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intervista su - Snowdonia.it

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h i g h l i g h t<br />

neokArmA Jooklo trio - time’S viBeS (conSpirAcy recordS, mAG<br />

2009)<br />

Gen e r e: p s i c h e d e l i a<br />

Made in Italy da esportazione. Questo stanno diventando o meglio… questo sono sempre stati,<br />

i Jooklo di David Vanzan e Virginia Genta. Il culto intorno alle loro diversificate espressioni con<br />

tanto di elaboratissimi e colorati vinili <strong>su</strong> Troglosound si sta lentamente espandendo all’estero,<br />

mentre in Italia ci parliamo addosso come al sol<strong>it</strong>o. Time’s Vibes, annichilisce e sorprende ad<br />

ogni traccia, come sempre. E’ stato registrato a Milano da Maurizio<br />

Abate lo scorso giugno 2008 e può a ragion veduta essere etichettato<br />

come il disco dei Jooklo dall’afflato più cosmico.<br />

Rifin<strong>it</strong>o moltissimo nei <strong>su</strong>oni, al punto che qualcosa della selvaggia alchimia<br />

live delle prove precedenti si perde, ne acquista molto in definizione<br />

della formula, ovvero una psichedelia mai così spregiudicata e<br />

conscia di se stessa. Elevation of the carpet introduce alla meraviglia con<br />

un umore d’oriente, una folata di ch<strong>it</strong>arre effettate che sanno di popoli<br />

g<strong>it</strong>ani e chincaglierie da bazar saud<strong>it</strong>i e il tappeto percussivo di una<br />

giungla africana che consiglia alla danza, allo sbattimento dei corpi, a produrre <strong>su</strong>dore e stordimento.<br />

Si distende un panorama di minareti e danze di <strong>su</strong>fi tra le trame di Strange Land con i flauti<br />

ad ipnotizzare i cobra più feroci e le visioni notturne di Night revelation animate da una ch<strong>it</strong>arra<br />

che culla teneramente r<strong>it</strong>mi e voci effettate.<br />

Quando i Jooklo cominciano a navigare intorno ai meridiani più esotici ci sono davvero pochi<br />

eguali. C’è sicuramente qualcosa del krautrock meno flemmatico e ortodosso così come la psichedelia<br />

è per forza di cose intinta nelle color<strong>it</strong>ure della word music più orientalista. Per questo<br />

a tratti possono ricordare spir<strong>it</strong>i affini come Acid Mothers Temple o Masters Musician<br />

Of Bukkake ma sono davvero paragoni di massima. I Jooklo assomigliano a loro stessi, soprattutto<br />

quando si lasciano prendere dall’andamento più dolce e circolare della trance.<br />

(7.7/10)<br />

Antonello comunAle<br />

una psichedelia minore.<br />

Nei momenti migliori (Beach Point Pleasant, Friends)<br />

i campionamenti vanno in loop e le ch<strong>it</strong>arre si sciolgono<br />

in un waa-waa caraibico/hawaiano estivo, che<br />

sa di spiaggia, <strong>su</strong>rf e bikini. C’è tutta una nostalgia<br />

della bella stagione dietro congegni malinconici che<br />

si accartocciano <strong>su</strong> tastierine più che lo-fi (Horizon),<br />

se non proprio scheletri di vecchie h<strong>it</strong> da spiaggia e<br />

ombrellone, di cui rimane giusto un r<strong>it</strong>mo elettronico<br />

e qualche ch<strong>it</strong>arrina effettata. Ducktails dissotterra<br />

una serie di polaroid di un grappolo di estati<br />

che furono, con un modus che sta a metà tra Ariel<br />

Pink e Cameron Stallones (Magic Lantern,<br />

Sun Araw).<br />

(7/10)<br />

Antonello comunAle<br />

eAt Skull - wild And inSide<br />

(SiltBreeze recordS, mAG 2009)<br />

Gen e r e: c a v e po p<br />

Ad un anno di distanza dal rumoroso debutto, tornano<br />

i ragazzi di Portland con un nuovo full-length<br />

sempre per la storica casa di Tom Lax e con esso<br />

fanno fare un passo in avanti al proprio sound. Abbandonati<br />

gli eccessi lo-fi del primo Sick To Death,<br />

infatti, il gruppo sembra mostrare una volontà<br />

di focalizzarsi <strong>su</strong> composizioni tendenzialmente<br />

più tradizionali che non necess<strong>it</strong>ano, per ri<strong>su</strong>ltare<br />

efficaci, di essere sepolte sotto quintali di sozzume<br />

sonoro.<br />

Certo c’è ancora un po’ di spazio per le distorsioni<br />

sature che avevano caratterizzato il disco d’esordio,<br />

come ben testimoniano Heaven’s Stranger e Killed By<br />

Rooms; ma sono le ballate sghembe e gli episodi insol<strong>it</strong>amente<br />

soffusi che segnano più a fondo questa<br />

seconda produzione, richiamando alla memoria le<br />

cantilene di TV Personal<strong>it</strong>ies e Clean. Questo<br />

dunque il nuovo percorso intrapreso dagli Eat Skull:<br />

pezzi più classici, sia in senso folk (Cooking A Way To<br />

Be Happy; Who’s In Control?) che in senso punk-rock<br />

(Nuke Mecca); melodie studiate senza ovviamente<br />

cadere in nes<strong>su</strong>n barocchismo (Oregon Dreaming),<br />

brani che non si vergognano di esplorare il lato più<br />

notturno del gruppo e che, nel farlo, non falliscono<br />

di certo (Talkin’ Bro In The Wall Blues; Surfing The<br />

Stairs).<br />

Può sembrare antipatico sottolinearlo ancora, ma<br />

dischi come questo sono la testimonianza di come<br />

un vero gruppo sappia andare avanti <strong>su</strong>lla propria<br />

strada, apportando le giuste modifiche pur senza<br />

snaturare il tutto, e soprattutto senza il bisogno di<br />

riciclare in eterno le buone intuizioni messe a segno<br />

nei primi singoli.<br />

(7.2/10)<br />

AndreA nApoli<br />

elfin SAddle - rinGinG for the<br />

BeGin AGAin (conStellAtion<br />

recordS, mAG 2009)<br />

Gen e r e: f o l k , t r a d i t i o n a l<br />

Jordan McKenzie ed Emi Honda sono l’ennesima<br />

coppia che farà girare la testa agli amanti<br />

del folk contaminato con la tradizione popolare.<br />

Dal loro secondo disco, Ringing For The Begin<br />

Again, promanano una spir<strong>it</strong>ual<strong>it</strong>à dal sapore biblico<br />

e un incanto da fiaba nipponica. Come accade<br />

spesso in questi casi, l’una e l’altra componente si<br />

alternano, guidate dalle<br />

ataviche melodie di Emi<br />

e da quelle più ruvide e<br />

trad<strong>it</strong>ional di Jordan. I<br />

due si scambiano spesso<br />

gli strumenti principali<br />

(percussioni, ukulele, fisarmonica),<br />

affidandone<br />

altri ad osp<strong>it</strong>i di tutto<br />

rispetto: Nathan Gage (Shapes And Sizes)<br />

a tuba e contrabbasso, Jessica Moss (Thee Silver<br />

Mt. Zion Memorial Orchestra & Tra-<br />

La-La Band) al violino e Nick Scribner alla<br />

tromba. McKenzie all’occasione <strong>su</strong>ona anche banjo,<br />

xilofono e ch<strong>it</strong>arra.<br />

Il ri<strong>su</strong>ltato è un folk vest<strong>it</strong>o a festa che va a sconfinare<br />

in terr<strong>it</strong>ori pop, <strong>su</strong>ffragato da una pulsazione<br />

energica e quasi onnipresente: a partire dalla falsa<br />

fanfara di Muskeg Parade (che sembra strizzare l’occhio<br />

agli ultimi Parenthetical Girls), passando<br />

per il drumming incendiario di The Living Light (ornata<br />

da controcanti dal profumo trobadorico), fino<br />

ad arrivare in una piazza di paese dove Emi narra<br />

un’antica leggenda giapponese (The Procession).<br />

E se il paragone con gli A Hawk And A Hacksaw<br />

sembra doveroso, gli Elfin Saddle hanno<br />

certamente l’aria più innocente dei loro colleghi<br />

americani: qui non v’è alcun intellettualismo dichiarato<br />

e la musica etnica occidentale, come quella<br />

tradizionale giapponese, sono vis<strong>su</strong>te con piacere<br />

e senza troppo impegno. D’altro canto l’immaginario<br />

evocato può vantare una personal<strong>it</strong>à non<br />

indifferente, rafforzata dall’attiv<strong>it</strong>à di artisti vi<strong>su</strong>ali<br />

(la vecchia lanterna in copertina è frutto di un’installazione<br />

realizzata con materiali di recupero).<br />

Registrato al famigerato Hotel2Tango, che da sempre<br />

osp<strong>it</strong>a i dischi Constellation, e prodotto da Efrim<br />

Menuck (Godspeed You! Black Emperor,<br />

Thee Silver Mt. Zion Memorial Orchestra<br />

& Tra-La-La Band), Ringing For The Begin<br />

Again è destinato ad entrare nel novero delle migliori<br />

usc<strong>it</strong>e di un’annata un po’ ingenerosa.<br />

(7.3/10)<br />

frAnceScA mAronGiu<br />

ent - welcome StrAnGer (preco<br />

recordS, Giu 2009)<br />

Gen e r e: in d i e po p<br />

Una grad<strong>it</strong>a sorpresa, che purtroppo rischia di cadere<br />

nel dimenticatoio dell’iper-produzione discografica<br />

(nonostante la crisi). Sarebbe un peccato. Perché<br />

Welcome Stranger è sintesi perfetta di analogico<br />

e dig<strong>it</strong>ale. Niente di nuovo, per car<strong>it</strong>à.<br />

Ma il giapponese At<strong>su</strong>shi Horie, unico t<strong>it</strong>olare della<br />

sigla Ent, lo fa con una delicatezza e una gentilezza<br />

estreme che ben lo evidenziano in quel mare magnum<br />

indietronico. Sette tracce malinconiche ma<br />

eterogenee che riescono ad evocare simultaneamente<br />

il Cornelius di Drop, i Tunng, i Mew, i primi<br />

American Analog Set e, soprattutto, i Pinback (Girl<br />

sfiora il plagio).<br />

Proprio in quest’ultimo riferimento risiede il valore<br />

aggiunto di questo debutto discografico: quella gentile<br />

circolar<strong>it</strong>à indierock viene qui elaborata e imprezios<strong>it</strong>a<br />

dig<strong>it</strong>almente con un raffinato gusto pop e<br />

<strong>su</strong>blimata dalla soffice vocal<strong>it</strong>à del Nostro. La Morr<br />

Music avrebbe di che guadagnarne. Anche perché<br />

il disco difficilmente verrà distribu<strong>it</strong>o dalle nostre<br />

56 / recensioni recensioni / 57

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