di Bruno Bontempo - Edit
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Anno LVII - N. 17 -15 settembre 2010 - Rivista quin<strong>di</strong>cinale - kn 14,00 - EUR 1,89 - Spe<strong>di</strong>zione in abbonamento postale a tariffa intera - Tassa pagata ISSN-0475-6401<br />
Panorama<br />
www.e<strong>di</strong>t.hr/panorama<br />
Mani tese<br />
verso la CNI
Suggestiva<br />
e mistica<br />
Croazia<br />
Incantevole Croazia è il titolo della mostra<br />
fotografica <strong>di</strong> Marko Vrdoljak che è stata<br />
allestita nel Salone del Comune <strong>di</strong> Trieste in<br />
Piazza Unità d’Italia, organizzata dal Ministero<br />
degli esteri e delle integrazioni europee<br />
in collaborazione con l’Ambasciata <strong>di</strong> Roma,<br />
il Consolato Generale della Croazia a Trieste<br />
e l’Amministrazione comunale del capoluogo<br />
giuliano. L’esposizione è frutto <strong>di</strong> un’iniziativa<br />
realizzata dal fotografo zagabrese in collaborazione<br />
con il Ministero degli esteri croato<br />
e che, attraverso 46 scatti realizzati su tutto<br />
il territorio nazionale, propone una serie <strong>di</strong><br />
scenari artistici e paesaggistici tra i più belli<br />
della Croazia, immagini intrise <strong>di</strong> raffinate e<br />
suggestive atmosfere. Marko Vrdoljak ormai<br />
da una decina d’anni è impegnato a far conoscere<br />
e promuovere le bellezze del Paese<br />
nel mondo, rivolgendosi in particolare al corpo<br />
<strong>di</strong>plomatico e collaborando con numerosi<br />
ministeri, uffici governativi, ambasciate e<br />
istituti culturali.<br />
La mostra, <strong>di</strong> cui pubblichiamo alcuni lavori<br />
per gentile concessione dell’Autore, è<br />
stata allestita in occasione della firma <strong>di</strong> una<br />
“Lettera d’intenti in merito all’allacciamento<br />
<strong>di</strong> rapporti amichevoli” tra le città <strong>di</strong> Trieste e<br />
Fiume, <strong>di</strong> cui scriviamo nelle pagg. 12 e 13.<br />
Paesaggio della Lika<br />
2 Panorama<br />
Traghetto sul fiume Sava<br />
Fiume, il Castello <strong>di</strong> Tersatto<br />
Laghi <strong>di</strong> Plitvice<br />
Ragusa (Dubrovnik)
<strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />
Nell’arco <strong>di</strong> appena una settimana<br />
due Comunità istriane hanno<br />
avuto il privilegio ed il piacere<br />
<strong>di</strong> fare gli onori <strong>di</strong> casa alla premier<br />
Kosor e al presidente Josipović. Al <strong>di</strong> là<br />
dell’aspetto e del contesto istituzionale,<br />
gli incontri <strong>di</strong> Pola e Cittanova sono<br />
stati due tasselli importanti, due grossi<br />
appuntamenti per la nostra Comunità<br />
nazionale. Due gesti significativi<br />
<strong>di</strong> amicizia, stima, considerazione per<br />
l’operato dell’Unione italiana e, complessivamente,<br />
per la nostra presenza<br />
su questi territori. Nella lettura del linguaggio<br />
<strong>di</strong>plomatico, si potrebbe aggiungere<br />
anche la conferma del felice<br />
momento che stanno vivendo i rapporti<br />
tra Croazia e Italia e per il ruolo rispettoso<br />
e onesto che la Cni svolge in questo<br />
puzzle. E come tale una mossa politica<br />
molto azzeccata.<br />
Per la prima volta un premier croato<br />
ha visitato il soldalizio <strong>di</strong> Pola, dove<br />
il presidente dell’Unione Italiana e deputato<br />
Furio Ra<strong>di</strong>n si è compiaciuto<br />
per il fatto che la posizione degli italiani<br />
e delle altre comunità nazionali<br />
è migliorata <strong>di</strong> molto, a partire dal<br />
riconoscimento del <strong>di</strong>ritto al voto aggiuntivo,<br />
all’introduzione della <strong>di</strong>citura<br />
italiana ufficiale per i Comuni e città<br />
dove vivono gli italiani, alla comparsa,<br />
seppure timida, del bilinguismo<br />
negli enti statali in Istria. Il presidente<br />
Ivo Josipović, sempre garbato, con<br />
grande sensibilità è andato anche oltre,<br />
rivolgendosi ai presenti in lingua<br />
italiana all’apertura della rinnovata<br />
sede del sodalizio cittanovese cui ha<br />
presenziato.<br />
Tutto bene, dunque?<br />
Per tanti versi indubbiamente sì,<br />
anche se restano altri no<strong>di</strong>, non tutti<br />
cruciali ma tuttavia essenziali per la<br />
nostra esistenza e crescita, per il buon<br />
funzionamento delle nostre strutture e<br />
<strong>di</strong> tutte le cellule minoritarie. Ci sono<br />
tanti piccoli, apparentemente insignificanti<br />
momenti che - come gli ormoni<br />
e l’insulina nel nostro corpo controllano<br />
i livelli <strong>di</strong> zucchero nel sangue<br />
- potrebbero fungere da anticorpi<br />
per aiutarci a combattere la malattia<br />
In primo piano<br />
Qualche riflessione dopo le visite della Premier e del Presidente in Istria<br />
Mani tese verso la CNI, però...<br />
che ci minaccia e che potrebbe portare<br />
anzitempo al nostro esaurimento.<br />
Che cosa chie<strong>di</strong>amo ancora? Semplicemente<br />
il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> essere accettati<br />
per quello che siamo, senza se e senza<br />
ma. Perché se è stato emozionante<br />
sentire il presidente Josipović esprimersi<br />
in italiano con una terminologia<br />
che gratifica tutto il corpo minoritarioitaliano,<br />
è altrettanto deludente sentirsi<br />
ancora, troppo spesso, emarginati,<br />
<strong>di</strong>menticati, trascurati se non proprio<br />
rifiutati. Perché se finalmente sembra<br />
avviata a una soluzione l’infinita<br />
storia del doppio voto, si complica<br />
nuovamente la faccenda dell’apertura<br />
dell’asilo <strong>di</strong> Zara, per il quale è stato<br />
ripescato l’esecrabile filtro etnico.<br />
Perché se - restando nel fragile, complesso,<br />
delicato mondo dell’istruzione<br />
- nella maturità <strong>di</strong> Stato è riconosciuto<br />
il <strong>di</strong>ritto a usare la nostra lingua madre<br />
- non si è ancora certi che si riuscirà<br />
a scongiurare l’accorpamento delle<br />
classi che potrebbe essere dettato dal<br />
basso numero degli alunni in alcune<br />
sezioni. E la lista dei segnali <strong>di</strong> preoccupazione<br />
o allarme non si ferma certo<br />
qui. Perché sul sito web del Governo,<br />
sezione foto, è stata registrata la visita<br />
a Pola della Premier, ma nella <strong>di</strong>dascalia<br />
non si nomina la locale CI? E<br />
come si spiega che alla firma dell’accordo<br />
<strong>di</strong> amicizia tra Trieste e Fiume<br />
il sindaco Dipiazza abbia chiamato il<br />
rappresentante della Comunità croata<br />
del capoluogo giuliano, ma il suo collega<br />
fiumano Obersnel non ha ritenuto<br />
opportuno o necessario dare pari <strong>di</strong>gnità<br />
all’organizzazione degli Italiani<br />
<strong>di</strong> Fiume?<br />
Ciò che ci duole è che la maggioranza<br />
non si sforza neanche <strong>di</strong> capire le nostre<br />
espressioni linguistiche e tantomeno<br />
i nostri problemi, si interessa poco<br />
e superficialmente alla nostra cultura e<br />
alla nostra storia, non segue la nostra<br />
stampa, non legge e non <strong>di</strong>vulga i libri<br />
dei nostri autori, salvo in saltuarie occasioni<br />
e limitatamente... Tanto che un<br />
uomo <strong>di</strong> potere, neanche tanti anni fa,<br />
<strong>di</strong> fronte a una richiesta <strong>di</strong> sostegno finanziario<br />
per alcune iniziative e<strong>di</strong>toriali,<br />
sbottò volgarmente: “Ma quanti c...<br />
zo siete che scrivete tanto?” ●<br />
Costume<br />
e scostume<br />
Prima le paghe<br />
poi le pensioni<br />
Su <strong>di</strong> una cosa i sindacati croati<br />
e i datori <strong>di</strong> lavoro sono concor<strong>di</strong>:<br />
bisogna mo<strong>di</strong>ficare quanto<br />
prima il modello contributivo<br />
per le pensioni. Ciò significa che<br />
bisognerà procedere alla riforma<br />
pensionistica: infatti al momento<br />
si lavora a lungo e alla fine della<br />
carriera il lavoratore recepisce<br />
una mensilità che non gli permette<br />
<strong>di</strong> continuare a vivere affrontando<br />
le spese, seppur ridotte<br />
al minimo, necessarie per una<br />
vita <strong>di</strong>gnitosa. E allora quale soluzione<br />
viene proposta? Quella<br />
<strong>di</strong> prolungare l’anzianità <strong>di</strong> servizio<br />
ad un minimo <strong>di</strong> 40 anni e<br />
portare l’età pensionabile a 65<br />
anni, in<strong>di</strong>stintamente per uomini<br />
e donne. Se i sindacati credono<br />
<strong>di</strong> fare con ciò un piacere alla<br />
classe lavoratrice allora si sbagliano<br />
<strong>di</strong> grosso.<br />
Pensiamo alle <strong>di</strong>fficoltà che<br />
un ultrasessantenne può avere<br />
nell’espletare i propri compiti<br />
<strong>di</strong> lavoro in un cantiere navale,<br />
in una scuola elementare (dove è<br />
importante anche l’agilità della<br />
maestra). Pensiamo alle giornate<br />
lavorative perse a causa <strong>di</strong> permessi<br />
malattia che i “senior” si<br />
dovranno concedere per poter tirare<br />
avanti. No, questa non è una<br />
buona soluzione. Bisognerebbe<br />
semmai rivedere la tassazione dei<br />
red<strong>di</strong>ti qui e oggi. Dalla busta<br />
paga al lordo viene mensilmente<br />
detratto circa il 50 p.c. a titolo<br />
<strong>di</strong> tasse e contributi. Impensabile<br />
anche per una società capitalista<br />
e crudele e insensibile come lo<br />
sono gli Stati Uniti... Insomma,<br />
regoliamo la tassazione delle paghe<br />
e poi capiremo meglio come<br />
“rivedere” le pensioni.<br />
Panorama 3
Panorama<br />
www.e<strong>di</strong>t.hr/panorama<br />
Ente giornalistico-e<strong>di</strong>toriale<br />
EDIT<br />
Rijeka - Fiume<br />
Direttore<br />
Silvio Forza<br />
PANORAMA<br />
Redattore capo responsabile<br />
Mario Simonovich<br />
caporedattore-panorama@e<strong>di</strong>t.hr<br />
Progetto grafico - tecnico<br />
Daria Vlahov-Horvat<br />
Redattore grafico - tecnico<br />
Annamaria Picco e Saša Dubravčić<br />
Collegio redazionale<br />
<strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong>, Nerea Bulva,<br />
Diana Pirjavec Rameša, Mario<br />
Simonovich, Ardea Velikonja<br />
REDAZIONE<br />
panorama@e<strong>di</strong>t.hr<br />
Via re Zvonimir 20a Rijeka - Fiume, Tel.<br />
051/228-789. Telefax: 051/672-128, <strong>di</strong>rettore:<br />
tel. 672-153. Diffusione: tel. 228-766<br />
e pubblicità: tel. 672-146<br />
ISSN 0475-6401 Panorama (Rijeka)<br />
ISSN 1334-4692 Panorama (Online)<br />
ABBONAMENTI: Tel. 228-782. Croazia:<br />
an nuale (24 numeri) kn 300,00 (IVA inclusa);<br />
semestrale (12 numeri) kn 150,00 (IVA inclusa);<br />
una copia kn 14,00 (IVA inclusa). Slovenia:<br />
annuale (24 numeri) euro 62,59 - semestrale<br />
(12 numeri) euro 31,30 - una copia euro 1,89.<br />
Italia: annuale (24 numeri) euro 70,00 una<br />
copia: euro 1,89.<br />
VERSAMENTI: per la Croazia sul cc.<br />
2340009-1117016175 PBZ Riadria banka d.d.<br />
Rijeka. Per la Slovenia: Erste Steiermärkische<br />
Bank d.d. Rijeka 7001-3337421/EDIT SWIFT:<br />
ESBCHR22. Per l’Italia - EDIT Rijeka<br />
3337421- presso PBZ 70000 - 183044 SWIFT:<br />
PBZGHR2X.<br />
Numeri arretrati a prezzo raddoppiato<br />
INSERZIONI: Croazia - retrocopertina<br />
1.250,00 kn; retrocopertina interna 700,00 kn;<br />
pagine interne 550,00 kn; Slovenia e Italia<br />
retrocopertina 250,00 euro; retrocopertina interna<br />
150.00 euro; pagine interne 120,00 euro.<br />
PANORAMA esce con il concorso finanziario<br />
della Repubblica <strong>di</strong> Croazia e della<br />
Repubblica <strong>di</strong> Slovenia e viene parzialmente<br />
<strong>di</strong>stribuita in convenzione con il<br />
sostegno del Governo italiano nell’ambito<br />
della collaborazione tra Unione Italiana<br />
(Fiume-Capo<strong>di</strong>stria) e l’Università<br />
Popolare (Trieste)<br />
EDIT - Fiume, via Re Zvonimir 20a<br />
e<strong>di</strong>t@e<strong>di</strong>t.hr<br />
La <strong>di</strong>stribuzione nelle scuole italiane <strong>di</strong> Croazia<br />
e Slovenia e nei Dipartimenti <strong>di</strong> italianistica<br />
delle Università <strong>di</strong> Croazia e Slovenia avviene<br />
all’interno del progetto “L’E<strong>di</strong>t nelle scuole II”<br />
sostenuto dall’Unione Italiana (Fiume- Capo<strong>di</strong>stria)<br />
e finanziato dal Governo italiano (ai sensi<br />
della Legge 296/2006, Art. 1322, Convenzione<br />
MAE-UI N° 2840 del 29 ottobre 2008, Contratto<br />
N° 104 del 3 settembre 2009).<br />
Consiglio <strong>di</strong> amministrazione: Roberto Battelli<br />
(presidente), Fabrizio Ra<strong>di</strong>n (vicepresidente),<br />
Agnese Superina, Franco Palma, Ilaria Rocchi,<br />
Marianna Jelicich Buić, Livia Kinkela.<br />
4 Panorama<br />
Panorama testi<br />
N. 17 - 15 settembre 2010<br />
Sommario<br />
IN PRIMO PIANO<br />
Qualche riflessione dopo le visite della<br />
Premier e del Presidente in Istria<br />
MANI TESE VERSO LA CNI, PERÒ ... 3<br />
<strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />
ATTUALITÀ<br />
La premier Jadranka Kosor e il presidente<br />
Ivo Josipović riconoscono all’UI il<br />
grande impegno nei rapporti italo-croati<br />
DIALOGO E TOLLERANZA<br />
LA VIA AL FUTURO EUROPEO.... 6<br />
<strong>di</strong> Diana Pirjavec Rameša<br />
RIFLESSIONI IN CORNICE<br />
L’ARTE A 70 ANNI DALLA MORTE<br />
DI WALTER BENJAMIN.................. 9<br />
ITALIA<br />
Sempre alta la tensione tra la corrente<br />
finiana e il resto del Pdl<br />
DA BERLUSCONI A NAPOLITANO<br />
TUTTI I “VORREI<br />
MA NON POSSO”........................... 10<br />
a cura <strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />
COOPERAZIONE<br />
La firma dei due sindaci suggella l’allacciamento<br />
<strong>di</strong> una vasta serie <strong>di</strong> scambi<br />
FRA TRIESTE E FIUME UNO STO-<br />
RICO RIAVVICINAMENTO......12<br />
a cura <strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />
RICORRENZE<br />
QUANDO DECISE DI FARE POLI-<br />
TICA... SOLIDARNOSC FALLÌ ... 12<br />
<strong>di</strong> Diana Pirjavec Rameša<br />
SOCIETÀ<br />
SAKINEH MOHAMMADI<br />
E LE ALTRE .................................... 18<br />
a cura <strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />
ARTE<br />
Il festival <strong>di</strong> cultura ebraica Bejahad ha<br />
portato ad Abbazia il pittore Vla<strong>di</strong>mir<br />
Veličković e il designer Dan Reisinger<br />
COERENZA NEL PROCEDERE E NEL<br />
TENERE GLI OCCHI APERTI........... 20<br />
<strong>di</strong> Erna Toncinich<br />
CINEMA E DINTORNI<br />
Alcune ambiguità riscontrate nelle scelte<br />
della 67.esima Mostra <strong>di</strong> Venezia<br />
AZZERAMENTO<br />
DELLA FIRMA AUTORIALE ....... 22<br />
<strong>di</strong> Gianfranco Sodomaco<br />
MADE IN ITALY<br />
”GUSTI DI FRONTIERA”, VIAGGIO<br />
TRA LECCORNIE EUROPEE ... 24<br />
a cura <strong>di</strong> Ardea Velikonja<br />
REPORTAGE<br />
Itinerario olandese tra terra e acqua,<br />
porti e canali, storia e arte, campi colorati<br />
<strong>di</strong> tulipani, mulini a vento...<br />
SPAZI DI ANTICONFORMISMO<br />
LIBERTÀ, TRASGRESSIONE....... 26<br />
<strong>di</strong> Igor Kramarsich<br />
LETTURE ISTRIA NOBILISSIMA<br />
“LONTANO DA CASA” ............... 34<br />
<strong>di</strong> Nicolò Giraldfi<br />
LIBRI<br />
Un cofanetto bianco-panna racchiude<br />
tre monografie sulla storia, le usanze, la<br />
vita dei “bumbari”<br />
I COLORI DELLA TERRA<br />
E DELL’URBE DI DIGNANO....... 38<br />
<strong>di</strong> Ilaria Rocchi<br />
ITALIANI NEL MONDO<br />
Professor Diego Bastianutti<br />
DOPO L’ESODO, FIUME È STATA<br />
LA MIA CITTÀ DEI SOGNI ......... 40<br />
a cura <strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />
MUSICA<br />
ALLA FRENI E A BERGONZI<br />
LE PRIME STATUETTE............... 42<br />
a cura <strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />
SPORT<br />
RUDIĆ RE MIDA: FINALMENTE<br />
UN ORO EUROPEO<br />
PER LA CROAZIA.......................... 44<br />
PROFESSOR FIGNON SALUTI<br />
BALLERINI...................................... 46<br />
L’Istria (nuovamente), la Slovacchia ed<br />
ad<strong>di</strong>rittura Washington si autocan<strong>di</strong>dano<br />
TUTTI VORREBBERO UNA TAPPA<br />
DEL GIRO D’ITALIA...................... 47<br />
a cura <strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />
ARBOREA<br />
OLIVO: LUCE, SAPIENZA PACE<br />
E MISERICORDIA.......................... 48<br />
<strong>di</strong> Daniela Mosena<br />
MULTIMEDIA<br />
IPAD. E ADESSO CHE CE L’HO<br />
CHE COSA CI FACCIO?................ 50<br />
a cura <strong>di</strong> Igor Kramarsich<br />
RUBRICHE..................................... 52<br />
a cura <strong>di</strong> Nerea Bulva<br />
COSTUME<br />
QUEI FUORIGIOCO PER LE<br />
ESCORT.......... 58<br />
a cura <strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />
IN COPERTINA: il presidente della Croazia Ivo Josipović inaugura la CI <strong>di</strong> Cittanova<br />
con l’on. Furio Ra<strong>di</strong>n e Paola Legovich Hrobat (foto <strong>di</strong> Goran Žiković)
Agenda<br />
La manifestazione UI-UPT si svolgerà dal 23 al 26 settembre<br />
Grisignana, Ex Tempore numero 17<br />
Ex Tempore <strong>di</strong> Gri-<br />
L’ signana,tra<strong>di</strong>zionale manifestazione promossa<br />
da UI, UPT, Comune<br />
e CI <strong>di</strong> Grisignana<br />
ed UI <strong>di</strong> Capo<strong>di</strong>stria,<br />
giunta ormai alla sua<br />
XVII e<strong>di</strong>zione, si svolgerà<br />
dal 23 al 26 settembre<br />
e comprenderà, oltre<br />
alla competizione artistica<br />
principale, numerose<br />
iniziative culturali<br />
Paola Ciccolella ha lasciato a metà<br />
settembre l’incarico <strong>di</strong> <strong>di</strong>rettrice<br />
dell’Istituto Italiano <strong>di</strong> Cultura <strong>di</strong><br />
Istituto Italiano <strong>di</strong> Cultura in<br />
L’ Slovenia ha una nuova prestigiosa<br />
sede a Lubiana, all’in<strong>di</strong>rizzo<br />
Breg 12 (nella foto). Per l’occasione<br />
è stato possibile visionare il materiale<br />
conservato nella biblioteca e nella<br />
me<strong>di</strong>ateca nonché assistere alla proiezione<br />
del film “La dolce vita” <strong>di</strong><br />
Federico Fellini, che 50 anni fa annunciava,<br />
accompagnava e sintetizzava,<br />
assurgendo a valore <strong>di</strong> mito,<br />
un cambiamento <strong>di</strong> portata epocale<br />
non solo nel cinema, ma anche nella<br />
cultura e nel linguaggio <strong>di</strong> un’Italia<br />
e letterarie collaterali e<br />
rappresentazioni musicali<br />
tra<strong>di</strong>zionali. La notifica<br />
dei partecipanti e<br />
la timbratura delle basi<br />
avranno luogo alla Loggia<br />
<strong>di</strong> Grisignana, giovedì<br />
23 settembre, dalle<br />
ore 12 alle ore 19, venerdì<br />
24 e sabato 25 settembre,<br />
dalle ore 8 alle ore<br />
19, nonché presso gli uffici<br />
dell’Università Po-<br />
polare <strong>di</strong> Trieste, in piazza<br />
del Ponterosso 6, giovedì<br />
23 e venerdì 24 settembre,<br />
dalle ore 9 alle<br />
ore 13. I temi sono “Grisignana”<br />
e “Paesaggio<br />
Istriano”, la scelta della<br />
tecnica è libera. Le opere<br />
verranno esposte in Piazza<br />
Grande e lungo la via<br />
che dalla Piazza Grande<br />
scende verso la Loggia e<br />
nelle vie a<strong>di</strong>acenti, entro<br />
Zagabria, posto che ha ricoperto con<br />
successo negli ultimi quattro anni<br />
e mezzo, realizzando importanti appuntamenti<br />
a favore della <strong>di</strong>ffusione<br />
in Croazia della lingua e della cultura<br />
italiana. Nell’accomiatarsi dai<br />
propri collaboratori e da tutti coloro<br />
che con grande interesse hanno<br />
seguito le manifestazioni promosse<br />
dall’IIC, la dott.ssa Ciccolella ha<br />
ricordato anche i legami con le varie<br />
istituzioni e autori della Comunità<br />
nazionale italiana, rilevando che<br />
“la CNI è stata una delle più belle<br />
che da poco si era lasciata alle spalle<br />
il neorealismo e il clima del dopo-<br />
le ore 10 <strong>di</strong> domenica 26<br />
settembre, e rimarranno<br />
esposte sino alle 17. ●<br />
Paola Ciccolella ha <strong>di</strong>retto per quattro anni l’Istituto <strong>di</strong> Zagabria<br />
Congedo da un’ambasciatrice della cultura italiana<br />
realtà che ho conosciuto negli ultimi<br />
anni”.<br />
Prima <strong>di</strong> lasciare la sede <strong>di</strong> Zagabria,<br />
ha presentato un‘importante<br />
pubblicazione, “Rapporti teatrali<br />
Italia-Croazia”, che raccoglie gli interventi<br />
dell’omonimo convegno organizzato<br />
nel 2009, presenti tra gli<br />
altri Edoardo Erba, Boris B. Hrovat,<br />
Paolo Magelli, Laura Marchig, Darko<br />
Gašparović e Mani Gotovac. La<br />
sua prossima “missione” sarà in Polonia,<br />
dove gestirà l’Istituto Italiano<br />
<strong>di</strong> Cultura <strong>di</strong> Varsavia. ●<br />
Inaugurata con una mostra fotografica e la proiezione del film «La dolce vita»<br />
Nuova, prestigiosa sede per l’IIC <strong>di</strong> Lubiana<br />
guerra. Inoltre, all’IIC <strong>di</strong> Lubiana è<br />
stata allestita la mostra <strong>di</strong> fotografia<br />
analogica e <strong>di</strong>gitale del Gruppo immagiNativa<br />
<strong>di</strong> Sant’Andrea, Gorizia,<br />
“Obiettivo Divina Comme<strong>di</strong>a”, una<br />
personale interpretazione “onirica”<br />
del grande poema, frutto <strong>di</strong> un lavoro<br />
<strong>di</strong> gruppo. La mostra, che rimarrà<br />
aperta fino all’8 ottobre prossimo, è<br />
sud<strong>di</strong>visa nella selva oscura (foto stenopeiche<br />
e stampa <strong>di</strong>gitale), inferno<br />
(foto-installazione, stampa <strong>di</strong>gitale),<br />
purgatorio (fotografia <strong>di</strong>gitale) e para<strong>di</strong>so<br />
(foto-video <strong>di</strong>gitale). ●<br />
Panorama 5
6 Panorama<br />
Attualità<br />
Il presidente Ivo Josipović e la premier Jadranka Kosor riconoscono all’UI il grande im<br />
Dialogo e tolleranza, la via al futu<br />
<strong>di</strong> Diana Pirjavec Rameša<br />
foto <strong>di</strong> Goran Žiković<br />
La Comunità nazionale italiana<br />
è vitale e ben ra<strong>di</strong>cata sul territorio,<br />
partecipa ai processi <strong>di</strong><br />
democratizzazione e <strong>di</strong> avvicinamento<br />
all’UE, è parte integrante <strong>di</strong> una<br />
società che guarda al futuro con ottimismo<br />
nonostante le contingenze e<br />
le <strong>di</strong>fficoltà che tutte le minoranze in<br />
questo momento affrontano in Europa<br />
e nel mondo. La CNI è considerata<br />
un elemento imprescin<strong>di</strong>bile nella<br />
configurazione della società civile in<br />
Istria, portatrice <strong>di</strong> multiculturalità,<br />
tolleranza e partecipe dello sviluppo<br />
e dell’affermazione del territorio.<br />
Una rassicurazione questa che arriva<br />
da più parti e che trova conferma<br />
in due importanti incontri che i vertici<br />
CNI hanno avuto <strong>di</strong> recente: l’inaugurazione<br />
ufficiale della sede rinnovata<br />
della Comunità degli Italiani <strong>di</strong><br />
Cittanova, 830 metri quadri <strong>di</strong> spazi<br />
per attività e incontri, il cui nastro è<br />
stato tagliato dal presidente della Repubblica<br />
<strong>di</strong> Croazia, Ivo Josipović, e<br />
la visita alla <strong>di</strong>rigenza della CNI e ai<br />
suoi massimi organi da parte del presidente<br />
del Governo croato Jadranka<br />
Kosor, ospitata presso la CI <strong>di</strong> Pola<br />
qualche settimana fa. In agenda un<br />
altro appuntamento politico impor-<br />
tante, quello con il presidente della<br />
Camera dei deputati Gianfranco Fini,<br />
che pure dovrebbe visitare l’Istria: un<br />
impegno, quello dei vertici UI, a tutto<br />
campo da cui beneficio ne traggono<br />
sia le istituzioni della CNI che il<br />
territorio in cui questa vive ed opera<br />
come pure i due Stati a cui questa fa<br />
riferimento.<br />
Cittanova: coesistenza<br />
e una grande vitalità<br />
Ogniqualvolta gli italiani <strong>di</strong> queste<br />
terre “scendono in campo” per<br />
presentare un progetto culturale, per<br />
Ivan Jakovčić, il presidente Ivo Josipović, Paola Legovich Hrobat e<br />
Glauco Bevilacqua seguono con attenzione il programma culturale<br />
inaugurare una nuova sede, per raccontare<br />
la propria arte, la letteratura,<br />
la propria storia, per testimoniare la<br />
propria presenza, lo fanno con garbo<br />
e spontaneità, portando sulla scena<br />
la loro grande umanità e quelle<br />
forti emozioni che solo questa terra<br />
può dare.<br />
In questo contesto va collocata la<br />
serata dell’inaugurazione della sede<br />
ristrutturata della CI <strong>di</strong> Cittanova a<br />
cui hanno preso parte il presidente<br />
della Repubblica <strong>di</strong> Croazia, Ivo<br />
Josipović (a cui è stata consegnata<br />
la “tessera <strong>di</strong> socio onorario”), il presidente<br />
della Regione Istriana, Ivan<br />
Jakovčić, l’ambasciatore d’Italia a<br />
Zagabria, Alessandro Pignatti Morano<br />
<strong>di</strong> Custoza, il presidente UI, Furio<br />
Ra<strong>di</strong>n, quello dell’UPT, Silvio Delbello,<br />
il presidente della GE dell’UI,<br />
Maurizio Tremul, il console generale<br />
d’Italia a Fiume, Fulvio Rustico, accolti<br />
dalla presidente della CI, Paola<br />
Legovich Hrobat, dal presidente della<br />
Giunta CI, Glauco Bevilacqua, e<br />
dal sindaco Anteo Milos.<br />
Il Presidente<br />
parla italiano<br />
Va messo in evidenza: questa è la<br />
prima volta che un Presidente della<br />
Croazia accoglie l’invito e inaugura<br />
una CI, questa è la prima volta che<br />
per riconoscere l’importanza della<br />
componente italiana il Presidente
pegno nei rapporti italo-croati<br />
ro europeo<br />
parla italiano. Gliene siamo grati anche<br />
perché in una storia neanche tanto<br />
lontana siamo stati testimoni <strong>di</strong> atteggiamenti<br />
<strong>di</strong>ametralmente opposti.<br />
Ma per fortuna le cose cambiano, il<br />
processo <strong>di</strong> democratizzazione procede<br />
e i risultati sono ben visibili.<br />
Sull’incontro ha veleggiato quella<br />
sinergia positiva che è nata ancora<br />
a luglio in occasione del “Concerto<br />
dell’amicizia” tenutosi a Trieste<br />
alla presenza dei tre Capi <strong>di</strong> Stato,<br />
Italia, Croazia e Slovenia, a conferma<br />
che questi Paesi sono fermamente<br />
intenzionati a sviluppare la cultura<br />
della pace, dell’amicizia, dei rapporti<br />
<strong>di</strong> buon vicinato, ben coscienti delle<br />
vicende storiche che hanno segnato<br />
la storia <strong>di</strong> queste terre e i destini <strong>di</strong><br />
coloro che qui hanno vissuto e continuano<br />
a vivere.<br />
”Signore e signori buonasera” ha<br />
esor<strong>di</strong>to il presidente Josipović. Un<br />
saluto fatto in italiano non certo per<br />
motivi protocollari, bensì, si ha l’im-<br />
pressione, per puro convincimento<br />
del fatto che in Istria la convivenza, il<br />
bilinguismo, la multiculturalità sono<br />
La premier Jadranka Kosor a Pola mentre saluta il presidente della GE<br />
dell’UI, Maurizio Tremul. Al centro il presidente UI, Furio Ra<strong>di</strong>n<br />
Attualità<br />
Emozionante il momento in cui il Presidente ha consegnato alla signora Gina<br />
Cittar il riconoscimento in quanto socio meritevole e attivista pluriennale della<br />
CI. A sinistra: la solenne cerimonia d’apertura a cui hanno partecipato anche<br />
gli attivisti più giovani<br />
parte integrante della vita, anche politica,<br />
della Penisola.<br />
”Siamo qui per festeggiare una<br />
giornata importante, non solo per<br />
voi italiani, ma per tutti noi. Questa<br />
inaugurazione è un grande contributo<br />
all’amicizia italo-croata. La cultura<br />
croata e quella italiana sono fortemente<br />
intrecciate e testimoniano della<br />
grande apertura e della volontà <strong>di</strong><br />
vivere e <strong>di</strong> lavorare assieme, <strong>di</strong> costruire<br />
assieme un futuro migliore”<br />
ha rilevato il Presidente.<br />
Josipović ha riconosciuto il contributo<br />
della minoranza italiana al processo<br />
<strong>di</strong> democratizzazione ed allo<br />
sviluppo dell’Istria e dell’intera Croazia:<br />
“Sono lieto <strong>di</strong> poter constatare<br />
che la minoranza italiana afferma in<br />
numerosi mo<strong>di</strong> e con successo il suo<br />
particolare patrimonio culturale e<br />
storico operando a favore della propria<br />
crescita identitaria e dello sviluppo<br />
dei rapporti tra la Repubblica<br />
<strong>di</strong> Croazia e la Repubblica italiana”.<br />
Ha fatto poi un’aggiunta: “Il termine<br />
minoranza è in realtà solo un termine<br />
tecnico, vincolato alla lingua, alla<br />
sua <strong>di</strong>ffusione. Sono concorde con<br />
Furio Ra<strong>di</strong>n quando sostiene che<br />
nessuno qui deve sentirsi minoranza.<br />
Tutti devono sentire <strong>di</strong> essere citta<strong>di</strong>ni<br />
a pieno <strong>di</strong>ritto e ciascuno deve ave-<br />
Panorama 7
8 Panorama<br />
Attualità<br />
re la possibilità <strong>di</strong> sviluppare la propria<br />
cultura nell’ambito della comunità<br />
in cui vive”.<br />
“Da questa giornata in cui festeggiamo<br />
la tolleranza e l’amicizia, il nostro<br />
futuro comune europeo - ha proseguito<br />
Josipović - traggo degli insegnamenti<br />
che vorrei con<strong>di</strong>videre<br />
con voi. Il primo riguarda la perseveranza:<br />
la Croazia si trova ad un bivio,<br />
deve affrontare importanti riforme<br />
prima <strong>di</strong> entrare in Europa. Senza<br />
perseveranza, quella stessa che hanno<br />
<strong>di</strong>mostrato i giovani attivisti che si<br />
sono esibiti questa sera, tutto ciò non<br />
sarebbe possibile”.<br />
“Il secondo insegnamento riguarda<br />
l’Europa. L’Europa è il nostro futuro.<br />
La conferma mi viene dagli artisti che<br />
questa sera hanno ballato il tango. Il<br />
tango è il ballo dell’amore, che avvicina<br />
le persone. Ero convinto che per<br />
ballarlo bastasse essere in due. Bene,<br />
questa sera ho capito, dato che i ballerini<br />
arrivano in parte dalla Slovenia,<br />
che per ballare il tango bisogna essere<br />
in tre, e spero che anche alla luce del<br />
recente Concerto dell’amicizia a cui<br />
hanno aderito i presidenti <strong>di</strong> Croazia,<br />
Italia e Slovenia, riusciremo a <strong>di</strong>mostrare<br />
che ‘il tango a tre’ è un tango<br />
Europeo”.<br />
“Terzo insegnamento: quello che<br />
voi da questa sede avete inviato alla<br />
Croazia è che non esistono alternati-<br />
ve alla coesistenza, all’amicizia, alla<br />
collaborazione, alla reciproca comprensione<br />
e al <strong>di</strong>alogo. È questa la<br />
nostra strada verso il futuro e l’Europa.<br />
Ed io vi ringrazio perché lo fate<br />
in continuazione, dando una valida<br />
testimonianza <strong>di</strong> come si possano affrontare<br />
i rapporti tra le <strong>di</strong>verse etnie,<br />
e per questo ve ne siamo grati” ha<br />
concluso il presidente Josipović.<br />
La casa dell’amicizia<br />
La CI <strong>di</strong> Cittanova è stata definita<br />
la “casa dell’amicizia” e all’inaugurazione<br />
il presidente UI, Furio Ra<strong>di</strong>n,<br />
ha rilevato: “Siamo fieri <strong>di</strong> Cittanova,<br />
<strong>di</strong> essere italiani, <strong>di</strong> essere istriani e<br />
<strong>di</strong> essere citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> due Stati, la Croazia<br />
e l’Italia, che presto abiteranno<br />
sotto un comune tetto europeo”. E rivolgendosi<br />
a Josipović: “Signor Presidente,<br />
siamo lieti e onorati <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre<br />
con Lei l’inaugurazione <strong>di</strong><br />
questa sede, che come tutte le se<strong>di</strong><br />
dell’UI è aperta a tutti i citta<strong>di</strong>ni della<br />
Croazia che negli italiani vedono degli<br />
amici, portatori <strong>di</strong> una cultura che<br />
qui non viene intesa quale minoritaria<br />
bensì parte integrante <strong>di</strong> un modo<br />
<strong>di</strong> essere e <strong>di</strong> vivere la propria identità<br />
istriana. Gli italiani in Croazia sono<br />
sì minoranza, ma in Istria non si sentono<br />
tali. È praticamente impossibile<br />
definire l’Istria senza tener conto delle<br />
sue due componenti, quella italia-<br />
Numerose le autorità presenti all’inaugurazione della sede della CI tra cui lo<br />
zupano istriano Ivan Jakovčić, il presidente UI, Furio Ra<strong>di</strong>n, l’ambasciatore<br />
italiano Alessandro Pignatti Morano <strong>di</strong> Custoza, il presidente UPT, Silvio<br />
Delbello, il console Fulvio Rustico, il presidente della GE, Maurizio Tremul<br />
na e quella croata, ed è solo così che<br />
l’Istria può essere capita a fondo. Noi<br />
non siamo un popolo con un’identità<br />
nazionale deficitaria, come lo sostengono<br />
i nazionalisti, bensì siamo persone<br />
con identità integrate e siamo<br />
fieri <strong>di</strong> essere italiani”. Il presidente<br />
UI ha infine ringraziato il Capo dello<br />
Stato “per tutto quello che fa per<br />
i citta<strong>di</strong>ni della Croazia e per le sue<br />
minoranze”.<br />
Altri riconoscimenti sono arrivati<br />
alla CNI dal presidente della Regione<br />
Istriana, Ivan Jakovčić, il quale ha affermato<br />
che “l’UI è l’organizzazione<br />
minoritaria più importante e meglio<br />
organizzata in Croazia”.<br />
Kosor: sì al doppio voto<br />
Importante pure l’incontro dei<br />
rappresentanti della comunità nazionale<br />
italiana con la premier croata Jadranka<br />
Kosor a Pola, occasione in cui<br />
è stata constatata “la buona cooperazione<br />
tra il Governo della Croazia e<br />
la minoranza italiana”, annunciando<br />
che alle prossime elezioni politiche<br />
per il Parlamento croato le minoranze<br />
avranno il cosiddetto ‘’doppio voto’’.<br />
La Premier Kosor si era <strong>di</strong>chiarata<br />
<strong>di</strong>sposta a introdurre il doppio voto<br />
come esempio <strong>di</strong> rispetto verso le minoranze.<br />
Ha promesso emendamenti<br />
alla legge elettorale <strong>di</strong>cendo che alle<br />
elezioni del 2011 le minoranze, inclusa<br />
quella italiana, avranno il doppio<br />
voto.<br />
Il deputato Ra<strong>di</strong>n ha accolto con<br />
grande favore questa promessa in<strong>di</strong>candola<br />
come “<strong>di</strong>mostrazione della<br />
buona cooperazione tra la comunità<br />
nazionale italiana in Istria e il<br />
Governo <strong>di</strong> Zagabria” e si è compiaciuto<br />
del fatto che “da cinque anni la<br />
posizione degli italiani e delle altre<br />
comunità nazionali è migliorata”. Si<br />
è riferito in primo luogo al riconoscimento,<br />
dopo 20 anni <strong>di</strong> battaglie,<br />
del voto aggiuntivo, all’introduzione<br />
della <strong>di</strong>citura italiana ufficiale per i<br />
Comuni e città dove vivono gli italiani,<br />
alla comparsa, seppure timida,<br />
del bilinguismo negli enti statali<br />
dove prima l’italiano era tenuto alla<br />
porta.<br />
Parlando <strong>di</strong> scuola, Ra<strong>di</strong>n ha sottolineato<br />
che “la CNI è l’unica minoranza<br />
a <strong>di</strong>sporre dell’intero ciclo<br />
educativo in lingua italiana. Anche<br />
grazie alla comprensione del Governo,<br />
ha aggiunto, il nostro sistema
Stretta <strong>di</strong> mano con i citta<strong>di</strong>ni che<br />
lo hanno atteso con impazienza<br />
scolastico viene in<strong>di</strong>cato come completo<br />
ed efficiente”. Ha però invitato<br />
il ministro dell’Istruzione, Radovan<br />
Fuchs, presente in sala, a scongiurare<br />
l’accorpamento delle classi dettato<br />
dal basso numero degli alunni. “Il<br />
provve<strong>di</strong>mento - ha spiegato - per le<br />
scuole minoritarie può comportare<br />
effetti devastanti”. Ha inoltre chiesto<br />
che all’esame <strong>di</strong> maturità <strong>di</strong> Stato<br />
agli alunni italiani sia riconosciuta<br />
come lingua madre l’italiano. “Tutto<br />
sommato - ha concluso Furio Ra<strong>di</strong>n<br />
- in questo primo decennio del XXI<br />
secolo la Croazia ha fatto grossi passi<br />
nel campo dei <strong>di</strong>ritti umani e minoritari<br />
e sotto questo aspetto può<br />
considerarsi un Paese autenticamente<br />
europeo”.<br />
Dopo Ra<strong>di</strong>n ha parlato la premier<br />
Kosor, alla quale i presenti hanno<br />
tributato un’accoglienza veramente<br />
calorosa e <strong>di</strong> grande amicizia e simpatia.<br />
È parso che forse lei stessa sia<br />
rimasta piacevolmente sorpresa. Oltre<br />
a riba<strong>di</strong>re l’importanza della coalizione<br />
con i deputati delle minoranze,<br />
che a conti fatti per gli italiani<br />
si è <strong>di</strong>mostrata una scelta politica<br />
<strong>di</strong> grande utilità, ha voluto ringraziare<br />
l’Italia per il notevole e incon<strong>di</strong>zionato<br />
appoggio che sta dando<br />
alla Croazia nel suo avvicinamento<br />
all’Unione europea.●<br />
<strong>di</strong> Luca Dessardo<br />
Nel 1936 Walter Benjamin pubblicò<br />
“L’opera d’arte nell’epoca<br />
della sua riproducibilità tecnica”,<br />
saggio in cui affronta il fenomeno<br />
della riproducibilità senza precedenti<br />
delle opere d’arte, giungendo<br />
ad una conclusione molto chiara: la<br />
<strong>di</strong>ffusione dell’arte avrebbe portato<br />
o ad un’estetizzazione della politica<br />
(tipico del fascismo) oppure ad una<br />
politicizzazione dell’arte (tipico del<br />
socialismo). Paradossalmente, stiamo<br />
assistendo ad entrambi gli scenari,<br />
aberrati e fusi assieme. Qualcosa<br />
però non quadra: Benjamin aveva<br />
previsto che lo sviluppo dell’arte<br />
si sarebbe mosso in uno solo <strong>di</strong> questi<br />
due sensi. Inoltre, la sua simpatia<br />
per il socialismo lo ha portato a in<strong>di</strong>viduare<br />
nella politicizzazione dell’arte<br />
un fattore positivo, contrariamente<br />
all’estetizzazione della politica. La<br />
sua speranza era che una volta persa<br />
l’aura <strong>di</strong> sacralità l’arte potesse <strong>di</strong>ventare<br />
un collante che tiene la società<br />
unita in armonia. Inutile <strong>di</strong>re<br />
che a 70 anni dalla sua morte questa<br />
utopia tarda ancora a realizzarsi.<br />
Da una parte il culto dell’immagine<br />
ha fatto sì che la politica punti sempre<br />
<strong>di</strong> più sull’aspetto estetico, in<strong>di</strong>pendentemente<br />
dall’ideologia, mantenendo<br />
la ritualità nelle numerose<br />
cerimonie. Dall’altra invece la politicizzazione<br />
dell’arte non è mai <strong>di</strong>ventata<br />
sinonimo <strong>di</strong> arte quale educazione<br />
alla vita politica, quanto<br />
piuttosto propaganda, e a proposito<br />
basti pensare al famoso ritratto in<br />
rosso bianco e blu <strong>di</strong> Barack Obama,<br />
per citare un esempio vistoso, apparentemente<br />
lontano dall’arte <strong>di</strong> regime.<br />
Da notare anche il fatto che in<br />
molte manifestazioni artistiche è accentuato<br />
il carattere nazionale (sommerso<br />
miseramente l’orgoglio croato<br />
che doveva essere esibito a Venezia).<br />
Inoltre, la cosiddetta arte in<strong>di</strong>pendente<br />
è strumento <strong>di</strong> giochi politi-<br />
Attualità<br />
Riflessioni in cornice<br />
L’arte a 70 anni dalla<br />
morte <strong>di</strong> Walter Benjamin<br />
ci: si pensi al recente episo<strong>di</strong>o della<br />
ban<strong>di</strong>era croata tagliata a brandelli.<br />
Una performance artistica bollata<br />
come reato! A ben vedere l’analisi <strong>di</strong><br />
Benjamin nasconde un errore <strong>di</strong> fondo,<br />
dovuto al fatto che la sua visione<br />
del mondo era corrotta da quelle che<br />
negli anni ’30 erano ancora le promesse<br />
del socialismo. Il suo errore è<br />
stato quello <strong>di</strong> vedere nella massificazione<br />
dell’arte un felice sinonimo<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione, ovvero una rivoluzione<br />
artistica che abolisce privilegi <strong>di</strong> casta.<br />
Purtroppo per noi non è questo il<br />
caso, e a oltre 70 anni dalla pubblicazione<br />
del saggio ci ritroviamo ancora<br />
a doverci sorbire <strong>di</strong>scussioni sugli<br />
stessi argomenti – troppo spesso da<br />
parte <strong>di</strong> chi ne capisce poco; al contrario,<br />
i commenti intelligenti e originali<br />
sono messi in secondo piano,<br />
bollati come eccentrici o ad<strong>di</strong>rittura<br />
elitari. La massificazione è insomma<br />
tutt’altro che felice. Manca l’educazione<br />
al sacro (all’arte) che Benjamin<br />
vedeva imminente: questi si auspicava<br />
non una per<strong>di</strong>ta della sacralità,<br />
quanto una maggiore consapevolezza<br />
<strong>di</strong> essa, in modo da poterla<br />
vivere con naturalezza, non certo con<br />
timore reverenziale. Voleva si perdesse<br />
l’idolatria che ha fatto dell’opera<br />
d’arte un feticcio, non il suo valore<br />
“sacro”. Per fortuna l’arte vera, pur<br />
riproducibile, ha conservata la propria<br />
aurea (un chiaro esempio è dato<br />
dalle opere <strong>di</strong> Warhol, che puntano<br />
alla sacralizzazione del banale, piuttosto<br />
che alla banalizzazione del sacro),<br />
anche se non sempre siamo in<br />
grado <strong>di</strong> percepirla. A leggere oggi<br />
il testo <strong>di</strong> Benjamin, questi ci risulta<br />
apparentemente scontato. Dovremmo<br />
rileggerlo con più attenzione e ripensare<br />
un poco l’ovvio: nella quantità<br />
che oggi ci sommerge non tutto deve<br />
essere per forza arte. Il nostro compito<br />
è imparare a <strong>di</strong>stinguere, mentre il<br />
compito dell’arte è quello <strong>di</strong> educare.<br />
Educare, come voleva Benjamin,<br />
alla vita. ●<br />
Panorama 9
10 Panorama<br />
Italia<br />
Sempre alta la tensione tra la corrente finiana e il resto del Pdl<br />
Da Berlusconi a Napolitano<br />
tutti i «vorrei ma non posso»<br />
a cura <strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />
Il chiasso davanti alle parole, il<br />
fumo davanti alle scelte per il Paese<br />
ma soprattutto la tattica, tanta,<br />
troppa, davanti alla strategia. La politica<br />
italiana <strong>di</strong> queste ore è peggio<br />
che un teatrino sgangherato. Si rincorre<br />
il fantasma del voto anticipato,<br />
in tanti lo evocano e lo vorrebbero,<br />
ma poi nessuno, per ora, ha il coraggio<br />
<strong>di</strong> staccare davvero la spina al governo.<br />
Come ha scritto Marco Alfieri,<br />
la ragione è molto pratica. Il piatto<br />
è talmente intricato da confondere<br />
vantaggi e svantaggi <strong>di</strong> una crisi al<br />
buio. Il vorrei ma non posso è forse<br />
la fotografia più adatta a descrivere<br />
queste settimane <strong>di</strong> palazzi romani.<br />
Gianfranco Fini vorrebbe rovesciare<br />
il tavolo per imboccare un’altra idea<br />
<strong>di</strong> destra italiana, ma deve abbozzare<br />
e cautelarsi per non passare dalla<br />
parte del torto davanti agli italiani,<br />
non restare col cerino in mano, reo<br />
<strong>di</strong> avere infranto il patto con gli elettori,<br />
peccato supremo; Silvio Berlusconi<br />
vorrebbe andare alle urne imme<strong>di</strong>atamente<br />
e rifarsi una maggioranza<br />
nuova <strong>di</strong> zecca senza più il fardello<br />
dei finiani ingrati, ma è frenato<br />
da sondaggi contrastanti che non gli<br />
garantiscono i numeri al Senato, gli<br />
La maggioranza <strong>di</strong> responsabilità nazionale<br />
I numeri che potrebbero sostenere il governo Berlusconi senza i finiani<br />
Camera<br />
5 Mpa<br />
Lombardo<br />
Misiti<br />
Latteri<br />
Commercio<br />
Lo Monte<br />
237<br />
Pdl<br />
I "cespugli" che hanno già assicurato l'appoggio<br />
5 Noi Sud<br />
Iannaccone<br />
Belcastro<br />
Guzzanti<br />
Milo<br />
Sardelli<br />
restituirebbero un sud gambe all’aria<br />
senza più un’egemonia granitica e un<br />
nord in cui si accentuerebbe il travaso<br />
interno verso la Lega. Risultato: anche<br />
tornando a palazzo Chigi regalerebbe<br />
la golden share al Senatur, sicuro.<br />
Così si acconcia suo malgrado<br />
al negoziato a oltranza con la “legione<br />
straniera”, tentando qualche pseudo<br />
abboccamento con esponenti “selezionati”<br />
dell’Udc per ricostruire un<br />
simulacro <strong>di</strong> maggioranza e sfangarla,<br />
arrivando dritto al 2013. Un vorrei<br />
ma non posso è anche quello <strong>di</strong> Umberto<br />
Bossi che crescerebbe sì in voti<br />
ma rischierebbe <strong>di</strong> trovarsi meno decisivo<br />
in un nuovo Parlamento dove<br />
i rapporti <strong>di</strong> forza non sarebbero così<br />
sbilanciati a destra. E poi dovrebbe<br />
cominciare daccapo la parabola del<br />
federalismo: spiegarlo ai militanti è<br />
un conto, al voto <strong>di</strong> opinione che lo<br />
ha scelto all’ultimo giro ed è meno<br />
ipnotizzabile è più <strong>di</strong>fficile. Allora<br />
non resta che alzare il prezzo, tra<br />
pernacchio e <strong>di</strong>to me<strong>di</strong>o, e far ricadere<br />
la colpa sugli altri, eventualmente<br />
guadagnando la miglior posizione<br />
in caso <strong>di</strong> elezioni. Infine un vorrei<br />
ma non posso è anche quello <strong>di</strong><br />
Giulio Tremonti, silente e ispirato per<br />
tutta l’estate, quasi non facesse parte<br />
<strong>di</strong> questo esecutivo ai materassi, che<br />
296<br />
3 LibDem 1 Pri<br />
Melchiorre Nucara<br />
Tanoni<br />
Grassano<br />
59<br />
Da "conquistare"<br />
6<br />
Deputati "mancanti"<br />
per avere la maggioranza<br />
Potrebbero essere<br />
conquistati da:<br />
Pri (2); LibDem (1);<br />
Udc (38)<br />
ANSA-CENTIMETRI<br />
pencola tra la fedeltà adamantina al<br />
proprio capo e l’ambizione, nemmeno<br />
recon<strong>di</strong>ta, <strong>di</strong> giocarsi in prima persona<br />
la leadership.<br />
I conti senza l’oste<br />
È <strong>di</strong>fficile insomma capire fin<br />
dove si spinge il bluff e comincia<br />
l’arrosto. Tutti tirano la corda ma<br />
nessuno vuol spezzarla. La paura <strong>di</strong><br />
bruciarsi prevale ancora sul rompete<br />
le righe liberatorio. Per questo si<br />
andrà a bordeggiare fino al <strong>di</strong>scorso<br />
alla Camera <strong>di</strong> Berlusconi, fissato<br />
per fine settembre: è la dead line<br />
che Bossi ha concesso al Cavaliere.<br />
Per quei giorni o si ritrova un po’ <strong>di</strong><br />
bandolo sufficiente a portare a casa<br />
il federalismo e a far camminare <strong>di</strong><br />
nuovo questo governo, o altrimenti<br />
sarà il <strong>di</strong>luvio e qualsiasi scenario<br />
potrebbe riaprirsi: certo non il salto<br />
della quaglia bossiana, ma l’erosione<br />
del patto <strong>di</strong> ferro con Berlusconi,<br />
magari in chiave tremontiana, chissà…<br />
Il tutto facendo, o quasi, i conti<br />
senza l’oste, cioè il Quirinale, conclude<br />
Marco Alfieri. Forse <strong>di</strong>sponibile<br />
a tenere aperto uno spioncino sul<br />
voto a primavera, se la maggioranza<br />
dovesse sfaldarsi del tutto, ma <strong>di</strong> certo<br />
in<strong>di</strong>sponibile ad un voto pre natalizio.<br />
La Costituzione non è un optional,<br />
il Colle non potrebbe esimersi<br />
dal fare un giro esplorativo e allora se<br />
ne vedrebbero delle belle, uscirebbe-
Italia<br />
La baldanza <strong>di</strong> Silvio Berlusconi. A destra Gianfranco Fini, a sinistra il solito gestaccio <strong>di</strong> Umberto Bossi<br />
ro allo scoperto i vari Casini e Rutelli.<br />
Ma soprattutto facendo i conti alle<br />
spalle <strong>di</strong> un paese in apnea da troppi<br />
mesi, senza una linea chiara <strong>di</strong> politica<br />
economica, un ministro decisivo<br />
vacante da troppo tempo, e una ripresa<br />
post crisi ancora tutta da interpretare<br />
e consolidare. Più che un vorrei<br />
ma non posso, questa volta una certezza.<br />
C’è invece chi ricorda che per<br />
ritrovare una situazione nodosa come<br />
quella attuale per Silvio Berlusconi,<br />
occorre tornare al periodo del primo<br />
ribaltone, anno domini 1994, con<br />
Fini nel ruolo <strong>di</strong> Bossi. Stessa tigna<br />
<strong>di</strong>struttiva, stesse sponde col Colle,<br />
ma due <strong>di</strong>fferenze colossali: il presidente<br />
della Camera è inamovibile e<br />
soprattutto non ha nessuna intenzione<br />
<strong>di</strong> provocare la rottura, contrariamente<br />
a quanto fece il Senatur 16 anni fa.<br />
E se il momento politico oggi è simile<br />
a quello che ha preceduto il vertice<br />
<strong>di</strong> villa Campari (quello dal quale<br />
la Lega uscì col vestito <strong>di</strong> me<strong>di</strong>atrice<br />
verso l’ex leader <strong>di</strong> An), ma inasprito<br />
dall’uscita della terza carica dello<br />
Stato a Mirabello, il tempo non gioca<br />
a favore del premier, preso com’è tra<br />
forze contrapposte.<br />
Improbabile ascesa al Colle<br />
Non è un caso se la parola “voto<br />
anticipato” è rimasta nelle bocche<br />
della Lega, e mai è stata pronunciata<br />
dal presidente del Consiglio in questi<br />
giorni. Bossi ha coinvolto il premier<br />
in una poco probabile ascesa al<br />
Colle per far pressione sul presidente<br />
della Camera invocando le sue <strong>di</strong>missioni.<br />
Il Cavaliere non ha smentito,<br />
ma la mossa è servita soprattutto<br />
a far salire la pressione: che Napolitano<br />
cacci Fini da Montecitorio è<br />
ipotesi surreale, oltre che fuori dalla<br />
Costituzione. Ma è lo stesso Berlusconi<br />
a essere sempre meno convinto<br />
dalle sirene leghiste. Il Carroccio<br />
infatti non vede l’ora <strong>di</strong> gustare un<br />
successo quasi sicuramente clamoroso<br />
e soprattutto ha a <strong>di</strong>sposizione<br />
scenari cui guardare con moderato<br />
ottimismo. Il problema è che, sia<br />
che si decida <strong>di</strong> assecondare la corsa<br />
al voto della Lega, sia che propenda<br />
per un atten<strong>di</strong>smo che sposti almeno<br />
fino a marzo l’orizzonte delle urne,<br />
il Cavaliere ha davanti a sé una strada<br />
<strong>di</strong>fficile che non può non incrociare<br />
Pier Fer<strong>di</strong>nando Casini. Proprio<br />
quello che Bossi ha chiamato “stronzo”<br />
meno <strong>di</strong> un mese fa, fiutando che<br />
dalle parti dell’Udc si sarebbe andati<br />
a parare. In caso <strong>di</strong> tentativo <strong>di</strong> proseguire<br />
la legislatura, infatti, alla Camera<br />
i conti non tornano senza Casini<br />
ed i suoi, ma anche e soprattutto<br />
in caso <strong>di</strong> elezioni anticipate. I rapporti<br />
sono sempre rimasti buoni nonostante<br />
gli anni passati su sponde<br />
opposte del Parlamento. Il problema<br />
resta sempre Bossi, che nel suo conto<br />
spietato e luci<strong>di</strong>ssimo vede in Casini<br />
semplicemente un ostacolo, un contendente<br />
in più con cui <strong>di</strong>videre un<br />
bottino che può avere tutto per sé.<br />
Fli resta ancorato a destra<br />
Infine, quali sono le vere novità<br />
dette da Gianfranco Fini a Mirabello?<br />
Il Pdl è finito, secondo l’ottica finiana:<br />
il sogno liberale è svanito, tra<strong>di</strong>to<br />
da Silvio Berlusconi. Il Pdl non è<br />
in grado <strong>di</strong> riassorbire i gruppi <strong>di</strong> Futuro<br />
e libertà, che si avviano a coagularsi<br />
sotto forma <strong>di</strong> un partito o quantomeno<br />
<strong>di</strong> un movimento autonomo<br />
che chiederà un patto <strong>di</strong> legislatu-<br />
ra a tre fra Pdl, Lega e appunto Fli.<br />
Il principale contributo <strong>di</strong> chiarezza<br />
che viene da Mirabello sta nell’assicurazione<br />
finiana che Fli resta ancorato<br />
a destra. Dunque, niente “ribaltoni<br />
o ribaltini”, niente terzo polo<br />
con Casini e Rutelli (anche se Fini<br />
ha invitato a guardare con attenzione<br />
alle proposte programmatiche dei<br />
centristi), ma piuttosto che la neonata<br />
formazione continuerà a rodere come<br />
un tarlo il tronco pi<strong>di</strong>ellino.<br />
Fini del governo non salva nulla.<br />
Del Pdl men che meno. Il lunghissimo<br />
comizio è stato punteggiato <strong>di</strong><br />
ironie e sarcasmi mirati su tutti i primattori<br />
del Popolo delle libertà (Tremonti,<br />
Bossi, Calderoli, Ghe<strong>di</strong>ni, eccetera).<br />
La rottura appare insanabile<br />
più per il livello <strong>di</strong> rancore che per<br />
la situazione politica. Fini sa che le<br />
elezioni anticipate confermerebbero<br />
l’instabilità in quanto il Pdl non<br />
avrebbe maggioranza al Senato. Per<br />
questo ha evitato accuratamente <strong>di</strong><br />
parlare <strong>di</strong> “nuovo partito” e ha steso<br />
tappeti rossi a un patto <strong>di</strong> legislatura<br />
a tre per arrivare assieme alla scadenza<br />
naturale del 2013. Poteva tratteggiare<br />
questo scenario accettando<br />
la mano tesa <strong>di</strong> Berlusconi, che pochi<br />
giorni prima aveva tolto il processo<br />
breve dall’agenda della verifica. Invece<br />
ha deciso <strong>di</strong> dare libero sfogo al<br />
livore e alla rabbia accumulati dopo<br />
che lo avevano <strong>di</strong>chiarato incompatibile<br />
con il Pdl.Tra Fini e Berlusconi<br />
lo scarico delle responsabilità, dunque,<br />
continua. Un pessimo segnale<br />
per chi continua a sperare - o forse,<br />
a questo punto, illudersi - che davvero<br />
si possano evitare le elezioni anticipate<br />
e avviare quelle riforme <strong>di</strong> cui<br />
l’Italia ha vera urgenza. ●<br />
Panorama 11
12 Panorama<br />
Cooperazione<br />
La firma dei due sindaci suggella l’allacciamento <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> scambi tra le due<br />
Fra Trieste e Fiume uno storico riav<br />
a cura <strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />
Storico pomeriggio, quello del<br />
primo settembre scorso, per le<br />
città <strong>di</strong> Trieste e <strong>di</strong> Fiume con il<br />
deciso riavvio e rilancio dei loro antichi<br />
- e un tempo fervi<strong>di</strong>ssimi - rapporti.<br />
Si è aperto infatti, nel tra<strong>di</strong>zionale<br />
Salotto Azzurro del Municipio<br />
<strong>di</strong> piazza Unità, un nuovo percorso<br />
comune tra il capoluogo giuliano e<br />
quello quarnerino che, negli inten<strong>di</strong>menti<br />
manifestati, si propone <strong>di</strong> proseguire<br />
a lungo nel futuro.<br />
Primo atto <strong>di</strong> questo nuovo cammino<br />
è stato la firma <strong>di</strong> una “Lettera<br />
d’intenti in merito all’allacciamento<br />
<strong>di</strong> rapporti amichevoli” tra<br />
le due città, siglata dai due sindaci,<br />
Roberto Dipiazza e Vojko Obersnel,<br />
alla presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse personalità<br />
delle due città e <strong>di</strong> rappresentanti<br />
<strong>di</strong>plomatici italiani e croati, oltre<br />
che <strong>di</strong> un folto gruppo <strong>di</strong> giornalisti.<br />
Per l’occasione erano presenti nel<br />
Salotto Azzurro i presidenti delle<br />
due Autorità Portuali, Clau<strong>di</strong>o Boniciolli<br />
e Bojan Hlača, l’Ambasciatore<br />
della Croazia a Roma, Tomislav<br />
Vidošević, il Console generale<br />
a Trieste, Nevenka Gr<strong>di</strong>nić, e quello<br />
d’Italia a Fiume, Fulvio Rustico,<br />
nonché il presidente della Comunità<br />
croata <strong>di</strong> Trieste, Damir Murković.<br />
Nell’intesa, che come è stato poi<br />
specificato sarà presto seguita dalla<br />
firma a Fiume <strong>di</strong> un più specifico<br />
e ampio protocollo con caratteristiche<br />
operative, si sottolineano innanzitutto<br />
i buoni rapporti bilaterali tra<br />
i due Paesi rimarcando poi come “i<br />
legami culturali e storici tra Trieste<br />
e Fiume” consentano “una possibilità<br />
oggettiva per l’approfon<strong>di</strong>mento<br />
della collaborazione futura tesa al<br />
Cor<strong>di</strong>ale incontro nel Salotto Azzurro del Municipio <strong>di</strong> piazza Unità<br />
I sindaci Vojko Obersnel e Roberto Dipiazza firmano la Lettera d’intenti<br />
raggiungimento <strong>di</strong> vantaggi reciproci<br />
nell’ambito della cultura, del turismo<br />
urbano, dello sport, dell’istruzione,<br />
dell’economia e dello sviluppo<br />
dei porti e della fascia costiera,<br />
con l’obiettivo <strong>di</strong> instaurare in futuro<br />
un legame <strong>di</strong> amicizia ancor più<br />
solido e volto al congiungimento <strong>di</strong><br />
due città molto simili tra loro.”<br />
Imme<strong>di</strong>atamente prima e dopo la<br />
firma vive espressioni <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione<br />
e auspici <strong>di</strong> importanti risultati<br />
sono stati manifestati da tutti i<br />
presenti, con particolare riferimento<br />
alle prospettive della collaborazione<br />
sul piano marittimo-portuale,<br />
che rimane evidentemente il “punto”<br />
prioritario <strong>di</strong> due città che da<br />
sempre sono state principalmente e<br />
soprattutto “porto”. In proposito, il<br />
sindaco Dipiazza ha infatti parlato<br />
della necessità <strong>di</strong> attrarre innanzitutto<br />
i traffici verso l’Adriatico,<br />
considerando a tale scopo l’ipotesi<br />
<strong>di</strong> una forte collaborazione fra tutti<br />
i porti <strong>di</strong> questo mare “da Ravenna a<br />
Fiume”, ribandendo che “poi potremo<br />
pure esercitarci in forme <strong>di</strong> seria<br />
e magari proficua concorrenza,<br />
ma non senza aver attuato anche le<br />
sempre più in<strong>di</strong>spensabili strategie<br />
<strong>di</strong> cooperazione comune all’inter-
municipalità, porti in primis<br />
vicinamento<br />
no <strong>di</strong> quest’area”. Dipiazza ha inoltre<br />
auspicato “sempre in tale ottica,<br />
il quanto più rapido ingresso della<br />
Croazia nell’Unione europea” in<br />
modo da cancellare le frontiere tra le<br />
due città.<br />
Il primo citta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Fiume, Obersnel,<br />
dal canto suo ha sottolineato la<br />
“lunga storia e cultura che ci accomuna,<br />
una storia che ci serve non<br />
solo per ricordare il passato, ma che<br />
ci è molto utile soprattutto per poter<br />
impostare assieme un futuro <strong>di</strong> sviluppo<br />
per entrambe le nostre comunità”.<br />
“La nostra storia e la nostra<br />
posizione ci ‘condannano’ a collaborare”<br />
ha osservato ancora Obersnel,<br />
<strong>di</strong>chiarando infine che “…indubbiamente<br />
i triestini e i fiumani sono<br />
davvero amici!” I due sindaci hanno<br />
parlato poi dell’organizzazione delle<br />
rispettive amministrazioni comunali<br />
e delle possibilità <strong>di</strong> collaborazione,<br />
e già si profilano future presentazioni<br />
<strong>di</strong> determinati progetti che la parte<br />
triestina potrebbe offrire a Fiume,<br />
nonché delle possibilità <strong>di</strong> collaborazione<br />
e <strong>di</strong> elaborazione <strong>di</strong> progetti<br />
comuni a livello delle due autorità<br />
portuali.<br />
Anche i due presidenti dei porti,<br />
Boniciolli e Hlača, hanno rimarcato<br />
l’importanza della collaborazione<br />
marittima e dell’apertura <strong>di</strong> un nuovo<br />
percorso comune fra le due città<br />
che l’intesa prefigura. Concetti analoghi<br />
da parte del Console d’Italia a<br />
Fiume, Fulvio Rustico, che ha definito<br />
questo appena firmato “un accordo<br />
<strong>di</strong> importanza strategica”.<br />
Dal canto loro, l’Ambasciatore<br />
<strong>di</strong> Croazia a Roma, Tomislav<br />
Vidošević, e il Console generale<br />
della Croazia a Trieste, Nevenka<br />
Gr<strong>di</strong>nić, hanno vivamente ringraziato<br />
il Comune <strong>di</strong> Trieste e il sindaco<br />
Dipiazza per il grande apporto dato<br />
alla piena riuscita dello storico incontro<br />
fra i tre Presidenti delle Re-<br />
La lettera d’intenti<br />
In virtù dei buoni rapporti bilaterali tra la Repubblica Italiana e la Repubblica<br />
<strong>di</strong> Croazia, le città <strong>di</strong> Trieste e Fiume con la presente danno<br />
il proprio assenso all’allacciamento <strong>di</strong> relazioni amichevoli.<br />
In base ai legami culturali e storici la Città <strong>di</strong> Trieste e la Città <strong>di</strong> Fiume<br />
hanno valutato l’esistenza <strong>di</strong> una possibilità oggettiva per l’approfon<strong>di</strong>mento<br />
della collaborazione futura tesa al raggiungimento <strong>di</strong> vantaggi<br />
reciproci nell’ambito della cultura, del turismo urbano, dello sport,<br />
dell’istruzione, dell’economia e dello sviluppo dei porti e della fascia costiera<br />
con l’obiettivo <strong>di</strong> instaurare in futuro un legame <strong>di</strong> amicizia ancor<br />
più solido e volto al congiungimento <strong>di</strong> due città molto simili tra loro.<br />
Convinti dell’importanza della cooperazione internazionale ai fini<br />
dello sviluppo generale della società nonché del valore dello scambio <strong>di</strong><br />
esperienze e <strong>di</strong> un migliore collegamento reciproco tra le genti <strong>di</strong> parti <strong>di</strong>verse<br />
del mondo e soprattutto d’Europa, il Sindaco della Città <strong>di</strong> Trieste e<br />
il Sindaco della Città <strong>di</strong> Fiume danno con la presente il proprio contributo<br />
e lo stimolo ad un ulteriore sviluppo delle rispettive comunità. ●<br />
Cooperazione<br />
Si apre un nuovo capitolo nei rapporti tra le città <strong>di</strong> Trieste e Fiume<br />
pubbliche d’Italia, Croazia e Slovenia,<br />
in occasione del recente grande<br />
“Concerto dell’Amicizia” <strong>di</strong>retto dal<br />
maestro Muti in piazza dell’Unità.<br />
La Console Gr<strong>di</strong>nić in particolare ha<br />
<strong>di</strong>chiarato <strong>di</strong> “essere fiera <strong>di</strong> partecipare<br />
a un nuovo importante passo in<br />
avanti nei rapporti tra le nostre Città<br />
e Paesi, dopo il grande passo compiuto<br />
poco fa con l’incontro dei Presidenti”.<br />
L’Ambasciatore Vidošević<br />
ha colto l’occasione per manifestare<br />
anche il ringraziamento della Croazia<br />
all’Italia, e in particolare al Ministro<br />
degli Esteri Frattini, per il sostegno<br />
che sta dando al percorso <strong>di</strong><br />
adesione <strong>di</strong> Zagabria all’Ue.<br />
Dopo la firma del documento,<br />
il tra<strong>di</strong>zionale scambio <strong>di</strong> doni: lo<br />
Scudo rosso-alabardato in smalto<br />
con lo stemma <strong>di</strong> Trieste al sindaco<br />
Obersnel e il Sigillo Trecentesco<br />
in argento all’Ambasciatore<br />
Vidošević, il Sigillo della Città<br />
<strong>di</strong> Fiume rappresentante il Patrono<br />
San Vito al sindaco Dipiazza. Inoltre,<br />
per tutti gli ospiti croati, una copia<br />
del CD del “Concerto dell’Amicizia”<br />
<strong>di</strong> piazza dell’Unità e una copia<br />
del nuovo volume “Panorama <strong>di</strong><br />
Trieste” con le stampe antiche della<br />
collezione Davia e le nuove foto<br />
della Trieste d’oggi. Simpatico particolare,<br />
anche il buffet in un locale<br />
tipico della ripavimentata via Cassa<br />
<strong>di</strong> Risparmio, è stato all’insegna<br />
della più schietta e tra<strong>di</strong>zionale triestinità<br />
gastronomica. ●<br />
Panorama 13
14 Panorama<br />
Ricorrenze<br />
Nell’agosto <strong>di</strong> trent’anni fa nei cantieri <strong>di</strong> Danzica nasceva la confederazione op<br />
Quando decise <strong>di</strong> fare politica... Sol<br />
a cura <strong>di</strong> Diana Pirjavec Rameša<br />
Nell’agosto <strong>di</strong> trent’anni fa, dapprima<br />
a Danzica e poi <strong>di</strong>ffondendosi<br />
rapidamente in tutta<br />
la Polonia, nasceva il movimento,<br />
o meglio la confederazione sindacale,<br />
<strong>di</strong> Solidarnosc. I moti spontanei<br />
nati dall’opposizione popolare al regime<br />
comunista si organizzarono in<br />
una protesta ed una riflessione sempre<br />
più <strong>di</strong>ffusa, assurgendo ben presto<br />
a movimento nazionale con un’eco<br />
ben più ampia dei confini polacchi. In<br />
quell’occasione fu tracciata la strada<br />
che portò alla fondazione <strong>di</strong> Solidarnosc,<br />
il primo sindacato dei lavoratori<br />
in<strong>di</strong>pendente del blocco comunista.<br />
La ricorrenza <strong>di</strong> quest’anno si inserisce<br />
nel contesto <strong>di</strong> un acceso <strong>di</strong>battito<br />
sul retaggio <strong>di</strong> Solidarnosc come<br />
movimento popolare e sul suo ruolo<br />
o<strong>di</strong>erno <strong>di</strong> organizzazione sindacale.<br />
L’esperienza polacca ha contribuito<br />
non poco nella costruzione della vasta<br />
riflessione e sensibilizzazione sui<br />
temi del lavoro e della sua <strong>di</strong>mensione<br />
etica che avrebbe portato, un anno<br />
dopo, alla realizzazione dell’enciclica<br />
“Laborem exercens” <strong>di</strong> Giovanni<br />
Paolo II (anch’egli polacco, come<br />
ricorderà chi legge) fino ad arrivare<br />
ai giorni nostri (la recente enciclica<br />
“Caritas in veritate” dell’attuale<br />
Pontefice, sul lavoro riprende totalmente<br />
i temi della “Laborem”).<br />
Un licenziamento<br />
scatenò la rivoluzione<br />
Era la vigilia <strong>di</strong> ferragosto del 1980<br />
quando a Danzica un volantino chiedeva<br />
agli operai dei cantieri navali un<br />
gesto <strong>di</strong> solidarietà per Anna Walentynowicz,<br />
addetta al reparto saldature<br />
e licenziata in tronco a pochi mesi<br />
dalla pensione. Il foglio era firmato da<br />
tre sconosciuti operai: Joanna Duda-<br />
Gwuazda, Andrzej Gwiazda e Bogdan<br />
Borusewicz (quest’ultimo oggi è<br />
presidente del Senato). Cominciarono<br />
così i fatti dell’estate <strong>di</strong> Danzica destinata<br />
a cambiare il volto della Polonia e<br />
ad imprimere una decisa svolta al volto<br />
del comunismo europeo. La Walentynowicz,<br />
operaia modello, coperta <strong>di</strong><br />
onorificenze, aveva pagato cara la richiesta<br />
<strong>di</strong> un sindacato libero.<br />
Quel volantino per Anna accese<br />
la miccia degli scioperi e i 17 mila<br />
operai dei cantieri navali si bloccarono.<br />
La protesta in favore dell’operaia<br />
giunse in un clima carico <strong>di</strong> malumori.<br />
All’inizio <strong>di</strong> luglio a Lublino i ferrovieri<br />
avevano saldato un vagone ai<br />
binari, per <strong>di</strong>spetto contro l’aumento<br />
delle esportazioni <strong>di</strong> carne, mentre i<br />
negozi polacchi erano vuoti. Altrove<br />
scioperi spontanei, assemblee. C’erano<br />
stati qua e là licenziamenti e sospensioni<br />
dal lavoro. Lo sciopero si<br />
caricò dunque <strong>di</strong> altre riven<strong>di</strong>cazioni.<br />
Gli scioperanti volevano aumenti <strong>di</strong><br />
Lo storico incontro tra papa Wojtyła e i <strong>di</strong>rigenti <strong>di</strong> Solidarnosc<br />
Lech Walesa non si è presentato ai<br />
festeggiamenti organizzati in occasione<br />
dell’importante ricorrenza<br />
ed ha mandato a <strong>di</strong>re ai vecchi<br />
compagni: “Vi occupate troppo <strong>di</strong><br />
politica e ben poco <strong>di</strong> sindacato”<br />
stipen<strong>di</strong>o, l’accesso ai mezzi <strong>di</strong> informazione,<br />
la celebrazione dei loro colleghi<br />
uccisi nel 1970 dalla polizia, la<br />
riassunzione dei licenziati, e volevano<br />
in primo luogo un sindacato libero dal<br />
partito comunista. Su tutte le richieste<br />
il regime era <strong>di</strong>sposto a trattare, ma<br />
non sull’ultima.<br />
Le riven<strong>di</strong>cazioni presto crebbero<br />
<strong>di</strong> numero e <strong>di</strong>vennero “le 21 richieste”,<br />
mettendo in crisi il regime, tanto<br />
più che il Papa polacco Giovanni Paolo<br />
II non mancò <strong>di</strong> far arrivare pubblicamente<br />
il suo sostegno agli operai<br />
in sciopero. Si capì subito che era una<br />
rivoluzione <strong>di</strong>versa. Non c’era notizia<br />
<strong>di</strong> atti violenti o fatti esagerati. La richiesta<br />
<strong>di</strong> libertà e giustizia sociale si<br />
accompagnava ad un grande senso <strong>di</strong><br />
responsabilità. Le prime trattative furono<br />
surreali. L’elettricista Lech Walesa<br />
salì su uno sgabello, arringando<br />
gli operai. Il capo aziendale Gniech<br />
invitò a riprendere il lavoro, “la ricreazione<br />
è finita” <strong>di</strong>sse. Gli operai non si<br />
mossero. Cominciò la trattativa. Walesa<br />
fu più convincente, Gniech era<br />
potente, ma non persuase. Lo sciopero<br />
proseguì. Mai s’era vista prima una<br />
trattativa sindacale trasmessa via altoparlante<br />
e, giorni dopo, via ra<strong>di</strong>o.
eraia guidata da Lech Walesa<br />
idarnosc fallì<br />
Richieste sindacali<br />
e altro ancora<br />
Walesa anni dopo confesserà che<br />
con Gniech aveva bluffato. Minacciava<br />
agitazioni a lungo termine, senza<br />
essere certo che gli operai lo avrebbero<br />
davvero seguito anche solo fino<br />
all’indomani. Fra i lavoratori regnava<br />
il malumore per le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> lavoro<br />
ed economiche, ma non erano organizzati.<br />
Walesa puntò alto e vinse,<br />
Gniech aveva dovuto in<strong>di</strong>etreggiare <strong>di</strong><br />
fronte a richieste fatte in pubblico, richieste<br />
che non erano più solo sindacali<br />
ma <strong>di</strong> buon senso, <strong>di</strong> <strong>di</strong>gnità.<br />
Domenica 17 agosto Walesa si presentò<br />
in fabbrica con una grande croce<br />
in legno e la piantò davanti all’ingresso,<br />
altri portarono l’immagine della<br />
Madonna nera <strong>di</strong> Jasna Gora e una<br />
foto <strong>di</strong> Giovanni Paolo II. Il giorno<br />
dopo nacque l’alleanza fra gli operai<br />
dei cantieri navali e quelli del nord: il<br />
pane portato agli occupanti dei cantieri<br />
navali fu <strong>di</strong>viso con gli operai dei<br />
cantieri del nord, che se la passavano<br />
peggio. Un gesto semplice e <strong>di</strong> grande<br />
impatto emotivo, che richiamava la<br />
comune fede cristiana. Durante l’occupazione<br />
delle fabbriche si cominciò<br />
a pregare, i sacerdoti furono invitati a<br />
<strong>di</strong>re la Messa.<br />
La prima protesta<br />
operaia non violenta<br />
Quelle migliaia <strong>di</strong> tute blu inginocchiate<br />
durante le celebrazioni dentro ai<br />
cantieri furono un’immagine sconvolgente<br />
<strong>di</strong> fede popolare che rimbalzò su<br />
tv e giornali <strong>di</strong> tutto il mondo. Quella<br />
<strong>di</strong> Danzica è stata soprattutto la prima<br />
rivoluzione operaia non violenta,<br />
all’insegna dello slogan “non c’è libertà<br />
senza solidarietà”. Eppure, curiosamente,<br />
il nome del primo sindacato libero<br />
Solidarnosc (solidarietà, in polacco)<br />
fondato ufficialmente il 31 agosto<br />
quando il governo si arrese alle richieste<br />
operai, fu scelto su in<strong>di</strong>cazione involontaria<br />
<strong>di</strong> uno dei maggiori oppositori<br />
<strong>di</strong> quegli operai, cioé il <strong>di</strong>rettore<br />
dei cantieri navali Gniech, il quale<br />
<strong>di</strong> fronte al <strong>di</strong>ffondersi degli sciope-<br />
Ricorrenze<br />
Il 31 agosto 1980 una folla oceanica si riversò nelle strade <strong>di</strong> Danzica<br />
ri, era sbottato <strong>di</strong>cendo: “ma questi<br />
sono scioperi <strong>di</strong> solidarietà”. Walesa<br />
se ne ricordò al momento <strong>di</strong> scegliere<br />
il nome del nuovo sindacato. In<br />
ogni caso, come <strong>di</strong>sse Bronislaw Geremek,<br />
protagonista <strong>di</strong> quella lontana<br />
estate polacca, poi ministro degli<br />
esteri e eurodeputato, a Danzica nel<br />
1980 prese corpo quella che “è stata<br />
soprattutto la prima rivoluzione operaia<br />
non violenta”.<br />
Nell’estate 1980 il governo polacco<br />
decretò pesanti rincari e razionamenti<br />
dei generi <strong>di</strong> prima necessità<br />
per far fronte alla gravissima crisi economica<br />
in cui il Paese era precipitato.<br />
Al termine <strong>di</strong> un estenuante braccio <strong>di</strong><br />
ferro con le autorità, il 30 agosto e il<br />
3 settembre 1980 vennero firmati gli<br />
accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Danzica, in 21 punti, grazie<br />
ai quali veniva riconosciuto il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />
sciopero e veniva accettata la costituzione<br />
<strong>di</strong> un sindacato in<strong>di</strong>pendente dal<br />
Partito comunista.<br />
Il nuovo sindacato così sorto nel<br />
settembre 1980 crebbe rapidamente<br />
(oltre <strong>di</strong>eci milioni <strong>di</strong> iscritti in breve<br />
tempo) <strong>di</strong>ventando <strong>di</strong> fatto un centro<br />
<strong>di</strong> potere alternativo, incompatibile<br />
col sistema comunista polacco. La<br />
situazione continuò a deteriorarsi, finché<br />
nella notte tra il 12 e il 13 <strong>di</strong>cembre<br />
1981 il generale W. Jaruzelski, che<br />
dal 18 ottobre precedente riuniva in sé<br />
la carica <strong>di</strong> ministro della Difesa, segretario<br />
del Partito comunista e capo<br />
del governo, compì un colpo <strong>di</strong> stato.<br />
Forte dell’appoggio dell’Unione Sovietica,<br />
egli impose la legge marziale<br />
su tutto il territorio polacco, facen-<br />
do sospendere i <strong>di</strong>ritti costituzionali,<br />
rendendo nulli gli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Danzica<br />
e facendo internare Wałesa (eletto nel<br />
frattempo presidente del sindacato) assieme<br />
a migliaia <strong>di</strong> militanti. Nel corso<br />
del 1982, tuttavia, la società polacca,<br />
confortata dalla solidarietà internazionale,<br />
operò una resistenza quoti<strong>di</strong>ana<br />
che affiancava quella attiva sostenuta<br />
dalla costituita <strong>di</strong>rezione clandestina<br />
<strong>di</strong> Solidarnosc. Nel maggio furono<br />
sciolti tutti i sindacati, fino ad allora<br />
sospesi, ma nell’autunno successivo,<br />
grazie anche all’attiva me<strong>di</strong>azione<br />
della Chiesa cattolica, si ebbe un momento<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>stensione che condusse alla<br />
liberazione <strong>di</strong> Wałesa e alla sospensione<br />
dello stato <strong>di</strong> guerra (poi abolito nel<br />
luglio 1983). Sebbene fossero ormai<br />
pochi a credere a una possibile rinascita<br />
<strong>di</strong> Solidarnosc, Wałesa, cui venne<br />
assegnato nell’ottobre 1983 il premio<br />
Nobel per la pace, riuscì a trovare spazi<br />
d’azione e <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo non violento,<br />
nonostante episo<strong>di</strong> come il rapimento<br />
e l’assassinio <strong>di</strong> padre Popiełuszko da<br />
parte <strong>di</strong> agenti della polizia politica.<br />
Le amnistie e la liberazione dei prigionieri<br />
politici, i nuovi pellegrinaggi polacchi<br />
del Papa, il fallimento del referendum<br />
voluto dal governo nel 1987<br />
e osteggiato dal sindacato, riorganizzatosi<br />
informalmente, prepararono<br />
gli scioperi della primavera del 1988;<br />
nell’agosto seguente furono ripresi i<br />
contatti ufficiali tra le parti sociali e si<br />
avviò una tavola rotonda tra governo<br />
e opposizione che si raccolse intorno<br />
a un Comitato civico. La con<strong>di</strong>zione<br />
era un nuovo riconoscimento ufficia-<br />
Panorama 15
16 Panorama<br />
Ricorrenze<br />
le <strong>di</strong> Solidarnosc, riconoscimento che<br />
avvenne nell’aprile 1989. Gli accor<strong>di</strong><br />
della tavola rotonda, sviluppatisi in<br />
un clima internazionale che già lasciava<br />
intravedere la crisi definitiva dei regimi<br />
comunisti dell’Europa orientale,<br />
prevedevano elezioni parzialmente libere:<br />
al Senato, nel giugno 1989 furono<br />
eletti 99 can<strong>di</strong>dati <strong>di</strong> Solidarnosc su<br />
100 seggi. Intorno al sindacato si coagulò<br />
infatti una vera forza politica;<br />
l’elezione <strong>di</strong> Jaruzelski come primo<br />
presidente della Repubblica polacca fu<br />
possibile grazie all’appoggio <strong>di</strong> alcuni<br />
parlamentari <strong>di</strong> Solidarnosc, che nel<br />
maggio 1990 colse un nuovo successo<br />
elettorale attraverso i suoi Comitati<br />
civici. Intanto un uomo proposto da<br />
Wałesa, ancora presidente del sindacato,<br />
T. Mazowiecki, era <strong>di</strong>ventato primo<br />
ministro (settembre 1989). Quando,<br />
infine, Jaruzelski rimise il mandato<br />
al Parlamento, Wałesa venne eletto<br />
democraticamente e a suffragio universale<br />
presidente della Repubblica<br />
(1990) col 74 p.c. dei voti. Mentre per<br />
il leader sindacale iniziava una nuova<br />
fatica <strong>di</strong> me<strong>di</strong>atore tra i tanti partiti rifioriti<br />
nella lotta politica, per Solidarnosc<br />
si apriva una nuova fase, rivolta a<br />
ricostruire la propria identità <strong>di</strong> sindacato<br />
in un sistema pluralista, alle prese,<br />
in una economia <strong>di</strong> mercato incerta<br />
e squilibrata, con inflazione e <strong>di</strong>soccupazione.<br />
Gli anni Novanta, comunque,<br />
vedevano un declino della politica <strong>di</strong><br />
Solidarnosc che, a eccezione delle elezioni<br />
parlamentari del 1997, non riusciva<br />
a riscuotere il favore dell’elettorato<br />
polacco sia nelle consultazioni<br />
politiche del 1993, sia nelle presidenziali<br />
del 1995 e del 2000, nelle quali il<br />
suo leader Wałesa non otteneva la vittoria.<br />
Infatti, le presidenziali del 2000<br />
determinavano il trionfo <strong>di</strong> A. Kwasniewski,<br />
leader degli ex comunisti<br />
dell’Alleanza per la Sinistra Democratica<br />
(SLD), per cui Wałesa decise <strong>di</strong><br />
abbandonare la vita politica.<br />
Che cosa resta<br />
<strong>di</strong> Solidarnosc?<br />
La rivista “Gazeta Wyborcza”<br />
ha chiesto a dei giovani sociologi<br />
cosa resta oggi del leggendario sindacato.<br />
Secondo la trentenne Agata<br />
Szczęśniak è sopravvissuto l’aspetto<br />
utopistico, “la fiducia nella possibilità<br />
<strong>di</strong> un cambiamento sociale improvviso<br />
e ra<strong>di</strong>cale”, mentre Michał<br />
Łuczewski, 31 anni, pone l’accento<br />
sull’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> Solidarnosc come<br />
“idea <strong>di</strong> una rivoluzione morale, riscoperta<br />
e ogni volta <strong>di</strong> nuovo <strong>di</strong>menticata<br />
nel corso della storia della<br />
Polonia”. Karolina Wigura in<strong>di</strong>vidua<br />
due linee narrative peculiari nel mito<br />
<strong>di</strong> Solidarnosc: “La prima definisce il<br />
movimento <strong>di</strong> Solidarnosc dei primi<br />
anni Ottanta come un periodo carnevalesco,<br />
in cui i polacchi riuscirono a<br />
trovare l’unità nonostante le <strong>di</strong>visioni.<br />
La seconda linea colloca invece il<br />
pluralismo al <strong>di</strong> sopra dell’unità, sottolineando<br />
la lotta per la libertà e il<br />
<strong>di</strong>ritto a essere <strong>di</strong>versi”.<br />
In una intervista con Józef Pinior,<br />
attivista <strong>di</strong> spicco <strong>di</strong> Solidarnosc negli<br />
anni Ottanta, “Newsweek” chiede<br />
come mai un simbolo nazionale si sia<br />
trasformato in uno strumento politico<br />
del partito <strong>di</strong> destra Legge e Giustizia<br />
(PiS). “Solidarnosc non è stata in grado<br />
<strong>di</strong> definire ciò che era, né <strong>di</strong> comprendere<br />
la propria identità”, risponde<br />
Pinior. “Dopo la svolta del 1989 il sindacato<br />
ha perso or<strong>di</strong>ne e compattezza,<br />
e non è riuscito a generare un partito<br />
politico in grado <strong>di</strong> esprimere gli interessi<br />
sociali delle persone che rappresentava”.<br />
Secondo Tomasz Lis, <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong><br />
“Wprost”, “il paradosso <strong>di</strong> Solidarnosc<br />
risiede nel fatto che coloro che<br />
contribuirono a creare il sindacato -<br />
gli impiegati delle gran<strong>di</strong> compagnie<br />
controllate dallo stato, l’intellighenzia<br />
del lavoro e la chiesa - sono stati i più<br />
danneggiati dal cambiamento scatenato<br />
da Solidarnosc. Ma il movimento in<br />
se ci ha rimesso ancora <strong>di</strong> più”.<br />
Solidarnosc è stata rovinata dai<br />
suoi stessi fondatori: Lech Wałęsa ha<br />
identificato il sindacato con la sua persona,<br />
mentre i “veri patrioti” lo accusavano<br />
<strong>di</strong> essere un agente <strong>di</strong> polizia<br />
sotto copertura; l’ex presidente<br />
Lech Kaczyński e l’ex primo ministro<br />
Jarosław Kaczyński si autodefinirono<br />
gli ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> Solidarnosc, ma hanno finito<br />
per esacerbare le <strong>di</strong>visioni sociali.<br />
Su “Gazeta Wyborcza”, Mirosław<br />
Czech si mostra più positivo. Secondo<br />
Czech infatti “la generazione <strong>di</strong> Solidarnosc<br />
ha superato la prova <strong>di</strong> costruire<br />
il nuovo stato e si è <strong>di</strong>mostrata<br />
vincente. Non sono stati testimoni<br />
del fallimento della rivolta, ma hanno<br />
abbracciato la politica dei piccoli<br />
passi: risolvere i problemi del paese<br />
e rafforzare la posizione della Polonia<br />
nell’Unione europea. Non sarà la realizzazione<br />
<strong>di</strong> tutti i nostri sogni, ma chi<br />
avrebbe potuto immaginare una cosa<br />
del genere trent’anni fa?” ●
Ricorrenze<br />
Fu in grado <strong>di</strong> organizzare una rivoluzione non violenta. Oggi critica Solidarnosc<br />
Walesa, l’elettricista che sapeva parlare alla folla<br />
Uomo sempre allegro e chiacchierone, furbissimo<br />
e generoso, ma anche focoso e facile al litigio,<br />
Lech Walesa è il simbolo dell’estate <strong>di</strong> Danzica. E anche<br />
la rappresentazione vivente della straor<strong>di</strong>naria capacità<br />
della Storia <strong>di</strong> cambiare volto a ciò che, talora,<br />
si crede definito una volta per sempre. Nell’agosto<br />
1980 Walesa è solo un elettricista strapazzato dal<br />
regime per le sue idee sovversive in fabbrica, licenziato<br />
nel 1976 e arrestato, costretto per quattro anni a<br />
sfamare moglie e sei figli arrangiandosi con lavoretti<br />
saltuari. Poi la ruota gira, e l’ex elettricista si ritrova<br />
nell’estate del 1980 a capo della rivoluzione pacifica<br />
che mette in ginocchio il regime comunista <strong>di</strong> Varsavia<br />
e lo avvia, ben nove anni prima della caduta del<br />
muro <strong>di</strong> Berlino, alla sua <strong>di</strong>ssoluzione. Walesa fonda<br />
Solidarnosc, il primo sindacato libero mai costituito in<br />
un Paese comunista, fa in tempo a tornare in carcere<br />
dopo il golpe del gen. Jaruzelski del 1981, ma alla fine<br />
la sua stella risorge ancora: nel 1983 gli viene assegnato<br />
il Nobel per la pace e della Polonia <strong>di</strong>venta ad<strong>di</strong>rittura<br />
Presidente a furor <strong>di</strong> popolo nel 1990.<br />
Il merito più grande <strong>di</strong> Walesa è stato quello <strong>di</strong> saper<br />
condurre la durissima fase degli scioperi e poi la<br />
resistenza al golpe senza cadere nella tentazione <strong>di</strong> far<br />
compiere atti <strong>di</strong> violenza al suo popolo. Tutte le volte<br />
che i soldati si presentavano davanti alle fabbriche occupate,<br />
non trovavano folle esagitate ma operai calmi<br />
e tranquilli, gente semplice, qualche volta in preghiera,<br />
altre intenti a partecipare alle Messe all’aperto. Uno<br />
spettacolo inau<strong>di</strong>to anche per gli osservatori occidentali.<br />
Durante la rivoluzione polacca non fu rotto un vetro,<br />
nessun militare fu colpito, nessuna azienda danneggiata.<br />
L’ex elettricista guidò una rivolta fatta <strong>di</strong> assemblee<br />
sindacali e <strong>di</strong> preghiere, una rivoluzione operaia e cattolica.<br />
La parabola <strong>di</strong> Walesa è straor<strong>di</strong>naria se si pensa alla<br />
sua modesta istruzione, alle sue scarse o nulle conoscenze<br />
<strong>di</strong> politica e sindacato e burocrazia, tanto che già<br />
nei giorni dello sciopero <strong>di</strong> Danzica furono fatti venire<br />
da Varsavia alcuni intellettuali e giornalisti cattolici<br />
come Tadeusz Mazowiecki e Bronislaw Geremek, con<br />
il compito <strong>di</strong> supportarlo nel confronto con gli uomini<br />
del regime. Mazowiecki <strong>di</strong>venterà capo del governo nel<br />
1990 proprio con Walesa Presidente, e Geremek ministro<br />
degli esteri e uno dei suoi più ascoltati consiglieri.<br />
Ma le cose cambiano e anche i rapporti umani.<br />
Walesa, infatti, negli anni romperà i rapporti per<br />
motivi politici e caratteriali, con la maggior parte<br />
dei suoi compagni della prima ora: romperà con<br />
Mazowiecki e Geremek, e anche con Bogdan Borusewicz,<br />
l’autore del volantino del 14 agosto 1980 (e<br />
attualmente Presidente del Senato). Pessimi rapporti<br />
anche con Anna Walentynovicz e Lech Kaczinsky<br />
<strong>di</strong>ventato poi Presidente (entrambi questi ultimi sono<br />
morti, insieme con altre 94 autorità dello Stato e del-<br />
Disegno <strong>di</strong> copertina <strong>di</strong> una rivista dell’epoca: il<br />
leader sindale Lech Walesa portato in trionfo<br />
la società polacca nel <strong>di</strong>sastro aereo <strong>di</strong> Katyn il 10<br />
aprile scorso). Nell’occasione Walesa ha reso l’onore<br />
delle armi a Kaczinsky, <strong>di</strong>cendosi favorevole alla sua<br />
sepoltura nel castello del Wawel, insieme ai gran<strong>di</strong><br />
della patria.<br />
Fin dall’inizio, la vita <strong>di</strong> Lech Walesa non è stata<br />
facile. Nato il 13 settembre 1943 a Lipno, vicino a<br />
Varsavia, è rimasto orfano del padre a soli due anni<br />
<strong>di</strong> età. La madre dopo qualche tempo si era risposata,<br />
andando a vivere in America, ma senza <strong>di</strong> lui. A<br />
25 anni sposa Danuta, dalla quale avrà 8 figli. Cattolico<br />
praticante, e orgoglioso <strong>di</strong> esserlo, tanto da portare<br />
sempre sulla giacca un’immaginetta della Madonna<br />
nera <strong>di</strong> Jasna Gora, Walesa non hai mai perso<br />
il buon umore e l’allegria nemmeno nei momenti<br />
più duri dello scontro con il regime. Pur non avendo<br />
una grande istruzione, sapeva parlare alle folle e<br />
convincerle. “Sono uno <strong>di</strong> loro, parlo e penso come<br />
loro”, <strong>di</strong>ceva. Forte è stata la sua amicizia con papa<br />
Wojtyla, da cui ricevette un grande sostegno in quegli<br />
anni cruciali. Anzi, come lui stesso ha ammesso,<br />
senza l’aiuto del Papa polacco, l’estate <strong>di</strong> Danzica e<br />
Solidarnosc non ci sarebbero mai stati. ●<br />
Panorama 17
18 Panorama<br />
Società<br />
Sul fronte dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo, tra integralismo e condanna alla lapidazione<br />
Sakineh Mohamma<strong>di</strong> e le altre<br />
a cura <strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />
Il volto serio e bello <strong>di</strong> Sakineh incorniciato<br />
nel nero riquadro del<br />
chador è sulle pagine dei giornali<br />
<strong>di</strong> mezzo mondo, presenza assidua nel<br />
Web e manifesto appeso sulle facciate<br />
delle se<strong>di</strong> istituzionali <strong>di</strong> molte città europee,<br />
icona pervasiva e reiterata <strong>di</strong> un<br />
<strong>di</strong>ritto a una giustizia umana che più e<br />
più volte, recentemente, ha visto mobilitazioni<br />
internazionali contro i regimi<br />
detentivi, le coercizioni e le pene cui in<br />
Iran vengono sottoposti <strong>di</strong>ssidenti, attivisti<br />
e intellettuali, ricorda Traccani.it,<br />
il portale della più grande e prestigiosa<br />
Enciclope<strong>di</strong>a Italiana. Tra i più noti<br />
<strong>di</strong> essi vi sono il regista Jafar Panahi,<br />
scarcerato nel maggio <strong>di</strong> quest’anno<br />
dopo tre mesi <strong>di</strong> detenzione, ma anche<br />
i fratelli Kamiar e Arash Alaei, me<strong>di</strong>ci<br />
impegnati da anni nella lotta contro<br />
l’Aids, la giornalista Roxana Saberi,<br />
arrestata mentre stava scrivendo un<br />
reportage sull’Iran e accusata <strong>di</strong> spionaggio<br />
(e poi scarcerata) e Silva Harotonian,<br />
impiegata in un’organizzazione<br />
no-profit per lo sviluppo e accusata<br />
<strong>di</strong> “cooperazione con gli Stati Uniti”.<br />
Oltre che le torture e le morti sospette<br />
in carcere - come il “suici<strong>di</strong>o” nel marzo<br />
del 2009 del blogger iraniano Omi-<br />
Frusta e pietre non attendono solo Sakineh, della<br />
quale si è saputo da una lettera del figlio Sajjad<br />
Ghaderzadeh che ha ricevuto una nuova condanna a<br />
99 frustate “per aver <strong>di</strong>ffuso la corruzione e l’indecenza”,<br />
avendo il 20 agosto il ‘Times’ pubblicato la<br />
foto <strong>di</strong> una donna senza velo che non è neppure la sua,<br />
e per la quale la testata ha presentato le sue scuse ai<br />
lettori. Insieme a Sakineh, almeno altre tre donne rischiano<br />
<strong>di</strong> essere lapidate in Iran.<br />
Kobra Babai, moglie <strong>di</strong> Rahim Mohamma<strong>di</strong>, già<br />
giustiziato nell’ottobre del 2009 nel carcere <strong>di</strong> Tabriz<br />
per impiccagione. In con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> estrema povertà, con<br />
l’assenso del coniuge Kobra avrebbe fornito prestazioni<br />
sessuali ad alcuni impiegati dei servizi <strong>di</strong> assistenza<br />
economica in modo da ottenerne maggiori quantità <strong>di</strong><br />
denaro.<br />
Maryam Ghorbanzadeh, 25 anni, detenuta nel carcere<br />
<strong>di</strong> Tabriz e come Sakineh accusata <strong>di</strong> complicità<br />
Una delle manifestazioni <strong>di</strong> solidarietà con Sakineh organizzate in Italia<br />
dreza Mirsayafim - Amnesty International<br />
e Human Right Watch hanno<br />
più volte denunciato l’assoluta assenza<br />
in Iran <strong>di</strong> garanzie minime per gli<br />
imputati, quali la possibilità per i detenuti<br />
<strong>di</strong> incontrare in carcere avvocati<br />
e parenti e <strong>di</strong> essere sottoposti a giu<strong>di</strong>zio<br />
secondo i criteri internazionali del<br />
“giusto processo”. Una notizia importante,<br />
ma non la fine dell’incubo<br />
per Sakineh Mohamma<strong>di</strong> Ashtiani,<br />
la donna iraniana <strong>di</strong> 43 anni su cui<br />
pende una condanna a morte per lapidazione.<br />
La mobilitazione interna-<br />
zionale a sostegno del suo <strong>di</strong>ritto alla<br />
vita avrebbe sortito un risultato concreto:<br />
il ministero degli Esteri della<br />
Repubblica islamica ha ufficialmente<br />
confermato che il suo caso, in particolare<br />
quello relativo all’accusa <strong>di</strong><br />
adulterio, sarà rivisto e che la pena<br />
deve considerarsi sospesa. Poche ore<br />
prima il Parlamento Europeo aveva<br />
votato praticamente all’unanimità<br />
(un solo voto contrario) una risoluzione<br />
in cui si chiedeva all’Iran <strong>di</strong><br />
riesaminare il caso. Ma gli attivisti<br />
per i <strong>di</strong>ritti umani mettono in guar<strong>di</strong>a<br />
Ancora tre donne in attesa <strong>di</strong> essere giustiziate?<br />
nell’omici<strong>di</strong>o del marito, un uomo violento dalla cui<br />
sopraffazione un altro uomo non meno violento l’ha liberata<br />
uccidendolo. Maryam è al sesto mese <strong>di</strong> gravidanza,<br />
ma si teme che possa essere costretta ad abortire:<br />
secondo la giustizia islamica una donna incinta non può<br />
essere giustiziata.<br />
Azar Bagheri, 19 anni, incarcerata a 14 anni per<br />
una denuncia <strong>di</strong> adulterio da parte dell’anziano uomo<br />
con il quale era stata costretta a sposarsi, condannata a<br />
100 frustate e alla lapidazione nonostante non vi fossero<br />
prove della sua infedeltà, e costretta ad attendere nel<br />
braccio della morte il raggiungimento della maggiore<br />
età prescritta dal co<strong>di</strong>ce penale iraniano perché la pena<br />
capitale possa essere comminata. Come denunciato dal<br />
figlio <strong>di</strong> Sakineh per la madre, anche Azar è già stata<br />
costretta a morire due volte: per due volte è stata trascinata<br />
nel cortile del carcere, sotterrata fino al petto, poi<br />
<strong>di</strong>sseppellita e ricondotta nella sua cella. ●
dai facili entusiasmi. La storia <strong>di</strong> Sakineh<br />
è più semplice e forse per questo<br />
più terribile ancora, perché lei non<br />
ha sfidato il potere cieco della milizia<br />
del Basij o delle Guar<strong>di</strong>e rivoluzionarie,<br />
né è accusata <strong>di</strong> atti eversivi contro<br />
un sistema politico che dopo l’elezione<br />
<strong>di</strong> Mahmud Ahma<strong>di</strong>nejad ha imposto<br />
un nuovo giro <strong>di</strong> vite alle libertà<br />
fondamentali dell’in<strong>di</strong>viduo. Come<br />
ha rilevato il filosofo Bernard-Henry<br />
Lévy, uno tra i più attivi sostenitori<br />
della campagna internazionale per la<br />
revoca della condanna a morte, Sakineh<br />
è probabilmente colpevole solo <strong>di</strong><br />
essersi innamorata e per questo <strong>di</strong> avere<br />
infranto una delle leggi della shari’a<br />
islamica commettendo adulterio,<br />
reato che ha confessato probabilmente<br />
sotto tortura e per il quale è detenuta<br />
dal 15 maggio del 2006 nel carcere <strong>di</strong><br />
Tabriz, dove ha scontato la pena della<br />
fustigazione.<br />
Solo alcuni mesi fa è riemersa una<br />
nuova e vaga accusa <strong>di</strong> uxorici<strong>di</strong>o,<br />
da cui la donna era già stata prosciolta<br />
nel 2006, formalmente confermata<br />
da una nuova confessione in cui Sakineh<br />
avrebbe ammesso una “complicità”<br />
nell’assassinio del marito. Oltre<br />
a confessare, inaspettatamente Sakineh<br />
ha condannato i me<strong>di</strong>a occidentali<br />
“perché hanno interferito nella sua vita<br />
priva ta” e ha preso le <strong>di</strong>stanze dal suo<br />
ex avvocato, Mohamma<strong>di</strong> Mostafai,<br />
attivista per i <strong>di</strong>ritti umani e costretto a<br />
rifugiarsi in Norvegia per non rischiare<br />
egli stesso l’arresto.<br />
La pena capitale della lapidazione,<br />
e contro la quale l’opinione pubblica<br />
mon<strong>di</strong>ale si è mobilitata - contando in<br />
Italia dell’adesione <strong>di</strong> personalità quali<br />
Rita Levi-Montalcini e all’estero suscitando<br />
un caso <strong>di</strong>plomatico, con il<br />
presidente francese Sarkozy che ha <strong>di</strong>chiarato<br />
<strong>di</strong> considerare la donna sotto<br />
Società<br />
A Piazza Colonna, a Roma, e a Lisbona (a destra) si chiede <strong>di</strong> salvare la vita <strong>di</strong> Sakineh Mohamma<strong>di</strong> Ashtiani<br />
Le donne polacche protestano davanti all’ambasciata dell’Iran a Varsavia<br />
la protezione francese - è prevista in<br />
Iran per il reato <strong>di</strong> adulterio durante il<br />
matrimonio e, sebbene nel 2002 la magistratura<br />
abbia imposto una moratoria<br />
su questa forma <strong>di</strong> esecuzione, le autorità<br />
giu<strong>di</strong>ziarie iraniane hanno ammesso<br />
<strong>di</strong> avere giustiziato in tal modo due<br />
in<strong>di</strong>vidui nel <strong>di</strong>cembre 2008. In base<br />
alle <strong>di</strong>sposizioni del co<strong>di</strong>ce penale iraniano,<br />
il reo viene avvolto in un sudario<br />
e posto in una buca fino all’altezza<br />
del petto se è un uomo, del collo se<br />
è donna. Se riuscisse a liberarsi sarebbe<br />
graziato, ma è evidente che nessuna<br />
donna potrebbe mai farlo. Quin<strong>di</strong><br />
si procede al lancio delle pietre, “non<br />
abbastanza grosse da poter uccidere la<br />
persona con uno o due colpi, non piccole<br />
al punto da non poterle più definire<br />
pietre”. La prima pietra sarà scagliata<br />
dal giu<strong>di</strong>ce nel caso in cui il condannato<br />
abbia rimesso una confessione<br />
presso il tribunale, e da testimoni<br />
oculari se il reato è stato accertato grazie<br />
alla loro deposizione; l’esecuzione<br />
dura almeno mezz’ora. Questo è stato<br />
il tempo necessario a che nel 2006 una<br />
“mano pietosa” decidesse <strong>di</strong> infliggere<br />
con un blocco <strong>di</strong> cemento alla testa<br />
il colpo <strong>di</strong> grazia a Doa Khalil Aswad,<br />
<strong>di</strong>ciassettenne studentessa irachena<br />
<strong>di</strong> fede yazida, che si era innamorata<br />
<strong>di</strong> un vicino <strong>di</strong> casa musulmano e per<br />
questo si era convertita all’Islam; non<br />
meno lunga deve essere stata l’agonia<br />
<strong>di</strong> Aisha Ibrahim Dhuhulow, 23<br />
anni, adultera, lapidata nell’ottobre del<br />
2008 nello sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Chisimaio in Somalia<br />
<strong>di</strong> fronte a migliaia <strong>di</strong> testimoni,<br />
<strong>di</strong>ssotterrata due volte per constatarne<br />
la morte e quin<strong>di</strong> reinterrata fino<br />
a che questa non è sopraggiunta. Per<br />
Sakineh e per tutte le altre, il consesso<br />
umano chiede salvezza. ●<br />
Panorama 19
20 Panorama<br />
Arte<br />
Il festival <strong>di</strong> cultura ebraica Bejahad ha portato ad Abbazia il pittore Vla<strong>di</strong>mir Veličko<br />
Coerenza nel procedere e nel tenere g<br />
<strong>di</strong> Erna Toncinich<br />
Ho notato più volte la presenza<br />
<strong>di</strong> quelle signore: <strong>di</strong> mezza<br />
età, piacenti, eleganti e molto<br />
chiacchierone. Sto impalata <strong>di</strong>nanzi ad<br />
una delle opere esposte ma non posso<br />
fare a meno <strong>di</strong> captare quello che una<br />
delle donne <strong>di</strong>ce all’altra: ”Me lo dessero<br />
questo <strong>di</strong>pinto, lo rifiuterei. Non<br />
terrei mai in casa un quadro del genere,<br />
mi vengono i brivi<strong>di</strong> al solo osservarlo,<br />
terribile, opprimente, con questi corpi<br />
scheletrici, grigi, neri, privi della testa...<br />
I ratti poi, li ve<strong>di</strong> i ratti? Che schifo!<br />
E quelle macchie rosse che sembrano<br />
vero, puro, sangue... Ripugnante!”.<br />
Sono pienamente immersa nella contemplazione<br />
dello stesso <strong>di</strong>pinto calunniato<br />
dalle due dame ma colgo chiaramente<br />
la “bestemmia” appena pronunciata<br />
dalle signore. Allora - penso - rifiuterebbero<br />
anche il sanguinolento Bue<br />
squartato <strong>di</strong> Rembrandt, il terrificante<br />
Urlo <strong>di</strong> Munch o un qualsiasi <strong>di</strong>pinto <strong>di</strong><br />
Bacon.... Chiaro: a queste signore piacciono<br />
i paesaggi, i fiori, gli uccellini...<br />
La vernice sta per iniziare ed io “scappo”<br />
dalle due chiacchierone.<br />
Nel fondo dello spazio espositivo<br />
- che è quello del Pa<strong>di</strong>glione artistico<br />
“Juraj Šporer” <strong>di</strong> Abbazia dove un numeroso<br />
pubblico è in attesa dell’apertura<br />
<strong>di</strong> una importante mostra - l’artista<br />
espositore, Vla<strong>di</strong>mir Veličković, il<br />
Veličković nel suo atelier. In basso: figure acefale, teste che rotolano, corpi<br />
<strong>di</strong>laniati, urlo e silenzio presenti in quasi tutti i <strong>di</strong>segni dell’Artista<br />
noto critico d’arte Tonko Maroević,<br />
che presenterà brillantemente l’artista<br />
e parlerà delle opere esposte, lo scrittore<br />
Predrag Matvejević, un altro artista<br />
croato, Zlatko Bourek (pittore, illustratore<br />
e scenografo, uno dei più noti<br />
e apprezzati esponenti della scuola<br />
d’animazione <strong>di</strong> Zagabria), personaggi<br />
e ospiti importanti che in un modo o<br />
nell’altro hanno dato lustro alla quarta<br />
e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Bejahad e si sono alternati<br />
nell’apporre la firma nel Libro d’oro<br />
<strong>di</strong> Abbazia. Anche quest’anno il festival,<br />
autentica Scena culturale ebraica,<br />
dal 24 al 31 agosto scorso ha proposto<br />
una fitta scaletta <strong>di</strong> appuntamenti<br />
culturali e sociali in più punti della<br />
località rivierasca e in questo ambito<br />
è stata allestita questa mostra, alla cui<br />
apertura si sono avvicendati con i loro<br />
interventi il critico Maroević, lo stesso<br />
Veličković, l’autore del celeberrimo<br />
“Breviario me<strong>di</strong>terraneo” Predrag<br />
Matvejević, ed il sindaco <strong>di</strong> Abbazia,<br />
Ivo Dujmić, che ha inaugurato l’esposizione.<br />
Sino a qualche decennio fa la Galleria<br />
Moderna <strong>di</strong> Fiume, come allora<br />
si chiamava, organizzava due importanti<br />
manifestazioni: la Mostra<br />
del Disegno originale e la Biennale<br />
dei Giovani; ed è in alcune e<strong>di</strong>zioni<br />
<strong>di</strong> queste rassegne d’arte che<br />
avevo conosciuto i lavori del giovane<br />
Veličković. Belgradese, <strong>di</strong> professione<br />
architetto - e anche promettente,<br />
da poco laureato, già collaborava<br />
con Bogdan Bogdanović e Dušan<br />
Džamonja -, entra nella “scuola” <strong>di</strong><br />
Krsto Hegedušić che segna la svolta
vić e il designer Dan Reisinger<br />
li occhi aperti<br />
definitiva nel suo percorso creativo: è<br />
il <strong>di</strong>segno, la pittura, la grafica quello<br />
che lo attrae, più della progettazione<br />
architettonica.<br />
Da anni Veličković risiede a Parigi,<br />
è molto noto e sue opere si trovano<br />
nei maggiori musei e gallerie del mondo.<br />
Con la mostra abbaziana ritorna<br />
dopo tanti anni ad esporre in Croazia,<br />
si presenta con sette lavori, cinque <strong>di</strong>pinti,<br />
due <strong>di</strong>segni e una scultura, opere<br />
<strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni realizzate tra<br />
il 1996 ed il 2001. Il tema è sempre lo<br />
stesso, sin dai primi anni del suo iter<br />
creativo: figure martoriate, <strong>di</strong>laniate,<br />
acefale, teste che rotolano, ratti, ecc, in<br />
un vortice inarrestabile, sia che emergano<br />
da immacolati fon<strong>di</strong> bianchi, sia<br />
come inquietanti <strong>di</strong>mensioni visionarie<br />
<strong>di</strong> spazi <strong>di</strong>pinti, scuri, anonimi. C’è<br />
l’urlo e c’è il silenzio nei suoi lavori,<br />
c’è l’irruenza formale e, sempre ma<br />
proprio sempre, la coerenza nel procedere,<br />
nel “tenere gli occhi aperti”<br />
come ha detto Maroević.<br />
Gli organizzatori del festival Bejahad<br />
hanno portato ad Abbazia pure un<br />
notissimo artista israelita, il pluripremiato<br />
designer Dan Reisinger, che in<br />
due splen<strong>di</strong>de conferenze ha raccontato<br />
e mostrato parte della sua ampia<br />
e qualificatissima produzione. Reisinger<br />
è nato in Vojvo<strong>di</strong>na, a Kanjiža, nel<br />
1949, e se<strong>di</strong>cenne, dopo essere rimasto<br />
senza padre, finito in un campo <strong>di</strong><br />
sterminio, con la madre ed il patrigno<br />
si trasferisce in Israele. Fa l’imbianchino<br />
- conosce a perfezione il lavoro in<br />
quanto proviene da una nota famiglia<br />
<strong>di</strong> pittori e decoratori - e dopo un solo<br />
anno viene ammesso all’Accademia<br />
Bezalel <strong>di</strong> Arte e Design <strong>di</strong> Tel Aviv.<br />
Nel 1957 un suo manifesto, realizzato<br />
per l’EXPO universale <strong>di</strong> Bruxelles<br />
1958, ottiene il primo premio. Inizia la<br />
sua attività <strong>di</strong> designer dopo altri stu<strong>di</strong><br />
che compirà a Londra. In Israele rientra<br />
definitivamente nel 1966.<br />
Reisinger è autore <strong>di</strong> manifesti e<br />
loghi su temi sociali e politici, visualizzati<br />
come forme e colori puri, matematicamente<br />
calibrati, un linguaggio,<br />
il suo, che comprova l’influenza<br />
esercitata dal costruttivismo come dal<br />
Arte<br />
Reinsiger <strong>di</strong>nanzi ad una sua opera. A lato e sotto: alcuni suoi manifesti<br />
Il manifesto <strong>di</strong> Reinsiger premiato<br />
all’Expo <strong>di</strong> Bruxelles del 1958<br />
minimalismo. E tra i colori primeggiano<br />
quelli principali: il giallo, il colore<br />
della stella che gli ebrei (e lui stesso<br />
da ragazzo) sono stati costretti a portare<br />
durante il nazismo; il rosso, il colore<br />
della ban<strong>di</strong>era russa dei liberatori;<br />
l’azzurro, il colore del cielo d’Israele.<br />
Ma se il colore è l’elemento che<br />
contrad<strong>di</strong>stingue i suoi lavori grafici,<br />
compreso l’originale calendario perpetuo<br />
commissionatogli dal Museo<br />
d’Arte Moderna <strong>di</strong> New York con la<br />
bellezza <strong>di</strong> oltre quattromila combinazioni,<br />
e se tra i suoi interventi ambientali<br />
ci sono opere coloratissime,<br />
c’è pure un suo lavoro, un rilievo del<br />
1978, con una citazione biblica in alluminio<br />
pressofuso, lungo cinquanta<br />
metri. Grigio, grigio. ●<br />
Panorama 21
22 Panorama<br />
Cinema e <strong>di</strong>ntorni<br />
Alcune ambiguità riscontrate nelle scelte della 67.esima Mostra <strong>di</strong> Venezia<br />
Azzeramento della firma autoriale<br />
<strong>di</strong> Gianfranco Sodomaco<br />
Ci siamo occupati, l’altra volta,<br />
del grande regista italiano,<br />
scomparso, Luchino Visconti.<br />
Questa volta ci occupiamo, vedremo<br />
subito il perché, <strong>di</strong> Quentin Tarantino,<br />
regista americano <strong>di</strong> origini italiane<br />
“immortalato” dalla grancassa<br />
dell’industria pubblicitaria, per alcuni,<br />
forse molti, grande regista non solo<br />
americano ma “mon<strong>di</strong>ale”. Tarantino,<br />
quest’anno, ha presieduto la Giuria della<br />
Mostra d’Arte Cinematografica <strong>di</strong><br />
Venezia: non a caso. Il <strong>di</strong>rettore della<br />
Mostra, Marco Muller, ha insistito perché<br />
fosse lui a <strong>di</strong>rigere il lavoro critico.<br />
Perché? Credo che il popolo dei cinefili,<br />
degli amanti del cinema, si possa <strong>di</strong>videre<br />
in due categorie: i “tarantiniani”<br />
e gli “antitarantiniani”. Dico subito, io<br />
appartengo agli “anti” ma qualche volta<br />
mi pento, devo riconoscere che...<br />
Anche Tarantino, a suo modo, è<br />
un cinefilo, però lui ama solo il cinema<br />
in quanto tale, il cinema che si<br />
nutre <strong>di</strong> cinema (anche quello <strong>di</strong> serie<br />
B, leggendaria ormai la sua passione<br />
per il genere “spaghetti western<br />
all’italiana”, cavalli che sparano<br />
e pistole che galoppano o per,<br />
sempre italiano, l’horror, o per il cinema<br />
d’azione cinese, tutto arti marziali,<br />
pugnali e spade mortali e uomini,<br />
anche donne, che volano, ecc.).<br />
Cioè ama le sue tecniche, i suoi ritmi,<br />
ma anche i suoi luoghi comuni, i<br />
suoi <strong>di</strong>fetti, vizi, ecc.: insomma, tutto<br />
ciò che ha a che fare col cinema<br />
come linguaggio, meglio, con la visione<br />
tout court, che viene prima, è<br />
più importante della... realtà che rappresenta:<br />
forse, perché qualche volta,<br />
quasi mai, pare che della realtà un po’<br />
gliene importi... Pensate, ad esempio,<br />
al suo secondo film (<strong>di</strong>ventato<br />
un cult!): “Pulp fiction” (1994), che<br />
tradotto, più o meno, significa una<br />
“storia inventata <strong>di</strong> carta straccia” e<br />
che ha dato vita (o si ricollega) al genere<br />
“pulp”, omonimo: “genere letterario<br />
o cinematografico che ricorre a<br />
temi <strong>di</strong> facile presa, come il sesso e<br />
la violenza, trattandoli con uno stile<br />
aggressivo e spesso volutamente<br />
Il presidente della Giuria del Festival <strong>di</strong> Venezia, Quentin Tarantino<br />
trascurato” (Zingarelli). Sinonimo:<br />
“splatter”. “Pulp fiction”, <strong>di</strong>ventato<br />
una sorta <strong>di</strong> “manifesto per un nuovo<br />
cinema” (attenzione, Palma d’Oro a<br />
Cannes 1994 e Oscar per la migliore<br />
sceneggiatura) ha una storia ma,<br />
appunto, Tarantino, raccontando <strong>di</strong><br />
violenza e sesso, “non prende nulla<br />
sul serio e sdrammatizza le situazioni<br />
più truci con un umorismo ghignante<br />
a volte irresistibile” (Mereghetti, Dizionario<br />
dei film 2008, tre asterischi e<br />
mezzo, quasi un capolavoro).<br />
L’avete già intuito, l’uomo piace<br />
non solo ad una parte (probabilmente<br />
sempre più ampia) <strong>di</strong> cinefili ma anche<br />
ai giovani, che al cinema in generale,<br />
ma anche ai videogiochi, a tutta la comunicazione<br />
visiva <strong>di</strong>gitale (computer<br />
tra<strong>di</strong>zionale, Iphone, Ipad, ecc.), chiedono<br />
soprattutto quelli che una volta<br />
andavano sotto il nome <strong>di</strong> “effetti speciali”,<br />
cioè quella parte della espressività<br />
visuale “inventata” con l’aiuto<br />
della tecnologia rispetto a quella frutto<br />
della “registrazione” della realtà. Ma<br />
il problema che solleva Tarantino, che<br />
non è affatto uno stupido e comunque,<br />
se non una sua poetica, un suo mondo,<br />
ha un suo “stile” (basti pensare al<br />
suo ultimo film, “Bastar<strong>di</strong> senza gloria”,<br />
dove riesce finalmente a mescolare<br />
temi, la guerra contro il nazismo e<br />
l’amore per il cinema, e toni, <strong>di</strong>verti-<br />
ti ed emozionanti, in modo equilibrato).<br />
E proprio questo (per me, sempre<br />
quello) è il problema: fino a qual punto<br />
un film d’autore (che per me esiste<br />
ancora, mentre altri cominciano a negarlo)<br />
può costruirsi “facendo il verso”,<br />
attraverso citazioni e stereotipi,<br />
ecc., al cinema già girato, precedente,<br />
fino a qual punto il “gioco d’immagini”<br />
garantisce l’originalità dell’opera?<br />
Alle volte può riuscire, molto più<br />
spesso no, rimane un gioco, infantile,<br />
fine a se stesso: esempio più clamoroso,<br />
il suo terzo film in due puntate,<br />
“Kill Bill 1” e “Kill Bill 2”!<br />
Ma torniamo al Festival <strong>di</strong> Venezia<br />
e al fatto che il suo <strong>di</strong>rettore ha<br />
voluto, non a caso, proprio Tarantino<br />
come presidente della Giuria. Perché?<br />
Perché, come ha scritto Alessandra<br />
Mammì su “L’espresso”, “I film scelti<br />
per il Festival sembrano un omaggio<br />
al presidente della giuria. Perché<br />
è Tarantino l’uomo destinato a traghettare<br />
il cinema nel nostro secolo”.<br />
A me, sinceramente, pare proprio esagerato<br />
ma, per le cose dette, qualcosa<br />
<strong>di</strong> vero c’è... (anche perché il Leone<br />
alla Carriera è stato assegnato a John<br />
Woo, maestro del cinema d’azione cinese<br />
e dunque uno dei maestri <strong>di</strong> Tarantino.<br />
Domanda velenosa: e se Tarantino<br />
avesse accettato la presidenza<br />
della Giuria in cambio...?) Allora ve-
Cinema e <strong>di</strong>ntorni<br />
John Woo, regista <strong>di</strong> “Reign of assassins” (a sinistra) e scene dai film “All inclusive” nonché “13 Assassin’s Creed” (in basso)<br />
<strong>di</strong>amoli ‘sti film “tarantiniani” passati<br />
a Venezia (soprattutto nella rassegna<br />
“Orizzonti”).<br />
E certo, tanto per cominciare, l’ultimo<br />
film del Maestro John Woo,<br />
“Reign of Assassins” (prodotto e girato<br />
assieme al suo collega taiwanese<br />
Su Chao Pin), kolossal dove continuano<br />
a piovere spade e misteri e che<br />
ha coronato la cerimonia in suo onore.<br />
E, a proposito <strong>di</strong> “assassini”, “13<br />
Assassins”, <strong>di</strong> Takashi Miike,<br />
giovane regista giapponese<br />
famoso per gli schizzi<br />
<strong>di</strong> sangue che spesso restano<br />
sull’obiettivo della sua macchina<br />
da presa. Neanche a<br />
farlo apposta, un suo precedente<br />
film, “Sukiyaki Western<br />
Django”, titolo “tarantinissimo”,<br />
visto a Venezia<br />
tre anni fa, vedeva come interprete...<br />
ma sì, il nostro Tarantino!<br />
E certo, non poteva<br />
mancare il 3D, e allora ecco<br />
“The Child’s Eye”, horror metafisico<br />
dei fratelli cinesi Pang, provenienti da<br />
Hong Kong e già passati per Hollywood<br />
(è la globalizzazione, dolcezza, la<br />
globalizzazione!). Poteva mancare il<br />
3D italico? Ma no, certamente, c’hanno<br />
pensato Na<strong>di</strong>a Ranocchio e David<br />
Zamagni con “All inclusive” (titolo in<br />
inglese, mi raccomando, sennò come<br />
e dove lo <strong>di</strong>stribuisco?), fondatori <strong>di</strong><br />
“Zapruder”, filmakersgroup che, tradotto,<br />
vuole significare “gruppo <strong>di</strong> ricerca<br />
sull’immagine in movimento”<br />
più che, semplicemente, gruppo <strong>di</strong><br />
persone che fanno cinema... Ed ecco<br />
arrivare, poteva mancare?, l’omaggio<br />
a Bruce Lee, sequel de “Dalla Cina<br />
con furore”, “Legend of the Fist”, <strong>di</strong><br />
Andrew Lau, e subito dopo, la prima<br />
notte del Festival, l’attesissimo<br />
“Machete”, <strong>di</strong> Robert Rodriguez, ma<br />
concepito assieme a Tarantino che,<br />
tra l’altro, gli ha prodotto, nel 2007,<br />
lo splatterissimo “Grindhouse Planet<br />
Terror”. Ormai siamo alla “famiglia”<br />
(mafiosa?): film in concorso, “Road<br />
to Nowhere”, del vecchio Monte Hellman,<br />
regista mitico degli anni ‘60,<br />
non solo, produttore del primo film <strong>di</strong><br />
Tarantino: ”Iene”... Che <strong>di</strong>re?<br />
Lasciamo parlare Marco Muller,<br />
<strong>di</strong>rettore della Mostra: “Quello che<br />
ora chiamiamo ancora cinema ha azzerato<br />
tutti gli antichi criteri qualitativi,<br />
dalla ‘fattura’ alla ‘firma’ dell’autore,<br />
e ha spalancato nuovi campi <strong>di</strong><br />
sperimentazione suscitando speranze<br />
<strong>di</strong> una attualità sempre più rigorosa”<br />
(ancora “L’espresso”, 26 agosto).<br />
E qui ti volevo. Azzeramento della<br />
firma autoriale? Che vuol <strong>di</strong>re? È da<br />
un secolo e passa che sappiamo che il<br />
cinema è un’arte collettiva ma che poi<br />
c’è un tizio, il regista, che mette insieme<br />
tutti i pezzi secondo il suo modo<br />
<strong>di</strong> vedere, pensare, sentire ecc. ecc.<br />
e giustamente lo firma. Una attualità<br />
sempre più rigorosa? E che vuol <strong>di</strong>re?<br />
Quella <strong>di</strong> Tarantino e company, che<br />
non sanno nemmeno dove stia <strong>di</strong> casa<br />
l’attualità, tutti presi dalla storia del<br />
cinema, in particolare, come abbiamo<br />
detto, da alcuni generi <strong>di</strong> seconda e<br />
terza categoria? Ho l’impressione che<br />
Muller abbia voluto salvare “capra e<br />
cavoli”, sapendo che alla Mostra sono<br />
arrivati, quasi sull’”altra sponda della<br />
laguna”, tanti “docu-film”, documentari<br />
che però, giustamente, giocano<br />
sempre più anche sulla finzione, sulle<br />
emozioni, sull’estetica, che poi è quello<br />
che hanno sempre fatto i gran<strong>di</strong> documentaristi,<br />
da Flaherty a<br />
Herzog, da Vertov a Michael<br />
Moore, ai nostri De Seta,<br />
Guzzanti, ecc. ecc. Perché<br />
questa è stata la vera novità<br />
della Mostra <strong>di</strong> quest’anno:<br />
al <strong>di</strong> là dei film in concorso,<br />
al <strong>di</strong> là dei vincitori, la<br />
presenza dei lavori <strong>di</strong> gente<br />
come Turturro, Scorsese,<br />
Bellocchio, Casey, Affleck,<br />
Salvatores, Tornatore, ecc.,<br />
che hanno sentito il bisogno<br />
<strong>di</strong> raccontare storie “vere”,<br />
<strong>di</strong> carattere familiare, sociale, artistico,<br />
ecc., quasi in contrapposizione<br />
alla grande “abbuffata” tarantiniana,<br />
quasi a voler sottolineare che la realtà<br />
globale che stiamo vivendo è così<br />
complessa e “decisiva” circa le sorti<br />
dell’umanità... che il cinema non può<br />
fingere <strong>di</strong> ignorarla, anzi può ritrovare<br />
la sua originarietà affrontandola, registrandola<br />
per comprenderla, criticarla,<br />
coinvolgendo sempre lo spettatore,<br />
onestamente, senza trucchi, artifici,<br />
senza creare falsi doppioni <strong>di</strong> realtà,<br />
senza “avatar”... Se il cinema, per<br />
molte ragioni, attraversa la sua crisi<br />
non sarà, sui tempi lunghi, fuggendo<br />
la realtà che la risolverà...<br />
La prossima volta, i vincitori e la<br />
presenza italiana: quattro film in concorso,<br />
che non sono stati pochi!●<br />
Panorama 23
24 Panorama<br />
Made in Italy<br />
New entry <strong>di</strong> Spagna, Polonia e Repubblica Ceca al gran galà dei golosi, dal 23<br />
«Gusti <strong>di</strong> frontiera», viaggio tra lecco<br />
a cura <strong>di</strong> Ardea Velikonja<br />
Da est a ovest, dalla Polonia<br />
alla Spagna, passando per<br />
i sapori della Germania e le<br />
fragranze tipiche della cucina del Sud<br />
Italia. Si rinnova anche quest’anno il<br />
rito più atteso dai golosoni mitteleuropei:<br />
a Gorizia, dal 23 al 26 settembre<br />
prossimi, torna Gusti <strong>di</strong> Frontiera<br />
con un’e<strong>di</strong>zione extralarge che<br />
avrà come teatro il rinnovato centro<br />
storico del capoluogo isontino.<br />
Il viaggio tra le leccornie europee<br />
tocca quest’anno tre nuove mete:<br />
dopo Austria, Francia, Germania e<br />
Balcani arrivano anche le new entry<br />
<strong>di</strong> Spagna, Polonia e Cechia. Sangria,<br />
paella e specialità <strong>di</strong> pesce dalla penisola<br />
iberica, il saporito bigos (uno<br />
stufato <strong>di</strong> carne), le zuppe e le patate<br />
cucinate in tutti i mo<strong>di</strong> come da tra<strong>di</strong>zione<br />
polacca, i knedliky e le paste<br />
ripiene, accompagnate dall’impagabile<br />
birra da Boemia e Moravia...<br />
Saranno quattro, e non più tre, i<br />
giorni interamente de<strong>di</strong>cati a sapo-<br />
ri e profumi proposti dalle innumerevoli<br />
influenze e specialità culinarie,<br />
italiane ed europee. Di stand in<br />
stand, <strong>di</strong> isolato in isolato, <strong>di</strong> borgo in<br />
borgo, in un tripu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> sapori - dalla<br />
Francia alla Serbia, dall’Austria alla<br />
Spagna -, i gourmet in visita a Gorizia<br />
potranno gustare prodotti tipici<br />
e succulenti manicaretti all’ombra<br />
del me<strong>di</strong>evale Castello, che domina<br />
la città: un percorso papillare e<br />
olfattivo che toccherà quest’anno vie<br />
e piazze del riqualificato centro citta<strong>di</strong>no,<br />
<strong>di</strong> recente oggetto <strong>di</strong> un’approfon<strong>di</strong>ta<br />
opera <strong>di</strong> maquillage. È realmente<br />
senza fine la lista delle novità<br />
<strong>di</strong> Gusti 2010: dal protocollo d’intesa<br />
turistico-culturale tra i comuni <strong>di</strong><br />
Gorizia, Cormons e Gra<strong>di</strong>sca d’Isonzo<br />
nascono gli stand griffati “Antica<br />
Contea”, con prodotti e specialità<br />
culinarie tipiche dei tre territori:<br />
immancabile la rassegna dei pregiati<br />
vini del Collio e del Carso, pluripremiati<br />
a livello internazionale e particolarmente<br />
apprezzati da personalità<br />
e celebrità <strong>di</strong> tutto il mondo.<br />
Tra un bicchiere <strong>di</strong> ribolla gialla<br />
e un inebriante assaggio <strong>di</strong> malvasia,<br />
come non farsi trascinare dai succulenti<br />
affettati? Dal rinomato prosciutto<br />
crudo ai salami, da accompagnare<br />
con scaglie <strong>di</strong> formaggio impreziosite<br />
dal goloso miele goriziano. D’obbligo<br />
è poi approfon<strong>di</strong>re la conoscenza<br />
con i prodotti della terra: le apprezzate<br />
verze, contorno ideale per piatti<br />
<strong>di</strong> carne e salsicce; la maestosa Rosa<br />
<strong>di</strong> Gorizia, ra<strong>di</strong>cchio ormai rarissimo<br />
e ricercato dagli chef dei ristoranti ai<br />
quattro angoli d’Italia; come <strong>di</strong>menticare<br />
poi i preziosi sottolii, con i funghi<br />
in testa. Per concludere, magari,<br />
con una tazzina dell’ottimo caffè goriziano,<br />
da decenni torrefatto in città<br />
da <strong>di</strong>verse aziende specializzate.<br />
Ma non finisce qui: la peculiarità<br />
del Friuli Venezia Giulia, terra<br />
<strong>di</strong> sapori senza frontiere, viene celebrata<br />
degnamente nel “Borgo dei<br />
Tre confini”, con uno stand <strong>di</strong> oltre<br />
150 metri quadrati che ospiterà<br />
le prelibatezze <strong>di</strong> Tarvisio (Italia)<br />
e dei contigui comuni <strong>di</strong> Kranjska<br />
Per la vendemmia 2010 è previsto<br />
La produzione d<br />
L’ Italia si appresta a <strong>di</strong>ventare il<br />
primo produttore mon<strong>di</strong>ale <strong>di</strong><br />
vino se sarà confermato il sorpasso<br />
sulla Francia nella vendemmia 2010,<br />
grazie a una produzione nazionale il<br />
cui aumento previsto è del 5 per cento<br />
rispetto allo scorso anno. Sono attesi<br />
valori superiori a 47,5 milioni <strong>di</strong> ettolitri<br />
contro i 47,3 previsti per i cugini<br />
d’oltralpe. La qualità è complessivamente<br />
buona ma secondo gli esperti<br />
il verdetto finale <strong>di</strong>penderà dall’andamento<br />
climatico <strong>di</strong> settembre. Si tratta<br />
<strong>di</strong> un risultato importante per un settore<br />
dove trovano oggi opportunità <strong>di</strong> lavoro<br />
1,2 milioni <strong>di</strong> persone impegnate<br />
<strong>di</strong>rettamente in vigne, cantine e nella<br />
<strong>di</strong>stribuzione commerciale, ma anche<br />
in attività connesse e <strong>di</strong> servizio, con<br />
ogni grappolo raccolto in campagna<br />
che è in grado <strong>di</strong> attivare ben 18 <strong>di</strong>-
al 29 settembre a Gorizia<br />
rnie europee<br />
Gora (Slovenia) e <strong>di</strong> Arnoldstein<br />
(Austria).<br />
E come <strong>di</strong>menticare i deliziosi<br />
prodotti ittici, accompagnati dai vini<br />
bianchi della zona: pescati tra Trieste,<br />
Grado e Marano Lagunare, ribaltavapori,<br />
seppie, branzini, orate, triglie,<br />
frutti <strong>di</strong> mare e gli apprezzatissimi<br />
fasolari faranno andare in visibilio<br />
le papille gustative dei visitatori che<br />
affluiranno in massa a Gorizia. Oltre<br />
alla partecipazione delle venti regioni<br />
italiane, con le loro peculiarità inscin<strong>di</strong>bilmente<br />
accompagnate dai <strong>di</strong>versi<br />
vini, tra gli stand si snoderanno anche<br />
le specialità europee come il goulash<br />
ungherese, la cucina balcanica <strong>di</strong> Serbia,<br />
Albania, Montenegro, la saporita<br />
gastronomia <strong>di</strong> Croazia e Slovenia. E<br />
proprio i portacolori della vicina Repubblica<br />
slovena si presentano in forze<br />
ancora maggiori, pronti a deliziare<br />
i più curiosi.<br />
Non mancheranno inoltre i formaggi<br />
francesi, il Fois Gras della<br />
Norman<strong>di</strong>a, le ostriche e lo champagne.<br />
I sapori decisi e i profumi ine-<br />
brianti della Stiria e della Carinzia<br />
attireranno in centro i fan dell’immancabile<br />
Borgo Austria, tra musica<br />
tipica e costumi tra<strong>di</strong>zionali. Tra<br />
gli stand e i gazebo che animeranno<br />
l’e<strong>di</strong>zione 2010 della rassegna<br />
enogastronomica non mancheranno<br />
specifici appuntamenti de<strong>di</strong>cati<br />
alla musica e all’intrattenimento,<br />
con concerti, band itineranti e rappresentazioni:<br />
sono ad<strong>di</strong>rittura quattro<br />
i palchi su cui si alterneranno, per<br />
Made in Italy<br />
tutta la durata della manifestazione,<br />
artisti e band musicali. Al già ricco<br />
programma dell’evento si aggiungono,<br />
infine, momenti <strong>di</strong> informazione<br />
e <strong>di</strong>vulgazione, presentazioni <strong>di</strong> volumi,<br />
laboratori ed approfon<strong>di</strong>menti<br />
con alcuni tra i più acclamati chef<br />
del panorama regionale e nazionale.<br />
E ancora, mercatini dell’antiquariato<br />
e prodotti biologici, ma anche oggettistica<br />
per la casa, ceramiche e utensili<br />
per la cucina. (aise)<br />
un aumento del 5 p.c. e con quasi 48 milioni <strong>di</strong> ettolitri l’Italia <strong>di</strong>venterà il numero 1 mon<strong>di</strong>ale<br />
i vino verso uno storico sorpasso sulla Francia<br />
versi settori. Lo scorso anno il raccolto<br />
francese è stato pari a 46,7 milioni <strong>di</strong><br />
ettolitri, superiore a quello italiano fermo<br />
a 45,4 milioni <strong>di</strong> ettolitri.<br />
Il successo del vino italiano fa crescere<br />
anche le attività indotte che si<br />
sono estese negli ambiti più <strong>di</strong>versi:<br />
dall’industria vetraria a quella dei tappi,<br />
dai trasporti alle assicurazioni, da<br />
quella degli accessori, come cavatappi<br />
e sciabole, dai vivai agli imballaggi,<br />
dalla ricerca e formazione alla <strong>di</strong>vulgazione,<br />
dall’enoturismo alla cosmetica<br />
e al mercato del benessere, dall’e<strong>di</strong>toria<br />
alla pubblicità, dai programmi<br />
software fino alle bioenergie ottenute<br />
dai residui <strong>di</strong> potatura e dai sottoprodotti<br />
della vinificazione. In Italia<br />
ci sono 250mila aziende agricole con<br />
vigneti che offrono occupazione a circa<br />
200 mila lavoratori <strong>di</strong>pendenti, dei<br />
quali 20 mila extracomunitari: nel solo<br />
<strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> Montalcino lavorano immigrati<br />
<strong>di</strong> 44 <strong>di</strong>verse nazionalità. Di<br />
queste ben 21.600 aziende agricole<br />
vendono <strong>di</strong>rettamente il proprio vino<br />
ai consumatori mentre le altre lo cedono<br />
alle 35 mila aziende imbottigliatrici<br />
presenti in Italia che impiegano operai,<br />
agronomi, enologi, responsabili <strong>di</strong><br />
marketing, informatici e wine manager.<br />
Sono però anche le attività legate<br />
all’indotto meno tra<strong>di</strong>zionali ad avere<br />
avuto una vera esplosione negli ultimi<br />
<strong>di</strong>eci anni con la nascita del fenomeno<br />
dell’enoturismo che ha realizzato<br />
nel 2009 un fatturato <strong>di</strong> 1,8 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
euro “muovendo” sei milioni <strong>di</strong> turisti<br />
con un incremento del 20 p.c. anche<br />
grazie a 150 strade del vino e oltre 500<br />
città del vino. Il vino ha raggiunto un<br />
fatturato superiore ai 9 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> euro<br />
dei quali 3,5 realizzati grazie all’esportazione<br />
sui mercati comunitari ed internazionali.<br />
“Come lo era durante la<br />
fase <strong>di</strong> crescita economica, il vino rappresenta<br />
l’unico modello da replicare<br />
anche in una situazione <strong>di</strong> crisi della<br />
quale, nonostante le <strong>di</strong>fficoltà, il vitivinicolo<br />
Made in Italy risente meno <strong>di</strong><br />
quello <strong>di</strong> altri Paesi e meno degli altri<br />
settori produttivi in Italia, perchè<br />
esprime i valori dell’identità e del legame<br />
con il territorio che nel mercato<br />
globale sono vincenti rispetto all’omologazione”<br />
ha affermato il presidente<br />
della Col<strong>di</strong>retti, Sergio Marini, nel sottolineare<br />
“la <strong>di</strong>namicità <strong>di</strong> un settore<br />
che grazie alla crescita economica ed<br />
occupazionale è una risorsa per l’intero<br />
Made in Italy e svolge una funzione<br />
da traino sui mercati nazionale ed internazionale”.<br />
(aise)<br />
Panorama 25
testo e foto <strong>di</strong> Igor Kramarsich<br />
Paesi Bassi o Olanda che <strong>di</strong>r si voglia,<br />
è uno Stato dell’Europa nord<br />
occidentale che ha una storia molto<br />
ricca e che ha lasciato profonde tracce<br />
soprattutto con il suo colonialismo (dal<br />
XVII secolo interessò l’attuale Indonesia<br />
e alcune isole delle Piccole Antille)<br />
e con l’arte: la pittura olandese ha una<br />
grande tra<strong>di</strong>zione che risale ai maestri<br />
fiamminghi del tardo me<strong>di</strong>oevo e del<br />
primo rinascimento e va da Van Gogh<br />
a Rembrandt ed a Mondrian, ma il più<br />
famoso resta Van Gogh, attivo alla fine<br />
del XIX secolo. Oggi il Paese si presenta<br />
al visitatore in una veste <strong>di</strong>versa, anche<br />
se mantiene la tra<strong>di</strong>zionale cornice<br />
dei colorati campi <strong>di</strong> tulipani.<br />
La nostra visita inizia nella pittoresca<br />
città <strong>di</strong> Volendam. Situata sulle<br />
coste del Mare del Nord, è il luogo<br />
<strong>di</strong> villeggiatura preferito dagli abitanti<br />
26 Panorama<br />
Reportage<br />
Itinerario olandese tra terra e acqua, porti e canali, storia e arte, campi colorati<br />
Spazi <strong>di</strong> anticonformismo, libertà, t<br />
Fin dagli anni della scuola ci siamo<br />
imbattuti nel dubbio tra questi<br />
due nomi, che erroneamente abbiamo<br />
pensato trattarsi <strong>di</strong> sinonimi.<br />
Ma il nome esatto del Paese in italiano<br />
è Paesi Bassi, i quali costituiscono<br />
la parte principale del Regno<br />
dei Paesi Bassi, che comprende anche<br />
le isole caraibiche delle Antille<br />
<strong>di</strong> Amsterdam, dalla quale <strong>di</strong>sta appena<br />
una ventina <strong>di</strong> chilometri. All’entrata<br />
della citta<strong>di</strong>na troviamo alcuni esem-<br />
olandesi e <strong>di</strong> Aruba. Spesso e tra<strong>di</strong>zionalmente<br />
viene chiamato Olanda,<br />
identificandolo con la regione<br />
storica su cui il regno si estende,<br />
ma questa denominazione non è<br />
corretta, in quanto la parola Olanda<br />
in<strong>di</strong>ca solo una regione, <strong>di</strong>visa<br />
in due delle do<strong>di</strong>ci province amministrative,<br />
l’Olanda Meri<strong>di</strong>onale<br />
pi <strong>di</strong> quello che è ancora uno dei simboli<br />
del Paese, i famosi mulini a vento,<br />
che in Olanda hanno avuto una notevole<br />
importanza nel sollevamento dell’acqua<br />
fin dal 1180. Si stima che in passato<br />
ce n’erano oltre 10.000, ma con il passare<br />
degli anni il loro ruolo è <strong>di</strong>ventato<br />
sempre <strong>di</strong> più simbolico: oggi ne sono<br />
rimasti circa 500, ridotti ad uso puramente<br />
turistico. E quello che probabilmente<br />
i più ignorano è il fatto che ci<br />
sono due tipi <strong>di</strong> mulini a vento, quelli<br />
fissi - girano solo le pale per il vento - e<br />
quelli mobili - dove gira tutta la struttura<br />
alla ricerca del vento. Volendam, come<br />
pure la vicina Marken, una volta isola e<br />
oggi collegata alla terra ferma, alle origini<br />
erano due villaggi <strong>di</strong> pescatori ma<br />
oggi vivono esclusivamente <strong>di</strong> turismo<br />
grazie ai loro numerosi ristoranti, nego-<br />
Olanda o Paesi Bassi? La confusione regna... sovrana<br />
(con l’Aja) e Olanda Settentrionale<br />
(con Amsterdam). Fatto curioso, la<br />
confusione con il nome dello Stato<br />
è presente pure tra gli stessi sud<strong>di</strong>ti<br />
della corona, che quando tifano per<br />
la squadra nazionale (ho visitato i<br />
Paesi Bassi proprio durante i Mon<strong>di</strong>ali<br />
<strong>di</strong> calcio in Sudafrica) usano<br />
entrambi i nomi!●
<strong>di</strong> tulipani, mulini a vento...<br />
rasgressione<br />
zi <strong>di</strong> souvenir, alberghi e case in affitto.<br />
Da qui cominciamo a respirare l’atmosfera<br />
<strong>di</strong> questo Paese dove l’acqua e la<br />
calma regnano sovrani.<br />
Arrivare nella capitale Amsterdam,<br />
nonostante il suo grande traffico, non<br />
è traumatico. Siccome la maggioranza<br />
della popolazione usa le biciclette,<br />
gli ingorghi sono ben pochi. Una lunga<br />
passeggiata serale in centro ci consente<br />
<strong>di</strong> familiarizzare con i tantissimi canali,<br />
ponti e le aree ver<strong>di</strong> <strong>di</strong> cui è pieno il tessuro<br />
urbano. Schiviamo le biciclette che<br />
sono ovunque e ci incamminiamo lungo<br />
le vie citta<strong>di</strong>ne, che fin dalla prima serata<br />
pullulano <strong>di</strong> gente, in un miscuglio <strong>di</strong><br />
razze e religioni. Siamo affascinati dai<br />
maestosi palazzi, dalla grande stazione<br />
ferroviaria, praticamente in riva al mare,<br />
incuriositi dall’incre<strong>di</strong>bile isola-parcheggio<br />
per le biciclette. Poco <strong>di</strong>stante<br />
c’è il famoso quartiere a luci rosse, De<br />
Wallen, non segnalato da alcuna in<strong>di</strong>cazione<br />
ma riconoscibile in quanto suggestivo<br />
e trasgressivo. Ma la città è allegra<br />
e vivace anche fuori dal quartiere, a tutte<br />
le ore del giorno e soprattutto della notte,<br />
con i bar affollatissimi anche grazie<br />
alle partite dei Mon<strong>di</strong>ali <strong>di</strong> calcio.<br />
L’indomani deci<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> prendere il<br />
mezzo che meglio ci farà conoscere la<br />
città: il vaporetto. L’offerta <strong>di</strong> linee turistiche<br />
è ricchissima e consente <strong>di</strong> girare<br />
per ore lungo i canali e conoscere a<br />
fondo questa città che - un po’ come Venezia<br />
- è costruita sull’acqua ed è anche<br />
detta Città delle palafitte perché poggia<br />
interamente su <strong>di</strong> esse. Passiamo accanto<br />
alla casa <strong>di</strong> Anna Frank, riconoscibile<br />
solo per la lunga coda all’entrata. Come<br />
<strong>di</strong>cono gli stessi citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Amsterdam,<br />
oggi è ridotta a un vero e proprio centro<br />
commerciale, modernizzato al massimo<br />
e dell’originale resta ben poco più<br />
del soffitto. E poi nella soffitta, dove si<br />
nascosero i Frank per sottrarsi alla persecuzione<br />
razziale, è consentito <strong>di</strong> sostare<br />
solo per pochi secon<strong>di</strong>... Nell’ambito<br />
del porto <strong>di</strong> Amsterdam, grande e<br />
molto trafficato, c’è il museo marittimo<br />
(che ospita la più grande collezione al<br />
mondo <strong>di</strong> barche) al cui esterno fa bella<br />
mostra <strong>di</strong> sè un maestoso veliero d’epoca.<br />
Ci inoltriamo lungo altri canali verso<br />
il centro citta<strong>di</strong>no, passando davanti<br />
Reportage<br />
I mulini a vento sono ancor sempre uno dei simboli dei Paesi Bassi.<br />
Nella pagina accanto: in alto la citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> Volendam, più sotto Marken<br />
De Wallen, il quartiere a luci rosse<br />
Amsterdam è famosa, tra l’altro, pure per il suo quartiere a luci rosse,<br />
il popolare De Wallen, anche se il fenomeno è più limitato <strong>di</strong> un tempo.<br />
Comunque, quella vicina alla stazione ferroviaria è tra<strong>di</strong>zionalmente<br />
la zona della città de<strong>di</strong>cata al piacere, ma oggi è un quartiere a due facce<br />
che comunque prospera grazie al turismo. La notte i tantissimi negozi<br />
restano sempre aperti e sono frequentati come in pieno giorno, con tanta<br />
gente in giro alla ricerca del miglior... acquisto.<br />
La prostituzione è legale nei Paesi Bassi: chi la esercita è considerato<br />
un libero professionista ed è tassato come qualsiasi altro impren<strong>di</strong>tore. Il<br />
comune ha in corso un programma per rendere questo quartiere più sicuro,<br />
basato sull’acquisto <strong>di</strong> locali ed altre proprietà destinate ad attività<br />
criminali per convertirli ad attività commerciali legali, e sono sempre<br />
più spesso affidati a giovani artisti. Questo ha sensibilmente migliorato la<br />
percezione della sicurezza negli ultimi anni, tuttavia non sono rari i <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni<br />
e gli atti malavitosi, che possono coinvolgere suo malgrado gli ignari<br />
turisti. Anche perché, pur non essendoci <strong>di</strong>vieti ufficiali, è severamente<br />
vietato filmare e fotografare nei numerosi “negozi” (autorizzati e specializzati)<br />
che offrono sesso.●<br />
Panorama 27
28 Panorama<br />
Reportage<br />
alla casa <strong>di</strong> Rembrandt ed alla cattedrale.<br />
Finito il giro in vaporetto, proseguiamo<br />
la nostra visita a pie<strong>di</strong> nel pittoresco<br />
quartiere dei musei: i più importanti<br />
sono quello <strong>di</strong> Van Gogh e il Rijksmuseum,<br />
il Museo Nazionale con una delle<br />
più belle collezioni d’Europa e in particolare<br />
dell’arte pittorica olandese. Da<br />
non perdere per nessun motivo è la visita<br />
al Convento delle Beghine, Begijnhof<br />
(Beghinaggio), fondato nel Me<strong>di</strong>oevo<br />
da una confraternita <strong>di</strong> donne che<br />
non volevano né sposarsi né chiudersi<br />
in monastero, e vivevano da sole, libere<br />
<strong>di</strong> muoversi e pensare e curavano i malati.<br />
Oggi, invece, nel complesso <strong>di</strong> 164<br />
abitazioni, sistemate in un’oasi <strong>di</strong> pace<br />
nella parte occidentale del centro <strong>di</strong><br />
Amsterdam, vivono soprattutto donne<br />
anziane, con poche <strong>di</strong>sponibilità economiche,<br />
e studenti, attratti dalle favorevoli<br />
con<strong>di</strong>zioni dei canoni d’affitto. L’ultima<br />
beghina vi visse fino al 1976. Nella<br />
chiesa al suo interno troviamo pure una<br />
signora spalatina, che ci delizia con un<br />
piccolo concerto all’organo.<br />
Lasciamo Amsterdam per trasferirci<br />
all’Aja, una sorta <strong>di</strong> capitale politica<br />
ed istituzionale, dove hanno sede il governo,<br />
il Parlamento e la residenza del<br />
sovrano. La città oggi è nota in quanto<br />
ospita la Corte internazionale <strong>di</strong> giustizia,<br />
presso la quale si stanno celebrando<br />
anche alcuni processi per crimini <strong>di</strong><br />
guerra commessi sul territorio croato<br />
nei primi anni ‘90, ed il Tribunale penale<br />
internazionale recentemente istituito.<br />
L’Aja è immersa nel verde, una città<br />
vecchia che va modernizzandosi. A pochi<br />
chilometri dal centro c’è Scheveningen,<br />
la località balneare preferita dagli<br />
olandesi che non possono arrivare fino<br />
alle coste adriatiche: con le sue spiagge<br />
chilometriche, i tantissimi alberghi e ristoranti<br />
la città è in pratica una variante<br />
nor<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> Nizza o Rimini, anche se il<br />
suo mare - piuttosto scuro - non appare<br />
molto attraente. A soli 500 metri dalle<br />
spiagge, circondato da alberghi e strutture<br />
turistiche, troviamo il famoso carcere<br />
dove stanno scontando le loro pene<br />
alcuni dei “protagonisti” delle guerre<br />
nell’ex Jugoslavia e che non ha certo<br />
l’aspetto <strong>di</strong> un istituto <strong>di</strong> pena.<br />
Il nostro viaggio prosegue con la<br />
tappa <strong>di</strong> Delft, del tutto sconosciuta ai<br />
più ma molto importante per gli olandesi<br />
e famosa nel mondo per le sue porcellane.<br />
Delft un tempo si trovata sulla<br />
riva del mare, ma ora è <strong>di</strong>stante alcuni<br />
chilometri dalla costa, alla quale è ben<br />
Dove le biciclette dettano legge<br />
ome suggerisce lo stesso nome, i Paesi Bassi hanno un territorio<br />
Cquasi esclusivamente pianeggiante ed è comprensibile, quin<strong>di</strong>, che<br />
l’uso della bicicletta sia molto <strong>di</strong>ffuso: infatti, è il paese con il più alto<br />
numero <strong>di</strong> bici pro capite in Europa, ce ne sono più <strong>di</strong> una per abitante<br />
e ogni olandese percorre in me<strong>di</strong>a 1019 km all’anno. Tanto per fare<br />
un confronto, in Italia ci sono 0,44 biciclette per abitante. È il mezzo <strong>di</strong><br />
trasporto preferito dagli olandesi, non solo in campagna ma anche nelle<br />
città: ad Amsterdam (755 mila abitanti) ce ne sono almeno 500 mila,<br />
secondo alcune stime ad<strong>di</strong>rittura 700 mila e qualcuno <strong>di</strong>ce che circa<br />
metà degli amsterdamesi si sposti in città sulle piste ciclabili. La bicicletta<br />
viene usata particolarmente d’estate, ma molti non vi rinunciano<br />
neanche nel pieno dell’inverno, magari anche con la neve. Quello che<br />
si nota ben presto è il cattivo stato delle loro bici, arrugginite e in pessime<br />
con<strong>di</strong>zioni: una prassi altrettanto <strong>di</strong>ffusa tra meno abbienti, giovani,<br />
ricchi, manager, uomini e donne. Quello a cui è <strong>di</strong>fficile abituarsi è il<br />
fatto che qui le biciclette dettano legge: nel traffico citta<strong>di</strong>no sono le più<br />
veloci, i loro guidatori i più spericolati, si lanciano in pazzeschi slalom<br />
tra le auto senza timore dei mezzi pesanti, camion e corriere, e senza rispettare<br />
il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> precedenza. Sono loro i veri padroni del traffico!●<br />
La “carica” delle bici nel parco <strong>di</strong> Amsterdam all’ora <strong>di</strong> punta
L’Aja<br />
Panorama testi<br />
Scheveningen<br />
Panorama 29
30 Panorama<br />
Panorama testi<br />
Uno dei più vecchi ponti e, a destra, il convento delle bégui-<br />
ne.<br />
La stazione ferroviaria e, sotto, l’isola-parcheggio delle bici<br />
Ams
terdam<br />
Panorama testi<br />
I musei più importanti: Van Gogh e, sotto, Rijksmuseum<br />
Panorama 31
Il Municipio<br />
32 Panorama<br />
Panorama testi Delft<br />
Due panoramiche del maggiore<br />
porto d’Europa e la torre Euromast<br />
Rotterdam<br />
Monumento simbolo dell’assur<strong>di</strong>tà<br />
della Seconda guerra mon<strong>di</strong>ale e<br />
<strong>di</strong> tutti i conflitti che insanguinano il<br />
nostro pianeta
collegata con una serie <strong>di</strong> canali. La sua<br />
fortuna la deve a Guglielmo d’Orange<br />
(capo dei neerlandesi durante la Guerra<br />
d’In<strong>di</strong>pendenza dei Paesi Bassi dagli<br />
Spagnoli, 1568-1648, che portò al formale<br />
riconoscimento dell’in<strong>di</strong>pendenza<br />
della Repubblica delle Province Unite),<br />
che visse qui a lungo e che qui è sepolto.<br />
Da allora tutti i sovrani e i loro <strong>di</strong>scendenti<br />
vengono sepolti nella locale Nieuwe<br />
Kerk (chiesa nuova). La città ospitò<br />
anche alcuni gran<strong>di</strong> artisti e nella Oude<br />
Kerk (chiesa vecchia) è sepolto pure il<br />
pittore Johannes Vermeer.<br />
In serata arriviamo a Rotterdam, la<br />
seconda città dei Paesi Bassi e principale<br />
porto europeo (per volume <strong>di</strong> traffico<br />
ha superato le vicina Anversa e <strong>di</strong> Amburgo).<br />
La città è tutta orientata alle attività<br />
portuali, anche buona parte delle in<strong>di</strong>cazioni<br />
stradali sono in funzione dello<br />
scalo. Però il nostro obiettivo è il famoso<br />
Euromast, la nota torre alta ben 185<br />
metri. L’architetto Maaskant la progettò<br />
nel 1960 in occasione della Floriade e<br />
con i suoi 101 metri era allora l’e<strong>di</strong>ficio<br />
più alto <strong>di</strong> Rotterdam. Otto anni dopo<br />
la facoltà <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina lo superò <strong>di</strong> 14<br />
metri e si decise allora <strong>di</strong> alzare l’Euromast<br />
<strong>di</strong> ulteriori 85 metri, con la costruzione<br />
della Space Tower che venne<br />
ultimata nel 1970, e così si riaggiu<strong>di</strong>cò<br />
il primato <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficio più alto <strong>di</strong> Rotterdam<br />
e punto panoramico più elevato del<br />
paese, dal cui ascensore esterno e rotante<br />
si gode una magnifica vista sulla città<br />
e - con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> visibilità permettendo -<br />
si ha il senso <strong>di</strong> quanto sia estesa l’area<br />
occupata dal porto, molto più <strong>di</strong> quanto<br />
non potessimo immaginare. Lontano<br />
si staglia la mole del Ponte Erasmus,<br />
maestosa costruzione che collega le due<br />
parti principali della città (quest’anno vi<br />
è passato il Tour de France), lunga 802<br />
metri. Si <strong>di</strong>ce che quando il vento è particolarmente<br />
forte la fa oscillare in maniera<br />
notevole. Contrariamente ad Amsterdam,<br />
il centro <strong>di</strong> Rotterdam è quasi<br />
deserto nelle ore serali: nella city non ci<br />
sono abitazioni ed i quartieri residenziali<br />
sono tutti in periferia.<br />
A Rotterdam si chiude la nostra visita<br />
ai Paesi Bassi, che come spesso accade<br />
è stata troppo frettolosa e superficiale.<br />
Un itinerario che ci ha permesso<br />
comunque <strong>di</strong> conoscere alcune delle sue<br />
peculiarità, soprattutto delle città principali,<br />
ma pure le località minori meriterebbero<br />
altrettanta attenzione e un percorso<br />
da fare possibilmente al <strong>di</strong> fuori<br />
dei tra<strong>di</strong>zionali itinerari turistici. ●<br />
I<br />
Reportage<br />
No al tabacco, sì a una canna<br />
Paesi Bassi da parecchio tempo perseguono una dura legge contro il<br />
fumo: le sigarette sono vietate del tutto e dappertutto. I citta<strong>di</strong>ni non<br />
fanno ostruzionismo, anzi, si <strong>di</strong>chiarano del tutto favorevoli. Per esempio,<br />
l’aeroporto <strong>di</strong> Amsterdam, Schiphol, è stato il primo aeroscalo europeo<br />
ad applicare il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> fumo. I dati statistici, poi, <strong>di</strong>cono pure<br />
che il traffico sui voli intercontinentali è aumentato a <strong>di</strong>smisura a danno<br />
<strong>di</strong> quello lon<strong>di</strong>nese proprio grazie a questa legge.<br />
Però visitando Amsterdam ed altre città olandesi ci si può sorprendere<br />
a vedere delle persone fumare nei luoghi pubblici e restare impunite. Polizia<br />
e affini non intervengono... Abusi, licenziosità, leggerezza o altro?<br />
Niente <strong>di</strong> tutto questo. Infatti, in questi casi non si tratta <strong>di</strong> sigarette ma <strong>di</strong><br />
canne, in quanto è concesso acquistare e fumare piccole dosi (al <strong>di</strong> sotto<br />
dei 5 grammi) <strong>di</strong> cannabis o hashish presso i coffee shop. L’acquisto delle<br />
droghe leggere per strada è illegale, ma l’acquisto <strong>di</strong> quelle pesanti, come<br />
la cocaina, l’ecstasy, i funghi magici, è fuorilegge. Comunque, quando si<br />
viene trovati in possesso <strong>di</strong> piccole quantità <strong>di</strong> droghe illegali per uso personale,<br />
generalmente non si è perseguiti. ●<br />
La casa dove Anna Frank e famiglia si nascondevano è ora un museo<br />
Panorama 33
Lo scorso giugno sono stati attribuiti i Premi della<br />
XLII e<strong>di</strong>zione del concorso Istria Nobilissima, che<br />
hanno dato una nuova conferma dei potenziali creativi<br />
del gruppo nazionale italiano nei campi dell’arte e della<br />
cultura. Ritenendo che <strong>di</strong> tali potenziali debba fruire<br />
il maggior numero <strong>di</strong> lettori nelle pagine riservate alle<br />
letture, “Panorama” propone le opere a cui siano stati<br />
attribuiti premi o menzioni.<br />
Nella sezione “Prosa narrativa su tematiche che<br />
interessano il mondo comune istro-quarnerino e dalmata”<br />
riservata ai residenti in Italia che hanno origini<br />
istriane, quarnerine o dalmate, il secondo premio è<br />
stato assegnato a NICOLÒ GIRALDI <strong>di</strong> Trieste per il<br />
suo racconto dal titolo “Lontano da casa” <strong>di</strong> cui pubblichiamo<br />
la prima parte. Questa la motivazione: “Un<br />
racconto ‘epistolare’ che prospetta i destini <strong>di</strong> persone<br />
<strong>di</strong>verse nella guerra 1914-1918. Una guerra dolorosa e<br />
34 Panorama<br />
Letture<br />
complessa dove gente della stessa nazionalità combatteva<br />
in <strong>di</strong>fferenti eserciti. Un dramma vissuto su <strong>di</strong>versi<br />
fronti, nei campi <strong>di</strong> deportazione e in prigionia”.<br />
«Lontano da casa»<br />
Prologo<br />
«Rubai un tovagliolo <strong>di</strong> stoffa bianca da una locanda in<br />
cui avevamo mangiato per pranzo. Nel pomeriggio doveva<br />
arrivare l’or<strong>di</strong>ne dal Comando Supremo dell’Imperial<br />
Regio Esercito <strong>di</strong> partire alla volta del fronte. Da Pola,<br />
adagiata sulla punta della penisola istriana, ci avrebbero<br />
mandati verso l’interno dell’Impero, a presi<strong>di</strong>are la linea<br />
<strong>di</strong> guerra dei Carpazi. Ora si cominciava a far sul serio,<br />
niente esercitazioni, niente finzioni, nessuna sceneggiata.<br />
Ora si faceva sul serio, la guerra era scoppiata e noi avevamo<br />
- come <strong>di</strong>cevano i nostri comandanti - da <strong>di</strong>fendere<br />
un Impero ed un Imperatore. Il tovagliolo bianco lo nascosi<br />
dentro ai pantaloni <strong>di</strong> tela verde e bevendo l’ultimo<br />
sorso <strong>di</strong> quella malvasia <strong>di</strong> casa pensai che non potevo<br />
sapere se per me sarebbe stata l’ultima volta. Si sarebbe<br />
fatto sul serio, avremmo sparato, pallottole vere, avremmo<br />
combattuto contro un esercito che non conoscevamo,<br />
in una delle zone dell’Impero meno sicure. Giugno stava<br />
per finire, la torrida estate che luglio <strong>di</strong> solito regala<br />
avrebbe raggiunto temperature ancora più bollenti.<br />
A Vergarolla i polesani facevano il bagno quasi già da<br />
un mese e lì la <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> guerra non era rimbalzata.<br />
Molti <strong>di</strong> noi erano istriani e a casa lasciavamo molto,<br />
quasi tutto. Non potevamo sapere che tante cose sarebbero<br />
cambiate».<br />
Diario <strong>di</strong> guerra del fante austriaco Marino Benussi<br />
Nei pressi <strong>di</strong> Nizni Novgorod. Quasi Siberia<br />
“Scrivo tutto questo perchè non so esattamente che<br />
fine faremo, quale sarà la nostra sorte, il nostro destino<br />
<strong>di</strong> giovanissimi soldati <strong>di</strong> uno dei più gran<strong>di</strong> e longevi imperi<br />
della storia. L’ultima parte l’ho aggiunta riportando<br />
le parole dei nostri comandanti, sia chiaro, io nell’Impero<br />
non ci ho mai creduto più <strong>di</strong> tanto. Credevo che bastasse<br />
sentire il richiamo <strong>di</strong> casa tua, della tua città in riva al<br />
mare, del tuo campanile così bello e così slanciato verso<br />
le azzurre altitu<strong>di</strong>ni del cielo. Azzurro, che bel colore, così<br />
limpido, senza veli, senza bisogno <strong>di</strong> unirsi ad altri. Ed<br />
invece quando sono stato chiamato dall’esercito imperiale<br />
austrungarico, sulla lettera c’era scritto che l’arruolamento<br />
era obbligatorio e che bisognava presentare la propria<br />
faccia al primo comando militare più vicino a casa.<br />
Per le normali operazioni <strong>di</strong> riconoscimento e successivamente<br />
<strong>di</strong> addestramento. Almeno questo era quello che<br />
mi aspettava. Gli ufficiali del comando da subito si rivelarono<br />
gente alquanto scorbutica, poco rispettosa del mio<br />
non sapere una sola parola <strong>di</strong> tedesco, se non quelle legate<br />
al saluto <strong>di</strong> qualche amministratore citta<strong>di</strong>no influente,<br />
i convenevoli e le banalità da usare con qualche ragazza,<br />
alle volte figlia dello stesso influente e quanto mai ra<strong>di</strong>oso<br />
amministratore del paese. Oggi invece, gli stessi ufficiali<br />
baffuti e rabbiosi, spesso sono quelli che hanno più paura<br />
<strong>di</strong> tutti. Non me lo riesco ancora a spiegare. Così mi <strong>di</strong>edero<br />
l’equipaggiamento per affrontare la guerra, mi assegnarono<br />
un posto dove dormire, un fucile e poche altre<br />
cianfrusaglie che sicuramente non avrei mai usato. Siamo<br />
in cammino da <strong>di</strong>versi giorni ormai ed il fronte si avvicina<br />
sempre <strong>di</strong> più. Questa notte ci sarà qualche movimento,<br />
penso che forse tra un paio d’ore ci metteremo in cammino.<br />
Tutto per il più grande impero della storia, o almeno<br />
questo è quello che ci vogliono far credere”.<br />
Lucio Basiaco, fante scelto.<br />
Marcia per arrivare al fronte.<br />
11 agosto 1914<br />
“La mia Istria. Chissà cosa ne è <strong>di</strong> lei durante questi<br />
giorni così infuocati, così lontani dal periodo in cui ero<br />
bambina. Il mio paese, le sue spesse ed invalicabili mura,<br />
i suoi portoni <strong>di</strong> legno, le case <strong>di</strong> pietra dura, San Biagio<br />
ed il suo altissimo campanile. Chissà come vivono quelle<br />
persone rimaste lì, chissà se sanno dove ci hanno portati,<br />
chissà. Ci hanno detto, il giorno che ci hanno fatto uscire<br />
da Dignano, che ci avrebbero trasferiti perché poteva<br />
essere pericoloso restare dentro al borgo. Ora è tanto<br />
che siamo lontani e lontani sono i tempi in cui ero bambi-
na. Lontani, sì. Qui a Wagna - ho visto la tabella del paese<br />
dall’autocarro - tutto sembra immobile, nessuno parla<br />
con gioia della vicenda, qualcuno lo fa apposta, nessuno<br />
parla della guerra. Almeno una cosa, però, non va male:<br />
siamo tra noi, tanta gente del paese come me. Cerco <strong>di</strong> capire<br />
cosa sta succedendo, alle volte domando alla guar<strong>di</strong>a<br />
qualche notizia, ma non mi risponde. Chissà perchè. Già,<br />
chissà”.<br />
Dorina Biasiol, maestra elementare.<br />
Campo <strong>di</strong> Wagna, vicino Leibnitz, Stiria.<br />
Marzo 1916<br />
I<br />
Un colpo <strong>di</strong> cannone, il fischio in lontananza e poi giù,<br />
verso la terra che rimbalza sotto l’urto <strong>di</strong> quelle palle pesanti<br />
ed insanguinate già in partenza. La terra esplode,<br />
rimbalza ed esplode, i corpi dell’esercito austrungherese<br />
volano a <strong>di</strong>stanze impossibili, nessuno ha mai visto tanta<br />
violenza in un solo colpo <strong>di</strong> cannone.<br />
Un altro sibilo, il volo nel cielo notturno, la paura <strong>di</strong> essere<br />
colpiti trepidamente vacilla dalla base <strong>di</strong> speranza su<br />
cui poggia quando il sole è alto, gli occhi si fanno curiosi<br />
da un lato e ciechi dall’altro, le orecchie attendono l’urto,<br />
quella pioggia <strong>di</strong> fuoco che attraverserà il campo nemico e<br />
farà rimbalzare ed esplodere la terra in un attimo.<br />
Fischio, volo e rumore <strong>di</strong> terra.<br />
Dall’altra parte già si prepara il terzo colpo, quello decisivo,<br />
quello che zittirà la notte. Il cielo si apre, scorrono<br />
rapide le poche nuvole che <strong>di</strong>sturbano le stelle e poi silenzio.<br />
Solo un tremendo silenzio <strong>di</strong> sospetto e paura.<br />
“Penso che per stanotte i gà finì...”<br />
“Se non i son troppo insemenì dei tiri credo che i scominzierà<br />
de novo tra un ora, forsi due. E se ‘l cannon xè<br />
quel che <strong>di</strong>go mi, i lo devi forbìr, carigar n’altra volta, preparar<br />
el spago de fogo e le bale. Xè ‘taliani, no i ghe metterà<br />
meno de un’ora...”<br />
“Cosa ti <strong>di</strong>si, quanto xè che semo qua?”<br />
“Quasi un anno. Ti no ti li conti i giorni?”<br />
“Cosa ti xè mato? Gnanche co iero Pola per l’addestramento...<br />
poi no xè che se li conto duto passa prima.<br />
Per mi xè contrario, più che ghe penso a ‘sta maledetta<br />
guerra e più go paura de no tornar...”<br />
“Ti sa che co iero in Bosnia no gavemo tirà gnanche<br />
un colpo? Sicuro, qualchidun xè sta ciapà co la forza, vizin<br />
de Sarajevo. Ma mi son tornà casa co i stessi tiri che<br />
co iero partì...”<br />
“La prima volta che go ciapà un s’ciopo in man xè stada<br />
co ‘vevo <strong>di</strong>ese anni. El pare mio ‘ndava becàr cinghiai,<br />
el ghe scondeva le trapole in tei boschi vizin de casa e<br />
‘speta, una volta el xè tornà casa con un s’ciopo dell’esercito,<br />
che lu <strong>di</strong>seva ghe lo gaveva dà un ufiziàl in congedo<br />
venù ‘bitàr Montona...”<br />
La terra esplode. Rimbalza ed esplode. E poi <strong>di</strong> nuovo,<br />
ad intervalli precisi, fischio, volo e rumore.<br />
“Un’ora, ah?”<br />
“Pensavo ch’el iera el cannon compagno de quel de<br />
prima...”<br />
“Ah, no star sempre a pensar ti...”<br />
Volo e fischio. Niente rumore.<br />
Cinquanta, forse sessanta metri più a destra, rumore, la<br />
terra che esplode. Fiamme su fiamme.<br />
Letture<br />
“Quanti cannoni i gaverà ‘sti ‘taliani?”<br />
“De sicuro no un solo...”<br />
“Grazie, questo gavevo capì anca mi...”<br />
“...due, forse tre...”<br />
Sul fronte della guerra, provocata da uno studente bosniaco<br />
più <strong>di</strong> un anno prima, in verità i colpi d’artiglieria,<br />
le munizioni e gli spari non erano all’or<strong>di</strong>ne del giorno.<br />
Capitava che si stesse anche per settimane senza vedere<br />
neanche l’ombra del conflitto, senza esser protagonisti <strong>di</strong><br />
battaglie, <strong>di</strong> scontri all’arma bianca, <strong>di</strong> assalti alla baionetta.<br />
Si stava fermi per giorni e giorni, scavati dentro alla terra,<br />
dentro al corpo umido e vivo del ventre del pianeta, per<br />
giorni e giorni, senza mai uscire allo scoperto, senza che<br />
nessuno sapesse cosa effettivamente al Comando stessero<br />
decidendo. Lì, fermi per ore, sporchi <strong>di</strong> terra, <strong>di</strong> polvere da<br />
sparo, macchiati <strong>di</strong> guerra. Trincee come case, passaggi<br />
sottoterra, cunicoli lunghi centinaia <strong>di</strong> metri, un an<strong>di</strong>rivieni<br />
continuo <strong>di</strong> persone, soldati e ufficiali me<strong>di</strong>ci.<br />
Spesso il fronte su cui si combatteva era lungo decine<br />
<strong>di</strong> chilometri e l’esercito nemico sostava ad una <strong>di</strong>stanza<br />
<strong>di</strong> neanche cento metri dall’altro. Come due mammiferi in<br />
letargo, sepolti sotto una striscia <strong>di</strong> terra ad aspettare <strong>di</strong> incontrarsi,<br />
in una violenta e sanguinosa primavera.<br />
Il tempo poi era un elemento scatenante. Si poteva persino<br />
impazzire nel dargli confidenza, farsi raccontare da<br />
lui le mille storie che conosceva e <strong>di</strong> cui era stato un eccelso<br />
protagonista. C’era chi dopo un po’ lo considerava suo<br />
amico ma spesso poi doveva ricredersi perché poteva sparire<br />
per intere settimane, ad<strong>di</strong>rittura mesi.<br />
Mesi, in cui essere appostati sul fronte del Carso, <strong>di</strong>ventava<br />
una vera e propria corsa verso la follia. Una follia<br />
che in tanti percepivano già dai primi momenti, una follia<br />
sola, confidente e amica del fucile, invi<strong>di</strong>osa <strong>di</strong> quelli che<br />
partiti non erano, <strong>di</strong> quelli che erano riusciti a rimanere a<br />
casa, nelle campagne, giù in Istria.<br />
Lucio non si lasciò prendere per matto, non si consegnò<br />
mai, non concluse la sua vita nella folle morte della guerra.<br />
Per tutto, o almeno quasi, il tempo che aveva passato come<br />
soldato in prima linea aveva continuato a pensare ad altro,<br />
a qualcosa <strong>di</strong> bello, <strong>di</strong> estremamente felice, <strong>di</strong> contagioso.<br />
Era convinto che se non l’avesse fatto, la signora dal vestito<br />
nero come le notti <strong>di</strong> trincea sarebbe andata a trovarlo<br />
molto presto e <strong>di</strong> certo senza mandargli alcuna convocazione<br />
scritta. Era fante scelto dell’esercito imperiale più<br />
importante del vecchio continente, una simile debolezza<br />
non avrebbe potuto concepirla, né tantomeno sopportarla.<br />
O almeno questo era quello che gli ufficiali, urlando il più<br />
delle volte gli or<strong>di</strong>ni in un tedesco stretto ed incomprensibile<br />
per i numerosi istriani incorporati con la leva obbligatoria,<br />
volevano sentire dai loro sottoposti.<br />
L’artiglieria nel frattempo aveva smesso <strong>di</strong> bombardare.<br />
Lucio e gli altri soldati da trincea anche per quella notte<br />
potevano <strong>di</strong>rsi sod<strong>di</strong>sfatti. E perché no, anche un po’ più<br />
leggeri.<br />
“Quanti colpi ‘stanotte?”<br />
“Quattro!”<br />
“E ti?”<br />
“Gnanca un... però go visto passar un lèvero ch’el correva<br />
pulito davanti de noi...”<br />
“E no ti ghe ga tirà?”<br />
“E no go ‘rivà...”<br />
Panorama 35
36 Panorama<br />
Letture<br />
“Sicuro lo ga ciapà i ‘taliani...”<br />
“Cosa i magna lèvero anche lori?”<br />
“No, lori va in ristorante ogni giorno per marenda,<br />
pranzo e zena... sempio, si che i magna lèvero anca lori,<br />
cosa no ti ga fame ti?”<br />
“Si mi..”<br />
“E no te pensi che forsi i la ga anca lori, siora fame?”<br />
“Mi pensavo che...”<br />
“No sta star tropo tempo a pensar ti. Lasa che pensi el<br />
manzo che ga la testa granda e ch’el no ga niente de far<br />
tuto el giorno in stalla!”<br />
Suono <strong>di</strong> tromba. Ripetuto più e più volte. Sempre più<br />
vicino, sempre più forte. Così un soldato annunciava l’adunata,<br />
il momento peggiore del fronte. Tutti stretti dentro ad<br />
una trincea scavata nel fango, nello sporco, nel primo ventre<br />
della terra. Tutti sull’attenti e tutti ad ascoltare un ufficiale<br />
molto austroungherese, baffo e capèl col ciodo.<br />
“Soldati abbiamo il compito <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere i confini del<br />
più grande impero della storia! Impalpabile deve essere<br />
la paura <strong>di</strong> affrontare il nemico, quel maledetto esercito<br />
reale italiano, quelle file <strong>di</strong> savoiar<strong>di</strong> francofone che dal<br />
giorno alla notte s’inventano che Trieste è una città italiana!<br />
Mai cadrà l’aquila che domina il porto più importante<br />
dell’Impero! Mai Piazza Grande vedrà sventolare la su<strong>di</strong>cia<br />
e bambina, ban<strong>di</strong>era tricolore...”<br />
“Pss...”<br />
“De chi el parla?”<br />
“Sta bon, dopo te spiego...”<br />
“...mai il nostro imperatore massimo, duce <strong>di</strong> ogni battaglia<br />
contro gli italiani sin dai tempi <strong>di</strong> Lissa, permetterà<br />
che questo piccolo paese possa minare secoli <strong>di</strong> totale fedeltà!<br />
Mai. E mai potranno pensare le altre potenze <strong>di</strong> promettere<br />
nostri terrirori ad altri in caso <strong>di</strong> impossibile loro<br />
vittoria! Non c’è, non esiste la parola sconfitta nel nostro<br />
esercito, dobbiamo fare in modo che Trieste e l’Istria non<br />
siano mai italiane!”<br />
“Cosa c’entremo noi, Lucio?”<br />
“Sta bon, sempio!”<br />
“...mai lasceremo queste terre per noi così importanti,<br />
mai lasceremo a questo nemico i nostri baluar<strong>di</strong>, le nostre<br />
torri <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa dell’Impero! Non una ban<strong>di</strong>era italiana<br />
sventolerà sul colle <strong>di</strong> San Giusto! Mai il loro vessillo potrà<br />
trovare posto sui municipi istriani, mai per le strade <strong>di</strong><br />
Pola si sentirà la lingua del <strong>di</strong>avolo italiano...”<br />
“Ma i no parlà za italian a Pola, Lucio?”<br />
“La prossima che te <strong>di</strong>si no rispondo de mi...”<br />
“...perchè queste sono regioni del nostro grande Impero,<br />
sono per il nostro Imperatore più importanti della<br />
sua stessa vita! Non dovete essere timorosi, abbiate fede<br />
nell’Austria-Ungheria, la vittoria è vicina! Gli italiani<br />
sono in ritirata, a nord già nostre <strong>di</strong>visioni attaccano da<br />
un paio <strong>di</strong> giorni quelle nemiche, molti soldati scappano<br />
e <strong>di</strong>sertano...”<br />
Così almeno per mezzora. Ogni qualvolta l’ufficiale<br />
aveva voglia <strong>di</strong> <strong>di</strong>re qualcosa. Ogni qualvolta gli arrivavano<br />
degli or<strong>di</strong>ni da eseguire con prontezza. Adunata,<br />
adunata, il tenente deve <strong>di</strong>re qualcosa. E sempre le stesse<br />
cose, sempre gli stessi proclami, le stesse storie <strong>di</strong> italiani<br />
in fuga dal loro esercito, le ban<strong>di</strong>ere da bruciare, il fronte<br />
da sfondare, i contatti da non avere, le fucilazioni, la corte<br />
marziale.<br />
Come sempre tutto finiva con delle urla veementi,<br />
cariche <strong>di</strong> forza, <strong>di</strong> passione e <strong>di</strong> trasporto. Appena finita<br />
l’adunata gli sguar<strong>di</strong> si cercavano, si ponevano le stesse<br />
domande. E i molti istriani chiusi dentro a quella trincea<br />
buia come la signora in nero, si stringevano nei dubbi,<br />
nelle paure <strong>di</strong> non aver capito niente <strong>di</strong> tutto il <strong>di</strong>scorso o<br />
semplicemente se ne fregavano. Da qualche parte correva<br />
la voce che istriani e gente del Quarnero, assieme in un<br />
battaglione, cantassero delle canzoni mentre marciavano.<br />
Niente <strong>di</strong> strano se non fosse che erano canzoni che parlavano<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>serzioni e della voglia <strong>di</strong> veder la guerra, prima<br />
o poi finire. Questo gli austriaci non lo potevano sapere,<br />
anche perché molti ufficiali l’italiano non lo capivano e, <strong>di</strong><br />
conseguenza, poteva capitare che qualche baffuto ometto<br />
dalla <strong>di</strong>visa piena <strong>di</strong> riconoscimenti si mettesse a fischiettare<br />
una canzone <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>mento. Senza sapere <strong>di</strong> esser deriso<br />
da molti.<br />
Lucio aveva combattuto sul fronte dei Carpazi, contro<br />
l’impero dello Zar, contro i cosacchi, gente che a cavallo<br />
sembrava volare tanto rapide erano le loro azioni. Erano<br />
partiti da Pola e via mare erano arrivati a Fiume, non esattamente<br />
in riva, un po’ più verso Sussak. Dopo l’ormeggio,<br />
tutti i militari dell’esercito imperiale erano scesi dalla<br />
Ulan, raggruppati secondo preciso e svevo or<strong>di</strong>ne, messi<br />
in marcia e mandati verso quella linea da <strong>di</strong>fendere che era<br />
molto, molto <strong>di</strong>stante. I Carpazi più che <strong>di</strong>stanti erano un<br />
vero e proprio incubo. Dopo la bollente uccisione <strong>di</strong> Francesco<br />
Fer<strong>di</strong>nando, quella frontiera orientale era <strong>di</strong>ventata<br />
meno sicura. Non che gli ucraini, i rumeni o i moldavi fossero<br />
gente strana o piena d’o<strong>di</strong>o verso l’Impero austrungarico,<br />
era solo che la Russia aveva chiaramente espresso<br />
il suo amore verso Belgrado e non poteva tra<strong>di</strong>re la città e<br />
l’onore serbo. Almeno non in quel momento <strong>di</strong> così grave<br />
bisogno perché erano, i serbi, accusati <strong>di</strong> aver ucciso<br />
il principe ere<strong>di</strong>tiero e sua moglie, cosa che aveva scosso<br />
tremendamente i già scarsi ed inconsistenti equilibri in<br />
quella penisola balcanica.<br />
San Pietroburgo non poteva lasciare i fratelli serbi in<br />
balìa del senso <strong>di</strong> rivalsa e <strong>di</strong> nemesi austroungheresi. Così<br />
intere <strong>di</strong>visioni, composte da uomini <strong>di</strong> ogni provenienza,<br />
si ritrovarono assieme in una marcia verso i Carpazi.<br />
Gente da ogni dove, dalmati, istriani, croati, sloveni, boemi,<br />
moraviani, ungheresi, slavoni, italiani, bosniaci, forse<br />
anche qualche musulmano. Tutti insieme su una linea<br />
<strong>di</strong> confine.<br />
Due imperi contro.<br />
I serbi tra i due.<br />
Lucio sin da quando era partito da Pola aveva pensato<br />
che l’unica cosa importante, ma veramente importante, era<br />
quella <strong>di</strong> tornare a casa, lassù in Istria, vicino a Montona.<br />
Là era casa, il resto, la guerra, i cosacchi, i campi montati<br />
in un paio d’ore e rismontati ancora più velocemente, non<br />
lo entusiasmavano. A casa aveva lasciato la morosa e il<br />
vecchio. La mamma era morta, papà Anselmo era in gamba<br />
e se Nerina avesse avuto bisogno <strong>di</strong> conforto o <strong>di</strong> sue<br />
notizie, lì a San Piero de Portole li avrebbe trovati.<br />
Ucio, facile e parsimonioso soprannome, teneva sempre<br />
un <strong>di</strong>ario, voleva che tutte le cose viste durante la guerra<br />
restassero per sempre nella sua memoria. Certamente le<br />
cose belle, i sorrisi della gente ungherese vicino a Maribor,<br />
lo sguardo del marinaio dalmato a bordo della Ulan
che poi era stata braccata ad Antivari e costretta a rifugiarsi<br />
nelle Bocche <strong>di</strong> Cattaro, il Danubio nelle sue migliaia <strong>di</strong><br />
colorazioni, nei suoi miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> acquerelli bagnati dal caldo<br />
della pianura, nelle sue baracche costruite sopra gli argini.<br />
E poi i <strong>di</strong>scorsi con gente come lui, istriani e fiumani,<br />
<strong>di</strong>scorsi su cosa si era prima <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare soldati dell’impero.<br />
Chi conta<strong>di</strong>no, chi pescatore, chi barbiere, chi salinaro,<br />
chi bigliettaio sui treni.<br />
Da Pančevo in poi aveva cominciato a scrivere anche<br />
<strong>di</strong> come gli ufficiali trattavano la truppa o <strong>di</strong> cosa <strong>di</strong>cevano<br />
in merito alla guerra che andavano a combattere. Le lettere,<br />
durante il primo anno <strong>di</strong> conflitto, facevano sempre il<br />
viaggio contrario da lui intrapreso. Poi, causa la sostituzione<br />
del fante postino, uno sloveno <strong>di</strong> Bagnoli mandato a<br />
casa in licenza, le lettere che lui mandava a casa <strong>di</strong>ventarono<br />
mucchi <strong>di</strong> carta dentro ad un magazzino. E lì rimasero<br />
per molto, molto tempo.<br />
I primi se<strong>di</strong>ci mesi <strong>di</strong> guerra furono abbastanza silenziosi,<br />
qualche cannonata ogni tanto, giusto per vedere se il<br />
nemico era ancora dall’altra parte ad aspettare; ogni tanto<br />
anche per gioco, perché la noia, in quei primi se<strong>di</strong>ci mesi<br />
<strong>di</strong> guerra, fu per Lucio la balcanica crisalide della folle<br />
carsica farfalla. Farfalla che alcuni istriani e soldati imperiali<br />
sul Carso non ebbero mai il triste piacere <strong>di</strong> ammirare.<br />
Perché prima del fuoco bolscevico che sconvolse l’impero<br />
dello zar, furono catturati proprio da quei cavalieri alati<br />
che sembravano essere i cosacchi. Catturati e fatti marciare<br />
per chilometri, per poi caricarli su treni che destinavano<br />
quel carico umano alla Siberia. In verità non furono molti.<br />
Vissero il resto della guerra da posizione quasi privilegiata,<br />
fuori dal conflitto, <strong>di</strong>stanti da casa e dall’ondata <strong>di</strong> follia<br />
dell’ultimo anno.<br />
E proprio quando sembrava che il conflitto stesse per<br />
prendere una certa piega a favore degli austriaci, arrivò la<br />
notizia che su a Mosca stava succedendo il finimondo e<br />
che allora quel fronte non serviva più. Ma non era ancora<br />
l’ora <strong>di</strong> tornare a casa. Bisognava raggiungere il carso giuliano,<br />
alle spalle <strong>di</strong> Gorizia e Trieste.<br />
Fu in questo modo che molti soldati vennero spe<strong>di</strong>ti il<br />
più rapidamente possibile verso ponente, verso il tramontare<br />
del sole. Molti, tra cui Lucio che pensava, ignorando<br />
la realtà, al momento che aspettava da quand’era partito.<br />
Non arrivò niente <strong>di</strong> desiderato perché lo attendeva la<br />
spietata e lucente velocità con cui quel piccolo vermetto<br />
<strong>di</strong>venne l’incubo <strong>di</strong> molte notti. Così Lucio giunse alle<br />
spalle dell’emporio triestino dopo molti mesi passati nei<br />
Carpazi e fu qui, nell’autunno del 1917, che capì che la<br />
guerra, anche se più vicina a casa, non era affatto una tranquilla<br />
ed innocente crisalide.<br />
II<br />
“Il nostro campanile <strong>di</strong> San Biagio è stato costruito nel<br />
1818 da Antonio Porta da Trieste. È senz’altro uno dei più<br />
belli <strong>di</strong> tutta l’Istria e senza ombra <strong>di</strong> dubbio il più alto <strong>di</strong><br />
tutta la penisola. Avete qualche domanda ragazzi?”<br />
“Signora Maestra, un giorno possiamo andare fin su in<br />
alto?”<br />
Il rumore della campana che suona la fine della lezione<br />
irrompe tutto d’un tratto nel silenzio tra la domanda e la risposta.<br />
Non c’è <strong>di</strong> meglio che una <strong>di</strong>strazione rumorosa e<br />
spezzante per mettere in salvo il tempo che le occorre per<br />
Letture<br />
rispondere ad un quesito <strong>di</strong> cui non conosce la soluzione.<br />
Non aveva mai pensato ad una cosa <strong>di</strong> questo genere, era<br />
un insolita curiosità. Ne aveva parlato tante <strong>di</strong> quelle volte,<br />
lo amava intensamente ma più come una reliquia che a<br />
guisa <strong>di</strong> santo protettore.<br />
“Vedremo, Manzin. Intanto ricordatevi <strong>di</strong> fare i compiti<br />
per domani, mi raccomando!”<br />
La maestra Dorina Biasiol lasciò uscire tutti i piccoli<br />
studenti dalla classe e rimase un po’ davanti alle finestre<br />
che davano sul giar<strong>di</strong>no della scuola. Fuori, un leggero<br />
vento scompigliava i soprabiti dei suoi alunni che se<br />
ne tornavano verso casa. Cominciavano già a formarsi dei<br />
piccoli gruppetti anche perché erano tutti figli dello stesso<br />
paese e dopo aver fatto i compiti che la maestra assegnava,<br />
quasi tutti uscivano in strada a giocare. Così, la strada dalla<br />
campanella al pranzo era l’occasione per darsi appuntamento<br />
nel pomeriggio all’ombra <strong>di</strong> San Biagio.<br />
Dorina era nata e cresciuta proprio a Dignano d’Istria<br />
da una famiglia <strong>di</strong> antiche origini venete arrivata secoli<br />
prima nella penisola. La famiglia si era integrata perfettamente<br />
sin da subito e con il passare del tempo, dopo l’inclusione<br />
dell’Istria dentro al Regno d’Italia napoleonico,<br />
ebbe modo <strong>di</strong> guadagnare qualcosa dalla ven<strong>di</strong>ta dei propri<br />
prodotti. Successivamente, i Zelaschi, aprirono un laboratorio<br />
artigianale per fare il pane e così riuscirono a <strong>di</strong>ventare<br />
una delle prime anime commerciali del paese. O<br />
almeno così la storia si era tramandata <strong>di</strong> generazione in<br />
generazione.<br />
In effetti il benessere <strong>di</strong> cui la famiglia aveva goduto in<br />
passato e quello <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>sponeva in questi primi anni del<br />
Novecento, era l’unico motivo per cui Dorina aveva potuto<br />
stu<strong>di</strong>are tanto da <strong>di</strong>ventare maestra elementare.<br />
Gli stu<strong>di</strong> li aveva compiuti in quel <strong>di</strong> Pola ove risiedeva<br />
un ramo della famiglia, la quale aveva ben accettato la presenza<br />
dell’adolescente Dorina. Fin da piccola aveva posseduto<br />
una forma <strong>di</strong> curiosità superiore a quella che tutti<br />
i bambini possiedono. Chiedere, domandare, voler sapere<br />
erano state le basi da cui ella stessa maturò una vera e propria<br />
passione per la scuola. A Pola rimase per alcuni anni,<br />
tempo in cui imparò tante cose. Dalla letteratura alla matematica.<br />
Dal leggere al far <strong>di</strong> conto. Quando ebbe finito gli<br />
stu<strong>di</strong> tornò a Dignano dove nel frattempo, nell’estate del<br />
1908, la scuola era rimasta senza maestro. Il maestro Quarantotto,<br />
dopo quasi vent’anni <strong>di</strong> insegnamento, smise <strong>di</strong><br />
lavorare perché la stanchezza aveva preso il sopravvento<br />
sulla passione che eterna non è.<br />
La scuola, un e<strong>di</strong>ficio appena fuori dal borgo, era stata<br />
costruita non troppi anni prima, tanto che l’e<strong>di</strong>ficio era<br />
integro, sia nella facciate che nelle sue aule. Muri gran<strong>di</strong><br />
costruiti con pietre altrettanto gran<strong>di</strong> e lunghe. Ma anche<br />
angolari, pesanti, basilari, in<strong>di</strong>spensabili, imprescin<strong>di</strong>bili.<br />
Pietre forti per <strong>di</strong>fendere gli alunni, per insegnare loro che<br />
l’esistenza e la vita più in generale è dura come quelle pietre.<br />
Alle volte Dorina tentava <strong>di</strong> trasmettere anche questo<br />
tipo <strong>di</strong> nozioni, anche se a <strong>di</strong>re il vero nei primi anni della<br />
sua nuova professione si atteneva ai programmi e a quei<br />
pochi libri che possedeva e per i quali era molto gelosa.<br />
Negli anni aveva anche maturato quell’amore verso il suo<br />
mestiere che le regalava il sorriso ad ogni canto del gallo o<br />
quasi. (1 - continua)<br />
Panorama 37
38 Panorama<br />
Libri<br />
Un cofanetto bianco-panna racchiude tre monografie sulla storia, le usanze, la<br />
I colori della terra e dell’urbe <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong> Ilaria Rocchi<br />
Il rosso, il verde, il marrone, tre colori<br />
che idealmente potrebbero simboleggiare<br />
Dignano: il rosso del suo<br />
ottimo terrano, il verde del suo eccellente<br />
olio d’oliva, il marrone della sua<br />
terra fertile... Tre colori che segnano e<br />
separano tre <strong>di</strong>verse parti <strong>di</strong> un prezioso<br />
cofanetto (bianco panna) che la Comunità<br />
degli Italiani <strong>di</strong> Dignano ha voluto<br />
regalare ai lettori. Uno scrigno che<br />
racchiude, in quasi 570 pagine, tutto<br />
ciò che c’era e c’è da sapere sul “regno<br />
dei Bumbari” e i suoi abitanti. L’antologia<br />
s’intitola Dignano nei secoli ed<br />
è un’accurata e corposa ricerca etnografica,<br />
urbanistica e storico-culturale<br />
sulla realtà <strong>di</strong>gnanese. Basata su fonti<br />
<strong>di</strong> notevole ampiezza e varietà, si presenta<br />
come una pregevole opera <strong>di</strong> sintesi,<br />
nella quale sono confluite <strong>di</strong>verse<br />
indagini sulla storia, l’architettura, i costumi,<br />
la vita e via <strong>di</strong> seguito, che tracciano<br />
un ritratto a 360 gra<strong>di</strong> della città<br />
protetta da San Biagio. Scritti a partire<br />
dagli anni Settanta del secolo scorso,<br />
da parte <strong>di</strong> gruppi letterari e <strong>di</strong> ricerca<br />
etnografica della stessa Comunità degli<br />
Italiani e della Scuola elementare <strong>di</strong> Dignano,<br />
questi contributi per certi aspetti<br />
<strong>di</strong>menticati - e <strong>di</strong>fficilmente reperibili<br />
ai più - sono stati ora recuperati, riletti,<br />
accuratamente selezionati, riproposti e<br />
“serviti” su un piatto che non sarà d’argento<br />
ma che è altrettanto accattivante<br />
e gustoso. La raccolta fa confluire così<br />
in un unico cofanetto argomenti finora<br />
trattati in “separate se<strong>di</strong>”. Insomma,<br />
come conclude Carla Rotta, in qualità<br />
<strong>di</strong> rappresentante dell’e<strong>di</strong>tore (era presidente<br />
della CI quando il volume è<br />
stato promosso e realizzato), è nata una<br />
singolare enciclope<strong>di</strong>a su Dignano.<br />
Presentata a Palazzo Bradamente agli<br />
inizi <strong>di</strong> luglio, la collezione antologica<br />
è frutto dell’impegno e dell’ingegno <strong>di</strong><br />
Carla Rotta, redattrice, <strong>di</strong> Li<strong>di</strong>a Delton<br />
e Giorgina Kutić, membri del Comitato<br />
<strong>di</strong> redazione, Marta Banko, Erica<br />
Fabbro, Anita Fioranti e Daniela Rotta<br />
Stoiljković, in qualità <strong>di</strong> collaboratori.<br />
Va detto ancora che il volume è stato<br />
realizzato con i contributi del Ministero<br />
degli Affari Esteri italiano per il trami-<br />
te dell’Unione Italiana (in applicazione<br />
alla Legge nro. 73 del 21 marzo 2001)<br />
e della Città <strong>di</strong> Dignano. A completare<br />
la lista dei meritevoli, Silvio Forza,<br />
<strong>di</strong>rettore dell’EDIT, che ha pubblicato<br />
l’antologia, Liliana Venucci Stefan,<br />
del Settore e<strong>di</strong>toriale dell’EDIT, Daria<br />
Vlahov Horvat, art <strong>di</strong>rector (sempre<br />
EDIT), che ha curato la parte grafica, e<br />
le maestre Anita Forlani e Maria Biasiol,<br />
che nel corso degli anni hanno seguito<br />
i vari gruppi letterari ed etnografici<br />
dell’Elementare <strong>di</strong> Dignano.<br />
I curatori dell’antologia si sono basati<br />
sui risultati <strong>di</strong> una ventina <strong>di</strong> lavori,<br />
selezionati da una mole complessiva<br />
<strong>di</strong> circa quaranta. Le ricerche sono<br />
state quin<strong>di</strong> sud<strong>di</strong>vise in <strong>di</strong>versi blocchi<br />
tematici, ai quali è stato affiancato<br />
un ricco apparato iconografico fatto <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>segni, fotografie, schizzi e illustrazioni.<br />
Sono nate così le tre monografie <strong>di</strong><br />
“Dignano nei secoli”: “Tra storia e leggenda”<br />
(libro rosso, 183 pagine), “Usi<br />
e tra<strong>di</strong>zioni” (libro verde, 199 pagine)<br />
e “Centro storico” (libro marrone, 185<br />
pagine).<br />
La prima monografia, <strong>di</strong> impronta<br />
più “storica”, risale fino alle ra<strong>di</strong>ci della<br />
città, svelandone alcuni dei tratti peculiari.<br />
Il volume comprende sette capitoli:<br />
“Sui casteleri”, “Rasonando de<br />
piere e groûmasi”, “Lo Statuto <strong>di</strong> Dignano<br />
del 1492”, “Su e giù per le contrade<br />
(Dignano tra storia e cronaca)”,<br />
“Echi del passato nelle contrade <strong>di</strong> Di-<br />
gnano”, “Fiabe e leggende del mio luogo<br />
natio”, “Aneddoti, fatti e personaggi<br />
del mio luogo natio”. Ciascuna <strong>di</strong> queste<br />
parti è interessante e coinvolgente,<br />
anche se alcune, come quelle sui castellieri<br />
e sulle casite, si caricano <strong>di</strong> valori<br />
aggiunti. Quella sui castellieri <strong>di</strong> Dignano,<br />
risalenti al periodo tra il XVI e<br />
il XIV secolo a.C., perché oltre a presentare<br />
e rivalorizzare un fenomeno tipico<br />
dell’area istriana - la cultura dei<br />
castellieri si sviluppò in Istria nell’età<br />
del bronzo me<strong>di</strong>o per espandersi successivamente<br />
in Friuli, Venezia Giulia,<br />
Dalmazia, Veneto e zone limitrofe -, dà<br />
visibilità a un certosino lavoro fatto dai<br />
giovani. Infatti, i dati raccolti nel volume<br />
sono il frutto degli scavi realizzati<br />
anni ad<strong>di</strong>etro dagli alunni dell’elementare<br />
<strong>di</strong>gnanese. Le loro ricerche hanno<br />
riportato alla luce numerosi reperti (soprattutto<br />
cocci <strong>di</strong> vasi, scodelle, olle,<br />
boccali...), grazie ai quali è stato possibile<br />
ricostruire il vasellame utilizzato<br />
a quell’epoca. La monografia è arricchita<br />
dai <strong>di</strong>segni degli stessi giovani<br />
“In<strong>di</strong>ana Jones“, realizzati sulla base <strong>di</strong><br />
ciò che hanno ritrovato. Inoltre, è stato<br />
ricostruito “lo stato patrimoniale”<br />
dell’area alta <strong>di</strong> Dignano, conosciuta<br />
come “Casteleri”, con i nomi dei proprietari<br />
delle varie parcelle<br />
Il capitolo “Rasonando de piere e<br />
groûmasi” è invece particolare perché<br />
parla delle casite <strong>di</strong> Dignano, ovvero<br />
le capanne monocellulari costru-
vita dei «bumbari»<br />
Dignano<br />
ite con pietre a secco dove<br />
un tempo si riparavano i<br />
conta<strong>di</strong>ni. Tipiche <strong>di</strong> tutta<br />
l’area del Me<strong>di</strong>terraneo, le<br />
casite accomunano <strong>di</strong>verse<br />
civiltà. La ricerca include<br />
inoltre il primo censimento<br />
delle casite del Dignanese,<br />
con tanto <strong>di</strong> località,<br />
nome e in alcuni casi anche soprannome<br />
del proprietario. Si legge pertanto<br />
<strong>di</strong> un tale Giovanni Giachin-Spacapulpiti,<br />
<strong>di</strong> un Biasion-Braghe Nigre, <strong>di</strong><br />
un Giovanni Forlani-Granpin, <strong>di</strong> una<br />
Maria Odogaso-Balerina, <strong>di</strong> una Maria<br />
Fioranti-Sanchina, <strong>di</strong> un Domenico<br />
Donorà-Macaco...<br />
Dignano come Colombo... L’anno<br />
della scoerta del Nuovo Continente è<br />
anche quello in cui viene redatto lo Statuto<br />
citta<strong>di</strong>no. Non sarà sicuramente il<br />
primo, ma questo del 1492 abbraccia<br />
praticamente tutto quanto può o potrebbe<br />
succedere nella vita in riferimento<br />
alla legge: racchiude in sé sia il co<strong>di</strong>ce<br />
civile che i co<strong>di</strong>ci penali. Il volume<br />
prosegue con le ricerche “Su e giù per<br />
le contrade” - con un occhio attento alle<br />
vie, alle epigrafi, agli stemmi delle famiglie<br />
<strong>di</strong>gnanesi -, mentre con “Echi<br />
del passato nelle contrade <strong>di</strong> Dignano”<br />
si ricostruisce la storia della città, attraberso<br />
una passeggiata lungo le vie, i lastricati<br />
e i selciati della vecchia Dignano,<br />
con tutte le sue caratteristiche, dai<br />
palazzi alle cisterne, dai camini ai ballatoi,<br />
dai “batoci” ai “pisadori”... Completano<br />
il quadro “Fiabe e leggende” e<br />
“Aneddoti, fatti e personaggi del mio<br />
luogo natio”, che trasportano il lettore<br />
a vivere atmosfere <strong>di</strong> una volta, un po’<br />
misteriose, affascinanti, <strong>di</strong> una semplicità<br />
e autenticità <strong>di</strong>sarmanti. In conclusione,<br />
sunti in lingua croata e inglese<br />
(come nelle altre monografie).<br />
Le tra<strong>di</strong>zioni, arti e mestieri, arnesi,<br />
giochi, me<strong>di</strong>cine e cure naturali, abiti<br />
da festa e da lavoro, acconciature, danze,<br />
folclore, l’immancabile leron: nel<br />
secondo volume scorre la plurisecolare<br />
vita dei <strong>di</strong>gnanesi. Otto “momenti”<br />
- “Quando le tra<strong>di</strong>zioni erano vita”,<br />
“Dignano: usi e tra<strong>di</strong>zioni”, “Attinianum,<br />
la mia città cent’anni fa”, “Quando<br />
a Dignano non c’erano le macchi-<br />
ne”, “Arti e mestieri della mia gente”,<br />
“Come si curavano i nostri nonni”, “I<br />
giochi dei nostri nonni”, “Folclore <strong>di</strong>gnanese”<br />
- che consentono la comprensione<br />
più completa della cultura, dei valori,<br />
delle cerimonie, delle norme, delle<br />
credenze, dei comportamenti dei “bumbari”.<br />
I quali, a quanto sembra, non <strong>di</strong>sdegnavano<br />
affatto il <strong>di</strong>verimento (cominciavano<br />
fin da piccoli, trascorrendo<br />
a giocare almeno tre ore al giorno). E<br />
amavano anche farsi belli, anzi belle, a<br />
giu<strong>di</strong>care dalle complesse acconciature<br />
delle giovani <strong>di</strong>gnanesi.<br />
Dalla pulsante vita quoti<strong>di</strong>ana al..<br />
“mattonei”, pardon alla pietra d’Istria<br />
con cui sono stati tirati su i palazzi del<br />
centro storico, costruite finestre, balconi,<br />
cisterne, “pile”, bifore e trifore, lastricati<br />
e paracarri, scolpiti stemmi familiari.<br />
La terza antologia, “Centro storico”,<br />
è un viaggio nei secoli <strong>di</strong> Dignano<br />
attraverso la sua architettura, in cinque<br />
tappe. Si scoprono e ritrovano elementi<br />
urbani altrimenti poco valorizzati, visto<br />
anche il degrado <strong>di</strong> numerosi e<strong>di</strong>fici.<br />
L’opera si sofferma in modo particolare<br />
sulla piazza maggiore <strong>di</strong> Dignano e l’ex<br />
castello: “Un castello che non c’è più e<br />
del quale rimangono presenze materiali<br />
e storico-architettoniche, e una piazza<br />
che si trova nel posto lasciato dal castello,<br />
abbattuto per dare ai Dignanesi uno<br />
spazio più ampio per la popolazione,<br />
più luce e sole sulle case e quin<strong>di</strong> meno<br />
umi<strong>di</strong>tà”. Gioielli <strong>di</strong> questa piazza sono<br />
la Casa dell’orologio - Palazzo Bradamante<br />
e Palazzo Bettica: la monografia<br />
“entra” al loro interno e “fotografa”gli<br />
angoli più significativi e belli. Infine, un<br />
“assaggio” dell’arte del ferro battuto”.<br />
La collezione si ferma qui. Noi potremmo<br />
invece proseguire ancora a<br />
parlare <strong>di</strong> questo lavoro. Innazitutto<br />
perché è davvero uno scrigno che non<br />
va tenuto chiuso come un forziere, ma<br />
Libri<br />
che merita, anzi che va riaperto <strong>di</strong> continuo<br />
per riscoprire perle <strong>di</strong> cui magari<br />
si era già a conoscenza, ma che vista<br />
l’abbondanza <strong>di</strong> gemme che il nostro<br />
territorio racchiude in sé, erano state<br />
quasi <strong>di</strong>menticate. In secondo luogo,<br />
questo accurato ed esauriente lavoro<br />
- presentato in una bella veste grafica<br />
- merita tutta la nostra attenzione<br />
perché riporta alla luce una <strong>di</strong>mensione<br />
dell’attività svolta dai ragazzi e dai<br />
docenti delle nostre scuole; attività che<br />
(ri)conferma la vali<strong>di</strong>tà dell’impostazione<br />
<strong>di</strong>dattico-pedagogica delle istituzioni<br />
della CNI, oltre che l’ampiezza<br />
culturale e intellettuale <strong>di</strong> chi questa<br />
attività ha impostato e <strong>di</strong>retto. In<br />
terzo luogo - beninteso, non si va per<br />
fila d’importanza - perché si tratta <strong>di</strong><br />
un’autentica impresa portata avanti in<br />
modo più che egregio (se si vuole anche<br />
guardando al lato scientifico) da<br />
una Comunità degli Italiani. Quest’ultimo<br />
fatto sta a testimoniare una tendenza,<br />
più che incoraggiante, che si<br />
afferma nel panorama della CNI, che<br />
vede, da qualche anno a questa parte,<br />
un proliferare <strong>di</strong> eccellenti progetti<br />
e<strong>di</strong>toriali - nel campo della ricerca<br />
storico-culturale-etnografica - sfornati<br />
proprio dalle nostre CI. Una tendenza<br />
<strong>di</strong> cui tenere conto, da incoraggiare e<br />
sostenere con adeguati mezzi finanziari.<br />
Sono opere che vanno a completare<br />
la nostra memoria, e, in alcuni casi,<br />
a tenerla viva laddove rischia <strong>di</strong> scomparire<br />
o <strong>di</strong> venire storpiata. Altra cosa<br />
importantissima, è che opere <strong>di</strong> questo<br />
genere possono integrare, o fare da<br />
base e spunto per ricerche scientifiche<br />
più approfon<strong>di</strong>te. Il “neo” è che, essendo<br />
spesso finanziate con mezzi pubblici,<br />
raramente - quasi mai - si trovano<br />
in commercio, per cui non hanno quella<br />
risonanza <strong>di</strong> pubblico (e <strong>di</strong> mercato)<br />
che invece meriterebbero. ●<br />
Panorama 39
N ato a Fiume nel 1939, dopo<br />
l’opzione per l’Italia Diego<br />
Bastianutti nel 1947 si trasferisce<br />
con la famiglia in Liguria e cinque<br />
anni dopo in Nord America. Nel<br />
1974, dopo la laurea, il Master in<br />
letteratura spagnola e un master in<br />
International business consegue<br />
il Ph.D. in letteratura spagnola<br />
all’Università <strong>di</strong> Toronto. Or<strong>di</strong>nario<br />
<strong>di</strong> letteratura spagnola e italiana<br />
alla Queen’s University, in Canada<br />
(1970-1997), è responsabile<br />
anche per lo sviluppo dell’intero<br />
programma <strong>di</strong> lingua e letteratura<br />
italiana. Oltre alle pubblicazioni<br />
accademiche sia in spagnolo sia<br />
in italiano ed inglese che vertono<br />
in particolare sul teatro spagnolo<br />
del XVI e XVII secolo e sullo<br />
sviluppo <strong>di</strong> programmi <strong>di</strong>dattici<br />
al computer, nel 1997 ha dato alle<br />
stampe la traduzione in inglese<br />
dell’opera completa <strong>di</strong> Ungaretti,<br />
A Major Selection of the Poetry<br />
of Giuseppe Ungaretti, che ha<br />
ricevuto il Premio Internazionale<br />
John Glassco 1998 come migliore<br />
traduzione inglese <strong>di</strong> un’opera<br />
letteraria straniera in Nord America.<br />
Grazie a sovvenzioni accademiche<br />
sono state pubblicate<br />
due raccolte dei suoi versi: Il punto<br />
caduto e La barca in secco. La<br />
sua ultima raccolta, Per un pugno<br />
<strong>di</strong> terra/For a Fistful of Soil, è stata<br />
pubblicata in e<strong>di</strong>zione bilingue<br />
da Zeisciu Centro Stu<strong>di</strong>, Magenta,<br />
nell’agosto 2006.<br />
”Più che una fonte <strong>di</strong> lettura,<br />
questo volume dovrebbe <strong>di</strong>ventare<br />
un compagno <strong>di</strong> vita, qualcosa<br />
da sfogliare e rileggere nel corso<br />
<strong>di</strong> anni per trovarvi riflessi <strong>di</strong><br />
esperienze, barbagli <strong>di</strong> emozioni<br />
e ripercorrere itinerari dell’anima<br />
che forse possiamo comprendere<br />
appieno soltanto quando l’impeto<br />
della gioventù si placa, almeno<br />
per alcuni, nella pacata saggezza<br />
della maturità - ha scritto<br />
Anna Foschi Ciampolini -. I temi<br />
universali del viaggio, reale e metaforico,<br />
della per<strong>di</strong>ta e della sofferta<br />
riconquista <strong>di</strong> una identità, la<br />
futilità del cercare risposte ad interrogativi<br />
che forse trascendono<br />
la capacità umana ma che sono<br />
anche lo stimolo dell’esistenza”.<br />
40 Panorama<br />
Italiani nel mondo<br />
Il professor Diego Bastianutti, poeta, pittore, conferenz<br />
Dopo l’esodo, Fiume è sta<br />
a cura <strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />
Dal Me<strong>di</strong>terraneo al Pacifico, il<br />
lungo cammino non è stato facile<br />
per Diego Bastianutti. Poeta,<br />
pittore, scrittore, conferenziere ed ex<br />
docente universitario, risiede da qualche<br />
anno a Vancouver, nella British<br />
Columbia, Bastianutti si racconta in<br />
un’intervista rilasciata ad Anna Maria<br />
Zampieri Pan nell’e<strong>di</strong>zione per l’estero<br />
del Messaggero <strong>di</strong> sant’Antonio.<br />
Ognuno <strong>di</strong> noi possiede la storia<br />
del proprio passaggio su questa terra,<br />
una storia intima, la cui continuità,<br />
il cui significato, è la sua vita stessa.<br />
Ognuno <strong>di</strong> noi deve dunque raccontare<br />
la propria storia. Sono parole citate<br />
da uno dei suoi molti scritti...<br />
”Io sono un nomade, figlio <strong>di</strong> noma<strong>di</strong>.<br />
Nacqui prima della Seconda<br />
Guerra Mon<strong>di</strong>ale a Fiume, allora in<br />
Italia; oggi si chiama Rijeka, e si trova<br />
in Croazia. La mia città era poliglotta.<br />
La mia piccola patria era il territorio<br />
della Venezia Giulia che l’Italia perse<br />
alla fine della Seconda Guerra Mon<strong>di</strong>ale,<br />
e che 350 mila esuli abbandonarono.<br />
Fiume è la città nella quale io e i<br />
60 mila italiani che la lasciarono, non<br />
ritorneremo a vivere mai più, essendo<br />
stati forzati a fuggire dalla pulizia etnica<br />
e dal terrorismo <strong>di</strong> Stato lanciato<br />
contro i citta<strong>di</strong>ni italiani dall’allora regime<br />
comunista. Nel 1947 la mia famiglia<br />
optò per l’Italia. Ci stabilimmo<br />
in Liguria, ma nel 1952, visto che lo<br />
Stato italiano non aveva ancora riconosciuto<br />
la nostra opzione, decidemmo<br />
<strong>di</strong> emigrare come D.P. Dopo un<br />
mese <strong>di</strong> esami me<strong>di</strong>ci e politici nel<br />
campo americano <strong>di</strong> Bagnoli, fummo<br />
accettati dagli Stati Uniti. Viaggio in<br />
treno da Bagnoli a Bremmen Haven, e<br />
poi a bordo <strong>di</strong> una nave Liberty, la General<br />
Sturgis, fino a New Orleans. Stavo<br />
per compiere 13 anni. Venni quin<strong>di</strong><br />
sra<strong>di</strong>cato proprio quando, <strong>di</strong> solito, si<br />
sta formando in un adolescente la propria<br />
identità, e mi vennero a mancare<br />
le amicizie della gioventù. L’arrivo in<br />
una nuova terra è sempre un trauma;<br />
e anche se l’emigrante riesce a integrarsi,<br />
non sarà mai assimilato. L’assimilazione<br />
richiede l’esperienza <strong>di</strong> un<br />
completo ciclo vitale nel nuovo Paese.<br />
L’emigrante deve rinunciare a una<br />
parte della propria in<strong>di</strong>vidualità, cultura<br />
e lingua. Per me Fiume è quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>ventata<br />
la città dei sogni, la città della<br />
memoria. Ma la memoria tende a creare<br />
una città ideale che non è mai esistita,<br />
una città dove ci sarebbe piaciuto<br />
vivere. Chi come me appartiene a una<br />
doppia cultura, è condannato a vivere<br />
in una terra straniera dentro se stesso.<br />
Per moltissimi anni la mia è stata una<br />
patria della mente, mentre cercavo la<br />
mia identità, un luogo <strong>di</strong> appartenenza.<br />
Ho dovuto inventarmi un passato,<br />
perché non sono i fatti a <strong>di</strong>rci la verità:<br />
i miti e le storie sono capaci <strong>di</strong> colmare<br />
la <strong>di</strong>stanza fra l’inizio e la fine, dando<br />
un significato alla nostra esistenza<br />
in questo mondo”.<br />
Nella sua carriera accademica,<br />
lei si è occupato <strong>di</strong> lingua e letteratura<br />
spagnola, <strong>di</strong> lingua e cultura<br />
italiane. Come vede, in questo momento,<br />
sia le une che le altre al <strong>di</strong><br />
fuori dei Paesi d’origine?<br />
”In Canada lo stu<strong>di</strong>o della lingua<br />
italiana, a livello universitario, non è<br />
più quello della fine degli anni Ottanta.<br />
La letteratura oramai viene stu<strong>di</strong>ata<br />
in grosse Università come Toronto<br />
e Montréal che offrono il Ph.D. Nelle<br />
altre Università, la letteratura viene<br />
offerta in inglese dai Dipartimenti<br />
<strong>di</strong> lingue straniere, quando non dallo<br />
stesso Dipartimento <strong>di</strong> inglese. La società<br />
nordamericana non è propensa<br />
allo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> lingue che non siano <strong>di</strong><br />
chiaro beneficio pratico ed economico.<br />
Di conseguenza, pochi licei offrono<br />
corsi <strong>di</strong> lingua italiana, e non sono<br />
mai obbligatori. Ciò limita il numero<br />
<strong>di</strong> iscritti ai corsi <strong>di</strong> lingua italiana nelle<br />
Università, e tale panorama non offre<br />
sbocchi <strong>di</strong> lavoro per i laureati in<br />
italiano. È evidente che l’interesse per<br />
la lingua e la cultura <strong>di</strong>pende dall’immagine<br />
che lo Stato italiano sa dare <strong>di</strong><br />
sé a livello nazionale e internazionale:<br />
dalle arti alla scienza, dall’economia<br />
alla politica. Ci sono ombre ma anche<br />
luci in questo panorama, e le luci sono<br />
offerte dagli Istituti Italiani <strong>di</strong> Cultura<br />
che si pro<strong>di</strong>gano per offrire programmi<br />
ad alto livello in tutti i campi dal-
iere e docente universitario, in America dal 1952<br />
ta la mia città dei sogni<br />
lo scibile prodotto dagli italiani. Grande<br />
è pure il contributo dei cervelli in<br />
fuga dall’Italia, in virtù del prestigio e<br />
della stima conquistati nelle maggiori<br />
istituzioni <strong>di</strong> ricerca. Non meno importanti<br />
sono scrittori e poeti italocanadesi<br />
<strong>di</strong> seconda e terza generazione<br />
affermatisi nel mondo letterario canadese,<br />
fino a pochi decenni fa dominato<br />
da scrittori anglofoni e francofoni. Le<br />
loro opere sono un ponte fra le due realtà,<br />
un punto <strong>di</strong> vista originale che fa<br />
lezione ai due mon<strong>di</strong>”.<br />
Lei è stato viceconsole onorario<br />
d’Italia in Ontario...<br />
”Nei quasi 18 anni <strong>di</strong> attività ho<br />
cercato <strong>di</strong> coinvolgere la collettività<br />
quanto più possibile. Per me era importante<br />
che gli italiani della circoscrizione<br />
avessero l’opportunità <strong>di</strong> arricchire<br />
lingua e cultura partecipando a<br />
decisioni e iniziative, evitando la solita<br />
imposizione dall’alto. Accettando<br />
l’incarico, decisi che avrei rappresentato<br />
‘tutti’ gli italiani, senza <strong>di</strong>stinzione<br />
<strong>di</strong> origine, <strong>di</strong> classe o <strong>di</strong> posizione<br />
economica. Non volevo calcare i ‘vizi<br />
italici’ <strong>di</strong> favoritismi e campanilismi<br />
assur<strong>di</strong>. Fra le varie iniziative ne ricordo<br />
alcune: la fondazione della sezione<br />
locale della Società Dante Alighieri,<br />
la biblioteca <strong>di</strong> letteratura italiana per<br />
la collettività, un programma ra<strong>di</strong>ofonico<br />
italiano, un notiziario televisivo<br />
settimanale, vari concerti <strong>di</strong> artisti<br />
in tournée nordamericana, e poi tea-<br />
Esuli e ricerca<br />
genealogica<br />
Diego Bastianutti invita gli anziani<br />
che sanno navigare nelle acque<br />
delle nuove tecnologie a farsi<br />
presenti attraverso blog, Facebook<br />
e varie forme <strong>di</strong> comunicazione<br />
globale. Esorta figli e nipoti ad<br />
avviare progetti <strong>di</strong> ricerca genealogica<br />
delle loro famiglie, ma anche<br />
nel senso più vasto delle loro<br />
origini più remote usando il sito<br />
https://genographic.nationalgeographic.com/genographic/lan/en/<br />
participate.html<br />
tro, cinema, feste nazionali,<br />
la raccolta <strong>di</strong> oltre 70 mila<br />
dollari a favore dei terremotati<br />
in Friuli-Venezia Giulia,<br />
borse <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o per figli <strong>di</strong><br />
emigrati italiani, voli in Italia<br />
per coppie <strong>di</strong> anziani, raccolta<br />
<strong>di</strong> fon<strong>di</strong> per una lapide<br />
commemorativa de<strong>di</strong>cata a<br />
decine <strong>di</strong> operai italiani morti<br />
tragicamente durante la costruzione<br />
<strong>di</strong> una ferrovia. E<br />
ancora il Comitato sociale<br />
per i pensionati, il capitolo<br />
dell’Enotria per i cultori del<br />
vino, le continue visite ufficiali<br />
nei cinque penitenziari<br />
della zona”.<br />
Italianità e italicità: quale<br />
dei due termini le appare<br />
più adatto a esprimere conoscenza e<br />
presenza della cultura e dell’identità<br />
italiana all’estero?<br />
”Per me italianità si riferisce a lingua,<br />
cultura, valori, costumi e citta<strong>di</strong>nanza<br />
che fanno parte della mia vita<br />
fin dalla nascita. Per mantenere e <strong>di</strong>chiarare<br />
la mia italianità lasciai le nostre<br />
terre per andare in ciò che restava<br />
dell’Italia dopo l’ultima guerra. Alcuni<br />
anni fa, un caro amico mi <strong>di</strong>sse: Diego,<br />
scen<strong>di</strong> da quella croce. Guarda che<br />
puoi usare il legno per cose più importanti<br />
e belle. Aveva ragione: se avevo<br />
perso molto, era anche vero che avevo<br />
guadagnato molto <strong>di</strong> più girando il<br />
mondo e <strong>di</strong>ventando parte dell’italicità<br />
globale. Italicità è un concetto più<br />
vasto, più esteso e quin<strong>di</strong> più ricco<br />
dell’italianità. Italicità fa riferimento a<br />
una comunità extra-territoriale, transnazionale<br />
presente in tutto il mondo<br />
che, secondo varie stime, va dai 60 ai<br />
200 milioni <strong>di</strong> persone: una comunità<br />
globale composta da quanti sono <strong>di</strong><br />
origine italiana e dagli italofili. La globalizzazione<br />
- anche attraverso Internet<br />
- ci dà la possibilità <strong>di</strong> moltiplicare<br />
e intensificare incontri reali e virtuali.<br />
I ra<strong>di</strong>oamatori <strong>di</strong> onde corte <strong>di</strong> ieri<br />
sono gli internauti <strong>di</strong> oggi: una <strong>di</strong>aspora<br />
globale intessuta <strong>di</strong> valori, interessi<br />
e conoscenze <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ce italica, e molto<br />
più. L’italicità non è più un’identità<br />
fissa nel senso etnico, linguistico o<br />
Italiani nel mondo<br />
Il professor Diego Bastianutti<br />
politico, ma un processo aperto e continuo<br />
<strong>di</strong> vero e proprio meticciato basato<br />
sui valori dell’arte, della scienza,<br />
della cultura, del sentimento <strong>di</strong> umanità<br />
piuttosto che <strong>di</strong> utilità”.<br />
Diego Bastianutti è relativamente<br />
nuovo a Vancouver, e già costituisce<br />
un punto <strong>di</strong> riferimento importante<br />
per la comunità sia italiana che multiculturale.<br />
Quali proposte o progetti<br />
vorrebbe vedere realizzati, specialmente<br />
perchè i giovani ricevano<br />
da noi e apprezzino il valore della<br />
memoria storica?<br />
”Il tempo è <strong>di</strong>ventato un predatore<br />
per noi <strong>di</strong> una certa età, ma anche<br />
per i giovani, seppure in mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi,<br />
e noi non possiamo aspettarci che<br />
i giovani vengano da noi, siamo noi<br />
che dobbiamo andare loro incontro,<br />
stimolarli, incuriosirli, far loro amare<br />
la Storia con la S maiuscola attraverso<br />
quella con la s minuscola, cioè personale<br />
e intima. È più facile <strong>di</strong>rlo che<br />
farlo. Dobbiamo coinvolgere i giovani<br />
nel recupero della storia, facendo capire<br />
che senza quella nostra storia, loro<br />
sono come corpi senza ombra. Dobbiamo<br />
invogliarli a raccogliere i racconti<br />
dei genitori, dei nonni, invitarli<br />
a trascriverli, lasciarsi ispirare per racconti,<br />
poesie, canzoni. Non possiamo<br />
dargliele noi già confezionate, devono<br />
farsene responsabili, sentirne la sod<strong>di</strong>sfazione...”<br />
(Inform)<br />
Panorama 41
Una visione onirica della realtà<br />
La seconda e<strong>di</strong>zione della Biennale dell’Associazione<br />
croata artisti figurativi delle arti applicate,<br />
ha portato in Istria, prima a Rovigno, Art Gallery Batana,<br />
e a ottobre sarà al Museo civico <strong>di</strong> Albona (coorganizzatori),<br />
la mostra fotografica intitolata “Attuale<br />
2+60”, che testimonia l’alta qualità, la vitalità<br />
e la continuità dell’opera dei suoi membri. Tra quelli<br />
della “vecchia guar<strong>di</strong>a”, un posto <strong>di</strong> rilievo spetta al<br />
connazionale Virgilio Giuricin <strong>di</strong> Rovigno, con il suo<br />
repertorio espressivo sempre riconoscibile e attuale.<br />
Nelle sue scelte, la giuria selezionatrice ha optato per<br />
opere che siano aderenti alla nostra quoti<strong>di</strong>anità, con<br />
un’astrazione, una <strong>di</strong>versità, una forma espressiva<br />
d’eccellenza che ha come risultato l’acquisizione <strong>di</strong><br />
una poetica dal valore artistico assoluto e globale.<br />
Virgilio Giuricin (Rovigno):<br />
Petra, 2009. A lato, da sinistra:<br />
Saša Četković (Zagabria),<br />
Nikolina, 2010; Stanko<br />
Abadžić (Zagabria), Alla<br />
ricerca <strong>di</strong> una via d’uscita,<br />
2009. Sotto, da sinistra: Denis<br />
Gržetić (Parenzo), Dileguo,<br />
2009; Berislava Picek<br />
(Zagabria), Larissa (della<br />
serie Attesa), 2010; Saša<br />
Vadanjel (Rovigno), Planet<br />
Earth, 2009; in basso: Ivo<br />
Vučetić (Lesina), Orizzonte,<br />
polittico, 2009-2010<br />
Panorama 59