intervista su - Snowdonia.it
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at the opera<br />
a night<br />
torna leo nucci, rigoletto per eccellenza<br />
Straordinario il Brahms di<br />
murray perahia<br />
La ripresa del celebre Rigoletto di Cobelli raccoglie un <strong>su</strong>ccesso di pubblico quasi<br />
scontato. Così come scontata è l’accoglienza del pubblico bolognese al pianista<br />
statun<strong>it</strong>ense Murray Perahia, tornato al Bologna Festival dopo otto anni con un<br />
programma dedicato alla “triade” del classicismo tedesco Bach-Beethoven-Brahms.<br />
riGoletto di GiuSeppe verdi –<br />
teAtro comunAle di BoloGnA (29<br />
Aprile – 8 mAGGio 2009)<br />
Riproporre un allestimento può avere varie motivazioni.<br />
Nel caso della ripresa del Rigoletto con la celebre<br />
regia di Giancarlo Cobelli, andato in scena<br />
al Comunale cinque anni fa con la direzione musicale<br />
di Daniele Gatti, i motivi della scelta sono molteplici:<br />
innanz<strong>it</strong>utto, l’affezione del pubblico all’opera<br />
verdiana, uno dei t<strong>it</strong>oli più amati dalla platea bolognese<br />
(e non solo). Secondo, ma non certo per importanza,<br />
il fattore economico: una riproposizione<br />
costa meno di un nuovo allestimento di un certo<br />
livello. Terzo, nel caso specifico, il <strong>su</strong>ccesso ottenuto<br />
dalla precedente versione, che, in momenti di crisi<br />
dell’Opera come questo, rappresenta pur sempre<br />
una garanzia e non comporta eccessivi rischi. Se poi,<br />
tra gli interpreti, ci sono cantanti come il bar<strong>it</strong>ono<br />
Leo Nucci (il Rigoletto per eccellenza) e il tenore<br />
Roberto Aronica (che abbiamo recentemente avuto<br />
modo di apprezzare a Bologna nell’interpretazione<br />
della Messa da Requiem di Verdi con la regia<br />
di Georges Prȇtre), peraltro già presenti nell’allestimento<br />
di Cobelli, le aspettative di una buona<br />
riusc<strong>it</strong>a aumentano.<br />
E poi, diciamoci tutta la ver<strong>it</strong>à: al pubblico bolognese<br />
le regie “classiche” piacciono molto di più delle<br />
rischiose attualizzazioni dei soggetti. E, da questo<br />
punto di v<strong>it</strong>a, il Rigoletto in questione (riadattato da<br />
Ivo Guerra), pur potendo vantare bellissime scene,<br />
costru<strong>it</strong>e <strong>su</strong>lla minuzia del dettaglio e <strong>su</strong> interessanti<br />
giochi prospettici (il cortile del palazzo del Duca,<br />
rappresentato da un <strong>su</strong>ggestivo quanto minimale<br />
corridoio che si perde nella profond<strong>it</strong>à della scena)<br />
non rappresenta proprio il massimo della sperimentazione.<br />
A contribuire involontariamente alla bellezza della<br />
scena ci ha pensato il soprano russo Olga Peretyatko,<br />
donna affascinante ancor più che brava cantante.<br />
Peccato solo che Leo Nucci sia stato fermato da<br />
un’indisposizione dopo le prime tre rec<strong>it</strong>e e non abbia<br />
potuto festeggiare proprio con tutti (e neanche<br />
con noi, che per scelta preferiamo ev<strong>it</strong>are le Prime)<br />
i <strong>su</strong>oi quarant’anni di carriera.<br />
Altro grad<strong>it</strong>o r<strong>it</strong>orno, quello di Bruno Bartoletti,<br />
esperto e pluripremiato direttore nel campo<br />
dell’Opera, che mancava da Bologna da dieci anni,<br />
nonostante avesse fatto la <strong>su</strong>a fortuna a Firenze,<br />
ad appena un centinaio di chilometri dal capoluogo<br />
emiliano. La <strong>su</strong>a è stata una direzione impeccabile,<br />
filologica, che ben si è prestata alla “fedeltà” di tutto<br />
l’allestimento.<br />
murrAy perAhiA – teAtro mAnzoni<br />
di BoloGnA – BoloGnA feStivAl (20<br />
mAGGio 2009)<br />
Un pianista come Murray Perahia non ha certo bisogno<br />
di presentazioni, almeno per chi è un minimo<br />
avvezzo alle esecuzioni di musica “classica”. Il nome<br />
del sessantaduenne newyorchese richiama <strong>su</strong>b<strong>it</strong>o<br />
riGoletto<br />
alla mente interpretazioni divenute universalmente<br />
famose (le “<strong>su</strong>e” Variazioni Golberg del 2000,<br />
oltre a balzare in testa alle classifiche di vend<strong>it</strong>e,<br />
hanno collezionato anche un Grammy Award e un<br />
Gramophone Award) e uno stile inconfondibilmente<br />
personale, forgiato dall’importante amicizia con<br />
Vladimir Horow<strong>it</strong>z.<br />
R<strong>it</strong>orna al Bologna Festival dopo otto anni, Perahia,<br />
quando si esibì davanti al pubblico bolognese in duo<br />
con il violinista Kenneth Sill<strong>it</strong>o. E lo fa proponendo<br />
un programma (variato all’ultimo momento<br />
nelle opere, ma non negli autori e leggermente ridotto<br />
con l’omissione della Sonata in Fa Maggiore<br />
KV 332 di Mozart) studiato non solo per<br />
esaltare il <strong>su</strong>o virtuosismo, ma anche per tracciare<br />
un percorso storico. La <strong>su</strong>ccessione dei tre brani<br />
esegu<strong>it</strong>i (la Part<strong>it</strong>a n.6 di Bach, la Sonata n.30<br />
di Beethoven e le splendide 25 Variazioni e<br />
Fuga Su Un Tema Di Haendel di Brahms)<br />
si può intendere come una “rappresentazione” del<br />
linguaggio tonale, attraverso tre momenti emblematici<br />
delle <strong>su</strong>e trasformazioni, dalle nobili origini<br />
(il contrappunto bachiano) al <strong>su</strong>o culmine prima<br />
della disintegrazione della tonal<strong>it</strong>à (rappresentato<br />
da Brahms) passando per il <strong>su</strong>o punto di massimo<br />
equilibrio (Beethoven).<br />
Il pubblico del Manzoni, nonostante il caldo, pende<br />
dalle mani del pianista statun<strong>it</strong>ense, che sanno ac-<br />
carezzare il pianoforte donando una sobrietà quasi<br />
angelica alle pagine di Bach, ma sanno anche far male,<br />
riuscendo a sprigionare un’irruenza e un’energia così<br />
coinvolgenti da far passare inosservata qualsiasi sbavatura<br />
(come nel finale della Sonata di Beethoven e<br />
in molti passaggi delle Variazioni di Brahms), senza<br />
mai andare a scap<strong>it</strong>o del <strong>su</strong>ono. Il <strong>su</strong>o pianismo è,<br />
infatti, sempre molto chiaro nella conduzione delle<br />
parti, con le voci perfettamente equilibrate, anche<br />
negli episodi in “fortissimo”.<br />
Il tour de force delle 25 variazioni di Brahms (cui<br />
è dedicata tutta la seconda parte del concerto) ha<br />
rappresentato senz’altro il momento più esaltante<br />
e coinvolgente della performance di Perahia. Una<br />
pagina intensa, imponente e contraddistinta da una<br />
grande varietà stilistica, chiusa da una fuga che, dopo<br />
mezz’ora, riprende il tema iniziale, ormai perso nei<br />
meandri delle <strong>su</strong>e trasformazioni e che il Nostro<br />
interpreta mediante un virtuosismo mai fine a se<br />
stesso, appassionato ancor prima che agile.<br />
Un finale che mer<strong>it</strong>erebbe solo il silenzio, dopo. Ma il<br />
pubblico vuole il bis e Perahia lo accontenta, rispondendo<br />
agli applausi con un Notturno di Chopin<br />
e un brano pianistico di Schubert, che non aggiungono<br />
altro (come avrebbero potuto?) rispetto alle<br />
grandi cose fatte ascoltare in precedenza.<br />
dAniele follero<br />
a night at the opera / 121