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intervista su - Snowdonia.it

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nuovi lavori <strong>su</strong> Invada (coi Peeesseye!!) e <strong>su</strong> E.S.P.<br />

(7.2/10)<br />

StefAno pifferi<br />

tAylor deupree - weAther And<br />

worn (12k, Apr 2009)<br />

Gen e r e: e l e t t r o a c u s t i c a /am b i e n t /mi n i m a l e<br />

Mai stanco il buon Taylor Deupree, all’indomani<br />

di Live1: Mapping (2009,12k) e Sea Last<br />

(2008,12k) a cui occorre fermarsi un attimo prima<br />

d’intraprendere quest’ultimo Weather and<br />

Worn.Qualcosa di diverso dalla conosciuta elettronica<br />

organica intrapresa con Northern (2006,12k)<br />

già si premetteva nelle aperture di Sea Last.<br />

Nes<strong>su</strong>n cambio di colore, forma e disincanto alle<br />

sintesi minimali della 12k ma, l’impulso spontaneo<br />

e l’elemento d’improvvisazione da sempre motivo<br />

d’ispirazione per l’artista acquistano qui un senso di<br />

naturale apertura, adoperata alle accortezze emotive<br />

e all’intim<strong>it</strong>à (atteggiamento spesso distante negli<br />

eventi d’ambient in micro<strong>su</strong>ono).<br />

Ci sono poi le sottigliezze<br />

compos<strong>it</strong>e che, per le<br />

due tracce di Weather<br />

and Worn fanno quasi<br />

a meno della manipolazione<br />

concedendosi alla<br />

strumentazione (ch<strong>it</strong>arra<br />

acustica, kalimba e campane)<br />

e disposte a dialogare<br />

con delicati effetti in loop. Una luce per quasi<br />

dire più convenzionale ma, mai priva d’intelligenza, a<br />

guadagnarci non è tanto la <strong>su</strong>perficie al <strong>su</strong>ono quanto<br />

il carico sonoro, profondo, graffiante e tattile mai<br />

separato dai colori più caldi e cullato in una permeante<br />

dormiente atmosfera.<br />

Per il Weather and Worn in vinile che inaugura<br />

una serie della 12k di <strong>su</strong>ccessivi lasc<strong>it</strong>i in 7”, un<br />

esercizio di classe che concorre a sottolineare ancora<br />

una volta il meraviglioso approccio al silenzio<br />

di Taylor Deupree.<br />

(7.2/10)<br />

SArA BrAcco<br />

tecnoSoSpiri - i lupi (cinico<br />

diSincAnto, mAG 2009)<br />

Gen e r e: e m o po p<br />

In Italia sta nascendo, anzi è già nata, una generazione<br />

di neo-emo-melodici. Potremmo vederla come<br />

una reazione all’onda lunga - fin troppo lunga - del<br />

post rock (e del post-post-rock), quindi un r<strong>it</strong>orno<br />

al futuro anteriore canzonettaro tenendo ben accesa<br />

sia la spina dell’amplificatore che il cervello (senza<br />

scordare il cuore). I romani Tecnosospiri, che ci<br />

avevano già convinti col precedente In Confidenza<br />

(Cinico Disincanto, gennaio 2005), ribadiscono<br />

oggi il concetto col terzo lavoro I Lupi, dove colgono<br />

con lena fiorellini energici Perturbazione<br />

(Sentieri interrotti) e fragoline intossicate di nostalgia<br />

& disdegno Baustelle (Genocidio), a loro volta ben<br />

disposti verso il cantautorato popoular <strong>it</strong>aliano con<br />

qualche ammiccamento alle scorribande energiche<br />

dell’emo-core e di certo lo-fi.<br />

Ammirevole il tentativo di spalmare <strong>su</strong>ll’immediatezza<br />

talora didascalica delle melodie l’impegno dei<br />

testi, in bilico tra semplic<strong>it</strong>à accorata e poesia ad<br />

alzo zero. Talora corrono il rischio della facile retorica,<br />

ma alla fine tutto si tiene e accetti il livello<br />

del gioco. Co-producono Amerigo Verardi e<br />

Maurice Andiloro.<br />

(6.6/10)<br />

StefAno Solventi<br />

tenniScoAtS - temporAchA<br />

(room40, mAr 2009)<br />

Gen e r e: e l e t t r o a c u s t i c a<br />

Venticinque minuti e sette miniature sonore per<br />

Temporacha del duo Tenniscoats (Saya e Ueno<br />

Takashi)in usc<strong>it</strong>a per la Room40, collaborazione che<br />

non ha bisogno di presentazioni visti i ri<strong>su</strong>ltati di<br />

Totemo Aimasho (2007, Room40).<br />

Per mer<strong>it</strong>o della registrazione in lo-fi che regala<br />

imminente magia d’insieme, le essenze sonore di<br />

Temporacha non sono le sol<strong>it</strong>e ettroacustiche<br />

“paesaggistiche”.<br />

Gioioso ed elegante sono gli aggettivi che meglio<br />

calzano i field recordings e gli oggetti di contorno<br />

di Ichinichi e End Of The Day - Slight Hunger, considerati<br />

dinamici effetti delle punteggiature in armonica,<br />

accordeon e pianoforte.<br />

A Ninichime, Timeless o Hajimari/Owari - Dream Is<br />

Refreshing invece le geometrie più interessanti, questione<br />

di fonti catturate al paesaggio (canti di uccelli,<br />

rumore d’acqua e di traffico) mai trattate come trame<br />

di fondo ma in corse elettroacustiche a bordo<br />

strada e registrazioni dal benefico riverbero.<br />

Matrimoni d’ipnotica improvvisata trasposta ai<br />

bozzetti di fiabesche elettroacustiche adatte per<br />

mezz’ora di sogni dolci e amari.<br />

(6.7/10)<br />

SArA BrAcco<br />

thee oh SeeS - help (in the red<br />

recordS, Giu 2009)<br />

Gen e r e: p s y c h -po p<br />

Proprio a una delle etichette più garagy e rumorose<br />

del decennio i Thee Oh Sees di John Dwyer<br />

consegnano il loro disco più pop. Stranezze del sottobosco<br />

americano che a ben vedere tanto stranezze<br />

non sono. C’è infatti una (neanche tanto) sottile<br />

linea rossa sixty rock che attraversa carsicamente<br />

tutto il catalogo della label losangelina.<br />

Roba di cui è pieno anche<br />

questo Help, piccolo<br />

capolavoro di psychpop<br />

energico e rotondo,<br />

solare e zuccheroso, che<br />

catapulta indietro nel<br />

tempo a forza di dirompenti<br />

fuzz, coretti e intrecci<br />

vocali da sballo (i<br />

B52’s sono dietro l’angolo e se la ridono), aperture<br />

Nuggets letteralmente da circo, hillbilly retrofuturista<br />

e country deforme da Batcave anni ’80, distorsioni<br />

velvettiane e strep<strong>it</strong>oso senso della melodia acida.<br />

Su tutto, scazzo in quant<strong>it</strong>à industriali e irriverenza<br />

quanto basta; spolverare un velo di lurido stomp<br />

blues e di rumorosa e sguaiata att<strong>it</strong>udine garage ed<br />

ecco che avrete serv<strong>it</strong>o un 12 pezzi memorabile.<br />

La maturazione di TOS è ormai completa: nonostante,<br />

infatti, una bella cifra di usc<strong>it</strong>e come d’ordinanza<br />

di questi tempi, il gruppo – perché ormai<br />

di gruppo reale si tratta con Brigid Dawson (voce),<br />

Petey Damm<strong>it</strong> (ch<strong>it</strong>arra), Mike Shoun (batteria) – dimostra<br />

che questi 12 pezzi sono non solo il miglior<br />

concentrato di canzoni usc<strong>it</strong>e dai vari sotto-moniker<br />

del gruppo (OCS, The Ohsees, Orinoka Crash<br />

Su<strong>it</strong>e) ma anche che il percorso intrapreso qualche<br />

anno addietro è arrivato a compimento. È riusc<strong>it</strong>o<br />

cioè a stendere un immaginario ponte tra passato,<br />

presente e futuro in nome di un rock tanto semplice<br />

quanto irresistibile.<br />

(7.4/10)<br />

StefAno pifferi<br />

tortoiSe - BeAconS of<br />

AnceStorShip (thrill Jockey, Giu<br />

2009)<br />

Gen e r e: p o s t -ro c k<br />

La buona notizia è che i Tortoise sono tornati a<br />

sperimentare. O meglio, che sono tornati a farci fare<br />

un discorso complesso. La cattiva è il tempo che<br />

passa e la distanza da Million Now Living... che<br />

si accentua. In mezzo c’è il peso di una carriera particolare<br />

rientrata troppo presto nei ranghi. Il conio<br />

di un genere personalissimo <strong>su</strong>lla scia dei mastodonti<br />

del rock, la classica pietra angolare (Standars)<br />

a segnare lo spartiacque tra un prima e un dopo e<br />

infine la cristallizzazione.<br />

L’album omonimo (1994) era pressoché perfetto.<br />

Milions Now Living... fu l’apoteosi di cr<strong>it</strong>ica.<br />

TNT visse un po’ di rend<strong>it</strong>a ma assieme al precedente<br />

mostrò pregi e difetti e non ultimo piccoli<br />

enigmi di una formula asciutta eppure densissima<br />

di rimandi, efficacissima nel gestire il feticcio di un<br />

riff <strong>su</strong> una girandola di stili innestati alla tedesca. La<br />

normalizzazione è arrivata troppo presto, creando<br />

un vuoto in tanti sensi (il ruolo faro del combo <strong>su</strong><br />

un certo sottobosco, il senso stesso del progetto) e<br />

il classico assetto di album in serie à la Pink Floyd<br />

per grandiose tournée sembrava quasi paradossale,<br />

peraltro, troppo prematuro per essere vero. Eppure,<br />

ai tempi di It’s All Around You i Tortoise erano<br />

questo: una macchina live potentissima. Dei King<br />

Crimson per la generazione X con il classico corollario<br />

in studio: un sound perfettamente acquis<strong>it</strong>o<br />

quasi fastidioso nell’autorappresentarsi.<br />

A questa bella e confortevole bara <strong>su</strong>perlusso Beacons<br />

of Ancestorship prova a dire di no, dimostrandoci<br />

che quelli di TNT sanno ancora detonare<br />

(freddamente, ovvio) e la miccia gelida di Mc Entire<br />

2009 è lo sw<strong>it</strong>ch Lo-Fi con una produzione sporca,<br />

sporcata, mai defin<strong>it</strong>a e defin<strong>it</strong>iva. L’esaltazione<br />

è tutta per le frequenze<br />

analogiche. L’abbraccio<br />

indie che volta le spalle<br />

ai brufolosi di massa e da<br />

lì le scelte degli strumenti:<br />

moog a profusione (un<br />

divert<strong>it</strong>o trionfo analog<br />

soprattutto nella prima<br />

metà della scaletta), tocchi<br />

e r<strong>it</strong>occhi: microscopici field recording, drum<br />

machine (Penumbra), giochi in riverbero (il quasi s<strong>it</strong>ar<br />

di Gigantes). E <strong>su</strong> tutto il sound raw. L’annientamento<br />

della post produzione leccata (compreso il<br />

fake-Jarre di De Chelly) e un pensiero cattivo: indie<br />

per i Tortoise è come vincere a tavolino.<br />

Prendete Yinxianghechengqi, un t<strong>it</strong>olo degno di<br />

Aphex Twin con un sound Crimson epoca Red<br />

come se fosse prodotto da Albini anni ’80. O Monument<br />

Six One Thousand, dal groove epoca remix di<br />

Rhythms, Resolutions & Clusters, dove ci trovi<br />

i Tortoise di TNT tra hip hop e girovaghi accor-<br />

88 / recensioni recensioni / 89

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