intervista su - Snowdonia.it
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scanner<br />
16 / Tune In<br />
lascia entrare la voce<br />
A colloquio con Scanner, nome d’arte dell’artista inglese Robin Rimbaud. Due<br />
decenni passati a sperimentari <strong>su</strong> voci captate e registrazioni assemblate. Un<br />
cred<strong>it</strong>o infin<strong>it</strong>o nel mondo dell’elettronica contemporanea.<br />
- Antonello Comunale<br />
Robin Rimbaud è uno di quelli che hanno fatto<br />
il <strong>su</strong>ono contemporaneo, gli hanno dato<br />
una visione, una filosofia, un pavimento <strong>su</strong> cui<br />
poggiare. Dopo anni di presenza assidua nei circu<strong>it</strong>i<br />
più intellettuali (ed el<strong>it</strong>ari) della scena elettronica,<br />
l’artista inglese ha ormai un profilo ist<strong>it</strong>uzionalizzato<br />
e non è raro vederlo tenere lezioni o seminari<br />
in corsi di arte contemporanea. Con un disco nuovo,<br />
in usc<strong>it</strong>a in questi giorni, Rockets, Unto the<br />
Edges of Edges, si segnala un cambio di registro<br />
abbastanza evidente e si può tracciare un profilo<br />
che tenga conto di due decenni di sperimentazioni,<br />
usc<strong>it</strong>e e progetti, a cominciare dal celebre moniker:<br />
“Inizialmente il mio interesse principale stava tutto<br />
nell’archiviare, manipolare e convivere con le registrazioni.<br />
Per anni ho registrato di tutto usando walkmen, radio<br />
ad onde corte e quant’altro. Scoprì lo scanner in modo<br />
quasi accidentale verso la fine degli anni ’80 e me ne<br />
innamorai <strong>su</strong>b<strong>it</strong>o. Era proprio quello che stavo cercando.<br />
Uno strumento che fosse in grado di captare voci e<br />
segnali privati, come una chiave per accedere a segreti<br />
nascosti da qualche parte e che in alternativa non avrei<br />
mai raggiunto. Da qui ad etichettare con Scanner la mia<br />
attiv<strong>it</strong>à d’artista il passo è stato breve”. Da questa descrizione<br />
si arriva a farsi un’immagine mentale che<br />
vede Robin Rimbaud con un paio di cuffie e un’antenna<br />
in mano, intento a captare le onde radio più<br />
sperdute.<br />
Un’iconografia romantica, che a sentire le <strong>su</strong>e<br />
parole non sembra poi così distante dalla realtà: “Lo<br />
scanner è uno strumento che mi ha <strong>su</strong>b<strong>it</strong>o conquistato<br />
proprio in ragione della <strong>su</strong>a missione: captare segnali<br />
irraggiungibili altrimenti. E’ stata una piccola rivoluzione<br />
perché mi ha consent<strong>it</strong>o di entrare in connessione<br />
con frammenti di v<strong>it</strong>e che nella mia percezione hanno<br />
un peso specifico se messo in relazione con l’ambiente<br />
circostante. Con lo scanner, a seconda del luogo in<br />
cui mi trovavo, riuscivo a raggiungere voci e v<strong>it</strong>e diverse.<br />
Ero così in grado di disegnare una mappa concettuale<br />
degli ambienti, di stabilire connessioni, tracciare storie<br />
di luoghi e individui, in modo sempre unico e sempre<br />
diverso. Per questo i miei lavori sono sempre diversi e in<br />
qualche modo irripetibili”. Il concetto di narrazione è<br />
quindi centrale nell’economia del <strong>su</strong>ono dell’artista<br />
inglese. Una narrazione che si basa <strong>su</strong> pochi, ben selezionati,<br />
segnali da decifrare che messi in relazione<br />
gli uni con gli altri stabiliscono una rete di riferimenti.<br />
Qualcosa che necessariamente lavora in astratto<br />
per immagini (mentali). Forse è per questo che il<br />
cinema, e il concetto di immagine in primis, gioca un<br />
fascino particolare <strong>su</strong> Robin Rimbaud, trovatosi non<br />
a caso a sonorizzare lavori cinematografici di geni<br />
della settima arte come Michelangelo Antonioni e<br />
Jan Luc Godard: “Antonioni, in particolare il <strong>su</strong>o film<br />
L’Eclisse, è stato il cardine intorno a cui far girare il<br />
progetto 52 spaces. Il punto di base dell’opera era<br />
andare a rintracciare i punti di contatto che legano le<br />
immagini ai <strong>su</strong>oni, e di contro come questi rappresentati<br />
al cinema rivivessero e cambiassero per effetto della<br />
memoria. E’ anche un lavoro che indaga il mio ricordo di<br />
Roma, vis<strong>it</strong>ata per la prima volta insieme ad una persona<br />
a cui ero molto legato. Dopo tutto è anche un lavoro<br />
romantico, come tutti gli altri. E’ come se prendessi una<br />
cartografia di Roma e la mettessi in relazione con le<br />
immagini di Antonioni e con i miei ricordi diretti. Sono<br />
sempre stato sensibile ai personaggi di Antonioni e mi ci<br />
sono immedesimato”.<br />
Successivamente di Godard rielabora la<br />
soundtrack di Alphaville seguendo un po’ l’esempio<br />
precedente di David Shea, per poi dedicarsi sempre<br />
più al mondo delle installazioni e della sound art in<br />
generale, con artisti vi<strong>su</strong>ali come Ed<strong>it</strong>h Garcia e con<br />
coreografi come Wayne McGregor o Daniel Larreu.<br />
Insieme all’amico Stephen V<strong>it</strong>iello si dedica alla<br />
prima opera di sound-art commissionata dalle Tate<br />
Modern Gallery di Londra, fino alle sound polaroid<br />
con Richard Tonne e agli esperimenti più strambi e<br />
originali come la serie di concerti in un’unica sera<br />
condotta da una serie di Scanner che <strong>su</strong>onavano<br />
in <strong>su</strong>a assenza. “L’idea stessa della sound-art ha fatto<br />
passi avanti impensabili in questi anni. Ormai è figlia di<br />
un codice comune generalmente accettato e si trova di<br />
fronte un pubblico che è numericamente assai <strong>su</strong>periore<br />
a quello di qualche anno fa. Penso, tra l’altro, che la<br />
sound-art stia andando sempre di più in direzione di un<br />
codice universale, che non necess<strong>it</strong>à neppure di essere<br />
tradotto. Viene decodificato all’istante in qualunque parte<br />
della terra ti trovi. E’ una cosa che mi affascina enormemente.<br />
Ho lavorato a spettacoli etichettabili come<br />
sound-art per molte gallerie com il Sonic Process al Macha<br />
Barcellona, il Sonic Boom alla Hayward Gallery di<br />
Londra e al Pompidou Centre di Parigi così come alla<br />
Kunsthalle di Vienna, alla Royal Opera House e al teatro<br />
Bolshoi di Mosca. E’ un momento particolarmente felice<br />
per questo tipo di performance”.<br />
In parallelo alla <strong>su</strong>a attiv<strong>it</strong>à come “Electronic<br />
Master”, Robin Rimbaud prosegue una carriera parallela<br />
con i G<strong>it</strong>head, band più classicamente rock<br />
in compagnia di Colin Newman dei Wire e Malka<br />
Spigel dei Minimal Compact. “Con Colin e Malka è<br />
orma una ventina di anni che ci conosciamo. Siamo molto<br />
amici e ci capiamo all’istante forse proprio per que-<br />
Tune In / 17