br />

StefAno Solventi<br />

inviSiBle (the) - Self t<strong>it</strong>led<br />

(AccidentAl, mAr 2009)<br />

Gen e r e: p o p<br />

Il trio compos<strong>it</strong>o inglese ded<strong>it</strong>o all’invisibil<strong>it</strong>à ha alle<br />

spalle un nutr<strong>it</strong>o curriculum in band (Jade Fox, Polar<br />

Bear, Gramme, Zongamin, Matthew Herbert) e<br />

come sessionmen, ed arriva all’esordio non a caso<br />

<strong>su</strong>lla Accidental di Matthew Herbert, che ha<br />

anche prodotto il disco. Non sono esattamente degli<br />

esordienti allora se li paragoniamo all’età media<br />

della maggior parte dei componenti i gruppi pop<br />

inglesi.<br />

Che di pop infatti trattasi nel loro caso, nel senso<br />

più lato ed esteso<br />

del termine. Pop ibrido<br />

rivisto e rielaborato alla<br />

luce di una sintesi postmoderna.<br />

Ecco allora che i nomi<br />

obbligati da fare sono un<br />

bel po’, dai Radiohead<br />

elettronici passando<br />

per i Portishead storici, dall’ultimo Burial e al<br />

2step alle commistioni prettamente TV On The<br />

Radio, (il nome a cui di frequente sono stati accostati<br />

negli ultimi mesi), fino alla psichedelia pop degli<br />

americani Yeasayer.<br />

E non solo: si risale agli ’80 di XTC (Constant),<br />

Scr<strong>it</strong>ti Pol<strong>it</strong>ti e Liquid Liquid, ai polir<strong>it</strong>mi alla<br />

Talking Heads mediati dall’Africa sostrato comune,<br />

e ancora ad Arthur Russell, al soul funk<br />

di Prince, alla vena melodica prettamente br<strong>it</strong> pop<br />

di ascendenza comune beatlesiana, fino ai Sonic<br />

Youth e ai Battles.<br />

Una stratificazione la loro che porta allora ad un<br />

ri<strong>su</strong>ltato per accumulo mai fine a se stesso, il pop<br />

che si reinventa inglobando una miriade di elementi<br />

ibridi. Molto più della somma delle parti.<br />

(7.2/10)<br />

tereSA Greco<br />

JAnA winderen - heAted: live in<br />

JApAn (touch muSic uk, feB 2009)<br />

Gen e r e: f i e l d re c o r d i n G s<br />

Prende in prest<strong>it</strong>o strumentazione alla scienza e<br />

materiale al paesaggio, l’arte <strong>su</strong>bacquea dell’artista<br />

Jana Winderen, abbattendo quei confini sempre più<br />

labili tra bioacustica e sperimentazione sonora.<br />

Heated - in usc<strong>it</strong>a per la Touch - è il resoconto di<br />

una performance tenutasi a Tokyo nell’ottobre del<br />

2008, due soli lasc<strong>it</strong>i per la Winderen, a breve distanza<br />

dall’esordio in 7” di Surface Runoff (Autofact<br />

2009), nonostante, sia alla luce già da tempo la <strong>su</strong>a<br />

preziosa calligrafia sonora, ricordiamo le collaborazioni<br />

con Chris Watson e CM Von Hausswollf o in<br />

Heima dei Sigur Ros.<br />

D’incredibile potenza sonora, Heated prende<br />

forma da mondi sommersi: le fonti acustiche sono<br />

state catturate attraverso un sofisticato sistema di<br />

hydrophones dall’oceano che circonda Norvegia,<br />

Groenlandia e l’Islanda e, in un secondo momento,<br />

i campioni ottenuti trattati come elementi d’orchestrazione.<br />

L’aggiunta di texture granulari, riverberi in<br />

soundscape e brontolii in drones vanno infine a recuperarne<br />

un’ident<strong>it</strong>à di <strong>su</strong>perficie giocandosi così<br />

la differenza dalle sorgenti naturali del Lopez o dalle<br />

affin<strong>it</strong>à in ambient del BJ NIlsen.<br />

Tralasciamo naturalmente l’intro in giapponese di<br />

Ya<strong>su</strong>naga Tet<strong>su</strong>do a cui ancora non troviamo un senso,<br />

i ventisei minuti in mutevole fluid<strong>it</strong>à di Heated,<br />

hanno la capac<strong>it</strong>à di aderire al corpo ed alla mente<br />

attraverso stimoli sensoriali in cui l’ascoltatore non<br />

può fare altro che rimanerne al centro lasciandosi<br />

piacevolmente meragliare.<br />

(7.3/10)<br />

SArA BrAcco<br />

JArviS cocker - further<br />

complicAtionS (rouGh trAde, mAG<br />

2009)<br />

Gen e r e: r o c k ’n’ro l l , G a r a G e<br />

“Non ho mai detto di essere profondo, ma sono<br />

profondamente vacuo”. La miglior risposta a tutte<br />

le fronti che si aggrotteranno dopo l’ascolto di Further<br />

Complications la fornisce l’Uomo in perso-<br />

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