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intervista su - Snowdonia.it

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più, un rallentamento qui e un deragliare là. Piacciono<br />

più del gran<strong>it</strong>ico resto l’innodia insieme mesta<br />

e virile di These Reasons, l’agile singolo The Wheel, i<br />

fiati e il piano che punteggiano un capolavoro come<br />

Psych Nurse, l’acidula e ancheggiante Daddy’s Calling.<br />

Conquista soprattutto un classicismo che - in modo<br />

assai simile ai Mudhoney - se ne frega del tempo<br />

che passa e dei nostri “anta” incipienti perché s’è<br />

forgiato da solo quand’era il momento giusto. Da<br />

allora, a ben guardare, non siamo cambiati né noi né<br />

Rob, e ce la passiamo tutti benissimo.<br />

(7/10)<br />

GiAncArlo turrA<br />

nioBe - BlAckBird’S echo (tomlAB<br />

de, mAG 2009)<br />

Gen e r e: e l e t t r o n i c a /s o n G w r i t e r /po p<br />

Fin dall’inizio - dagli esordi giovanili di Radioersatz<br />

(Tomlab, 2001) - avevamo imparato a conoscerli<br />

i modi cari all’eclettica Yvonne Cornelius,<br />

d’intelligente stravaganza e di difficile derivazione.<br />

Dalla gl<strong>it</strong>ch-pop passando per le per<strong>su</strong>asioni etno<br />

di Tse Tse (Sonig/Wide, 2003) ai tagli songwr<strong>it</strong>er<br />

di Wh<strong>it</strong>e Hats (Tomlab / Wide, 2006) è evidente<br />

come le gestual<strong>it</strong>à sonore di Niobe amano collezionare<br />

influenze ed atmosfere senza lasciarsi condizionare<br />

da un’unica nuance.<br />

A fare il punto delle tecniche collage ci pensa questo<br />

Blackbird’s Echo, confermando gli amori più<br />

acustici e l’elettronica in<br />

frammenti. Le strade intraprese,<br />

quelle dai toni<br />

più intimi ed introspettivi,<br />

anticipati già ai tempi<br />

di Voodooluba (Sonig/<br />

Wide, 2004) e acquis<strong>it</strong>e<br />

con consapevolezza in<br />

Wh<strong>it</strong>e Hats si consacrano<br />

nelle trame di queste dodici astute “forme<br />

canzone” rilette, come sempre, in chiave post-moderna.<br />

Ci mancava Niobe, quell’incantato lirismo a pervadere<br />

ogni elemento, qualunque sia l’origine, dal classico<br />

duetto in acustica e voce (Silicone Soul) alle sbarazzine<br />

in raddoppi vocali (You Have A Gift) passando<br />

per i soundscapes in reverse di Time Is Kindling o<br />

le gocciolate epoche in bianco e nero (Blackbird’s<br />

Echo) e grammofono (Lovely Day).<br />

Ennesimo disco riusc<strong>it</strong>o, questo è certo, non così<br />

distante da Wh<strong>it</strong>e Hats eppure premiamo questa<br />

spiazzante progressione, fluid<strong>it</strong>à e tecnica. Mer<strong>it</strong>o di<br />

un liberato estro e di collaborazioni quali Tony Maimone<br />

(Pere Ubu), Aki Onda, Trevor Dunn, Shahzad<br />

Ismaily (Basso), Tubaloe (tuba), Eyvind Kang (arrangiamenti<br />

archi), Doug Wieselman (clarone), DJ Olive<br />

(giradischi) e David Grubbs (voce e organo) e di<br />

una voce capace d’incantare, fermare, glissare e dare<br />

colore. Stup<strong>it</strong>i e salvati dal sol<strong>it</strong>o grigiore.<br />

(7.5/10)<br />

SArA BrAcco<br />

now - ooodipooomn (pickled eGG,<br />

mAG 2009)<br />

Gen e r e: a v a n t po p ro c k<br />

Sapevate di una scena denominata Utrophia? No? Neppure<br />

io. Fatto sta che sta accadendo nella zona <strong>su</strong>d est<br />

di Londra, Deptford, quattro passi da Greenwich. Colà<br />

si trova l’Utrophia Project Space, un club dove convergono<br />

giovani artisti in procinto di immaginare da<br />

par loro la globalizzazione immanente. Musicalmente,<br />

ciò significa far incontrare<br />

la kosmische tedesca con<br />

l’electro, il prog e il folk in<br />

una prospettiva comunque<br />

pop. Tra le molte band<br />

che portano acqua al mulino,<br />

i Now sono tra quelle<br />

più coinvolte anche per<br />

ciò che riguarda l’organizzazione<br />

e la promozione.<br />

Fondato nel 1998 da Justin Paton, il combo sembra<br />

essersi stabilizzato come quintetto in occasione di<br />

questo terzo lavoro che obbedisce al canovaccio <strong>su</strong>ddetto<br />

offrendocene una versione ingegnosa e visionaria,<br />

un soffice stordimento a base di etnicismi wave,<br />

folk lisergico, malie elettroniche, ghigni noise-jazz e<br />

ossessioni kraute. Ch<strong>it</strong>arre, percussioni, synth, ottoni,<br />

archi e cori per confezionare qualcosa di bislacco<br />

ed esotico, vagamente indeterminato e volutamente<br />

artificioso. Nel guado tra le accattivanti sperimentazioni<br />

Jim O’Rourke e le ipnosi Yo La Tengo,<br />

dei Notwist strattonati Tom Tom Club, certe<br />

perorazioni Stereolab sotto sedativo John Cale,<br />

dei Jefferson Airplane con fregole Velvet Underground<br />

e Can. Non a caso gli è cap<strong>it</strong>ato di<br />

condividere progetti e palcoscenici con gente del calibro<br />

di Mike Watt e Damo Suzuki.<br />

Magari non è abbastanza per attendersi l’inaud<strong>it</strong>o,<br />

però è apprezzabile lo sforzo di sintetizzare qualcosa<br />

di nuovo.<br />

(6.9/10)<br />

StefAno Solventi<br />

orcheStrA in-StABile diS/Accordo –<br />

live At mikAlSA vol.1 (f<strong>it</strong>zcArrAldo,<br />

2009)<br />

Gen e r e: ja z z<br />

Che la Sicilia non fosse solo terra di folk, tradizione,<br />

arance rosse e cannoli, lo sapevamo. E del fatto che<br />

ci fosse una scena jazz di un certo rilievo, avevamo<br />

già avuto un ottimo esempio in musicisti come<br />

Francesco Cusa, uno dei <strong>su</strong>oi maggiori esponenti.<br />

Ma i membri dell’Orchestra In-Stabile Dis/Accordo<br />

ci tengono a precisarlo, con il migliore strumento a<br />

loro disposizione: la musica, appunto.<br />

Non è un caso che l’esordio dell’Orchestra (cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a<br />

da un organico variabile di 15 elementi, che ha<br />

visto alternarsi, in meno di tre anni, circa 50 musicisti<br />

di diverse nazional<strong>it</strong>à) abbia scelto di esordire<br />

con un live, il contesto espressivo più adatto ad un<br />

gruppo di musicisti che fa largo uso delle tecniche<br />

improvvisative. Fondata da Luca Lo Bianco, Francesco<br />

Guaiana e Lorenzo Quattrocchi, l’orchestra<br />

basa le <strong>su</strong>e performance <strong>su</strong> brani organizzati a partire<br />

da una serie di istruzioni esecutive (conduction)<br />

affidate a singoli musicisti o ad un piccolo gruppo.<br />

Ne deriva una varietà stilistica che va dal funky “orchestrale”<br />

(Fiati Sul Collo) alla musica evocativa di<br />

Sunrise In Japan e It’s A jungle Somentimes, fino al Miles<br />

Davis post-B<strong>it</strong>ches Brew (Treo). Varietà arricch<strong>it</strong>a,<br />

in un paio di occasioni, dagli esilaranti racconti<br />

narrati dall’attore Davide Enia con accento e intonazioni<br />

inconfondibilmente siculi (Il V<strong>it</strong>ello Prodigo;<br />

Sandro Pizzo). Che oggi la patria del jazz in Italia sia<br />

proprio la Sicilia?<br />

(7.0/10)<br />

dAniele follero<br />

pAolo cAttAneo - AdorAmi e<br />

perdonAmi (eclectic circuS, Apr<br />

2009)<br />

Gen e r e: s o n G w r i t i n G<br />

Il precedente secondo album del cantautore bresciano<br />

Paolo Cattaneo, L’equilibrio non basta,<br />

pubblicato nel 2007 ci aveva favorevolmente colp<strong>it</strong>o<br />

innanz<strong>it</strong>utto per equilibrio formale ed espressiv<strong>it</strong>à<br />

raggiunti. A distanza di un paio d’anni, il r<strong>it</strong>orno prodotto<br />

insieme a Daniele Sinigallia con la collaborazione<br />

di Riccardo Sinigallia.<br />

Adorami e perdonami è disco altamente lirico,<br />

di una intens<strong>it</strong>à e raffinatezza impalpabili, non a caso<br />

ideale continuatore del discorso cominciato con il<br />

precedente. In equilibrio tra songwr<strong>it</strong>ing pop e sottili<br />

trame elettroniche, con uno spiccato senso della<br />

melodia, è cantautorato dolente eppure reattivo, tra<br />

un Paolo Benvegnù e un Andrea Chimenti,<br />

con ascendenze Marco Parente e Cesare Basile,<br />

e trame ambient molto David Sylvian.<br />

Un’eleganza ins<strong>it</strong>a in canzoni dai testi evocativi con<br />

l’amore a fare da ideale collegamento, in delicate<br />

reti sonore ed evanescenze ipnotiche. Da tenere<br />

d’occhio.<br />

(7.2/10)<br />

tereSA Greco<br />

pAtrick wolf - the BAchelor<br />

(Bloody chAmBer muSic, Giu 2009)<br />

Gen e r e: p o p ro c k<br />

Per l’album della matur<strong>it</strong>à (il quarto) di Patrick Wolf<br />

si muovono pedine importanti: Alec Empire,<br />

Matthew Herbert, la violinista Eliza Carthy<br />

e una Tilda Swinton che presta il <strong>su</strong>o reading<br />

quale “voce della speranza” in ben tre pezzi. Una<br />

matur<strong>it</strong>à doppia, che si allunga nel passato (non a<br />

caso l’immagine di copertina rielabora in chiave<br />

cyberfiabesca - sembra<br />

usc<strong>it</strong>o da AI di Spielberg<br />

- il profugo preindustriale<br />

dell’esordio)<br />

e si profila nel futuro<br />

annunciando l’usc<strong>it</strong>a di<br />

un sequel (The Conqueror)<br />

nel 2010. Una<br />

matur<strong>it</strong>à anche imprend<strong>it</strong>oriale,<br />

perché l’etichetta di Wolf ha inv<strong>it</strong>ato i fan<br />

a partecipare al finanziamento del disco versando<br />

dieci sterline per “azione”, ovviamente online (pare<br />

che abbia funzionato: se son rose - magnifiche e<br />

progressive - fioriranno).<br />

Una matur<strong>it</strong>à che significa altresì r<strong>it</strong>orno <strong>su</strong>i propri<br />

passi raccogliendo le svolte, i segni, le tracce. Il tutto<br />

al servizio di un musical lucidamente melò, potente<br />

nel procedere melodico, travolgente nelle orchestrazioni,<br />

interpretato con la pienezza di chi ha circoscr<strong>it</strong>to<br />

i propri lim<strong>it</strong>i e - soprattutto - le possibil<strong>it</strong>à.<br />

Una matur<strong>it</strong>à che ha perduto, ahinoi, la fragil<strong>it</strong>à<br />

avventata e invincibile di chi si consegna tutto intero<br />

alle forze del mondo e ne esce vivo giocandosi tutto,<br />

carne e anima, polpa e morale.<br />

Il Patrick Wolf che ha sconf<strong>it</strong>to la licantropia ingoiandola,<br />

che ha imparato l’arte del r<strong>it</strong>orno e della<br />

maschera, che si è fatto uomo e musicista “autorevole”,<br />

è capace - tra le altre cose - di spacciare<br />

per solenni melodie che starebbero in bocca ad una<br />

velina qualsiasi (a propos<strong>it</strong>o: Damaris non vi ricorda<br />

80 / recensioni recensioni / 81

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