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di Bruno Bontempo - Edit

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Anno LVII - N. 17 -15 settembre 2010 - Rivista quin<strong>di</strong>cinale - kn 14,00 - EUR 1,89 - Spe<strong>di</strong>zione in abbonamento postale a tariffa intera - Tassa pagata ISSN-0475-6401<br />

Panorama<br />

www.e<strong>di</strong>t.hr/panorama<br />

Mani tese<br />

verso la CNI


Suggestiva<br />

e mistica<br />

Croazia<br />

Incantevole Croazia è il titolo della mostra<br />

fotografica <strong>di</strong> Marko Vrdoljak che è stata<br />

allestita nel Salone del Comune <strong>di</strong> Trieste in<br />

Piazza Unità d’Italia, organizzata dal Ministero<br />

degli esteri e delle integrazioni europee<br />

in collaborazione con l’Ambasciata <strong>di</strong> Roma,<br />

il Consolato Generale della Croazia a Trieste<br />

e l’Amministrazione comunale del capoluogo<br />

giuliano. L’esposizione è frutto <strong>di</strong> un’iniziativa<br />

realizzata dal fotografo zagabrese in collaborazione<br />

con il Ministero degli esteri croato<br />

e che, attraverso 46 scatti realizzati su tutto<br />

il territorio nazionale, propone una serie <strong>di</strong><br />

scenari artistici e paesaggistici tra i più belli<br />

della Croazia, immagini intrise <strong>di</strong> raffinate e<br />

suggestive atmosfere. Marko Vrdoljak ormai<br />

da una decina d’anni è impegnato a far conoscere<br />

e promuovere le bellezze del Paese<br />

nel mondo, rivolgendosi in particolare al corpo<br />

<strong>di</strong>plomatico e collaborando con numerosi<br />

ministeri, uffici governativi, ambasciate e<br />

istituti culturali.<br />

La mostra, <strong>di</strong> cui pubblichiamo alcuni lavori<br />

per gentile concessione dell’Autore, è<br />

stata allestita in occasione della firma <strong>di</strong> una<br />

“Lettera d’intenti in merito all’allacciamento<br />

<strong>di</strong> rapporti amichevoli” tra le città <strong>di</strong> Trieste e<br />

Fiume, <strong>di</strong> cui scriviamo nelle pagg. 12 e 13.<br />

Paesaggio della Lika<br />

2 Panorama<br />

Traghetto sul fiume Sava<br />

Fiume, il Castello <strong>di</strong> Tersatto<br />

Laghi <strong>di</strong> Plitvice<br />

Ragusa (Dubrovnik)


<strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />

Nell’arco <strong>di</strong> appena una settimana<br />

due Comunità istriane hanno<br />

avuto il privilegio ed il piacere<br />

<strong>di</strong> fare gli onori <strong>di</strong> casa alla premier<br />

Kosor e al presidente Josipović. Al <strong>di</strong> là<br />

dell’aspetto e del contesto istituzionale,<br />

gli incontri <strong>di</strong> Pola e Cittanova sono<br />

stati due tasselli importanti, due grossi<br />

appuntamenti per la nostra Comunità<br />

nazionale. Due gesti significativi<br />

<strong>di</strong> amicizia, stima, considerazione per<br />

l’operato dell’Unione italiana e, complessivamente,<br />

per la nostra presenza<br />

su questi territori. Nella lettura del linguaggio<br />

<strong>di</strong>plomatico, si potrebbe aggiungere<br />

anche la conferma del felice<br />

momento che stanno vivendo i rapporti<br />

tra Croazia e Italia e per il ruolo rispettoso<br />

e onesto che la Cni svolge in questo<br />

puzzle. E come tale una mossa politica<br />

molto azzeccata.<br />

Per la prima volta un premier croato<br />

ha visitato il soldalizio <strong>di</strong> Pola, dove<br />

il presidente dell’Unione Italiana e deputato<br />

Furio Ra<strong>di</strong>n si è compiaciuto<br />

per il fatto che la posizione degli italiani<br />

e delle altre comunità nazionali<br />

è migliorata <strong>di</strong> molto, a partire dal<br />

riconoscimento del <strong>di</strong>ritto al voto aggiuntivo,<br />

all’introduzione della <strong>di</strong>citura<br />

italiana ufficiale per i Comuni e città<br />

dove vivono gli italiani, alla comparsa,<br />

seppure timida, del bilinguismo<br />

negli enti statali in Istria. Il presidente<br />

Ivo Josipović, sempre garbato, con<br />

grande sensibilità è andato anche oltre,<br />

rivolgendosi ai presenti in lingua<br />

italiana all’apertura della rinnovata<br />

sede del sodalizio cittanovese cui ha<br />

presenziato.<br />

Tutto bene, dunque?<br />

Per tanti versi indubbiamente sì,<br />

anche se restano altri no<strong>di</strong>, non tutti<br />

cruciali ma tuttavia essenziali per la<br />

nostra esistenza e crescita, per il buon<br />

funzionamento delle nostre strutture e<br />

<strong>di</strong> tutte le cellule minoritarie. Ci sono<br />

tanti piccoli, apparentemente insignificanti<br />

momenti che - come gli ormoni<br />

e l’insulina nel nostro corpo controllano<br />

i livelli <strong>di</strong> zucchero nel sangue<br />

- potrebbero fungere da anticorpi<br />

per aiutarci a combattere la malattia<br />

In primo piano<br />

Qualche riflessione dopo le visite della Premier e del Presidente in Istria<br />

Mani tese verso la CNI, però...<br />

che ci minaccia e che potrebbe portare<br />

anzitempo al nostro esaurimento.<br />

Che cosa chie<strong>di</strong>amo ancora? Semplicemente<br />

il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> essere accettati<br />

per quello che siamo, senza se e senza<br />

ma. Perché se è stato emozionante<br />

sentire il presidente Josipović esprimersi<br />

in italiano con una terminologia<br />

che gratifica tutto il corpo minoritarioitaliano,<br />

è altrettanto deludente sentirsi<br />

ancora, troppo spesso, emarginati,<br />

<strong>di</strong>menticati, trascurati se non proprio<br />

rifiutati. Perché se finalmente sembra<br />

avviata a una soluzione l’infinita<br />

storia del doppio voto, si complica<br />

nuovamente la faccenda dell’apertura<br />

dell’asilo <strong>di</strong> Zara, per il quale è stato<br />

ripescato l’esecrabile filtro etnico.<br />

Perché se - restando nel fragile, complesso,<br />

delicato mondo dell’istruzione<br />

- nella maturità <strong>di</strong> Stato è riconosciuto<br />

il <strong>di</strong>ritto a usare la nostra lingua madre<br />

- non si è ancora certi che si riuscirà<br />

a scongiurare l’accorpamento delle<br />

classi che potrebbe essere dettato dal<br />

basso numero degli alunni in alcune<br />

sezioni. E la lista dei segnali <strong>di</strong> preoccupazione<br />

o allarme non si ferma certo<br />

qui. Perché sul sito web del Governo,<br />

sezione foto, è stata registrata la visita<br />

a Pola della Premier, ma nella <strong>di</strong>dascalia<br />

non si nomina la locale CI? E<br />

come si spiega che alla firma dell’accordo<br />

<strong>di</strong> amicizia tra Trieste e Fiume<br />

il sindaco Dipiazza abbia chiamato il<br />

rappresentante della Comunità croata<br />

del capoluogo giuliano, ma il suo collega<br />

fiumano Obersnel non ha ritenuto<br />

opportuno o necessario dare pari <strong>di</strong>gnità<br />

all’organizzazione degli Italiani<br />

<strong>di</strong> Fiume?<br />

Ciò che ci duole è che la maggioranza<br />

non si sforza neanche <strong>di</strong> capire le nostre<br />

espressioni linguistiche e tantomeno<br />

i nostri problemi, si interessa poco<br />

e superficialmente alla nostra cultura e<br />

alla nostra storia, non segue la nostra<br />

stampa, non legge e non <strong>di</strong>vulga i libri<br />

dei nostri autori, salvo in saltuarie occasioni<br />

e limitatamente... Tanto che un<br />

uomo <strong>di</strong> potere, neanche tanti anni fa,<br />

<strong>di</strong> fronte a una richiesta <strong>di</strong> sostegno finanziario<br />

per alcune iniziative e<strong>di</strong>toriali,<br />

sbottò volgarmente: “Ma quanti c...<br />

zo siete che scrivete tanto?” ●<br />

Costume<br />

e scostume<br />

Prima le paghe<br />

poi le pensioni<br />

Su <strong>di</strong> una cosa i sindacati croati<br />

e i datori <strong>di</strong> lavoro sono concor<strong>di</strong>:<br />

bisogna mo<strong>di</strong>ficare quanto<br />

prima il modello contributivo<br />

per le pensioni. Ciò significa che<br />

bisognerà procedere alla riforma<br />

pensionistica: infatti al momento<br />

si lavora a lungo e alla fine della<br />

carriera il lavoratore recepisce<br />

una mensilità che non gli permette<br />

<strong>di</strong> continuare a vivere affrontando<br />

le spese, seppur ridotte<br />

al minimo, necessarie per una<br />

vita <strong>di</strong>gnitosa. E allora quale soluzione<br />

viene proposta? Quella<br />

<strong>di</strong> prolungare l’anzianità <strong>di</strong> servizio<br />

ad un minimo <strong>di</strong> 40 anni e<br />

portare l’età pensionabile a 65<br />

anni, in<strong>di</strong>stintamente per uomini<br />

e donne. Se i sindacati credono<br />

<strong>di</strong> fare con ciò un piacere alla<br />

classe lavoratrice allora si sbagliano<br />

<strong>di</strong> grosso.<br />

Pensiamo alle <strong>di</strong>fficoltà che<br />

un ultrasessantenne può avere<br />

nell’espletare i propri compiti<br />

<strong>di</strong> lavoro in un cantiere navale,<br />

in una scuola elementare (dove è<br />

importante anche l’agilità della<br />

maestra). Pensiamo alle giornate<br />

lavorative perse a causa <strong>di</strong> permessi<br />

malattia che i “senior” si<br />

dovranno concedere per poter tirare<br />

avanti. No, questa non è una<br />

buona soluzione. Bisognerebbe<br />

semmai rivedere la tassazione dei<br />

red<strong>di</strong>ti qui e oggi. Dalla busta<br />

paga al lordo viene mensilmente<br />

detratto circa il 50 p.c. a titolo<br />

<strong>di</strong> tasse e contributi. Impensabile<br />

anche per una società capitalista<br />

e crudele e insensibile come lo<br />

sono gli Stati Uniti... Insomma,<br />

regoliamo la tassazione delle paghe<br />

e poi capiremo meglio come<br />

“rivedere” le pensioni.<br />

Panorama 3


Panorama<br />

www.e<strong>di</strong>t.hr/panorama<br />

Ente giornalistico-e<strong>di</strong>toriale<br />

EDIT<br />

Rijeka - Fiume<br />

Direttore<br />

Silvio Forza<br />

PANORAMA<br />

Redattore capo responsabile<br />

Mario Simonovich<br />

caporedattore-panorama@e<strong>di</strong>t.hr<br />

Progetto grafico - tecnico<br />

Daria Vlahov-Horvat<br />

Redattore grafico - tecnico<br />

Annamaria Picco e Saša Dubravčić<br />

Collegio redazionale<br />

<strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong>, Nerea Bulva,<br />

Diana Pirjavec Rameša, Mario<br />

Simonovich, Ardea Velikonja<br />

REDAZIONE<br />

panorama@e<strong>di</strong>t.hr<br />

Via re Zvonimir 20a Rijeka - Fiume, Tel.<br />

051/228-789. Telefax: 051/672-128, <strong>di</strong>rettore:<br />

tel. 672-153. Diffusione: tel. 228-766<br />

e pubblicità: tel. 672-146<br />

ISSN 0475-6401 Panorama (Rijeka)<br />

ISSN 1334-4692 Panorama (Online)<br />

ABBONAMENTI: Tel. 228-782. Croazia:<br />

an nuale (24 numeri) kn 300,00 (IVA inclusa);<br />

semestrale (12 numeri) kn 150,00 (IVA inclusa);<br />

una copia kn 14,00 (IVA inclusa). Slovenia:<br />

annuale (24 numeri) euro 62,59 - semestrale<br />

(12 numeri) euro 31,30 - una copia euro 1,89.<br />

Italia: annuale (24 numeri) euro 70,00 una<br />

copia: euro 1,89.<br />

VERSAMENTI: per la Croazia sul cc.<br />

2340009-1117016175 PBZ Riadria banka d.d.<br />

Rijeka. Per la Slovenia: Erste Steiermärkische<br />

Bank d.d. Rijeka 7001-3337421/EDIT SWIFT:<br />

ESBCHR22. Per l’Italia - EDIT Rijeka<br />

3337421- presso PBZ 70000 - 183044 SWIFT:<br />

PBZGHR2X.<br />

Numeri arretrati a prezzo raddoppiato<br />

INSERZIONI: Croazia - retrocopertina<br />

1.250,00 kn; retrocopertina interna 700,00 kn;<br />

pagine interne 550,00 kn; Slovenia e Italia<br />

retrocopertina 250,00 euro; retrocopertina interna<br />

150.00 euro; pagine interne 120,00 euro.<br />

PANORAMA esce con il concorso finanziario<br />

della Repubblica <strong>di</strong> Croazia e della<br />

Repubblica <strong>di</strong> Slovenia e viene parzialmente<br />

<strong>di</strong>stribuita in convenzione con il<br />

sostegno del Governo italiano nell’ambito<br />

della collaborazione tra Unione Italiana<br />

(Fiume-Capo<strong>di</strong>stria) e l’Università<br />

Popolare (Trieste)<br />

EDIT - Fiume, via Re Zvonimir 20a<br />

e<strong>di</strong>t@e<strong>di</strong>t.hr<br />

La <strong>di</strong>stribuzione nelle scuole italiane <strong>di</strong> Croazia<br />

e Slovenia e nei Dipartimenti <strong>di</strong> italianistica<br />

delle Università <strong>di</strong> Croazia e Slovenia avviene<br />

all’interno del progetto “L’E<strong>di</strong>t nelle scuole II”<br />

sostenuto dall’Unione Italiana (Fiume- Capo<strong>di</strong>stria)<br />

e finanziato dal Governo italiano (ai sensi<br />

della Legge 296/2006, Art. 1322, Convenzione<br />

MAE-UI N° 2840 del 29 ottobre 2008, Contratto<br />

N° 104 del 3 settembre 2009).<br />

Consiglio <strong>di</strong> amministrazione: Roberto Battelli<br />

(presidente), Fabrizio Ra<strong>di</strong>n (vicepresidente),<br />

Agnese Superina, Franco Palma, Ilaria Rocchi,<br />

Marianna Jelicich Buić, Livia Kinkela.<br />

4 Panorama<br />

Panorama testi<br />

N. 17 - 15 settembre 2010<br />

Sommario<br />

IN PRIMO PIANO<br />

Qualche riflessione dopo le visite della<br />

Premier e del Presidente in Istria<br />

MANI TESE VERSO LA CNI, PERÒ ... 3<br />

<strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />

ATTUALITÀ<br />

La premier Jadranka Kosor e il presidente<br />

Ivo Josipović riconoscono all’UI il<br />

grande impegno nei rapporti italo-croati<br />

DIALOGO E TOLLERANZA<br />

LA VIA AL FUTURO EUROPEO.... 6<br />

<strong>di</strong> Diana Pirjavec Rameša<br />

RIFLESSIONI IN CORNICE<br />

L’ARTE A 70 ANNI DALLA MORTE<br />

DI WALTER BENJAMIN.................. 9<br />

ITALIA<br />

Sempre alta la tensione tra la corrente<br />

finiana e il resto del Pdl<br />

DA BERLUSCONI A NAPOLITANO<br />

TUTTI I “VORREI<br />

MA NON POSSO”........................... 10<br />

a cura <strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />

COOPERAZIONE<br />

La firma dei due sindaci suggella l’allacciamento<br />

<strong>di</strong> una vasta serie <strong>di</strong> scambi<br />

FRA TRIESTE E FIUME UNO STO-<br />

RICO RIAVVICINAMENTO......12<br />

a cura <strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />

RICORRENZE<br />

QUANDO DECISE DI FARE POLI-<br />

TICA... SOLIDARNOSC FALLÌ ... 12<br />

<strong>di</strong> Diana Pirjavec Rameša<br />

SOCIETÀ<br />

SAKINEH MOHAMMADI<br />

E LE ALTRE .................................... 18<br />

a cura <strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />

ARTE<br />

Il festival <strong>di</strong> cultura ebraica Bejahad ha<br />

portato ad Abbazia il pittore Vla<strong>di</strong>mir<br />

Veličković e il designer Dan Reisinger<br />

COERENZA NEL PROCEDERE E NEL<br />

TENERE GLI OCCHI APERTI........... 20<br />

<strong>di</strong> Erna Toncinich<br />

CINEMA E DINTORNI<br />

Alcune ambiguità riscontrate nelle scelte<br />

della 67.esima Mostra <strong>di</strong> Venezia<br />

AZZERAMENTO<br />

DELLA FIRMA AUTORIALE ....... 22<br />

<strong>di</strong> Gianfranco Sodomaco<br />

MADE IN ITALY<br />

”GUSTI DI FRONTIERA”, VIAGGIO<br />

TRA LECCORNIE EUROPEE ... 24<br />

a cura <strong>di</strong> Ardea Velikonja<br />

REPORTAGE<br />

Itinerario olandese tra terra e acqua,<br />

porti e canali, storia e arte, campi colorati<br />

<strong>di</strong> tulipani, mulini a vento...<br />

SPAZI DI ANTICONFORMISMO<br />

LIBERTÀ, TRASGRESSIONE....... 26<br />

<strong>di</strong> Igor Kramarsich<br />

LETTURE ISTRIA NOBILISSIMA<br />

“LONTANO DA CASA” ............... 34<br />

<strong>di</strong> Nicolò Giraldfi<br />

LIBRI<br />

Un cofanetto bianco-panna racchiude<br />

tre monografie sulla storia, le usanze, la<br />

vita dei “bumbari”<br />

I COLORI DELLA TERRA<br />

E DELL’URBE DI DIGNANO....... 38<br />

<strong>di</strong> Ilaria Rocchi<br />

ITALIANI NEL MONDO<br />

Professor Diego Bastianutti<br />

DOPO L’ESODO, FIUME È STATA<br />

LA MIA CITTÀ DEI SOGNI ......... 40<br />

a cura <strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />

MUSICA<br />

ALLA FRENI E A BERGONZI<br />

LE PRIME STATUETTE............... 42<br />

a cura <strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />

SPORT<br />

RUDIĆ RE MIDA: FINALMENTE<br />

UN ORO EUROPEO<br />

PER LA CROAZIA.......................... 44<br />

PROFESSOR FIGNON SALUTI<br />

BALLERINI...................................... 46<br />

L’Istria (nuovamente), la Slovacchia ed<br />

ad<strong>di</strong>rittura Washington si autocan<strong>di</strong>dano<br />

TUTTI VORREBBERO UNA TAPPA<br />

DEL GIRO D’ITALIA...................... 47<br />

a cura <strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />

ARBOREA<br />

OLIVO: LUCE, SAPIENZA PACE<br />

E MISERICORDIA.......................... 48<br />

<strong>di</strong> Daniela Mosena<br />

MULTIMEDIA<br />

IPAD. E ADESSO CHE CE L’HO<br />

CHE COSA CI FACCIO?................ 50<br />

a cura <strong>di</strong> Igor Kramarsich<br />

RUBRICHE..................................... 52<br />

a cura <strong>di</strong> Nerea Bulva<br />

COSTUME<br />

QUEI FUORIGIOCO PER LE<br />

ESCORT.......... 58<br />

a cura <strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />

IN COPERTINA: il presidente della Croazia Ivo Josipović inaugura la CI <strong>di</strong> Cittanova<br />

con l’on. Furio Ra<strong>di</strong>n e Paola Legovich Hrobat (foto <strong>di</strong> Goran Žiković)


Agenda<br />

La manifestazione UI-UPT si svolgerà dal 23 al 26 settembre<br />

Grisignana, Ex Tempore numero 17<br />

Ex Tempore <strong>di</strong> Gri-<br />

L’ signana,tra<strong>di</strong>zionale manifestazione promossa<br />

da UI, UPT, Comune<br />

e CI <strong>di</strong> Grisignana<br />

ed UI <strong>di</strong> Capo<strong>di</strong>stria,<br />

giunta ormai alla sua<br />

XVII e<strong>di</strong>zione, si svolgerà<br />

dal 23 al 26 settembre<br />

e comprenderà, oltre<br />

alla competizione artistica<br />

principale, numerose<br />

iniziative culturali<br />

Paola Ciccolella ha lasciato a metà<br />

settembre l’incarico <strong>di</strong> <strong>di</strong>rettrice<br />

dell’Istituto Italiano <strong>di</strong> Cultura <strong>di</strong><br />

Istituto Italiano <strong>di</strong> Cultura in<br />

L’ Slovenia ha una nuova prestigiosa<br />

sede a Lubiana, all’in<strong>di</strong>rizzo<br />

Breg 12 (nella foto). Per l’occasione<br />

è stato possibile visionare il materiale<br />

conservato nella biblioteca e nella<br />

me<strong>di</strong>ateca nonché assistere alla proiezione<br />

del film “La dolce vita” <strong>di</strong><br />

Federico Fellini, che 50 anni fa annunciava,<br />

accompagnava e sintetizzava,<br />

assurgendo a valore <strong>di</strong> mito,<br />

un cambiamento <strong>di</strong> portata epocale<br />

non solo nel cinema, ma anche nella<br />

cultura e nel linguaggio <strong>di</strong> un’Italia<br />

e letterarie collaterali e<br />

rappresentazioni musicali<br />

tra<strong>di</strong>zionali. La notifica<br />

dei partecipanti e<br />

la timbratura delle basi<br />

avranno luogo alla Loggia<br />

<strong>di</strong> Grisignana, giovedì<br />

23 settembre, dalle<br />

ore 12 alle ore 19, venerdì<br />

24 e sabato 25 settembre,<br />

dalle ore 8 alle ore<br />

19, nonché presso gli uffici<br />

dell’Università Po-<br />

polare <strong>di</strong> Trieste, in piazza<br />

del Ponterosso 6, giovedì<br />

23 e venerdì 24 settembre,<br />

dalle ore 9 alle<br />

ore 13. I temi sono “Grisignana”<br />

e “Paesaggio<br />

Istriano”, la scelta della<br />

tecnica è libera. Le opere<br />

verranno esposte in Piazza<br />

Grande e lungo la via<br />

che dalla Piazza Grande<br />

scende verso la Loggia e<br />

nelle vie a<strong>di</strong>acenti, entro<br />

Zagabria, posto che ha ricoperto con<br />

successo negli ultimi quattro anni<br />

e mezzo, realizzando importanti appuntamenti<br />

a favore della <strong>di</strong>ffusione<br />

in Croazia della lingua e della cultura<br />

italiana. Nell’accomiatarsi dai<br />

propri collaboratori e da tutti coloro<br />

che con grande interesse hanno<br />

seguito le manifestazioni promosse<br />

dall’IIC, la dott.ssa Ciccolella ha<br />

ricordato anche i legami con le varie<br />

istituzioni e autori della Comunità<br />

nazionale italiana, rilevando che<br />

“la CNI è stata una delle più belle<br />

che da poco si era lasciata alle spalle<br />

il neorealismo e il clima del dopo-<br />

le ore 10 <strong>di</strong> domenica 26<br />

settembre, e rimarranno<br />

esposte sino alle 17. ●<br />

Paola Ciccolella ha <strong>di</strong>retto per quattro anni l’Istituto <strong>di</strong> Zagabria<br />

Congedo da un’ambasciatrice della cultura italiana<br />

realtà che ho conosciuto negli ultimi<br />

anni”.<br />

Prima <strong>di</strong> lasciare la sede <strong>di</strong> Zagabria,<br />

ha presentato un‘importante<br />

pubblicazione, “Rapporti teatrali<br />

Italia-Croazia”, che raccoglie gli interventi<br />

dell’omonimo convegno organizzato<br />

nel 2009, presenti tra gli<br />

altri Edoardo Erba, Boris B. Hrovat,<br />

Paolo Magelli, Laura Marchig, Darko<br />

Gašparović e Mani Gotovac. La<br />

sua prossima “missione” sarà in Polonia,<br />

dove gestirà l’Istituto Italiano<br />

<strong>di</strong> Cultura <strong>di</strong> Varsavia. ●<br />

Inaugurata con una mostra fotografica e la proiezione del film «La dolce vita»<br />

Nuova, prestigiosa sede per l’IIC <strong>di</strong> Lubiana<br />

guerra. Inoltre, all’IIC <strong>di</strong> Lubiana è<br />

stata allestita la mostra <strong>di</strong> fotografia<br />

analogica e <strong>di</strong>gitale del Gruppo immagiNativa<br />

<strong>di</strong> Sant’Andrea, Gorizia,<br />

“Obiettivo Divina Comme<strong>di</strong>a”, una<br />

personale interpretazione “onirica”<br />

del grande poema, frutto <strong>di</strong> un lavoro<br />

<strong>di</strong> gruppo. La mostra, che rimarrà<br />

aperta fino all’8 ottobre prossimo, è<br />

sud<strong>di</strong>visa nella selva oscura (foto stenopeiche<br />

e stampa <strong>di</strong>gitale), inferno<br />

(foto-installazione, stampa <strong>di</strong>gitale),<br />

purgatorio (fotografia <strong>di</strong>gitale) e para<strong>di</strong>so<br />

(foto-video <strong>di</strong>gitale). ●<br />

Panorama 5


6 Panorama<br />

Attualità<br />

Il presidente Ivo Josipović e la premier Jadranka Kosor riconoscono all’UI il grande im<br />

Dialogo e tolleranza, la via al futu<br />

<strong>di</strong> Diana Pirjavec Rameša<br />

foto <strong>di</strong> Goran Žiković<br />

La Comunità nazionale italiana<br />

è vitale e ben ra<strong>di</strong>cata sul territorio,<br />

partecipa ai processi <strong>di</strong><br />

democratizzazione e <strong>di</strong> avvicinamento<br />

all’UE, è parte integrante <strong>di</strong> una<br />

società che guarda al futuro con ottimismo<br />

nonostante le contingenze e<br />

le <strong>di</strong>fficoltà che tutte le minoranze in<br />

questo momento affrontano in Europa<br />

e nel mondo. La CNI è considerata<br />

un elemento imprescin<strong>di</strong>bile nella<br />

configurazione della società civile in<br />

Istria, portatrice <strong>di</strong> multiculturalità,<br />

tolleranza e partecipe dello sviluppo<br />

e dell’affermazione del territorio.<br />

Una rassicurazione questa che arriva<br />

da più parti e che trova conferma<br />

in due importanti incontri che i vertici<br />

CNI hanno avuto <strong>di</strong> recente: l’inaugurazione<br />

ufficiale della sede rinnovata<br />

della Comunità degli Italiani <strong>di</strong><br />

Cittanova, 830 metri quadri <strong>di</strong> spazi<br />

per attività e incontri, il cui nastro è<br />

stato tagliato dal presidente della Repubblica<br />

<strong>di</strong> Croazia, Ivo Josipović, e<br />

la visita alla <strong>di</strong>rigenza della CNI e ai<br />

suoi massimi organi da parte del presidente<br />

del Governo croato Jadranka<br />

Kosor, ospitata presso la CI <strong>di</strong> Pola<br />

qualche settimana fa. In agenda un<br />

altro appuntamento politico impor-<br />

tante, quello con il presidente della<br />

Camera dei deputati Gianfranco Fini,<br />

che pure dovrebbe visitare l’Istria: un<br />

impegno, quello dei vertici UI, a tutto<br />

campo da cui beneficio ne traggono<br />

sia le istituzioni della CNI che il<br />

territorio in cui questa vive ed opera<br />

come pure i due Stati a cui questa fa<br />

riferimento.<br />

Cittanova: coesistenza<br />

e una grande vitalità<br />

Ogniqualvolta gli italiani <strong>di</strong> queste<br />

terre “scendono in campo” per<br />

presentare un progetto culturale, per<br />

Ivan Jakovčić, il presidente Ivo Josipović, Paola Legovich Hrobat e<br />

Glauco Bevilacqua seguono con attenzione il programma culturale<br />

inaugurare una nuova sede, per raccontare<br />

la propria arte, la letteratura,<br />

la propria storia, per testimoniare la<br />

propria presenza, lo fanno con garbo<br />

e spontaneità, portando sulla scena<br />

la loro grande umanità e quelle<br />

forti emozioni che solo questa terra<br />

può dare.<br />

In questo contesto va collocata la<br />

serata dell’inaugurazione della sede<br />

ristrutturata della CI <strong>di</strong> Cittanova a<br />

cui hanno preso parte il presidente<br />

della Repubblica <strong>di</strong> Croazia, Ivo<br />

Josipović (a cui è stata consegnata<br />

la “tessera <strong>di</strong> socio onorario”), il presidente<br />

della Regione Istriana, Ivan<br />

Jakovčić, l’ambasciatore d’Italia a<br />

Zagabria, Alessandro Pignatti Morano<br />

<strong>di</strong> Custoza, il presidente UI, Furio<br />

Ra<strong>di</strong>n, quello dell’UPT, Silvio Delbello,<br />

il presidente della GE dell’UI,<br />

Maurizio Tremul, il console generale<br />

d’Italia a Fiume, Fulvio Rustico, accolti<br />

dalla presidente della CI, Paola<br />

Legovich Hrobat, dal presidente della<br />

Giunta CI, Glauco Bevilacqua, e<br />

dal sindaco Anteo Milos.<br />

Il Presidente<br />

parla italiano<br />

Va messo in evidenza: questa è la<br />

prima volta che un Presidente della<br />

Croazia accoglie l’invito e inaugura<br />

una CI, questa è la prima volta che<br />

per riconoscere l’importanza della<br />

componente italiana il Presidente


pegno nei rapporti italo-croati<br />

ro europeo<br />

parla italiano. Gliene siamo grati anche<br />

perché in una storia neanche tanto<br />

lontana siamo stati testimoni <strong>di</strong> atteggiamenti<br />

<strong>di</strong>ametralmente opposti.<br />

Ma per fortuna le cose cambiano, il<br />

processo <strong>di</strong> democratizzazione procede<br />

e i risultati sono ben visibili.<br />

Sull’incontro ha veleggiato quella<br />

sinergia positiva che è nata ancora<br />

a luglio in occasione del “Concerto<br />

dell’amicizia” tenutosi a Trieste<br />

alla presenza dei tre Capi <strong>di</strong> Stato,<br />

Italia, Croazia e Slovenia, a conferma<br />

che questi Paesi sono fermamente<br />

intenzionati a sviluppare la cultura<br />

della pace, dell’amicizia, dei rapporti<br />

<strong>di</strong> buon vicinato, ben coscienti delle<br />

vicende storiche che hanno segnato<br />

la storia <strong>di</strong> queste terre e i destini <strong>di</strong><br />

coloro che qui hanno vissuto e continuano<br />

a vivere.<br />

”Signore e signori buonasera” ha<br />

esor<strong>di</strong>to il presidente Josipović. Un<br />

saluto fatto in italiano non certo per<br />

motivi protocollari, bensì, si ha l’im-<br />

pressione, per puro convincimento<br />

del fatto che in Istria la convivenza, il<br />

bilinguismo, la multiculturalità sono<br />

La premier Jadranka Kosor a Pola mentre saluta il presidente della GE<br />

dell’UI, Maurizio Tremul. Al centro il presidente UI, Furio Ra<strong>di</strong>n<br />

Attualità<br />

Emozionante il momento in cui il Presidente ha consegnato alla signora Gina<br />

Cittar il riconoscimento in quanto socio meritevole e attivista pluriennale della<br />

CI. A sinistra: la solenne cerimonia d’apertura a cui hanno partecipato anche<br />

gli attivisti più giovani<br />

parte integrante della vita, anche politica,<br />

della Penisola.<br />

”Siamo qui per festeggiare una<br />

giornata importante, non solo per<br />

voi italiani, ma per tutti noi. Questa<br />

inaugurazione è un grande contributo<br />

all’amicizia italo-croata. La cultura<br />

croata e quella italiana sono fortemente<br />

intrecciate e testimoniano della<br />

grande apertura e della volontà <strong>di</strong><br />

vivere e <strong>di</strong> lavorare assieme, <strong>di</strong> costruire<br />

assieme un futuro migliore”<br />

ha rilevato il Presidente.<br />

Josipović ha riconosciuto il contributo<br />

della minoranza italiana al processo<br />

<strong>di</strong> democratizzazione ed allo<br />

sviluppo dell’Istria e dell’intera Croazia:<br />

“Sono lieto <strong>di</strong> poter constatare<br />

che la minoranza italiana afferma in<br />

numerosi mo<strong>di</strong> e con successo il suo<br />

particolare patrimonio culturale e<br />

storico operando a favore della propria<br />

crescita identitaria e dello sviluppo<br />

dei rapporti tra la Repubblica<br />

<strong>di</strong> Croazia e la Repubblica italiana”.<br />

Ha fatto poi un’aggiunta: “Il termine<br />

minoranza è in realtà solo un termine<br />

tecnico, vincolato alla lingua, alla<br />

sua <strong>di</strong>ffusione. Sono concorde con<br />

Furio Ra<strong>di</strong>n quando sostiene che<br />

nessuno qui deve sentirsi minoranza.<br />

Tutti devono sentire <strong>di</strong> essere citta<strong>di</strong>ni<br />

a pieno <strong>di</strong>ritto e ciascuno deve ave-<br />

Panorama 7


8 Panorama<br />

Attualità<br />

re la possibilità <strong>di</strong> sviluppare la propria<br />

cultura nell’ambito della comunità<br />

in cui vive”.<br />

“Da questa giornata in cui festeggiamo<br />

la tolleranza e l’amicizia, il nostro<br />

futuro comune europeo - ha proseguito<br />

Josipović - traggo degli insegnamenti<br />

che vorrei con<strong>di</strong>videre<br />

con voi. Il primo riguarda la perseveranza:<br />

la Croazia si trova ad un bivio,<br />

deve affrontare importanti riforme<br />

prima <strong>di</strong> entrare in Europa. Senza<br />

perseveranza, quella stessa che hanno<br />

<strong>di</strong>mostrato i giovani attivisti che si<br />

sono esibiti questa sera, tutto ciò non<br />

sarebbe possibile”.<br />

“Il secondo insegnamento riguarda<br />

l’Europa. L’Europa è il nostro futuro.<br />

La conferma mi viene dagli artisti che<br />

questa sera hanno ballato il tango. Il<br />

tango è il ballo dell’amore, che avvicina<br />

le persone. Ero convinto che per<br />

ballarlo bastasse essere in due. Bene,<br />

questa sera ho capito, dato che i ballerini<br />

arrivano in parte dalla Slovenia,<br />

che per ballare il tango bisogna essere<br />

in tre, e spero che anche alla luce del<br />

recente Concerto dell’amicizia a cui<br />

hanno aderito i presidenti <strong>di</strong> Croazia,<br />

Italia e Slovenia, riusciremo a <strong>di</strong>mostrare<br />

che ‘il tango a tre’ è un tango<br />

Europeo”.<br />

“Terzo insegnamento: quello che<br />

voi da questa sede avete inviato alla<br />

Croazia è che non esistono alternati-<br />

ve alla coesistenza, all’amicizia, alla<br />

collaborazione, alla reciproca comprensione<br />

e al <strong>di</strong>alogo. È questa la<br />

nostra strada verso il futuro e l’Europa.<br />

Ed io vi ringrazio perché lo fate<br />

in continuazione, dando una valida<br />

testimonianza <strong>di</strong> come si possano affrontare<br />

i rapporti tra le <strong>di</strong>verse etnie,<br />

e per questo ve ne siamo grati” ha<br />

concluso il presidente Josipović.<br />

La casa dell’amicizia<br />

La CI <strong>di</strong> Cittanova è stata definita<br />

la “casa dell’amicizia” e all’inaugurazione<br />

il presidente UI, Furio Ra<strong>di</strong>n,<br />

ha rilevato: “Siamo fieri <strong>di</strong> Cittanova,<br />

<strong>di</strong> essere italiani, <strong>di</strong> essere istriani e<br />

<strong>di</strong> essere citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> due Stati, la Croazia<br />

e l’Italia, che presto abiteranno<br />

sotto un comune tetto europeo”. E rivolgendosi<br />

a Josipović: “Signor Presidente,<br />

siamo lieti e onorati <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre<br />

con Lei l’inaugurazione <strong>di</strong><br />

questa sede, che come tutte le se<strong>di</strong><br />

dell’UI è aperta a tutti i citta<strong>di</strong>ni della<br />

Croazia che negli italiani vedono degli<br />

amici, portatori <strong>di</strong> una cultura che<br />

qui non viene intesa quale minoritaria<br />

bensì parte integrante <strong>di</strong> un modo<br />

<strong>di</strong> essere e <strong>di</strong> vivere la propria identità<br />

istriana. Gli italiani in Croazia sono<br />

sì minoranza, ma in Istria non si sentono<br />

tali. È praticamente impossibile<br />

definire l’Istria senza tener conto delle<br />

sue due componenti, quella italia-<br />

Numerose le autorità presenti all’inaugurazione della sede della CI tra cui lo<br />

zupano istriano Ivan Jakovčić, il presidente UI, Furio Ra<strong>di</strong>n, l’ambasciatore<br />

italiano Alessandro Pignatti Morano <strong>di</strong> Custoza, il presidente UPT, Silvio<br />

Delbello, il console Fulvio Rustico, il presidente della GE, Maurizio Tremul<br />

na e quella croata, ed è solo così che<br />

l’Istria può essere capita a fondo. Noi<br />

non siamo un popolo con un’identità<br />

nazionale deficitaria, come lo sostengono<br />

i nazionalisti, bensì siamo persone<br />

con identità integrate e siamo<br />

fieri <strong>di</strong> essere italiani”. Il presidente<br />

UI ha infine ringraziato il Capo dello<br />

Stato “per tutto quello che fa per<br />

i citta<strong>di</strong>ni della Croazia e per le sue<br />

minoranze”.<br />

Altri riconoscimenti sono arrivati<br />

alla CNI dal presidente della Regione<br />

Istriana, Ivan Jakovčić, il quale ha affermato<br />

che “l’UI è l’organizzazione<br />

minoritaria più importante e meglio<br />

organizzata in Croazia”.<br />

Kosor: sì al doppio voto<br />

Importante pure l’incontro dei<br />

rappresentanti della comunità nazionale<br />

italiana con la premier croata Jadranka<br />

Kosor a Pola, occasione in cui<br />

è stata constatata “la buona cooperazione<br />

tra il Governo della Croazia e<br />

la minoranza italiana”, annunciando<br />

che alle prossime elezioni politiche<br />

per il Parlamento croato le minoranze<br />

avranno il cosiddetto ‘’doppio voto’’.<br />

La Premier Kosor si era <strong>di</strong>chiarata<br />

<strong>di</strong>sposta a introdurre il doppio voto<br />

come esempio <strong>di</strong> rispetto verso le minoranze.<br />

Ha promesso emendamenti<br />

alla legge elettorale <strong>di</strong>cendo che alle<br />

elezioni del 2011 le minoranze, inclusa<br />

quella italiana, avranno il doppio<br />

voto.<br />

Il deputato Ra<strong>di</strong>n ha accolto con<br />

grande favore questa promessa in<strong>di</strong>candola<br />

come “<strong>di</strong>mostrazione della<br />

buona cooperazione tra la comunità<br />

nazionale italiana in Istria e il<br />

Governo <strong>di</strong> Zagabria” e si è compiaciuto<br />

del fatto che “da cinque anni la<br />

posizione degli italiani e delle altre<br />

comunità nazionali è migliorata”. Si<br />

è riferito in primo luogo al riconoscimento,<br />

dopo 20 anni <strong>di</strong> battaglie,<br />

del voto aggiuntivo, all’introduzione<br />

della <strong>di</strong>citura italiana ufficiale per i<br />

Comuni e città dove vivono gli italiani,<br />

alla comparsa, seppure timida,<br />

del bilinguismo negli enti statali<br />

dove prima l’italiano era tenuto alla<br />

porta.<br />

Parlando <strong>di</strong> scuola, Ra<strong>di</strong>n ha sottolineato<br />

che “la CNI è l’unica minoranza<br />

a <strong>di</strong>sporre dell’intero ciclo<br />

educativo in lingua italiana. Anche<br />

grazie alla comprensione del Governo,<br />

ha aggiunto, il nostro sistema


Stretta <strong>di</strong> mano con i citta<strong>di</strong>ni che<br />

lo hanno atteso con impazienza<br />

scolastico viene in<strong>di</strong>cato come completo<br />

ed efficiente”. Ha però invitato<br />

il ministro dell’Istruzione, Radovan<br />

Fuchs, presente in sala, a scongiurare<br />

l’accorpamento delle classi dettato<br />

dal basso numero degli alunni. “Il<br />

provve<strong>di</strong>mento - ha spiegato - per le<br />

scuole minoritarie può comportare<br />

effetti devastanti”. Ha inoltre chiesto<br />

che all’esame <strong>di</strong> maturità <strong>di</strong> Stato<br />

agli alunni italiani sia riconosciuta<br />

come lingua madre l’italiano. “Tutto<br />

sommato - ha concluso Furio Ra<strong>di</strong>n<br />

- in questo primo decennio del XXI<br />

secolo la Croazia ha fatto grossi passi<br />

nel campo dei <strong>di</strong>ritti umani e minoritari<br />

e sotto questo aspetto può<br />

considerarsi un Paese autenticamente<br />

europeo”.<br />

Dopo Ra<strong>di</strong>n ha parlato la premier<br />

Kosor, alla quale i presenti hanno<br />

tributato un’accoglienza veramente<br />

calorosa e <strong>di</strong> grande amicizia e simpatia.<br />

È parso che forse lei stessa sia<br />

rimasta piacevolmente sorpresa. Oltre<br />

a riba<strong>di</strong>re l’importanza della coalizione<br />

con i deputati delle minoranze,<br />

che a conti fatti per gli italiani<br />

si è <strong>di</strong>mostrata una scelta politica<br />

<strong>di</strong> grande utilità, ha voluto ringraziare<br />

l’Italia per il notevole e incon<strong>di</strong>zionato<br />

appoggio che sta dando<br />

alla Croazia nel suo avvicinamento<br />

all’Unione europea.●<br />

<strong>di</strong> Luca Dessardo<br />

Nel 1936 Walter Benjamin pubblicò<br />

“L’opera d’arte nell’epoca<br />

della sua riproducibilità tecnica”,<br />

saggio in cui affronta il fenomeno<br />

della riproducibilità senza precedenti<br />

delle opere d’arte, giungendo<br />

ad una conclusione molto chiara: la<br />

<strong>di</strong>ffusione dell’arte avrebbe portato<br />

o ad un’estetizzazione della politica<br />

(tipico del fascismo) oppure ad una<br />

politicizzazione dell’arte (tipico del<br />

socialismo). Paradossalmente, stiamo<br />

assistendo ad entrambi gli scenari,<br />

aberrati e fusi assieme. Qualcosa<br />

però non quadra: Benjamin aveva<br />

previsto che lo sviluppo dell’arte<br />

si sarebbe mosso in uno solo <strong>di</strong> questi<br />

due sensi. Inoltre, la sua simpatia<br />

per il socialismo lo ha portato a in<strong>di</strong>viduare<br />

nella politicizzazione dell’arte<br />

un fattore positivo, contrariamente<br />

all’estetizzazione della politica. La<br />

sua speranza era che una volta persa<br />

l’aura <strong>di</strong> sacralità l’arte potesse <strong>di</strong>ventare<br />

un collante che tiene la società<br />

unita in armonia. Inutile <strong>di</strong>re<br />

che a 70 anni dalla sua morte questa<br />

utopia tarda ancora a realizzarsi.<br />

Da una parte il culto dell’immagine<br />

ha fatto sì che la politica punti sempre<br />

<strong>di</strong> più sull’aspetto estetico, in<strong>di</strong>pendentemente<br />

dall’ideologia, mantenendo<br />

la ritualità nelle numerose<br />

cerimonie. Dall’altra invece la politicizzazione<br />

dell’arte non è mai <strong>di</strong>ventata<br />

sinonimo <strong>di</strong> arte quale educazione<br />

alla vita politica, quanto<br />

piuttosto propaganda, e a proposito<br />

basti pensare al famoso ritratto in<br />

rosso bianco e blu <strong>di</strong> Barack Obama,<br />

per citare un esempio vistoso, apparentemente<br />

lontano dall’arte <strong>di</strong> regime.<br />

Da notare anche il fatto che in<br />

molte manifestazioni artistiche è accentuato<br />

il carattere nazionale (sommerso<br />

miseramente l’orgoglio croato<br />

che doveva essere esibito a Venezia).<br />

Inoltre, la cosiddetta arte in<strong>di</strong>pendente<br />

è strumento <strong>di</strong> giochi politi-<br />

Attualità<br />

Riflessioni in cornice<br />

L’arte a 70 anni dalla<br />

morte <strong>di</strong> Walter Benjamin<br />

ci: si pensi al recente episo<strong>di</strong>o della<br />

ban<strong>di</strong>era croata tagliata a brandelli.<br />

Una performance artistica bollata<br />

come reato! A ben vedere l’analisi <strong>di</strong><br />

Benjamin nasconde un errore <strong>di</strong> fondo,<br />

dovuto al fatto che la sua visione<br />

del mondo era corrotta da quelle che<br />

negli anni ’30 erano ancora le promesse<br />

del socialismo. Il suo errore è<br />

stato quello <strong>di</strong> vedere nella massificazione<br />

dell’arte un felice sinonimo<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione, ovvero una rivoluzione<br />

artistica che abolisce privilegi <strong>di</strong> casta.<br />

Purtroppo per noi non è questo il<br />

caso, e a oltre 70 anni dalla pubblicazione<br />

del saggio ci ritroviamo ancora<br />

a doverci sorbire <strong>di</strong>scussioni sugli<br />

stessi argomenti – troppo spesso da<br />

parte <strong>di</strong> chi ne capisce poco; al contrario,<br />

i commenti intelligenti e originali<br />

sono messi in secondo piano,<br />

bollati come eccentrici o ad<strong>di</strong>rittura<br />

elitari. La massificazione è insomma<br />

tutt’altro che felice. Manca l’educazione<br />

al sacro (all’arte) che Benjamin<br />

vedeva imminente: questi si auspicava<br />

non una per<strong>di</strong>ta della sacralità,<br />

quanto una maggiore consapevolezza<br />

<strong>di</strong> essa, in modo da poterla<br />

vivere con naturalezza, non certo con<br />

timore reverenziale. Voleva si perdesse<br />

l’idolatria che ha fatto dell’opera<br />

d’arte un feticcio, non il suo valore<br />

“sacro”. Per fortuna l’arte vera, pur<br />

riproducibile, ha conservata la propria<br />

aurea (un chiaro esempio è dato<br />

dalle opere <strong>di</strong> Warhol, che puntano<br />

alla sacralizzazione del banale, piuttosto<br />

che alla banalizzazione del sacro),<br />

anche se non sempre siamo in<br />

grado <strong>di</strong> percepirla. A leggere oggi<br />

il testo <strong>di</strong> Benjamin, questi ci risulta<br />

apparentemente scontato. Dovremmo<br />

rileggerlo con più attenzione e ripensare<br />

un poco l’ovvio: nella quantità<br />

che oggi ci sommerge non tutto deve<br />

essere per forza arte. Il nostro compito<br />

è imparare a <strong>di</strong>stinguere, mentre il<br />

compito dell’arte è quello <strong>di</strong> educare.<br />

Educare, come voleva Benjamin,<br />

alla vita. ●<br />

Panorama 9


10 Panorama<br />

Italia<br />

Sempre alta la tensione tra la corrente finiana e il resto del Pdl<br />

Da Berlusconi a Napolitano<br />

tutti i «vorrei ma non posso»<br />

a cura <strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />

Il chiasso davanti alle parole, il<br />

fumo davanti alle scelte per il Paese<br />

ma soprattutto la tattica, tanta,<br />

troppa, davanti alla strategia. La politica<br />

italiana <strong>di</strong> queste ore è peggio<br />

che un teatrino sgangherato. Si rincorre<br />

il fantasma del voto anticipato,<br />

in tanti lo evocano e lo vorrebbero,<br />

ma poi nessuno, per ora, ha il coraggio<br />

<strong>di</strong> staccare davvero la spina al governo.<br />

Come ha scritto Marco Alfieri,<br />

la ragione è molto pratica. Il piatto<br />

è talmente intricato da confondere<br />

vantaggi e svantaggi <strong>di</strong> una crisi al<br />

buio. Il vorrei ma non posso è forse<br />

la fotografia più adatta a descrivere<br />

queste settimane <strong>di</strong> palazzi romani.<br />

Gianfranco Fini vorrebbe rovesciare<br />

il tavolo per imboccare un’altra idea<br />

<strong>di</strong> destra italiana, ma deve abbozzare<br />

e cautelarsi per non passare dalla<br />

parte del torto davanti agli italiani,<br />

non restare col cerino in mano, reo<br />

<strong>di</strong> avere infranto il patto con gli elettori,<br />

peccato supremo; Silvio Berlusconi<br />

vorrebbe andare alle urne imme<strong>di</strong>atamente<br />

e rifarsi una maggioranza<br />

nuova <strong>di</strong> zecca senza più il fardello<br />

dei finiani ingrati, ma è frenato<br />

da sondaggi contrastanti che non gli<br />

garantiscono i numeri al Senato, gli<br />

La maggioranza <strong>di</strong> responsabilità nazionale<br />

I numeri che potrebbero sostenere il governo Berlusconi senza i finiani<br />

Camera<br />

5 Mpa<br />

Lombardo<br />

Misiti<br />

Latteri<br />

Commercio<br />

Lo Monte<br />

237<br />

Pdl<br />

I "cespugli" che hanno già assicurato l'appoggio<br />

5 Noi Sud<br />

Iannaccone<br />

Belcastro<br />

Guzzanti<br />

Milo<br />

Sardelli<br />

restituirebbero un sud gambe all’aria<br />

senza più un’egemonia granitica e un<br />

nord in cui si accentuerebbe il travaso<br />

interno verso la Lega. Risultato: anche<br />

tornando a palazzo Chigi regalerebbe<br />

la golden share al Senatur, sicuro.<br />

Così si acconcia suo malgrado<br />

al negoziato a oltranza con la “legione<br />

straniera”, tentando qualche pseudo<br />

abboccamento con esponenti “selezionati”<br />

dell’Udc per ricostruire un<br />

simulacro <strong>di</strong> maggioranza e sfangarla,<br />

arrivando dritto al 2013. Un vorrei<br />

ma non posso è anche quello <strong>di</strong> Umberto<br />

Bossi che crescerebbe sì in voti<br />

ma rischierebbe <strong>di</strong> trovarsi meno decisivo<br />

in un nuovo Parlamento dove<br />

i rapporti <strong>di</strong> forza non sarebbero così<br />

sbilanciati a destra. E poi dovrebbe<br />

cominciare daccapo la parabola del<br />

federalismo: spiegarlo ai militanti è<br />

un conto, al voto <strong>di</strong> opinione che lo<br />

ha scelto all’ultimo giro ed è meno<br />

ipnotizzabile è più <strong>di</strong>fficile. Allora<br />

non resta che alzare il prezzo, tra<br />

pernacchio e <strong>di</strong>to me<strong>di</strong>o, e far ricadere<br />

la colpa sugli altri, eventualmente<br />

guadagnando la miglior posizione<br />

in caso <strong>di</strong> elezioni. Infine un vorrei<br />

ma non posso è anche quello <strong>di</strong><br />

Giulio Tremonti, silente e ispirato per<br />

tutta l’estate, quasi non facesse parte<br />

<strong>di</strong> questo esecutivo ai materassi, che<br />

296<br />

3 LibDem 1 Pri<br />

Melchiorre Nucara<br />

Tanoni<br />

Grassano<br />

59<br />

Da "conquistare"<br />

6<br />

Deputati "mancanti"<br />

per avere la maggioranza<br />

Potrebbero essere<br />

conquistati da:<br />

Pri (2); LibDem (1);<br />

Udc (38)<br />

ANSA-CENTIMETRI<br />

pencola tra la fedeltà adamantina al<br />

proprio capo e l’ambizione, nemmeno<br />

recon<strong>di</strong>ta, <strong>di</strong> giocarsi in prima persona<br />

la leadership.<br />

I conti senza l’oste<br />

È <strong>di</strong>fficile insomma capire fin<br />

dove si spinge il bluff e comincia<br />

l’arrosto. Tutti tirano la corda ma<br />

nessuno vuol spezzarla. La paura <strong>di</strong><br />

bruciarsi prevale ancora sul rompete<br />

le righe liberatorio. Per questo si<br />

andrà a bordeggiare fino al <strong>di</strong>scorso<br />

alla Camera <strong>di</strong> Berlusconi, fissato<br />

per fine settembre: è la dead line<br />

che Bossi ha concesso al Cavaliere.<br />

Per quei giorni o si ritrova un po’ <strong>di</strong><br />

bandolo sufficiente a portare a casa<br />

il federalismo e a far camminare <strong>di</strong><br />

nuovo questo governo, o altrimenti<br />

sarà il <strong>di</strong>luvio e qualsiasi scenario<br />

potrebbe riaprirsi: certo non il salto<br />

della quaglia bossiana, ma l’erosione<br />

del patto <strong>di</strong> ferro con Berlusconi,<br />

magari in chiave tremontiana, chissà…<br />

Il tutto facendo, o quasi, i conti<br />

senza l’oste, cioè il Quirinale, conclude<br />

Marco Alfieri. Forse <strong>di</strong>sponibile<br />

a tenere aperto uno spioncino sul<br />

voto a primavera, se la maggioranza<br />

dovesse sfaldarsi del tutto, ma <strong>di</strong> certo<br />

in<strong>di</strong>sponibile ad un voto pre natalizio.<br />

La Costituzione non è un optional,<br />

il Colle non potrebbe esimersi<br />

dal fare un giro esplorativo e allora se<br />

ne vedrebbero delle belle, uscirebbe-


Italia<br />

La baldanza <strong>di</strong> Silvio Berlusconi. A destra Gianfranco Fini, a sinistra il solito gestaccio <strong>di</strong> Umberto Bossi<br />

ro allo scoperto i vari Casini e Rutelli.<br />

Ma soprattutto facendo i conti alle<br />

spalle <strong>di</strong> un paese in apnea da troppi<br />

mesi, senza una linea chiara <strong>di</strong> politica<br />

economica, un ministro decisivo<br />

vacante da troppo tempo, e una ripresa<br />

post crisi ancora tutta da interpretare<br />

e consolidare. Più che un vorrei<br />

ma non posso, questa volta una certezza.<br />

C’è invece chi ricorda che per<br />

ritrovare una situazione nodosa come<br />

quella attuale per Silvio Berlusconi,<br />

occorre tornare al periodo del primo<br />

ribaltone, anno domini 1994, con<br />

Fini nel ruolo <strong>di</strong> Bossi. Stessa tigna<br />

<strong>di</strong>struttiva, stesse sponde col Colle,<br />

ma due <strong>di</strong>fferenze colossali: il presidente<br />

della Camera è inamovibile e<br />

soprattutto non ha nessuna intenzione<br />

<strong>di</strong> provocare la rottura, contrariamente<br />

a quanto fece il Senatur 16 anni fa.<br />

E se il momento politico oggi è simile<br />

a quello che ha preceduto il vertice<br />

<strong>di</strong> villa Campari (quello dal quale<br />

la Lega uscì col vestito <strong>di</strong> me<strong>di</strong>atrice<br />

verso l’ex leader <strong>di</strong> An), ma inasprito<br />

dall’uscita della terza carica dello<br />

Stato a Mirabello, il tempo non gioca<br />

a favore del premier, preso com’è tra<br />

forze contrapposte.<br />

Improbabile ascesa al Colle<br />

Non è un caso se la parola “voto<br />

anticipato” è rimasta nelle bocche<br />

della Lega, e mai è stata pronunciata<br />

dal presidente del Consiglio in questi<br />

giorni. Bossi ha coinvolto il premier<br />

in una poco probabile ascesa al<br />

Colle per far pressione sul presidente<br />

della Camera invocando le sue <strong>di</strong>missioni.<br />

Il Cavaliere non ha smentito,<br />

ma la mossa è servita soprattutto<br />

a far salire la pressione: che Napolitano<br />

cacci Fini da Montecitorio è<br />

ipotesi surreale, oltre che fuori dalla<br />

Costituzione. Ma è lo stesso Berlusconi<br />

a essere sempre meno convinto<br />

dalle sirene leghiste. Il Carroccio<br />

infatti non vede l’ora <strong>di</strong> gustare un<br />

successo quasi sicuramente clamoroso<br />

e soprattutto ha a <strong>di</strong>sposizione<br />

scenari cui guardare con moderato<br />

ottimismo. Il problema è che, sia<br />

che si decida <strong>di</strong> assecondare la corsa<br />

al voto della Lega, sia che propenda<br />

per un atten<strong>di</strong>smo che sposti almeno<br />

fino a marzo l’orizzonte delle urne,<br />

il Cavaliere ha davanti a sé una strada<br />

<strong>di</strong>fficile che non può non incrociare<br />

Pier Fer<strong>di</strong>nando Casini. Proprio<br />

quello che Bossi ha chiamato “stronzo”<br />

meno <strong>di</strong> un mese fa, fiutando che<br />

dalle parti dell’Udc si sarebbe andati<br />

a parare. In caso <strong>di</strong> tentativo <strong>di</strong> proseguire<br />

la legislatura, infatti, alla Camera<br />

i conti non tornano senza Casini<br />

ed i suoi, ma anche e soprattutto<br />

in caso <strong>di</strong> elezioni anticipate. I rapporti<br />

sono sempre rimasti buoni nonostante<br />

gli anni passati su sponde<br />

opposte del Parlamento. Il problema<br />

resta sempre Bossi, che nel suo conto<br />

spietato e luci<strong>di</strong>ssimo vede in Casini<br />

semplicemente un ostacolo, un contendente<br />

in più con cui <strong>di</strong>videre un<br />

bottino che può avere tutto per sé.<br />

Fli resta ancorato a destra<br />

Infine, quali sono le vere novità<br />

dette da Gianfranco Fini a Mirabello?<br />

Il Pdl è finito, secondo l’ottica finiana:<br />

il sogno liberale è svanito, tra<strong>di</strong>to<br />

da Silvio Berlusconi. Il Pdl non è<br />

in grado <strong>di</strong> riassorbire i gruppi <strong>di</strong> Futuro<br />

e libertà, che si avviano a coagularsi<br />

sotto forma <strong>di</strong> un partito o quantomeno<br />

<strong>di</strong> un movimento autonomo<br />

che chiederà un patto <strong>di</strong> legislatu-<br />

ra a tre fra Pdl, Lega e appunto Fli.<br />

Il principale contributo <strong>di</strong> chiarezza<br />

che viene da Mirabello sta nell’assicurazione<br />

finiana che Fli resta ancorato<br />

a destra. Dunque, niente “ribaltoni<br />

o ribaltini”, niente terzo polo<br />

con Casini e Rutelli (anche se Fini<br />

ha invitato a guardare con attenzione<br />

alle proposte programmatiche dei<br />

centristi), ma piuttosto che la neonata<br />

formazione continuerà a rodere come<br />

un tarlo il tronco pi<strong>di</strong>ellino.<br />

Fini del governo non salva nulla.<br />

Del Pdl men che meno. Il lunghissimo<br />

comizio è stato punteggiato <strong>di</strong><br />

ironie e sarcasmi mirati su tutti i primattori<br />

del Popolo delle libertà (Tremonti,<br />

Bossi, Calderoli, Ghe<strong>di</strong>ni, eccetera).<br />

La rottura appare insanabile<br />

più per il livello <strong>di</strong> rancore che per<br />

la situazione politica. Fini sa che le<br />

elezioni anticipate confermerebbero<br />

l’instabilità in quanto il Pdl non<br />

avrebbe maggioranza al Senato. Per<br />

questo ha evitato accuratamente <strong>di</strong><br />

parlare <strong>di</strong> “nuovo partito” e ha steso<br />

tappeti rossi a un patto <strong>di</strong> legislatura<br />

a tre per arrivare assieme alla scadenza<br />

naturale del 2013. Poteva tratteggiare<br />

questo scenario accettando<br />

la mano tesa <strong>di</strong> Berlusconi, che pochi<br />

giorni prima aveva tolto il processo<br />

breve dall’agenda della verifica. Invece<br />

ha deciso <strong>di</strong> dare libero sfogo al<br />

livore e alla rabbia accumulati dopo<br />

che lo avevano <strong>di</strong>chiarato incompatibile<br />

con il Pdl.Tra Fini e Berlusconi<br />

lo scarico delle responsabilità, dunque,<br />

continua. Un pessimo segnale<br />

per chi continua a sperare - o forse,<br />

a questo punto, illudersi - che davvero<br />

si possano evitare le elezioni anticipate<br />

e avviare quelle riforme <strong>di</strong> cui<br />

l’Italia ha vera urgenza. ●<br />

Panorama 11


12 Panorama<br />

Cooperazione<br />

La firma dei due sindaci suggella l’allacciamento <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> scambi tra le due<br />

Fra Trieste e Fiume uno storico riav<br />

a cura <strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />

Storico pomeriggio, quello del<br />

primo settembre scorso, per le<br />

città <strong>di</strong> Trieste e <strong>di</strong> Fiume con il<br />

deciso riavvio e rilancio dei loro antichi<br />

- e un tempo fervi<strong>di</strong>ssimi - rapporti.<br />

Si è aperto infatti, nel tra<strong>di</strong>zionale<br />

Salotto Azzurro del Municipio<br />

<strong>di</strong> piazza Unità, un nuovo percorso<br />

comune tra il capoluogo giuliano e<br />

quello quarnerino che, negli inten<strong>di</strong>menti<br />

manifestati, si propone <strong>di</strong> proseguire<br />

a lungo nel futuro.<br />

Primo atto <strong>di</strong> questo nuovo cammino<br />

è stato la firma <strong>di</strong> una “Lettera<br />

d’intenti in merito all’allacciamento<br />

<strong>di</strong> rapporti amichevoli” tra<br />

le due città, siglata dai due sindaci,<br />

Roberto Dipiazza e Vojko Obersnel,<br />

alla presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse personalità<br />

delle due città e <strong>di</strong> rappresentanti<br />

<strong>di</strong>plomatici italiani e croati, oltre<br />

che <strong>di</strong> un folto gruppo <strong>di</strong> giornalisti.<br />

Per l’occasione erano presenti nel<br />

Salotto Azzurro i presidenti delle<br />

due Autorità Portuali, Clau<strong>di</strong>o Boniciolli<br />

e Bojan Hlača, l’Ambasciatore<br />

della Croazia a Roma, Tomislav<br />

Vidošević, il Console generale<br />

a Trieste, Nevenka Gr<strong>di</strong>nić, e quello<br />

d’Italia a Fiume, Fulvio Rustico,<br />

nonché il presidente della Comunità<br />

croata <strong>di</strong> Trieste, Damir Murković.<br />

Nell’intesa, che come è stato poi<br />

specificato sarà presto seguita dalla<br />

firma a Fiume <strong>di</strong> un più specifico<br />

e ampio protocollo con caratteristiche<br />

operative, si sottolineano innanzitutto<br />

i buoni rapporti bilaterali tra<br />

i due Paesi rimarcando poi come “i<br />

legami culturali e storici tra Trieste<br />

e Fiume” consentano “una possibilità<br />

oggettiva per l’approfon<strong>di</strong>mento<br />

della collaborazione futura tesa al<br />

Cor<strong>di</strong>ale incontro nel Salotto Azzurro del Municipio <strong>di</strong> piazza Unità<br />

I sindaci Vojko Obersnel e Roberto Dipiazza firmano la Lettera d’intenti<br />

raggiungimento <strong>di</strong> vantaggi reciproci<br />

nell’ambito della cultura, del turismo<br />

urbano, dello sport, dell’istruzione,<br />

dell’economia e dello sviluppo<br />

dei porti e della fascia costiera,<br />

con l’obiettivo <strong>di</strong> instaurare in futuro<br />

un legame <strong>di</strong> amicizia ancor più<br />

solido e volto al congiungimento <strong>di</strong><br />

due città molto simili tra loro.”<br />

Imme<strong>di</strong>atamente prima e dopo la<br />

firma vive espressioni <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione<br />

e auspici <strong>di</strong> importanti risultati<br />

sono stati manifestati da tutti i<br />

presenti, con particolare riferimento<br />

alle prospettive della collaborazione<br />

sul piano marittimo-portuale,<br />

che rimane evidentemente il “punto”<br />

prioritario <strong>di</strong> due città che da<br />

sempre sono state principalmente e<br />

soprattutto “porto”. In proposito, il<br />

sindaco Dipiazza ha infatti parlato<br />

della necessità <strong>di</strong> attrarre innanzitutto<br />

i traffici verso l’Adriatico,<br />

considerando a tale scopo l’ipotesi<br />

<strong>di</strong> una forte collaborazione fra tutti<br />

i porti <strong>di</strong> questo mare “da Ravenna a<br />

Fiume”, ribandendo che “poi potremo<br />

pure esercitarci in forme <strong>di</strong> seria<br />

e magari proficua concorrenza,<br />

ma non senza aver attuato anche le<br />

sempre più in<strong>di</strong>spensabili strategie<br />

<strong>di</strong> cooperazione comune all’inter-


municipalità, porti in primis<br />

vicinamento<br />

no <strong>di</strong> quest’area”. Dipiazza ha inoltre<br />

auspicato “sempre in tale ottica,<br />

il quanto più rapido ingresso della<br />

Croazia nell’Unione europea” in<br />

modo da cancellare le frontiere tra le<br />

due città.<br />

Il primo citta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Fiume, Obersnel,<br />

dal canto suo ha sottolineato la<br />

“lunga storia e cultura che ci accomuna,<br />

una storia che ci serve non<br />

solo per ricordare il passato, ma che<br />

ci è molto utile soprattutto per poter<br />

impostare assieme un futuro <strong>di</strong> sviluppo<br />

per entrambe le nostre comunità”.<br />

“La nostra storia e la nostra<br />

posizione ci ‘condannano’ a collaborare”<br />

ha osservato ancora Obersnel,<br />

<strong>di</strong>chiarando infine che “…indubbiamente<br />

i triestini e i fiumani sono<br />

davvero amici!” I due sindaci hanno<br />

parlato poi dell’organizzazione delle<br />

rispettive amministrazioni comunali<br />

e delle possibilità <strong>di</strong> collaborazione,<br />

e già si profilano future presentazioni<br />

<strong>di</strong> determinati progetti che la parte<br />

triestina potrebbe offrire a Fiume,<br />

nonché delle possibilità <strong>di</strong> collaborazione<br />

e <strong>di</strong> elaborazione <strong>di</strong> progetti<br />

comuni a livello delle due autorità<br />

portuali.<br />

Anche i due presidenti dei porti,<br />

Boniciolli e Hlača, hanno rimarcato<br />

l’importanza della collaborazione<br />

marittima e dell’apertura <strong>di</strong> un nuovo<br />

percorso comune fra le due città<br />

che l’intesa prefigura. Concetti analoghi<br />

da parte del Console d’Italia a<br />

Fiume, Fulvio Rustico, che ha definito<br />

questo appena firmato “un accordo<br />

<strong>di</strong> importanza strategica”.<br />

Dal canto loro, l’Ambasciatore<br />

<strong>di</strong> Croazia a Roma, Tomislav<br />

Vidošević, e il Console generale<br />

della Croazia a Trieste, Nevenka<br />

Gr<strong>di</strong>nić, hanno vivamente ringraziato<br />

il Comune <strong>di</strong> Trieste e il sindaco<br />

Dipiazza per il grande apporto dato<br />

alla piena riuscita dello storico incontro<br />

fra i tre Presidenti delle Re-<br />

La lettera d’intenti<br />

In virtù dei buoni rapporti bilaterali tra la Repubblica Italiana e la Repubblica<br />

<strong>di</strong> Croazia, le città <strong>di</strong> Trieste e Fiume con la presente danno<br />

il proprio assenso all’allacciamento <strong>di</strong> relazioni amichevoli.<br />

In base ai legami culturali e storici la Città <strong>di</strong> Trieste e la Città <strong>di</strong> Fiume<br />

hanno valutato l’esistenza <strong>di</strong> una possibilità oggettiva per l’approfon<strong>di</strong>mento<br />

della collaborazione futura tesa al raggiungimento <strong>di</strong> vantaggi<br />

reciproci nell’ambito della cultura, del turismo urbano, dello sport,<br />

dell’istruzione, dell’economia e dello sviluppo dei porti e della fascia costiera<br />

con l’obiettivo <strong>di</strong> instaurare in futuro un legame <strong>di</strong> amicizia ancor<br />

più solido e volto al congiungimento <strong>di</strong> due città molto simili tra loro.<br />

Convinti dell’importanza della cooperazione internazionale ai fini<br />

dello sviluppo generale della società nonché del valore dello scambio <strong>di</strong><br />

esperienze e <strong>di</strong> un migliore collegamento reciproco tra le genti <strong>di</strong> parti <strong>di</strong>verse<br />

del mondo e soprattutto d’Europa, il Sindaco della Città <strong>di</strong> Trieste e<br />

il Sindaco della Città <strong>di</strong> Fiume danno con la presente il proprio contributo<br />

e lo stimolo ad un ulteriore sviluppo delle rispettive comunità. ●<br />

Cooperazione<br />

Si apre un nuovo capitolo nei rapporti tra le città <strong>di</strong> Trieste e Fiume<br />

pubbliche d’Italia, Croazia e Slovenia,<br />

in occasione del recente grande<br />

“Concerto dell’Amicizia” <strong>di</strong>retto dal<br />

maestro Muti in piazza dell’Unità.<br />

La Console Gr<strong>di</strong>nić in particolare ha<br />

<strong>di</strong>chiarato <strong>di</strong> “essere fiera <strong>di</strong> partecipare<br />

a un nuovo importante passo in<br />

avanti nei rapporti tra le nostre Città<br />

e Paesi, dopo il grande passo compiuto<br />

poco fa con l’incontro dei Presidenti”.<br />

L’Ambasciatore Vidošević<br />

ha colto l’occasione per manifestare<br />

anche il ringraziamento della Croazia<br />

all’Italia, e in particolare al Ministro<br />

degli Esteri Frattini, per il sostegno<br />

che sta dando al percorso <strong>di</strong><br />

adesione <strong>di</strong> Zagabria all’Ue.<br />

Dopo la firma del documento,<br />

il tra<strong>di</strong>zionale scambio <strong>di</strong> doni: lo<br />

Scudo rosso-alabardato in smalto<br />

con lo stemma <strong>di</strong> Trieste al sindaco<br />

Obersnel e il Sigillo Trecentesco<br />

in argento all’Ambasciatore<br />

Vidošević, il Sigillo della Città<br />

<strong>di</strong> Fiume rappresentante il Patrono<br />

San Vito al sindaco Dipiazza. Inoltre,<br />

per tutti gli ospiti croati, una copia<br />

del CD del “Concerto dell’Amicizia”<br />

<strong>di</strong> piazza dell’Unità e una copia<br />

del nuovo volume “Panorama <strong>di</strong><br />

Trieste” con le stampe antiche della<br />

collezione Davia e le nuove foto<br />

della Trieste d’oggi. Simpatico particolare,<br />

anche il buffet in un locale<br />

tipico della ripavimentata via Cassa<br />

<strong>di</strong> Risparmio, è stato all’insegna<br />

della più schietta e tra<strong>di</strong>zionale triestinità<br />

gastronomica. ●<br />

Panorama 13


14 Panorama<br />

Ricorrenze<br />

Nell’agosto <strong>di</strong> trent’anni fa nei cantieri <strong>di</strong> Danzica nasceva la confederazione op<br />

Quando decise <strong>di</strong> fare politica... Sol<br />

a cura <strong>di</strong> Diana Pirjavec Rameša<br />

Nell’agosto <strong>di</strong> trent’anni fa, dapprima<br />

a Danzica e poi <strong>di</strong>ffondendosi<br />

rapidamente in tutta<br />

la Polonia, nasceva il movimento,<br />

o meglio la confederazione sindacale,<br />

<strong>di</strong> Solidarnosc. I moti spontanei<br />

nati dall’opposizione popolare al regime<br />

comunista si organizzarono in<br />

una protesta ed una riflessione sempre<br />

più <strong>di</strong>ffusa, assurgendo ben presto<br />

a movimento nazionale con un’eco<br />

ben più ampia dei confini polacchi. In<br />

quell’occasione fu tracciata la strada<br />

che portò alla fondazione <strong>di</strong> Solidarnosc,<br />

il primo sindacato dei lavoratori<br />

in<strong>di</strong>pendente del blocco comunista.<br />

La ricorrenza <strong>di</strong> quest’anno si inserisce<br />

nel contesto <strong>di</strong> un acceso <strong>di</strong>battito<br />

sul retaggio <strong>di</strong> Solidarnosc come<br />

movimento popolare e sul suo ruolo<br />

o<strong>di</strong>erno <strong>di</strong> organizzazione sindacale.<br />

L’esperienza polacca ha contribuito<br />

non poco nella costruzione della vasta<br />

riflessione e sensibilizzazione sui<br />

temi del lavoro e della sua <strong>di</strong>mensione<br />

etica che avrebbe portato, un anno<br />

dopo, alla realizzazione dell’enciclica<br />

“Laborem exercens” <strong>di</strong> Giovanni<br />

Paolo II (anch’egli polacco, come<br />

ricorderà chi legge) fino ad arrivare<br />

ai giorni nostri (la recente enciclica<br />

“Caritas in veritate” dell’attuale<br />

Pontefice, sul lavoro riprende totalmente<br />

i temi della “Laborem”).<br />

Un licenziamento<br />

scatenò la rivoluzione<br />

Era la vigilia <strong>di</strong> ferragosto del 1980<br />

quando a Danzica un volantino chiedeva<br />

agli operai dei cantieri navali un<br />

gesto <strong>di</strong> solidarietà per Anna Walentynowicz,<br />

addetta al reparto saldature<br />

e licenziata in tronco a pochi mesi<br />

dalla pensione. Il foglio era firmato da<br />

tre sconosciuti operai: Joanna Duda-<br />

Gwuazda, Andrzej Gwiazda e Bogdan<br />

Borusewicz (quest’ultimo oggi è<br />

presidente del Senato). Cominciarono<br />

così i fatti dell’estate <strong>di</strong> Danzica destinata<br />

a cambiare il volto della Polonia e<br />

ad imprimere una decisa svolta al volto<br />

del comunismo europeo. La Walentynowicz,<br />

operaia modello, coperta <strong>di</strong><br />

onorificenze, aveva pagato cara la richiesta<br />

<strong>di</strong> un sindacato libero.<br />

Quel volantino per Anna accese<br />

la miccia degli scioperi e i 17 mila<br />

operai dei cantieri navali si bloccarono.<br />

La protesta in favore dell’operaia<br />

giunse in un clima carico <strong>di</strong> malumori.<br />

All’inizio <strong>di</strong> luglio a Lublino i ferrovieri<br />

avevano saldato un vagone ai<br />

binari, per <strong>di</strong>spetto contro l’aumento<br />

delle esportazioni <strong>di</strong> carne, mentre i<br />

negozi polacchi erano vuoti. Altrove<br />

scioperi spontanei, assemblee. C’erano<br />

stati qua e là licenziamenti e sospensioni<br />

dal lavoro. Lo sciopero si<br />

caricò dunque <strong>di</strong> altre riven<strong>di</strong>cazioni.<br />

Gli scioperanti volevano aumenti <strong>di</strong><br />

Lo storico incontro tra papa Wojtyła e i <strong>di</strong>rigenti <strong>di</strong> Solidarnosc<br />

Lech Walesa non si è presentato ai<br />

festeggiamenti organizzati in occasione<br />

dell’importante ricorrenza<br />

ed ha mandato a <strong>di</strong>re ai vecchi<br />

compagni: “Vi occupate troppo <strong>di</strong><br />

politica e ben poco <strong>di</strong> sindacato”<br />

stipen<strong>di</strong>o, l’accesso ai mezzi <strong>di</strong> informazione,<br />

la celebrazione dei loro colleghi<br />

uccisi nel 1970 dalla polizia, la<br />

riassunzione dei licenziati, e volevano<br />

in primo luogo un sindacato libero dal<br />

partito comunista. Su tutte le richieste<br />

il regime era <strong>di</strong>sposto a trattare, ma<br />

non sull’ultima.<br />

Le riven<strong>di</strong>cazioni presto crebbero<br />

<strong>di</strong> numero e <strong>di</strong>vennero “le 21 richieste”,<br />

mettendo in crisi il regime, tanto<br />

più che il Papa polacco Giovanni Paolo<br />

II non mancò <strong>di</strong> far arrivare pubblicamente<br />

il suo sostegno agli operai<br />

in sciopero. Si capì subito che era una<br />

rivoluzione <strong>di</strong>versa. Non c’era notizia<br />

<strong>di</strong> atti violenti o fatti esagerati. La richiesta<br />

<strong>di</strong> libertà e giustizia sociale si<br />

accompagnava ad un grande senso <strong>di</strong><br />

responsabilità. Le prime trattative furono<br />

surreali. L’elettricista Lech Walesa<br />

salì su uno sgabello, arringando<br />

gli operai. Il capo aziendale Gniech<br />

invitò a riprendere il lavoro, “la ricreazione<br />

è finita” <strong>di</strong>sse. Gli operai non si<br />

mossero. Cominciò la trattativa. Walesa<br />

fu più convincente, Gniech era<br />

potente, ma non persuase. Lo sciopero<br />

proseguì. Mai s’era vista prima una<br />

trattativa sindacale trasmessa via altoparlante<br />

e, giorni dopo, via ra<strong>di</strong>o.


eraia guidata da Lech Walesa<br />

idarnosc fallì<br />

Richieste sindacali<br />

e altro ancora<br />

Walesa anni dopo confesserà che<br />

con Gniech aveva bluffato. Minacciava<br />

agitazioni a lungo termine, senza<br />

essere certo che gli operai lo avrebbero<br />

davvero seguito anche solo fino<br />

all’indomani. Fra i lavoratori regnava<br />

il malumore per le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> lavoro<br />

ed economiche, ma non erano organizzati.<br />

Walesa puntò alto e vinse,<br />

Gniech aveva dovuto in<strong>di</strong>etreggiare <strong>di</strong><br />

fronte a richieste fatte in pubblico, richieste<br />

che non erano più solo sindacali<br />

ma <strong>di</strong> buon senso, <strong>di</strong> <strong>di</strong>gnità.<br />

Domenica 17 agosto Walesa si presentò<br />

in fabbrica con una grande croce<br />

in legno e la piantò davanti all’ingresso,<br />

altri portarono l’immagine della<br />

Madonna nera <strong>di</strong> Jasna Gora e una<br />

foto <strong>di</strong> Giovanni Paolo II. Il giorno<br />

dopo nacque l’alleanza fra gli operai<br />

dei cantieri navali e quelli del nord: il<br />

pane portato agli occupanti dei cantieri<br />

navali fu <strong>di</strong>viso con gli operai dei<br />

cantieri del nord, che se la passavano<br />

peggio. Un gesto semplice e <strong>di</strong> grande<br />

impatto emotivo, che richiamava la<br />

comune fede cristiana. Durante l’occupazione<br />

delle fabbriche si cominciò<br />

a pregare, i sacerdoti furono invitati a<br />

<strong>di</strong>re la Messa.<br />

La prima protesta<br />

operaia non violenta<br />

Quelle migliaia <strong>di</strong> tute blu inginocchiate<br />

durante le celebrazioni dentro ai<br />

cantieri furono un’immagine sconvolgente<br />

<strong>di</strong> fede popolare che rimbalzò su<br />

tv e giornali <strong>di</strong> tutto il mondo. Quella<br />

<strong>di</strong> Danzica è stata soprattutto la prima<br />

rivoluzione operaia non violenta,<br />

all’insegna dello slogan “non c’è libertà<br />

senza solidarietà”. Eppure, curiosamente,<br />

il nome del primo sindacato libero<br />

Solidarnosc (solidarietà, in polacco)<br />

fondato ufficialmente il 31 agosto<br />

quando il governo si arrese alle richieste<br />

operai, fu scelto su in<strong>di</strong>cazione involontaria<br />

<strong>di</strong> uno dei maggiori oppositori<br />

<strong>di</strong> quegli operai, cioé il <strong>di</strong>rettore<br />

dei cantieri navali Gniech, il quale<br />

<strong>di</strong> fronte al <strong>di</strong>ffondersi degli sciope-<br />

Ricorrenze<br />

Il 31 agosto 1980 una folla oceanica si riversò nelle strade <strong>di</strong> Danzica<br />

ri, era sbottato <strong>di</strong>cendo: “ma questi<br />

sono scioperi <strong>di</strong> solidarietà”. Walesa<br />

se ne ricordò al momento <strong>di</strong> scegliere<br />

il nome del nuovo sindacato. In<br />

ogni caso, come <strong>di</strong>sse Bronislaw Geremek,<br />

protagonista <strong>di</strong> quella lontana<br />

estate polacca, poi ministro degli<br />

esteri e eurodeputato, a Danzica nel<br />

1980 prese corpo quella che “è stata<br />

soprattutto la prima rivoluzione operaia<br />

non violenta”.<br />

Nell’estate 1980 il governo polacco<br />

decretò pesanti rincari e razionamenti<br />

dei generi <strong>di</strong> prima necessità<br />

per far fronte alla gravissima crisi economica<br />

in cui il Paese era precipitato.<br />

Al termine <strong>di</strong> un estenuante braccio <strong>di</strong><br />

ferro con le autorità, il 30 agosto e il<br />

3 settembre 1980 vennero firmati gli<br />

accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Danzica, in 21 punti, grazie<br />

ai quali veniva riconosciuto il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

sciopero e veniva accettata la costituzione<br />

<strong>di</strong> un sindacato in<strong>di</strong>pendente dal<br />

Partito comunista.<br />

Il nuovo sindacato così sorto nel<br />

settembre 1980 crebbe rapidamente<br />

(oltre <strong>di</strong>eci milioni <strong>di</strong> iscritti in breve<br />

tempo) <strong>di</strong>ventando <strong>di</strong> fatto un centro<br />

<strong>di</strong> potere alternativo, incompatibile<br />

col sistema comunista polacco. La<br />

situazione continuò a deteriorarsi, finché<br />

nella notte tra il 12 e il 13 <strong>di</strong>cembre<br />

1981 il generale W. Jaruzelski, che<br />

dal 18 ottobre precedente riuniva in sé<br />

la carica <strong>di</strong> ministro della Difesa, segretario<br />

del Partito comunista e capo<br />

del governo, compì un colpo <strong>di</strong> stato.<br />

Forte dell’appoggio dell’Unione Sovietica,<br />

egli impose la legge marziale<br />

su tutto il territorio polacco, facen-<br />

do sospendere i <strong>di</strong>ritti costituzionali,<br />

rendendo nulli gli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Danzica<br />

e facendo internare Wałesa (eletto nel<br />

frattempo presidente del sindacato) assieme<br />

a migliaia <strong>di</strong> militanti. Nel corso<br />

del 1982, tuttavia, la società polacca,<br />

confortata dalla solidarietà internazionale,<br />

operò una resistenza quoti<strong>di</strong>ana<br />

che affiancava quella attiva sostenuta<br />

dalla costituita <strong>di</strong>rezione clandestina<br />

<strong>di</strong> Solidarnosc. Nel maggio furono<br />

sciolti tutti i sindacati, fino ad allora<br />

sospesi, ma nell’autunno successivo,<br />

grazie anche all’attiva me<strong>di</strong>azione<br />

della Chiesa cattolica, si ebbe un momento<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>stensione che condusse alla<br />

liberazione <strong>di</strong> Wałesa e alla sospensione<br />

dello stato <strong>di</strong> guerra (poi abolito nel<br />

luglio 1983). Sebbene fossero ormai<br />

pochi a credere a una possibile rinascita<br />

<strong>di</strong> Solidarnosc, Wałesa, cui venne<br />

assegnato nell’ottobre 1983 il premio<br />

Nobel per la pace, riuscì a trovare spazi<br />

d’azione e <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo non violento,<br />

nonostante episo<strong>di</strong> come il rapimento<br />

e l’assassinio <strong>di</strong> padre Popiełuszko da<br />

parte <strong>di</strong> agenti della polizia politica.<br />

Le amnistie e la liberazione dei prigionieri<br />

politici, i nuovi pellegrinaggi polacchi<br />

del Papa, il fallimento del referendum<br />

voluto dal governo nel 1987<br />

e osteggiato dal sindacato, riorganizzatosi<br />

informalmente, prepararono<br />

gli scioperi della primavera del 1988;<br />

nell’agosto seguente furono ripresi i<br />

contatti ufficiali tra le parti sociali e si<br />

avviò una tavola rotonda tra governo<br />

e opposizione che si raccolse intorno<br />

a un Comitato civico. La con<strong>di</strong>zione<br />

era un nuovo riconoscimento ufficia-<br />

Panorama 15


16 Panorama<br />

Ricorrenze<br />

le <strong>di</strong> Solidarnosc, riconoscimento che<br />

avvenne nell’aprile 1989. Gli accor<strong>di</strong><br />

della tavola rotonda, sviluppatisi in<br />

un clima internazionale che già lasciava<br />

intravedere la crisi definitiva dei regimi<br />

comunisti dell’Europa orientale,<br />

prevedevano elezioni parzialmente libere:<br />

al Senato, nel giugno 1989 furono<br />

eletti 99 can<strong>di</strong>dati <strong>di</strong> Solidarnosc su<br />

100 seggi. Intorno al sindacato si coagulò<br />

infatti una vera forza politica;<br />

l’elezione <strong>di</strong> Jaruzelski come primo<br />

presidente della Repubblica polacca fu<br />

possibile grazie all’appoggio <strong>di</strong> alcuni<br />

parlamentari <strong>di</strong> Solidarnosc, che nel<br />

maggio 1990 colse un nuovo successo<br />

elettorale attraverso i suoi Comitati<br />

civici. Intanto un uomo proposto da<br />

Wałesa, ancora presidente del sindacato,<br />

T. Mazowiecki, era <strong>di</strong>ventato primo<br />

ministro (settembre 1989). Quando,<br />

infine, Jaruzelski rimise il mandato<br />

al Parlamento, Wałesa venne eletto<br />

democraticamente e a suffragio universale<br />

presidente della Repubblica<br />

(1990) col 74 p.c. dei voti. Mentre per<br />

il leader sindacale iniziava una nuova<br />

fatica <strong>di</strong> me<strong>di</strong>atore tra i tanti partiti rifioriti<br />

nella lotta politica, per Solidarnosc<br />

si apriva una nuova fase, rivolta a<br />

ricostruire la propria identità <strong>di</strong> sindacato<br />

in un sistema pluralista, alle prese,<br />

in una economia <strong>di</strong> mercato incerta<br />

e squilibrata, con inflazione e <strong>di</strong>soccupazione.<br />

Gli anni Novanta, comunque,<br />

vedevano un declino della politica <strong>di</strong><br />

Solidarnosc che, a eccezione delle elezioni<br />

parlamentari del 1997, non riusciva<br />

a riscuotere il favore dell’elettorato<br />

polacco sia nelle consultazioni<br />

politiche del 1993, sia nelle presidenziali<br />

del 1995 e del 2000, nelle quali il<br />

suo leader Wałesa non otteneva la vittoria.<br />

Infatti, le presidenziali del 2000<br />

determinavano il trionfo <strong>di</strong> A. Kwasniewski,<br />

leader degli ex comunisti<br />

dell’Alleanza per la Sinistra Democratica<br />

(SLD), per cui Wałesa decise <strong>di</strong><br />

abbandonare la vita politica.<br />

Che cosa resta<br />

<strong>di</strong> Solidarnosc?<br />

La rivista “Gazeta Wyborcza”<br />

ha chiesto a dei giovani sociologi<br />

cosa resta oggi del leggendario sindacato.<br />

Secondo la trentenne Agata<br />

Szczęśniak è sopravvissuto l’aspetto<br />

utopistico, “la fiducia nella possibilità<br />

<strong>di</strong> un cambiamento sociale improvviso<br />

e ra<strong>di</strong>cale”, mentre Michał<br />

Łuczewski, 31 anni, pone l’accento<br />

sull’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> Solidarnosc come<br />

“idea <strong>di</strong> una rivoluzione morale, riscoperta<br />

e ogni volta <strong>di</strong> nuovo <strong>di</strong>menticata<br />

nel corso della storia della<br />

Polonia”. Karolina Wigura in<strong>di</strong>vidua<br />

due linee narrative peculiari nel mito<br />

<strong>di</strong> Solidarnosc: “La prima definisce il<br />

movimento <strong>di</strong> Solidarnosc dei primi<br />

anni Ottanta come un periodo carnevalesco,<br />

in cui i polacchi riuscirono a<br />

trovare l’unità nonostante le <strong>di</strong>visioni.<br />

La seconda linea colloca invece il<br />

pluralismo al <strong>di</strong> sopra dell’unità, sottolineando<br />

la lotta per la libertà e il<br />

<strong>di</strong>ritto a essere <strong>di</strong>versi”.<br />

In una intervista con Józef Pinior,<br />

attivista <strong>di</strong> spicco <strong>di</strong> Solidarnosc negli<br />

anni Ottanta, “Newsweek” chiede<br />

come mai un simbolo nazionale si sia<br />

trasformato in uno strumento politico<br />

del partito <strong>di</strong> destra Legge e Giustizia<br />

(PiS). “Solidarnosc non è stata in grado<br />

<strong>di</strong> definire ciò che era, né <strong>di</strong> comprendere<br />

la propria identità”, risponde<br />

Pinior. “Dopo la svolta del 1989 il sindacato<br />

ha perso or<strong>di</strong>ne e compattezza,<br />

e non è riuscito a generare un partito<br />

politico in grado <strong>di</strong> esprimere gli interessi<br />

sociali delle persone che rappresentava”.<br />

Secondo Tomasz Lis, <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong><br />

“Wprost”, “il paradosso <strong>di</strong> Solidarnosc<br />

risiede nel fatto che coloro che<br />

contribuirono a creare il sindacato -<br />

gli impiegati delle gran<strong>di</strong> compagnie<br />

controllate dallo stato, l’intellighenzia<br />

del lavoro e la chiesa - sono stati i più<br />

danneggiati dal cambiamento scatenato<br />

da Solidarnosc. Ma il movimento in<br />

se ci ha rimesso ancora <strong>di</strong> più”.<br />

Solidarnosc è stata rovinata dai<br />

suoi stessi fondatori: Lech Wałęsa ha<br />

identificato il sindacato con la sua persona,<br />

mentre i “veri patrioti” lo accusavano<br />

<strong>di</strong> essere un agente <strong>di</strong> polizia<br />

sotto copertura; l’ex presidente<br />

Lech Kaczyński e l’ex primo ministro<br />

Jarosław Kaczyński si autodefinirono<br />

gli ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> Solidarnosc, ma hanno finito<br />

per esacerbare le <strong>di</strong>visioni sociali.<br />

Su “Gazeta Wyborcza”, Mirosław<br />

Czech si mostra più positivo. Secondo<br />

Czech infatti “la generazione <strong>di</strong> Solidarnosc<br />

ha superato la prova <strong>di</strong> costruire<br />

il nuovo stato e si è <strong>di</strong>mostrata<br />

vincente. Non sono stati testimoni<br />

del fallimento della rivolta, ma hanno<br />

abbracciato la politica dei piccoli<br />

passi: risolvere i problemi del paese<br />

e rafforzare la posizione della Polonia<br />

nell’Unione europea. Non sarà la realizzazione<br />

<strong>di</strong> tutti i nostri sogni, ma chi<br />

avrebbe potuto immaginare una cosa<br />

del genere trent’anni fa?” ●


Ricorrenze<br />

Fu in grado <strong>di</strong> organizzare una rivoluzione non violenta. Oggi critica Solidarnosc<br />

Walesa, l’elettricista che sapeva parlare alla folla<br />

Uomo sempre allegro e chiacchierone, furbissimo<br />

e generoso, ma anche focoso e facile al litigio,<br />

Lech Walesa è il simbolo dell’estate <strong>di</strong> Danzica. E anche<br />

la rappresentazione vivente della straor<strong>di</strong>naria capacità<br />

della Storia <strong>di</strong> cambiare volto a ciò che, talora,<br />

si crede definito una volta per sempre. Nell’agosto<br />

1980 Walesa è solo un elettricista strapazzato dal<br />

regime per le sue idee sovversive in fabbrica, licenziato<br />

nel 1976 e arrestato, costretto per quattro anni a<br />

sfamare moglie e sei figli arrangiandosi con lavoretti<br />

saltuari. Poi la ruota gira, e l’ex elettricista si ritrova<br />

nell’estate del 1980 a capo della rivoluzione pacifica<br />

che mette in ginocchio il regime comunista <strong>di</strong> Varsavia<br />

e lo avvia, ben nove anni prima della caduta del<br />

muro <strong>di</strong> Berlino, alla sua <strong>di</strong>ssoluzione. Walesa fonda<br />

Solidarnosc, il primo sindacato libero mai costituito in<br />

un Paese comunista, fa in tempo a tornare in carcere<br />

dopo il golpe del gen. Jaruzelski del 1981, ma alla fine<br />

la sua stella risorge ancora: nel 1983 gli viene assegnato<br />

il Nobel per la pace e della Polonia <strong>di</strong>venta ad<strong>di</strong>rittura<br />

Presidente a furor <strong>di</strong> popolo nel 1990.<br />

Il merito più grande <strong>di</strong> Walesa è stato quello <strong>di</strong> saper<br />

condurre la durissima fase degli scioperi e poi la<br />

resistenza al golpe senza cadere nella tentazione <strong>di</strong> far<br />

compiere atti <strong>di</strong> violenza al suo popolo. Tutte le volte<br />

che i soldati si presentavano davanti alle fabbriche occupate,<br />

non trovavano folle esagitate ma operai calmi<br />

e tranquilli, gente semplice, qualche volta in preghiera,<br />

altre intenti a partecipare alle Messe all’aperto. Uno<br />

spettacolo inau<strong>di</strong>to anche per gli osservatori occidentali.<br />

Durante la rivoluzione polacca non fu rotto un vetro,<br />

nessun militare fu colpito, nessuna azienda danneggiata.<br />

L’ex elettricista guidò una rivolta fatta <strong>di</strong> assemblee<br />

sindacali e <strong>di</strong> preghiere, una rivoluzione operaia e cattolica.<br />

La parabola <strong>di</strong> Walesa è straor<strong>di</strong>naria se si pensa alla<br />

sua modesta istruzione, alle sue scarse o nulle conoscenze<br />

<strong>di</strong> politica e sindacato e burocrazia, tanto che già<br />

nei giorni dello sciopero <strong>di</strong> Danzica furono fatti venire<br />

da Varsavia alcuni intellettuali e giornalisti cattolici<br />

come Tadeusz Mazowiecki e Bronislaw Geremek, con<br />

il compito <strong>di</strong> supportarlo nel confronto con gli uomini<br />

del regime. Mazowiecki <strong>di</strong>venterà capo del governo nel<br />

1990 proprio con Walesa Presidente, e Geremek ministro<br />

degli esteri e uno dei suoi più ascoltati consiglieri.<br />

Ma le cose cambiano e anche i rapporti umani.<br />

Walesa, infatti, negli anni romperà i rapporti per<br />

motivi politici e caratteriali, con la maggior parte<br />

dei suoi compagni della prima ora: romperà con<br />

Mazowiecki e Geremek, e anche con Bogdan Borusewicz,<br />

l’autore del volantino del 14 agosto 1980 (e<br />

attualmente Presidente del Senato). Pessimi rapporti<br />

anche con Anna Walentynovicz e Lech Kaczinsky<br />

<strong>di</strong>ventato poi Presidente (entrambi questi ultimi sono<br />

morti, insieme con altre 94 autorità dello Stato e del-<br />

Disegno <strong>di</strong> copertina <strong>di</strong> una rivista dell’epoca: il<br />

leader sindale Lech Walesa portato in trionfo<br />

la società polacca nel <strong>di</strong>sastro aereo <strong>di</strong> Katyn il 10<br />

aprile scorso). Nell’occasione Walesa ha reso l’onore<br />

delle armi a Kaczinsky, <strong>di</strong>cendosi favorevole alla sua<br />

sepoltura nel castello del Wawel, insieme ai gran<strong>di</strong><br />

della patria.<br />

Fin dall’inizio, la vita <strong>di</strong> Lech Walesa non è stata<br />

facile. Nato il 13 settembre 1943 a Lipno, vicino a<br />

Varsavia, è rimasto orfano del padre a soli due anni<br />

<strong>di</strong> età. La madre dopo qualche tempo si era risposata,<br />

andando a vivere in America, ma senza <strong>di</strong> lui. A<br />

25 anni sposa Danuta, dalla quale avrà 8 figli. Cattolico<br />

praticante, e orgoglioso <strong>di</strong> esserlo, tanto da portare<br />

sempre sulla giacca un’immaginetta della Madonna<br />

nera <strong>di</strong> Jasna Gora, Walesa non hai mai perso<br />

il buon umore e l’allegria nemmeno nei momenti<br />

più duri dello scontro con il regime. Pur non avendo<br />

una grande istruzione, sapeva parlare alle folle e<br />

convincerle. “Sono uno <strong>di</strong> loro, parlo e penso come<br />

loro”, <strong>di</strong>ceva. Forte è stata la sua amicizia con papa<br />

Wojtyla, da cui ricevette un grande sostegno in quegli<br />

anni cruciali. Anzi, come lui stesso ha ammesso,<br />

senza l’aiuto del Papa polacco, l’estate <strong>di</strong> Danzica e<br />

Solidarnosc non ci sarebbero mai stati. ●<br />

Panorama 17


18 Panorama<br />

Società<br />

Sul fronte dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo, tra integralismo e condanna alla lapidazione<br />

Sakineh Mohamma<strong>di</strong> e le altre<br />

a cura <strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />

Il volto serio e bello <strong>di</strong> Sakineh incorniciato<br />

nel nero riquadro del<br />

chador è sulle pagine dei giornali<br />

<strong>di</strong> mezzo mondo, presenza assidua nel<br />

Web e manifesto appeso sulle facciate<br />

delle se<strong>di</strong> istituzionali <strong>di</strong> molte città europee,<br />

icona pervasiva e reiterata <strong>di</strong> un<br />

<strong>di</strong>ritto a una giustizia umana che più e<br />

più volte, recentemente, ha visto mobilitazioni<br />

internazionali contro i regimi<br />

detentivi, le coercizioni e le pene cui in<br />

Iran vengono sottoposti <strong>di</strong>ssidenti, attivisti<br />

e intellettuali, ricorda Traccani.it,<br />

il portale della più grande e prestigiosa<br />

Enciclope<strong>di</strong>a Italiana. Tra i più noti<br />

<strong>di</strong> essi vi sono il regista Jafar Panahi,<br />

scarcerato nel maggio <strong>di</strong> quest’anno<br />

dopo tre mesi <strong>di</strong> detenzione, ma anche<br />

i fratelli Kamiar e Arash Alaei, me<strong>di</strong>ci<br />

impegnati da anni nella lotta contro<br />

l’Aids, la giornalista Roxana Saberi,<br />

arrestata mentre stava scrivendo un<br />

reportage sull’Iran e accusata <strong>di</strong> spionaggio<br />

(e poi scarcerata) e Silva Harotonian,<br />

impiegata in un’organizzazione<br />

no-profit per lo sviluppo e accusata<br />

<strong>di</strong> “cooperazione con gli Stati Uniti”.<br />

Oltre che le torture e le morti sospette<br />

in carcere - come il “suici<strong>di</strong>o” nel marzo<br />

del 2009 del blogger iraniano Omi-<br />

Frusta e pietre non attendono solo Sakineh, della<br />

quale si è saputo da una lettera del figlio Sajjad<br />

Ghaderzadeh che ha ricevuto una nuova condanna a<br />

99 frustate “per aver <strong>di</strong>ffuso la corruzione e l’indecenza”,<br />

avendo il 20 agosto il ‘Times’ pubblicato la<br />

foto <strong>di</strong> una donna senza velo che non è neppure la sua,<br />

e per la quale la testata ha presentato le sue scuse ai<br />

lettori. Insieme a Sakineh, almeno altre tre donne rischiano<br />

<strong>di</strong> essere lapidate in Iran.<br />

Kobra Babai, moglie <strong>di</strong> Rahim Mohamma<strong>di</strong>, già<br />

giustiziato nell’ottobre del 2009 nel carcere <strong>di</strong> Tabriz<br />

per impiccagione. In con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> estrema povertà, con<br />

l’assenso del coniuge Kobra avrebbe fornito prestazioni<br />

sessuali ad alcuni impiegati dei servizi <strong>di</strong> assistenza<br />

economica in modo da ottenerne maggiori quantità <strong>di</strong><br />

denaro.<br />

Maryam Ghorbanzadeh, 25 anni, detenuta nel carcere<br />

<strong>di</strong> Tabriz e come Sakineh accusata <strong>di</strong> complicità<br />

Una delle manifestazioni <strong>di</strong> solidarietà con Sakineh organizzate in Italia<br />

dreza Mirsayafim - Amnesty International<br />

e Human Right Watch hanno<br />

più volte denunciato l’assoluta assenza<br />

in Iran <strong>di</strong> garanzie minime per gli<br />

imputati, quali la possibilità per i detenuti<br />

<strong>di</strong> incontrare in carcere avvocati<br />

e parenti e <strong>di</strong> essere sottoposti a giu<strong>di</strong>zio<br />

secondo i criteri internazionali del<br />

“giusto processo”. Una notizia importante,<br />

ma non la fine dell’incubo<br />

per Sakineh Mohamma<strong>di</strong> Ashtiani,<br />

la donna iraniana <strong>di</strong> 43 anni su cui<br />

pende una condanna a morte per lapidazione.<br />

La mobilitazione interna-<br />

zionale a sostegno del suo <strong>di</strong>ritto alla<br />

vita avrebbe sortito un risultato concreto:<br />

il ministero degli Esteri della<br />

Repubblica islamica ha ufficialmente<br />

confermato che il suo caso, in particolare<br />

quello relativo all’accusa <strong>di</strong><br />

adulterio, sarà rivisto e che la pena<br />

deve considerarsi sospesa. Poche ore<br />

prima il Parlamento Europeo aveva<br />

votato praticamente all’unanimità<br />

(un solo voto contrario) una risoluzione<br />

in cui si chiedeva all’Iran <strong>di</strong><br />

riesaminare il caso. Ma gli attivisti<br />

per i <strong>di</strong>ritti umani mettono in guar<strong>di</strong>a<br />

Ancora tre donne in attesa <strong>di</strong> essere giustiziate?<br />

nell’omici<strong>di</strong>o del marito, un uomo violento dalla cui<br />

sopraffazione un altro uomo non meno violento l’ha liberata<br />

uccidendolo. Maryam è al sesto mese <strong>di</strong> gravidanza,<br />

ma si teme che possa essere costretta ad abortire:<br />

secondo la giustizia islamica una donna incinta non può<br />

essere giustiziata.<br />

Azar Bagheri, 19 anni, incarcerata a 14 anni per<br />

una denuncia <strong>di</strong> adulterio da parte dell’anziano uomo<br />

con il quale era stata costretta a sposarsi, condannata a<br />

100 frustate e alla lapidazione nonostante non vi fossero<br />

prove della sua infedeltà, e costretta ad attendere nel<br />

braccio della morte il raggiungimento della maggiore<br />

età prescritta dal co<strong>di</strong>ce penale iraniano perché la pena<br />

capitale possa essere comminata. Come denunciato dal<br />

figlio <strong>di</strong> Sakineh per la madre, anche Azar è già stata<br />

costretta a morire due volte: per due volte è stata trascinata<br />

nel cortile del carcere, sotterrata fino al petto, poi<br />

<strong>di</strong>sseppellita e ricondotta nella sua cella. ●


dai facili entusiasmi. La storia <strong>di</strong> Sakineh<br />

è più semplice e forse per questo<br />

più terribile ancora, perché lei non<br />

ha sfidato il potere cieco della milizia<br />

del Basij o delle Guar<strong>di</strong>e rivoluzionarie,<br />

né è accusata <strong>di</strong> atti eversivi contro<br />

un sistema politico che dopo l’elezione<br />

<strong>di</strong> Mahmud Ahma<strong>di</strong>nejad ha imposto<br />

un nuovo giro <strong>di</strong> vite alle libertà<br />

fondamentali dell’in<strong>di</strong>viduo. Come<br />

ha rilevato il filosofo Bernard-Henry<br />

Lévy, uno tra i più attivi sostenitori<br />

della campagna internazionale per la<br />

revoca della condanna a morte, Sakineh<br />

è probabilmente colpevole solo <strong>di</strong><br />

essersi innamorata e per questo <strong>di</strong> avere<br />

infranto una delle leggi della shari’a<br />

islamica commettendo adulterio,<br />

reato che ha confessato probabilmente<br />

sotto tortura e per il quale è detenuta<br />

dal 15 maggio del 2006 nel carcere <strong>di</strong><br />

Tabriz, dove ha scontato la pena della<br />

fustigazione.<br />

Solo alcuni mesi fa è riemersa una<br />

nuova e vaga accusa <strong>di</strong> uxorici<strong>di</strong>o,<br />

da cui la donna era già stata prosciolta<br />

nel 2006, formalmente confermata<br />

da una nuova confessione in cui Sakineh<br />

avrebbe ammesso una “complicità”<br />

nell’assassinio del marito. Oltre<br />

a confessare, inaspettatamente Sakineh<br />

ha condannato i me<strong>di</strong>a occidentali<br />

“perché hanno interferito nella sua vita<br />

priva ta” e ha preso le <strong>di</strong>stanze dal suo<br />

ex avvocato, Mohamma<strong>di</strong> Mostafai,<br />

attivista per i <strong>di</strong>ritti umani e costretto a<br />

rifugiarsi in Norvegia per non rischiare<br />

egli stesso l’arresto.<br />

La pena capitale della lapidazione,<br />

e contro la quale l’opinione pubblica<br />

mon<strong>di</strong>ale si è mobilitata - contando in<br />

Italia dell’adesione <strong>di</strong> personalità quali<br />

Rita Levi-Montalcini e all’estero suscitando<br />

un caso <strong>di</strong>plomatico, con il<br />

presidente francese Sarkozy che ha <strong>di</strong>chiarato<br />

<strong>di</strong> considerare la donna sotto<br />

Società<br />

A Piazza Colonna, a Roma, e a Lisbona (a destra) si chiede <strong>di</strong> salvare la vita <strong>di</strong> Sakineh Mohamma<strong>di</strong> Ashtiani<br />

Le donne polacche protestano davanti all’ambasciata dell’Iran a Varsavia<br />

la protezione francese - è prevista in<br />

Iran per il reato <strong>di</strong> adulterio durante il<br />

matrimonio e, sebbene nel 2002 la magistratura<br />

abbia imposto una moratoria<br />

su questa forma <strong>di</strong> esecuzione, le autorità<br />

giu<strong>di</strong>ziarie iraniane hanno ammesso<br />

<strong>di</strong> avere giustiziato in tal modo due<br />

in<strong>di</strong>vidui nel <strong>di</strong>cembre 2008. In base<br />

alle <strong>di</strong>sposizioni del co<strong>di</strong>ce penale iraniano,<br />

il reo viene avvolto in un sudario<br />

e posto in una buca fino all’altezza<br />

del petto se è un uomo, del collo se<br />

è donna. Se riuscisse a liberarsi sarebbe<br />

graziato, ma è evidente che nessuna<br />

donna potrebbe mai farlo. Quin<strong>di</strong><br />

si procede al lancio delle pietre, “non<br />

abbastanza grosse da poter uccidere la<br />

persona con uno o due colpi, non piccole<br />

al punto da non poterle più definire<br />

pietre”. La prima pietra sarà scagliata<br />

dal giu<strong>di</strong>ce nel caso in cui il condannato<br />

abbia rimesso una confessione<br />

presso il tribunale, e da testimoni<br />

oculari se il reato è stato accertato grazie<br />

alla loro deposizione; l’esecuzione<br />

dura almeno mezz’ora. Questo è stato<br />

il tempo necessario a che nel 2006 una<br />

“mano pietosa” decidesse <strong>di</strong> infliggere<br />

con un blocco <strong>di</strong> cemento alla testa<br />

il colpo <strong>di</strong> grazia a Doa Khalil Aswad,<br />

<strong>di</strong>ciassettenne studentessa irachena<br />

<strong>di</strong> fede yazida, che si era innamorata<br />

<strong>di</strong> un vicino <strong>di</strong> casa musulmano e per<br />

questo si era convertita all’Islam; non<br />

meno lunga deve essere stata l’agonia<br />

<strong>di</strong> Aisha Ibrahim Dhuhulow, 23<br />

anni, adultera, lapidata nell’ottobre del<br />

2008 nello sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Chisimaio in Somalia<br />

<strong>di</strong> fronte a migliaia <strong>di</strong> testimoni,<br />

<strong>di</strong>ssotterrata due volte per constatarne<br />

la morte e quin<strong>di</strong> reinterrata fino<br />

a che questa non è sopraggiunta. Per<br />

Sakineh e per tutte le altre, il consesso<br />

umano chiede salvezza. ●<br />

Panorama 19


20 Panorama<br />

Arte<br />

Il festival <strong>di</strong> cultura ebraica Bejahad ha portato ad Abbazia il pittore Vla<strong>di</strong>mir Veličko<br />

Coerenza nel procedere e nel tenere g<br />

<strong>di</strong> Erna Toncinich<br />

Ho notato più volte la presenza<br />

<strong>di</strong> quelle signore: <strong>di</strong> mezza<br />

età, piacenti, eleganti e molto<br />

chiacchierone. Sto impalata <strong>di</strong>nanzi ad<br />

una delle opere esposte ma non posso<br />

fare a meno <strong>di</strong> captare quello che una<br />

delle donne <strong>di</strong>ce all’altra: ”Me lo dessero<br />

questo <strong>di</strong>pinto, lo rifiuterei. Non<br />

terrei mai in casa un quadro del genere,<br />

mi vengono i brivi<strong>di</strong> al solo osservarlo,<br />

terribile, opprimente, con questi corpi<br />

scheletrici, grigi, neri, privi della testa...<br />

I ratti poi, li ve<strong>di</strong> i ratti? Che schifo!<br />

E quelle macchie rosse che sembrano<br />

vero, puro, sangue... Ripugnante!”.<br />

Sono pienamente immersa nella contemplazione<br />

dello stesso <strong>di</strong>pinto calunniato<br />

dalle due dame ma colgo chiaramente<br />

la “bestemmia” appena pronunciata<br />

dalle signore. Allora - penso - rifiuterebbero<br />

anche il sanguinolento Bue<br />

squartato <strong>di</strong> Rembrandt, il terrificante<br />

Urlo <strong>di</strong> Munch o un qualsiasi <strong>di</strong>pinto <strong>di</strong><br />

Bacon.... Chiaro: a queste signore piacciono<br />

i paesaggi, i fiori, gli uccellini...<br />

La vernice sta per iniziare ed io “scappo”<br />

dalle due chiacchierone.<br />

Nel fondo dello spazio espositivo<br />

- che è quello del Pa<strong>di</strong>glione artistico<br />

“Juraj Šporer” <strong>di</strong> Abbazia dove un numeroso<br />

pubblico è in attesa dell’apertura<br />

<strong>di</strong> una importante mostra - l’artista<br />

espositore, Vla<strong>di</strong>mir Veličković, il<br />

Veličković nel suo atelier. In basso: figure acefale, teste che rotolano, corpi<br />

<strong>di</strong>laniati, urlo e silenzio presenti in quasi tutti i <strong>di</strong>segni dell’Artista<br />

noto critico d’arte Tonko Maroević,<br />

che presenterà brillantemente l’artista<br />

e parlerà delle opere esposte, lo scrittore<br />

Predrag Matvejević, un altro artista<br />

croato, Zlatko Bourek (pittore, illustratore<br />

e scenografo, uno dei più noti<br />

e apprezzati esponenti della scuola<br />

d’animazione <strong>di</strong> Zagabria), personaggi<br />

e ospiti importanti che in un modo o<br />

nell’altro hanno dato lustro alla quarta<br />

e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Bejahad e si sono alternati<br />

nell’apporre la firma nel Libro d’oro<br />

<strong>di</strong> Abbazia. Anche quest’anno il festival,<br />

autentica Scena culturale ebraica,<br />

dal 24 al 31 agosto scorso ha proposto<br />

una fitta scaletta <strong>di</strong> appuntamenti<br />

culturali e sociali in più punti della<br />

località rivierasca e in questo ambito<br />

è stata allestita questa mostra, alla cui<br />

apertura si sono avvicendati con i loro<br />

interventi il critico Maroević, lo stesso<br />

Veličković, l’autore del celeberrimo<br />

“Breviario me<strong>di</strong>terraneo” Predrag<br />

Matvejević, ed il sindaco <strong>di</strong> Abbazia,<br />

Ivo Dujmić, che ha inaugurato l’esposizione.<br />

Sino a qualche decennio fa la Galleria<br />

Moderna <strong>di</strong> Fiume, come allora<br />

si chiamava, organizzava due importanti<br />

manifestazioni: la Mostra<br />

del Disegno originale e la Biennale<br />

dei Giovani; ed è in alcune e<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> queste rassegne d’arte che<br />

avevo conosciuto i lavori del giovane<br />

Veličković. Belgradese, <strong>di</strong> professione<br />

architetto - e anche promettente,<br />

da poco laureato, già collaborava<br />

con Bogdan Bogdanović e Dušan<br />

Džamonja -, entra nella “scuola” <strong>di</strong><br />

Krsto Hegedušić che segna la svolta


vić e il designer Dan Reisinger<br />

li occhi aperti<br />

definitiva nel suo percorso creativo: è<br />

il <strong>di</strong>segno, la pittura, la grafica quello<br />

che lo attrae, più della progettazione<br />

architettonica.<br />

Da anni Veličković risiede a Parigi,<br />

è molto noto e sue opere si trovano<br />

nei maggiori musei e gallerie del mondo.<br />

Con la mostra abbaziana ritorna<br />

dopo tanti anni ad esporre in Croazia,<br />

si presenta con sette lavori, cinque <strong>di</strong>pinti,<br />

due <strong>di</strong>segni e una scultura, opere<br />

<strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni realizzate tra<br />

il 1996 ed il 2001. Il tema è sempre lo<br />

stesso, sin dai primi anni del suo iter<br />

creativo: figure martoriate, <strong>di</strong>laniate,<br />

acefale, teste che rotolano, ratti, ecc, in<br />

un vortice inarrestabile, sia che emergano<br />

da immacolati fon<strong>di</strong> bianchi, sia<br />

come inquietanti <strong>di</strong>mensioni visionarie<br />

<strong>di</strong> spazi <strong>di</strong>pinti, scuri, anonimi. C’è<br />

l’urlo e c’è il silenzio nei suoi lavori,<br />

c’è l’irruenza formale e, sempre ma<br />

proprio sempre, la coerenza nel procedere,<br />

nel “tenere gli occhi aperti”<br />

come ha detto Maroević.<br />

Gli organizzatori del festival Bejahad<br />

hanno portato ad Abbazia pure un<br />

notissimo artista israelita, il pluripremiato<br />

designer Dan Reisinger, che in<br />

due splen<strong>di</strong>de conferenze ha raccontato<br />

e mostrato parte della sua ampia<br />

e qualificatissima produzione. Reisinger<br />

è nato in Vojvo<strong>di</strong>na, a Kanjiža, nel<br />

1949, e se<strong>di</strong>cenne, dopo essere rimasto<br />

senza padre, finito in un campo <strong>di</strong><br />

sterminio, con la madre ed il patrigno<br />

si trasferisce in Israele. Fa l’imbianchino<br />

- conosce a perfezione il lavoro in<br />

quanto proviene da una nota famiglia<br />

<strong>di</strong> pittori e decoratori - e dopo un solo<br />

anno viene ammesso all’Accademia<br />

Bezalel <strong>di</strong> Arte e Design <strong>di</strong> Tel Aviv.<br />

Nel 1957 un suo manifesto, realizzato<br />

per l’EXPO universale <strong>di</strong> Bruxelles<br />

1958, ottiene il primo premio. Inizia la<br />

sua attività <strong>di</strong> designer dopo altri stu<strong>di</strong><br />

che compirà a Londra. In Israele rientra<br />

definitivamente nel 1966.<br />

Reisinger è autore <strong>di</strong> manifesti e<br />

loghi su temi sociali e politici, visualizzati<br />

come forme e colori puri, matematicamente<br />

calibrati, un linguaggio,<br />

il suo, che comprova l’influenza<br />

esercitata dal costruttivismo come dal<br />

Arte<br />

Reinsiger <strong>di</strong>nanzi ad una sua opera. A lato e sotto: alcuni suoi manifesti<br />

Il manifesto <strong>di</strong> Reinsiger premiato<br />

all’Expo <strong>di</strong> Bruxelles del 1958<br />

minimalismo. E tra i colori primeggiano<br />

quelli principali: il giallo, il colore<br />

della stella che gli ebrei (e lui stesso<br />

da ragazzo) sono stati costretti a portare<br />

durante il nazismo; il rosso, il colore<br />

della ban<strong>di</strong>era russa dei liberatori;<br />

l’azzurro, il colore del cielo d’Israele.<br />

Ma se il colore è l’elemento che<br />

contrad<strong>di</strong>stingue i suoi lavori grafici,<br />

compreso l’originale calendario perpetuo<br />

commissionatogli dal Museo<br />

d’Arte Moderna <strong>di</strong> New York con la<br />

bellezza <strong>di</strong> oltre quattromila combinazioni,<br />

e se tra i suoi interventi ambientali<br />

ci sono opere coloratissime,<br />

c’è pure un suo lavoro, un rilievo del<br />

1978, con una citazione biblica in alluminio<br />

pressofuso, lungo cinquanta<br />

metri. Grigio, grigio. ●<br />

Panorama 21


22 Panorama<br />

Cinema e <strong>di</strong>ntorni<br />

Alcune ambiguità riscontrate nelle scelte della 67.esima Mostra <strong>di</strong> Venezia<br />

Azzeramento della firma autoriale<br />

<strong>di</strong> Gianfranco Sodomaco<br />

Ci siamo occupati, l’altra volta,<br />

del grande regista italiano,<br />

scomparso, Luchino Visconti.<br />

Questa volta ci occupiamo, vedremo<br />

subito il perché, <strong>di</strong> Quentin Tarantino,<br />

regista americano <strong>di</strong> origini italiane<br />

“immortalato” dalla grancassa<br />

dell’industria pubblicitaria, per alcuni,<br />

forse molti, grande regista non solo<br />

americano ma “mon<strong>di</strong>ale”. Tarantino,<br />

quest’anno, ha presieduto la Giuria della<br />

Mostra d’Arte Cinematografica <strong>di</strong><br />

Venezia: non a caso. Il <strong>di</strong>rettore della<br />

Mostra, Marco Muller, ha insistito perché<br />

fosse lui a <strong>di</strong>rigere il lavoro critico.<br />

Perché? Credo che il popolo dei cinefili,<br />

degli amanti del cinema, si possa <strong>di</strong>videre<br />

in due categorie: i “tarantiniani”<br />

e gli “antitarantiniani”. Dico subito, io<br />

appartengo agli “anti” ma qualche volta<br />

mi pento, devo riconoscere che...<br />

Anche Tarantino, a suo modo, è<br />

un cinefilo, però lui ama solo il cinema<br />

in quanto tale, il cinema che si<br />

nutre <strong>di</strong> cinema (anche quello <strong>di</strong> serie<br />

B, leggendaria ormai la sua passione<br />

per il genere “spaghetti western<br />

all’italiana”, cavalli che sparano<br />

e pistole che galoppano o per,<br />

sempre italiano, l’horror, o per il cinema<br />

d’azione cinese, tutto arti marziali,<br />

pugnali e spade mortali e uomini,<br />

anche donne, che volano, ecc.).<br />

Cioè ama le sue tecniche, i suoi ritmi,<br />

ma anche i suoi luoghi comuni, i<br />

suoi <strong>di</strong>fetti, vizi, ecc.: insomma, tutto<br />

ciò che ha a che fare col cinema<br />

come linguaggio, meglio, con la visione<br />

tout court, che viene prima, è<br />

più importante della... realtà che rappresenta:<br />

forse, perché qualche volta,<br />

quasi mai, pare che della realtà un po’<br />

gliene importi... Pensate, ad esempio,<br />

al suo secondo film (<strong>di</strong>ventato<br />

un cult!): “Pulp fiction” (1994), che<br />

tradotto, più o meno, significa una<br />

“storia inventata <strong>di</strong> carta straccia” e<br />

che ha dato vita (o si ricollega) al genere<br />

“pulp”, omonimo: “genere letterario<br />

o cinematografico che ricorre a<br />

temi <strong>di</strong> facile presa, come il sesso e<br />

la violenza, trattandoli con uno stile<br />

aggressivo e spesso volutamente<br />

Il presidente della Giuria del Festival <strong>di</strong> Venezia, Quentin Tarantino<br />

trascurato” (Zingarelli). Sinonimo:<br />

“splatter”. “Pulp fiction”, <strong>di</strong>ventato<br />

una sorta <strong>di</strong> “manifesto per un nuovo<br />

cinema” (attenzione, Palma d’Oro a<br />

Cannes 1994 e Oscar per la migliore<br />

sceneggiatura) ha una storia ma,<br />

appunto, Tarantino, raccontando <strong>di</strong><br />

violenza e sesso, “non prende nulla<br />

sul serio e sdrammatizza le situazioni<br />

più truci con un umorismo ghignante<br />

a volte irresistibile” (Mereghetti, Dizionario<br />

dei film 2008, tre asterischi e<br />

mezzo, quasi un capolavoro).<br />

L’avete già intuito, l’uomo piace<br />

non solo ad una parte (probabilmente<br />

sempre più ampia) <strong>di</strong> cinefili ma anche<br />

ai giovani, che al cinema in generale,<br />

ma anche ai videogiochi, a tutta la comunicazione<br />

visiva <strong>di</strong>gitale (computer<br />

tra<strong>di</strong>zionale, Iphone, Ipad, ecc.), chiedono<br />

soprattutto quelli che una volta<br />

andavano sotto il nome <strong>di</strong> “effetti speciali”,<br />

cioè quella parte della espressività<br />

visuale “inventata” con l’aiuto<br />

della tecnologia rispetto a quella frutto<br />

della “registrazione” della realtà. Ma<br />

il problema che solleva Tarantino, che<br />

non è affatto uno stupido e comunque,<br />

se non una sua poetica, un suo mondo,<br />

ha un suo “stile” (basti pensare al<br />

suo ultimo film, “Bastar<strong>di</strong> senza gloria”,<br />

dove riesce finalmente a mescolare<br />

temi, la guerra contro il nazismo e<br />

l’amore per il cinema, e toni, <strong>di</strong>verti-<br />

ti ed emozionanti, in modo equilibrato).<br />

E proprio questo (per me, sempre<br />

quello) è il problema: fino a qual punto<br />

un film d’autore (che per me esiste<br />

ancora, mentre altri cominciano a negarlo)<br />

può costruirsi “facendo il verso”,<br />

attraverso citazioni e stereotipi,<br />

ecc., al cinema già girato, precedente,<br />

fino a qual punto il “gioco d’immagini”<br />

garantisce l’originalità dell’opera?<br />

Alle volte può riuscire, molto più<br />

spesso no, rimane un gioco, infantile,<br />

fine a se stesso: esempio più clamoroso,<br />

il suo terzo film in due puntate,<br />

“Kill Bill 1” e “Kill Bill 2”!<br />

Ma torniamo al Festival <strong>di</strong> Venezia<br />

e al fatto che il suo <strong>di</strong>rettore ha<br />

voluto, non a caso, proprio Tarantino<br />

come presidente della Giuria. Perché?<br />

Perché, come ha scritto Alessandra<br />

Mammì su “L’espresso”, “I film scelti<br />

per il Festival sembrano un omaggio<br />

al presidente della giuria. Perché<br />

è Tarantino l’uomo destinato a traghettare<br />

il cinema nel nostro secolo”.<br />

A me, sinceramente, pare proprio esagerato<br />

ma, per le cose dette, qualcosa<br />

<strong>di</strong> vero c’è... (anche perché il Leone<br />

alla Carriera è stato assegnato a John<br />

Woo, maestro del cinema d’azione cinese<br />

e dunque uno dei maestri <strong>di</strong> Tarantino.<br />

Domanda velenosa: e se Tarantino<br />

avesse accettato la presidenza<br />

della Giuria in cambio...?) Allora ve-


Cinema e <strong>di</strong>ntorni<br />

John Woo, regista <strong>di</strong> “Reign of assassins” (a sinistra) e scene dai film “All inclusive” nonché “13 Assassin’s Creed” (in basso)<br />

<strong>di</strong>amoli ‘sti film “tarantiniani” passati<br />

a Venezia (soprattutto nella rassegna<br />

“Orizzonti”).<br />

E certo, tanto per cominciare, l’ultimo<br />

film del Maestro John Woo,<br />

“Reign of Assassins” (prodotto e girato<br />

assieme al suo collega taiwanese<br />

Su Chao Pin), kolossal dove continuano<br />

a piovere spade e misteri e che<br />

ha coronato la cerimonia in suo onore.<br />

E, a proposito <strong>di</strong> “assassini”, “13<br />

Assassins”, <strong>di</strong> Takashi Miike,<br />

giovane regista giapponese<br />

famoso per gli schizzi<br />

<strong>di</strong> sangue che spesso restano<br />

sull’obiettivo della sua macchina<br />

da presa. Neanche a<br />

farlo apposta, un suo precedente<br />

film, “Sukiyaki Western<br />

Django”, titolo “tarantinissimo”,<br />

visto a Venezia<br />

tre anni fa, vedeva come interprete...<br />

ma sì, il nostro Tarantino!<br />

E certo, non poteva<br />

mancare il 3D, e allora ecco<br />

“The Child’s Eye”, horror metafisico<br />

dei fratelli cinesi Pang, provenienti da<br />

Hong Kong e già passati per Hollywood<br />

(è la globalizzazione, dolcezza, la<br />

globalizzazione!). Poteva mancare il<br />

3D italico? Ma no, certamente, c’hanno<br />

pensato Na<strong>di</strong>a Ranocchio e David<br />

Zamagni con “All inclusive” (titolo in<br />

inglese, mi raccomando, sennò come<br />

e dove lo <strong>di</strong>stribuisco?), fondatori <strong>di</strong><br />

“Zapruder”, filmakersgroup che, tradotto,<br />

vuole significare “gruppo <strong>di</strong> ricerca<br />

sull’immagine in movimento”<br />

più che, semplicemente, gruppo <strong>di</strong><br />

persone che fanno cinema... Ed ecco<br />

arrivare, poteva mancare?, l’omaggio<br />

a Bruce Lee, sequel de “Dalla Cina<br />

con furore”, “Legend of the Fist”, <strong>di</strong><br />

Andrew Lau, e subito dopo, la prima<br />

notte del Festival, l’attesissimo<br />

“Machete”, <strong>di</strong> Robert Rodriguez, ma<br />

concepito assieme a Tarantino che,<br />

tra l’altro, gli ha prodotto, nel 2007,<br />

lo splatterissimo “Grindhouse Planet<br />

Terror”. Ormai siamo alla “famiglia”<br />

(mafiosa?): film in concorso, “Road<br />

to Nowhere”, del vecchio Monte Hellman,<br />

regista mitico degli anni ‘60,<br />

non solo, produttore del primo film <strong>di</strong><br />

Tarantino: ”Iene”... Che <strong>di</strong>re?<br />

Lasciamo parlare Marco Muller,<br />

<strong>di</strong>rettore della Mostra: “Quello che<br />

ora chiamiamo ancora cinema ha azzerato<br />

tutti gli antichi criteri qualitativi,<br />

dalla ‘fattura’ alla ‘firma’ dell’autore,<br />

e ha spalancato nuovi campi <strong>di</strong><br />

sperimentazione suscitando speranze<br />

<strong>di</strong> una attualità sempre più rigorosa”<br />

(ancora “L’espresso”, 26 agosto).<br />

E qui ti volevo. Azzeramento della<br />

firma autoriale? Che vuol <strong>di</strong>re? È da<br />

un secolo e passa che sappiamo che il<br />

cinema è un’arte collettiva ma che poi<br />

c’è un tizio, il regista, che mette insieme<br />

tutti i pezzi secondo il suo modo<br />

<strong>di</strong> vedere, pensare, sentire ecc. ecc.<br />

e giustamente lo firma. Una attualità<br />

sempre più rigorosa? E che vuol <strong>di</strong>re?<br />

Quella <strong>di</strong> Tarantino e company, che<br />

non sanno nemmeno dove stia <strong>di</strong> casa<br />

l’attualità, tutti presi dalla storia del<br />

cinema, in particolare, come abbiamo<br />

detto, da alcuni generi <strong>di</strong> seconda e<br />

terza categoria? Ho l’impressione che<br />

Muller abbia voluto salvare “capra e<br />

cavoli”, sapendo che alla Mostra sono<br />

arrivati, quasi sull’”altra sponda della<br />

laguna”, tanti “docu-film”, documentari<br />

che però, giustamente, giocano<br />

sempre più anche sulla finzione, sulle<br />

emozioni, sull’estetica, che poi è quello<br />

che hanno sempre fatto i gran<strong>di</strong> documentaristi,<br />

da Flaherty a<br />

Herzog, da Vertov a Michael<br />

Moore, ai nostri De Seta,<br />

Guzzanti, ecc. ecc. Perché<br />

questa è stata la vera novità<br />

della Mostra <strong>di</strong> quest’anno:<br />

al <strong>di</strong> là dei film in concorso,<br />

al <strong>di</strong> là dei vincitori, la<br />

presenza dei lavori <strong>di</strong> gente<br />

come Turturro, Scorsese,<br />

Bellocchio, Casey, Affleck,<br />

Salvatores, Tornatore, ecc.,<br />

che hanno sentito il bisogno<br />

<strong>di</strong> raccontare storie “vere”,<br />

<strong>di</strong> carattere familiare, sociale, artistico,<br />

ecc., quasi in contrapposizione<br />

alla grande “abbuffata” tarantiniana,<br />

quasi a voler sottolineare che la realtà<br />

globale che stiamo vivendo è così<br />

complessa e “decisiva” circa le sorti<br />

dell’umanità... che il cinema non può<br />

fingere <strong>di</strong> ignorarla, anzi può ritrovare<br />

la sua originarietà affrontandola, registrandola<br />

per comprenderla, criticarla,<br />

coinvolgendo sempre lo spettatore,<br />

onestamente, senza trucchi, artifici,<br />

senza creare falsi doppioni <strong>di</strong> realtà,<br />

senza “avatar”... Se il cinema, per<br />

molte ragioni, attraversa la sua crisi<br />

non sarà, sui tempi lunghi, fuggendo<br />

la realtà che la risolverà...<br />

La prossima volta, i vincitori e la<br />

presenza italiana: quattro film in concorso,<br />

che non sono stati pochi!●<br />

Panorama 23


24 Panorama<br />

Made in Italy<br />

New entry <strong>di</strong> Spagna, Polonia e Repubblica Ceca al gran galà dei golosi, dal 23<br />

«Gusti <strong>di</strong> frontiera», viaggio tra lecco<br />

a cura <strong>di</strong> Ardea Velikonja<br />

Da est a ovest, dalla Polonia<br />

alla Spagna, passando per<br />

i sapori della Germania e le<br />

fragranze tipiche della cucina del Sud<br />

Italia. Si rinnova anche quest’anno il<br />

rito più atteso dai golosoni mitteleuropei:<br />

a Gorizia, dal 23 al 26 settembre<br />

prossimi, torna Gusti <strong>di</strong> Frontiera<br />

con un’e<strong>di</strong>zione extralarge che<br />

avrà come teatro il rinnovato centro<br />

storico del capoluogo isontino.<br />

Il viaggio tra le leccornie europee<br />

tocca quest’anno tre nuove mete:<br />

dopo Austria, Francia, Germania e<br />

Balcani arrivano anche le new entry<br />

<strong>di</strong> Spagna, Polonia e Cechia. Sangria,<br />

paella e specialità <strong>di</strong> pesce dalla penisola<br />

iberica, il saporito bigos (uno<br />

stufato <strong>di</strong> carne), le zuppe e le patate<br />

cucinate in tutti i mo<strong>di</strong> come da tra<strong>di</strong>zione<br />

polacca, i knedliky e le paste<br />

ripiene, accompagnate dall’impagabile<br />

birra da Boemia e Moravia...<br />

Saranno quattro, e non più tre, i<br />

giorni interamente de<strong>di</strong>cati a sapo-<br />

ri e profumi proposti dalle innumerevoli<br />

influenze e specialità culinarie,<br />

italiane ed europee. Di stand in<br />

stand, <strong>di</strong> isolato in isolato, <strong>di</strong> borgo in<br />

borgo, in un tripu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> sapori - dalla<br />

Francia alla Serbia, dall’Austria alla<br />

Spagna -, i gourmet in visita a Gorizia<br />

potranno gustare prodotti tipici<br />

e succulenti manicaretti all’ombra<br />

del me<strong>di</strong>evale Castello, che domina<br />

la città: un percorso papillare e<br />

olfattivo che toccherà quest’anno vie<br />

e piazze del riqualificato centro citta<strong>di</strong>no,<br />

<strong>di</strong> recente oggetto <strong>di</strong> un’approfon<strong>di</strong>ta<br />

opera <strong>di</strong> maquillage. È realmente<br />

senza fine la lista delle novità<br />

<strong>di</strong> Gusti 2010: dal protocollo d’intesa<br />

turistico-culturale tra i comuni <strong>di</strong><br />

Gorizia, Cormons e Gra<strong>di</strong>sca d’Isonzo<br />

nascono gli stand griffati “Antica<br />

Contea”, con prodotti e specialità<br />

culinarie tipiche dei tre territori:<br />

immancabile la rassegna dei pregiati<br />

vini del Collio e del Carso, pluripremiati<br />

a livello internazionale e particolarmente<br />

apprezzati da personalità<br />

e celebrità <strong>di</strong> tutto il mondo.<br />

Tra un bicchiere <strong>di</strong> ribolla gialla<br />

e un inebriante assaggio <strong>di</strong> malvasia,<br />

come non farsi trascinare dai succulenti<br />

affettati? Dal rinomato prosciutto<br />

crudo ai salami, da accompagnare<br />

con scaglie <strong>di</strong> formaggio impreziosite<br />

dal goloso miele goriziano. D’obbligo<br />

è poi approfon<strong>di</strong>re la conoscenza<br />

con i prodotti della terra: le apprezzate<br />

verze, contorno ideale per piatti<br />

<strong>di</strong> carne e salsicce; la maestosa Rosa<br />

<strong>di</strong> Gorizia, ra<strong>di</strong>cchio ormai rarissimo<br />

e ricercato dagli chef dei ristoranti ai<br />

quattro angoli d’Italia; come <strong>di</strong>menticare<br />

poi i preziosi sottolii, con i funghi<br />

in testa. Per concludere, magari,<br />

con una tazzina dell’ottimo caffè goriziano,<br />

da decenni torrefatto in città<br />

da <strong>di</strong>verse aziende specializzate.<br />

Ma non finisce qui: la peculiarità<br />

del Friuli Venezia Giulia, terra<br />

<strong>di</strong> sapori senza frontiere, viene celebrata<br />

degnamente nel “Borgo dei<br />

Tre confini”, con uno stand <strong>di</strong> oltre<br />

150 metri quadrati che ospiterà<br />

le prelibatezze <strong>di</strong> Tarvisio (Italia)<br />

e dei contigui comuni <strong>di</strong> Kranjska<br />

Per la vendemmia 2010 è previsto<br />

La produzione d<br />

L’ Italia si appresta a <strong>di</strong>ventare il<br />

primo produttore mon<strong>di</strong>ale <strong>di</strong><br />

vino se sarà confermato il sorpasso<br />

sulla Francia nella vendemmia 2010,<br />

grazie a una produzione nazionale il<br />

cui aumento previsto è del 5 per cento<br />

rispetto allo scorso anno. Sono attesi<br />

valori superiori a 47,5 milioni <strong>di</strong> ettolitri<br />

contro i 47,3 previsti per i cugini<br />

d’oltralpe. La qualità è complessivamente<br />

buona ma secondo gli esperti<br />

il verdetto finale <strong>di</strong>penderà dall’andamento<br />

climatico <strong>di</strong> settembre. Si tratta<br />

<strong>di</strong> un risultato importante per un settore<br />

dove trovano oggi opportunità <strong>di</strong> lavoro<br />

1,2 milioni <strong>di</strong> persone impegnate<br />

<strong>di</strong>rettamente in vigne, cantine e nella<br />

<strong>di</strong>stribuzione commerciale, ma anche<br />

in attività connesse e <strong>di</strong> servizio, con<br />

ogni grappolo raccolto in campagna<br />

che è in grado <strong>di</strong> attivare ben 18 <strong>di</strong>-


al 29 settembre a Gorizia<br />

rnie europee<br />

Gora (Slovenia) e <strong>di</strong> Arnoldstein<br />

(Austria).<br />

E come <strong>di</strong>menticare i deliziosi<br />

prodotti ittici, accompagnati dai vini<br />

bianchi della zona: pescati tra Trieste,<br />

Grado e Marano Lagunare, ribaltavapori,<br />

seppie, branzini, orate, triglie,<br />

frutti <strong>di</strong> mare e gli apprezzatissimi<br />

fasolari faranno andare in visibilio<br />

le papille gustative dei visitatori che<br />

affluiranno in massa a Gorizia. Oltre<br />

alla partecipazione delle venti regioni<br />

italiane, con le loro peculiarità inscin<strong>di</strong>bilmente<br />

accompagnate dai <strong>di</strong>versi<br />

vini, tra gli stand si snoderanno anche<br />

le specialità europee come il goulash<br />

ungherese, la cucina balcanica <strong>di</strong> Serbia,<br />

Albania, Montenegro, la saporita<br />

gastronomia <strong>di</strong> Croazia e Slovenia. E<br />

proprio i portacolori della vicina Repubblica<br />

slovena si presentano in forze<br />

ancora maggiori, pronti a deliziare<br />

i più curiosi.<br />

Non mancheranno inoltre i formaggi<br />

francesi, il Fois Gras della<br />

Norman<strong>di</strong>a, le ostriche e lo champagne.<br />

I sapori decisi e i profumi ine-<br />

brianti della Stiria e della Carinzia<br />

attireranno in centro i fan dell’immancabile<br />

Borgo Austria, tra musica<br />

tipica e costumi tra<strong>di</strong>zionali. Tra<br />

gli stand e i gazebo che animeranno<br />

l’e<strong>di</strong>zione 2010 della rassegna<br />

enogastronomica non mancheranno<br />

specifici appuntamenti de<strong>di</strong>cati<br />

alla musica e all’intrattenimento,<br />

con concerti, band itineranti e rappresentazioni:<br />

sono ad<strong>di</strong>rittura quattro<br />

i palchi su cui si alterneranno, per<br />

Made in Italy<br />

tutta la durata della manifestazione,<br />

artisti e band musicali. Al già ricco<br />

programma dell’evento si aggiungono,<br />

infine, momenti <strong>di</strong> informazione<br />

e <strong>di</strong>vulgazione, presentazioni <strong>di</strong> volumi,<br />

laboratori ed approfon<strong>di</strong>menti<br />

con alcuni tra i più acclamati chef<br />

del panorama regionale e nazionale.<br />

E ancora, mercatini dell’antiquariato<br />

e prodotti biologici, ma anche oggettistica<br />

per la casa, ceramiche e utensili<br />

per la cucina. (aise)<br />

un aumento del 5 p.c. e con quasi 48 milioni <strong>di</strong> ettolitri l’Italia <strong>di</strong>venterà il numero 1 mon<strong>di</strong>ale<br />

i vino verso uno storico sorpasso sulla Francia<br />

versi settori. Lo scorso anno il raccolto<br />

francese è stato pari a 46,7 milioni <strong>di</strong><br />

ettolitri, superiore a quello italiano fermo<br />

a 45,4 milioni <strong>di</strong> ettolitri.<br />

Il successo del vino italiano fa crescere<br />

anche le attività indotte che si<br />

sono estese negli ambiti più <strong>di</strong>versi:<br />

dall’industria vetraria a quella dei tappi,<br />

dai trasporti alle assicurazioni, da<br />

quella degli accessori, come cavatappi<br />

e sciabole, dai vivai agli imballaggi,<br />

dalla ricerca e formazione alla <strong>di</strong>vulgazione,<br />

dall’enoturismo alla cosmetica<br />

e al mercato del benessere, dall’e<strong>di</strong>toria<br />

alla pubblicità, dai programmi<br />

software fino alle bioenergie ottenute<br />

dai residui <strong>di</strong> potatura e dai sottoprodotti<br />

della vinificazione. In Italia<br />

ci sono 250mila aziende agricole con<br />

vigneti che offrono occupazione a circa<br />

200 mila lavoratori <strong>di</strong>pendenti, dei<br />

quali 20 mila extracomunitari: nel solo<br />

<strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> Montalcino lavorano immigrati<br />

<strong>di</strong> 44 <strong>di</strong>verse nazionalità. Di<br />

queste ben 21.600 aziende agricole<br />

vendono <strong>di</strong>rettamente il proprio vino<br />

ai consumatori mentre le altre lo cedono<br />

alle 35 mila aziende imbottigliatrici<br />

presenti in Italia che impiegano operai,<br />

agronomi, enologi, responsabili <strong>di</strong><br />

marketing, informatici e wine manager.<br />

Sono però anche le attività legate<br />

all’indotto meno tra<strong>di</strong>zionali ad avere<br />

avuto una vera esplosione negli ultimi<br />

<strong>di</strong>eci anni con la nascita del fenomeno<br />

dell’enoturismo che ha realizzato<br />

nel 2009 un fatturato <strong>di</strong> 1,8 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

euro “muovendo” sei milioni <strong>di</strong> turisti<br />

con un incremento del 20 p.c. anche<br />

grazie a 150 strade del vino e oltre 500<br />

città del vino. Il vino ha raggiunto un<br />

fatturato superiore ai 9 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> euro<br />

dei quali 3,5 realizzati grazie all’esportazione<br />

sui mercati comunitari ed internazionali.<br />

“Come lo era durante la<br />

fase <strong>di</strong> crescita economica, il vino rappresenta<br />

l’unico modello da replicare<br />

anche in una situazione <strong>di</strong> crisi della<br />

quale, nonostante le <strong>di</strong>fficoltà, il vitivinicolo<br />

Made in Italy risente meno <strong>di</strong><br />

quello <strong>di</strong> altri Paesi e meno degli altri<br />

settori produttivi in Italia, perchè<br />

esprime i valori dell’identità e del legame<br />

con il territorio che nel mercato<br />

globale sono vincenti rispetto all’omologazione”<br />

ha affermato il presidente<br />

della Col<strong>di</strong>retti, Sergio Marini, nel sottolineare<br />

“la <strong>di</strong>namicità <strong>di</strong> un settore<br />

che grazie alla crescita economica ed<br />

occupazionale è una risorsa per l’intero<br />

Made in Italy e svolge una funzione<br />

da traino sui mercati nazionale ed internazionale”.<br />

(aise)<br />

Panorama 25


testo e foto <strong>di</strong> Igor Kramarsich<br />

Paesi Bassi o Olanda che <strong>di</strong>r si voglia,<br />

è uno Stato dell’Europa nord<br />

occidentale che ha una storia molto<br />

ricca e che ha lasciato profonde tracce<br />

soprattutto con il suo colonialismo (dal<br />

XVII secolo interessò l’attuale Indonesia<br />

e alcune isole delle Piccole Antille)<br />

e con l’arte: la pittura olandese ha una<br />

grande tra<strong>di</strong>zione che risale ai maestri<br />

fiamminghi del tardo me<strong>di</strong>oevo e del<br />

primo rinascimento e va da Van Gogh<br />

a Rembrandt ed a Mondrian, ma il più<br />

famoso resta Van Gogh, attivo alla fine<br />

del XIX secolo. Oggi il Paese si presenta<br />

al visitatore in una veste <strong>di</strong>versa, anche<br />

se mantiene la tra<strong>di</strong>zionale cornice<br />

dei colorati campi <strong>di</strong> tulipani.<br />

La nostra visita inizia nella pittoresca<br />

città <strong>di</strong> Volendam. Situata sulle<br />

coste del Mare del Nord, è il luogo<br />

<strong>di</strong> villeggiatura preferito dagli abitanti<br />

26 Panorama<br />

Reportage<br />

Itinerario olandese tra terra e acqua, porti e canali, storia e arte, campi colorati<br />

Spazi <strong>di</strong> anticonformismo, libertà, t<br />

Fin dagli anni della scuola ci siamo<br />

imbattuti nel dubbio tra questi<br />

due nomi, che erroneamente abbiamo<br />

pensato trattarsi <strong>di</strong> sinonimi.<br />

Ma il nome esatto del Paese in italiano<br />

è Paesi Bassi, i quali costituiscono<br />

la parte principale del Regno<br />

dei Paesi Bassi, che comprende anche<br />

le isole caraibiche delle Antille<br />

<strong>di</strong> Amsterdam, dalla quale <strong>di</strong>sta appena<br />

una ventina <strong>di</strong> chilometri. All’entrata<br />

della citta<strong>di</strong>na troviamo alcuni esem-<br />

olandesi e <strong>di</strong> Aruba. Spesso e tra<strong>di</strong>zionalmente<br />

viene chiamato Olanda,<br />

identificandolo con la regione<br />

storica su cui il regno si estende,<br />

ma questa denominazione non è<br />

corretta, in quanto la parola Olanda<br />

in<strong>di</strong>ca solo una regione, <strong>di</strong>visa<br />

in due delle do<strong>di</strong>ci province amministrative,<br />

l’Olanda Meri<strong>di</strong>onale<br />

pi <strong>di</strong> quello che è ancora uno dei simboli<br />

del Paese, i famosi mulini a vento,<br />

che in Olanda hanno avuto una notevole<br />

importanza nel sollevamento dell’acqua<br />

fin dal 1180. Si stima che in passato<br />

ce n’erano oltre 10.000, ma con il passare<br />

degli anni il loro ruolo è <strong>di</strong>ventato<br />

sempre <strong>di</strong> più simbolico: oggi ne sono<br />

rimasti circa 500, ridotti ad uso puramente<br />

turistico. E quello che probabilmente<br />

i più ignorano è il fatto che ci<br />

sono due tipi <strong>di</strong> mulini a vento, quelli<br />

fissi - girano solo le pale per il vento - e<br />

quelli mobili - dove gira tutta la struttura<br />

alla ricerca del vento. Volendam, come<br />

pure la vicina Marken, una volta isola e<br />

oggi collegata alla terra ferma, alle origini<br />

erano due villaggi <strong>di</strong> pescatori ma<br />

oggi vivono esclusivamente <strong>di</strong> turismo<br />

grazie ai loro numerosi ristoranti, nego-<br />

Olanda o Paesi Bassi? La confusione regna... sovrana<br />

(con l’Aja) e Olanda Settentrionale<br />

(con Amsterdam). Fatto curioso, la<br />

confusione con il nome dello Stato<br />

è presente pure tra gli stessi sud<strong>di</strong>ti<br />

della corona, che quando tifano per<br />

la squadra nazionale (ho visitato i<br />

Paesi Bassi proprio durante i Mon<strong>di</strong>ali<br />

<strong>di</strong> calcio in Sudafrica) usano<br />

entrambi i nomi!●


<strong>di</strong> tulipani, mulini a vento...<br />

rasgressione<br />

zi <strong>di</strong> souvenir, alberghi e case in affitto.<br />

Da qui cominciamo a respirare l’atmosfera<br />

<strong>di</strong> questo Paese dove l’acqua e la<br />

calma regnano sovrani.<br />

Arrivare nella capitale Amsterdam,<br />

nonostante il suo grande traffico, non<br />

è traumatico. Siccome la maggioranza<br />

della popolazione usa le biciclette,<br />

gli ingorghi sono ben pochi. Una lunga<br />

passeggiata serale in centro ci consente<br />

<strong>di</strong> familiarizzare con i tantissimi canali,<br />

ponti e le aree ver<strong>di</strong> <strong>di</strong> cui è pieno il tessuro<br />

urbano. Schiviamo le biciclette che<br />

sono ovunque e ci incamminiamo lungo<br />

le vie citta<strong>di</strong>ne, che fin dalla prima serata<br />

pullulano <strong>di</strong> gente, in un miscuglio <strong>di</strong><br />

razze e religioni. Siamo affascinati dai<br />

maestosi palazzi, dalla grande stazione<br />

ferroviaria, praticamente in riva al mare,<br />

incuriositi dall’incre<strong>di</strong>bile isola-parcheggio<br />

per le biciclette. Poco <strong>di</strong>stante<br />

c’è il famoso quartiere a luci rosse, De<br />

Wallen, non segnalato da alcuna in<strong>di</strong>cazione<br />

ma riconoscibile in quanto suggestivo<br />

e trasgressivo. Ma la città è allegra<br />

e vivace anche fuori dal quartiere, a tutte<br />

le ore del giorno e soprattutto della notte,<br />

con i bar affollatissimi anche grazie<br />

alle partite dei Mon<strong>di</strong>ali <strong>di</strong> calcio.<br />

L’indomani deci<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> prendere il<br />

mezzo che meglio ci farà conoscere la<br />

città: il vaporetto. L’offerta <strong>di</strong> linee turistiche<br />

è ricchissima e consente <strong>di</strong> girare<br />

per ore lungo i canali e conoscere a<br />

fondo questa città che - un po’ come Venezia<br />

- è costruita sull’acqua ed è anche<br />

detta Città delle palafitte perché poggia<br />

interamente su <strong>di</strong> esse. Passiamo accanto<br />

alla casa <strong>di</strong> Anna Frank, riconoscibile<br />

solo per la lunga coda all’entrata. Come<br />

<strong>di</strong>cono gli stessi citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Amsterdam,<br />

oggi è ridotta a un vero e proprio centro<br />

commerciale, modernizzato al massimo<br />

e dell’originale resta ben poco più<br />

del soffitto. E poi nella soffitta, dove si<br />

nascosero i Frank per sottrarsi alla persecuzione<br />

razziale, è consentito <strong>di</strong> sostare<br />

solo per pochi secon<strong>di</strong>... Nell’ambito<br />

del porto <strong>di</strong> Amsterdam, grande e<br />

molto trafficato, c’è il museo marittimo<br />

(che ospita la più grande collezione al<br />

mondo <strong>di</strong> barche) al cui esterno fa bella<br />

mostra <strong>di</strong> sè un maestoso veliero d’epoca.<br />

Ci inoltriamo lungo altri canali verso<br />

il centro citta<strong>di</strong>no, passando davanti<br />

Reportage<br />

I mulini a vento sono ancor sempre uno dei simboli dei Paesi Bassi.<br />

Nella pagina accanto: in alto la citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> Volendam, più sotto Marken<br />

De Wallen, il quartiere a luci rosse<br />

Amsterdam è famosa, tra l’altro, pure per il suo quartiere a luci rosse,<br />

il popolare De Wallen, anche se il fenomeno è più limitato <strong>di</strong> un tempo.<br />

Comunque, quella vicina alla stazione ferroviaria è tra<strong>di</strong>zionalmente<br />

la zona della città de<strong>di</strong>cata al piacere, ma oggi è un quartiere a due facce<br />

che comunque prospera grazie al turismo. La notte i tantissimi negozi<br />

restano sempre aperti e sono frequentati come in pieno giorno, con tanta<br />

gente in giro alla ricerca del miglior... acquisto.<br />

La prostituzione è legale nei Paesi Bassi: chi la esercita è considerato<br />

un libero professionista ed è tassato come qualsiasi altro impren<strong>di</strong>tore. Il<br />

comune ha in corso un programma per rendere questo quartiere più sicuro,<br />

basato sull’acquisto <strong>di</strong> locali ed altre proprietà destinate ad attività<br />

criminali per convertirli ad attività commerciali legali, e sono sempre<br />

più spesso affidati a giovani artisti. Questo ha sensibilmente migliorato la<br />

percezione della sicurezza negli ultimi anni, tuttavia non sono rari i <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni<br />

e gli atti malavitosi, che possono coinvolgere suo malgrado gli ignari<br />

turisti. Anche perché, pur non essendoci <strong>di</strong>vieti ufficiali, è severamente<br />

vietato filmare e fotografare nei numerosi “negozi” (autorizzati e specializzati)<br />

che offrono sesso.●<br />

Panorama 27


28 Panorama<br />

Reportage<br />

alla casa <strong>di</strong> Rembrandt ed alla cattedrale.<br />

Finito il giro in vaporetto, proseguiamo<br />

la nostra visita a pie<strong>di</strong> nel pittoresco<br />

quartiere dei musei: i più importanti<br />

sono quello <strong>di</strong> Van Gogh e il Rijksmuseum,<br />

il Museo Nazionale con una delle<br />

più belle collezioni d’Europa e in particolare<br />

dell’arte pittorica olandese. Da<br />

non perdere per nessun motivo è la visita<br />

al Convento delle Beghine, Begijnhof<br />

(Beghinaggio), fondato nel Me<strong>di</strong>oevo<br />

da una confraternita <strong>di</strong> donne che<br />

non volevano né sposarsi né chiudersi<br />

in monastero, e vivevano da sole, libere<br />

<strong>di</strong> muoversi e pensare e curavano i malati.<br />

Oggi, invece, nel complesso <strong>di</strong> 164<br />

abitazioni, sistemate in un’oasi <strong>di</strong> pace<br />

nella parte occidentale del centro <strong>di</strong><br />

Amsterdam, vivono soprattutto donne<br />

anziane, con poche <strong>di</strong>sponibilità economiche,<br />

e studenti, attratti dalle favorevoli<br />

con<strong>di</strong>zioni dei canoni d’affitto. L’ultima<br />

beghina vi visse fino al 1976. Nella<br />

chiesa al suo interno troviamo pure una<br />

signora spalatina, che ci delizia con un<br />

piccolo concerto all’organo.<br />

Lasciamo Amsterdam per trasferirci<br />

all’Aja, una sorta <strong>di</strong> capitale politica<br />

ed istituzionale, dove hanno sede il governo,<br />

il Parlamento e la residenza del<br />

sovrano. La città oggi è nota in quanto<br />

ospita la Corte internazionale <strong>di</strong> giustizia,<br />

presso la quale si stanno celebrando<br />

anche alcuni processi per crimini <strong>di</strong><br />

guerra commessi sul territorio croato<br />

nei primi anni ‘90, ed il Tribunale penale<br />

internazionale recentemente istituito.<br />

L’Aja è immersa nel verde, una città<br />

vecchia che va modernizzandosi. A pochi<br />

chilometri dal centro c’è Scheveningen,<br />

la località balneare preferita dagli<br />

olandesi che non possono arrivare fino<br />

alle coste adriatiche: con le sue spiagge<br />

chilometriche, i tantissimi alberghi e ristoranti<br />

la città è in pratica una variante<br />

nor<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> Nizza o Rimini, anche se il<br />

suo mare - piuttosto scuro - non appare<br />

molto attraente. A soli 500 metri dalle<br />

spiagge, circondato da alberghi e strutture<br />

turistiche, troviamo il famoso carcere<br />

dove stanno scontando le loro pene<br />

alcuni dei “protagonisti” delle guerre<br />

nell’ex Jugoslavia e che non ha certo<br />

l’aspetto <strong>di</strong> un istituto <strong>di</strong> pena.<br />

Il nostro viaggio prosegue con la<br />

tappa <strong>di</strong> Delft, del tutto sconosciuta ai<br />

più ma molto importante per gli olandesi<br />

e famosa nel mondo per le sue porcellane.<br />

Delft un tempo si trovata sulla<br />

riva del mare, ma ora è <strong>di</strong>stante alcuni<br />

chilometri dalla costa, alla quale è ben<br />

Dove le biciclette dettano legge<br />

ome suggerisce lo stesso nome, i Paesi Bassi hanno un territorio<br />

Cquasi esclusivamente pianeggiante ed è comprensibile, quin<strong>di</strong>, che<br />

l’uso della bicicletta sia molto <strong>di</strong>ffuso: infatti, è il paese con il più alto<br />

numero <strong>di</strong> bici pro capite in Europa, ce ne sono più <strong>di</strong> una per abitante<br />

e ogni olandese percorre in me<strong>di</strong>a 1019 km all’anno. Tanto per fare<br />

un confronto, in Italia ci sono 0,44 biciclette per abitante. È il mezzo <strong>di</strong><br />

trasporto preferito dagli olandesi, non solo in campagna ma anche nelle<br />

città: ad Amsterdam (755 mila abitanti) ce ne sono almeno 500 mila,<br />

secondo alcune stime ad<strong>di</strong>rittura 700 mila e qualcuno <strong>di</strong>ce che circa<br />

metà degli amsterdamesi si sposti in città sulle piste ciclabili. La bicicletta<br />

viene usata particolarmente d’estate, ma molti non vi rinunciano<br />

neanche nel pieno dell’inverno, magari anche con la neve. Quello che<br />

si nota ben presto è il cattivo stato delle loro bici, arrugginite e in pessime<br />

con<strong>di</strong>zioni: una prassi altrettanto <strong>di</strong>ffusa tra meno abbienti, giovani,<br />

ricchi, manager, uomini e donne. Quello a cui è <strong>di</strong>fficile abituarsi è il<br />

fatto che qui le biciclette dettano legge: nel traffico citta<strong>di</strong>no sono le più<br />

veloci, i loro guidatori i più spericolati, si lanciano in pazzeschi slalom<br />

tra le auto senza timore dei mezzi pesanti, camion e corriere, e senza rispettare<br />

il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> precedenza. Sono loro i veri padroni del traffico!●<br />

La “carica” delle bici nel parco <strong>di</strong> Amsterdam all’ora <strong>di</strong> punta


L’Aja<br />

Panorama testi<br />

Scheveningen<br />

Panorama 29


30 Panorama<br />

Panorama testi<br />

Uno dei più vecchi ponti e, a destra, il convento delle bégui-<br />

ne.<br />

La stazione ferroviaria e, sotto, l’isola-parcheggio delle bici<br />

Ams


terdam<br />

Panorama testi<br />

I musei più importanti: Van Gogh e, sotto, Rijksmuseum<br />

Panorama 31


Il Municipio<br />

32 Panorama<br />

Panorama testi Delft<br />

Due panoramiche del maggiore<br />

porto d’Europa e la torre Euromast<br />

Rotterdam<br />

Monumento simbolo dell’assur<strong>di</strong>tà<br />

della Seconda guerra mon<strong>di</strong>ale e<br />

<strong>di</strong> tutti i conflitti che insanguinano il<br />

nostro pianeta


collegata con una serie <strong>di</strong> canali. La sua<br />

fortuna la deve a Guglielmo d’Orange<br />

(capo dei neerlandesi durante la Guerra<br />

d’In<strong>di</strong>pendenza dei Paesi Bassi dagli<br />

Spagnoli, 1568-1648, che portò al formale<br />

riconoscimento dell’in<strong>di</strong>pendenza<br />

della Repubblica delle Province Unite),<br />

che visse qui a lungo e che qui è sepolto.<br />

Da allora tutti i sovrani e i loro <strong>di</strong>scendenti<br />

vengono sepolti nella locale Nieuwe<br />

Kerk (chiesa nuova). La città ospitò<br />

anche alcuni gran<strong>di</strong> artisti e nella Oude<br />

Kerk (chiesa vecchia) è sepolto pure il<br />

pittore Johannes Vermeer.<br />

In serata arriviamo a Rotterdam, la<br />

seconda città dei Paesi Bassi e principale<br />

porto europeo (per volume <strong>di</strong> traffico<br />

ha superato le vicina Anversa e <strong>di</strong> Amburgo).<br />

La città è tutta orientata alle attività<br />

portuali, anche buona parte delle in<strong>di</strong>cazioni<br />

stradali sono in funzione dello<br />

scalo. Però il nostro obiettivo è il famoso<br />

Euromast, la nota torre alta ben 185<br />

metri. L’architetto Maaskant la progettò<br />

nel 1960 in occasione della Floriade e<br />

con i suoi 101 metri era allora l’e<strong>di</strong>ficio<br />

più alto <strong>di</strong> Rotterdam. Otto anni dopo<br />

la facoltà <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina lo superò <strong>di</strong> 14<br />

metri e si decise allora <strong>di</strong> alzare l’Euromast<br />

<strong>di</strong> ulteriori 85 metri, con la costruzione<br />

della Space Tower che venne<br />

ultimata nel 1970, e così si riaggiu<strong>di</strong>cò<br />

il primato <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficio più alto <strong>di</strong> Rotterdam<br />

e punto panoramico più elevato del<br />

paese, dal cui ascensore esterno e rotante<br />

si gode una magnifica vista sulla città<br />

e - con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> visibilità permettendo -<br />

si ha il senso <strong>di</strong> quanto sia estesa l’area<br />

occupata dal porto, molto più <strong>di</strong> quanto<br />

non potessimo immaginare. Lontano<br />

si staglia la mole del Ponte Erasmus,<br />

maestosa costruzione che collega le due<br />

parti principali della città (quest’anno vi<br />

è passato il Tour de France), lunga 802<br />

metri. Si <strong>di</strong>ce che quando il vento è particolarmente<br />

forte la fa oscillare in maniera<br />

notevole. Contrariamente ad Amsterdam,<br />

il centro <strong>di</strong> Rotterdam è quasi<br />

deserto nelle ore serali: nella city non ci<br />

sono abitazioni ed i quartieri residenziali<br />

sono tutti in periferia.<br />

A Rotterdam si chiude la nostra visita<br />

ai Paesi Bassi, che come spesso accade<br />

è stata troppo frettolosa e superficiale.<br />

Un itinerario che ci ha permesso<br />

comunque <strong>di</strong> conoscere alcune delle sue<br />

peculiarità, soprattutto delle città principali,<br />

ma pure le località minori meriterebbero<br />

altrettanta attenzione e un percorso<br />

da fare possibilmente al <strong>di</strong> fuori<br />

dei tra<strong>di</strong>zionali itinerari turistici. ●<br />

I<br />

Reportage<br />

No al tabacco, sì a una canna<br />

Paesi Bassi da parecchio tempo perseguono una dura legge contro il<br />

fumo: le sigarette sono vietate del tutto e dappertutto. I citta<strong>di</strong>ni non<br />

fanno ostruzionismo, anzi, si <strong>di</strong>chiarano del tutto favorevoli. Per esempio,<br />

l’aeroporto <strong>di</strong> Amsterdam, Schiphol, è stato il primo aeroscalo europeo<br />

ad applicare il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> fumo. I dati statistici, poi, <strong>di</strong>cono pure<br />

che il traffico sui voli intercontinentali è aumentato a <strong>di</strong>smisura a danno<br />

<strong>di</strong> quello lon<strong>di</strong>nese proprio grazie a questa legge.<br />

Però visitando Amsterdam ed altre città olandesi ci si può sorprendere<br />

a vedere delle persone fumare nei luoghi pubblici e restare impunite. Polizia<br />

e affini non intervengono... Abusi, licenziosità, leggerezza o altro?<br />

Niente <strong>di</strong> tutto questo. Infatti, in questi casi non si tratta <strong>di</strong> sigarette ma <strong>di</strong><br />

canne, in quanto è concesso acquistare e fumare piccole dosi (al <strong>di</strong> sotto<br />

dei 5 grammi) <strong>di</strong> cannabis o hashish presso i coffee shop. L’acquisto delle<br />

droghe leggere per strada è illegale, ma l’acquisto <strong>di</strong> quelle pesanti, come<br />

la cocaina, l’ecstasy, i funghi magici, è fuorilegge. Comunque, quando si<br />

viene trovati in possesso <strong>di</strong> piccole quantità <strong>di</strong> droghe illegali per uso personale,<br />

generalmente non si è perseguiti. ●<br />

La casa dove Anna Frank e famiglia si nascondevano è ora un museo<br />

Panorama 33


Lo scorso giugno sono stati attribuiti i Premi della<br />

XLII e<strong>di</strong>zione del concorso Istria Nobilissima, che<br />

hanno dato una nuova conferma dei potenziali creativi<br />

del gruppo nazionale italiano nei campi dell’arte e della<br />

cultura. Ritenendo che <strong>di</strong> tali potenziali debba fruire<br />

il maggior numero <strong>di</strong> lettori nelle pagine riservate alle<br />

letture, “Panorama” propone le opere a cui siano stati<br />

attribuiti premi o menzioni.<br />

Nella sezione “Prosa narrativa su tematiche che<br />

interessano il mondo comune istro-quarnerino e dalmata”<br />

riservata ai residenti in Italia che hanno origini<br />

istriane, quarnerine o dalmate, il secondo premio è<br />

stato assegnato a NICOLÒ GIRALDI <strong>di</strong> Trieste per il<br />

suo racconto dal titolo “Lontano da casa” <strong>di</strong> cui pubblichiamo<br />

la prima parte. Questa la motivazione: “Un<br />

racconto ‘epistolare’ che prospetta i destini <strong>di</strong> persone<br />

<strong>di</strong>verse nella guerra 1914-1918. Una guerra dolorosa e<br />

34 Panorama<br />

Letture<br />

complessa dove gente della stessa nazionalità combatteva<br />

in <strong>di</strong>fferenti eserciti. Un dramma vissuto su <strong>di</strong>versi<br />

fronti, nei campi <strong>di</strong> deportazione e in prigionia”.<br />

«Lontano da casa»<br />

Prologo<br />

«Rubai un tovagliolo <strong>di</strong> stoffa bianca da una locanda in<br />

cui avevamo mangiato per pranzo. Nel pomeriggio doveva<br />

arrivare l’or<strong>di</strong>ne dal Comando Supremo dell’Imperial<br />

Regio Esercito <strong>di</strong> partire alla volta del fronte. Da Pola,<br />

adagiata sulla punta della penisola istriana, ci avrebbero<br />

mandati verso l’interno dell’Impero, a presi<strong>di</strong>are la linea<br />

<strong>di</strong> guerra dei Carpazi. Ora si cominciava a far sul serio,<br />

niente esercitazioni, niente finzioni, nessuna sceneggiata.<br />

Ora si faceva sul serio, la guerra era scoppiata e noi avevamo<br />

- come <strong>di</strong>cevano i nostri comandanti - da <strong>di</strong>fendere<br />

un Impero ed un Imperatore. Il tovagliolo bianco lo nascosi<br />

dentro ai pantaloni <strong>di</strong> tela verde e bevendo l’ultimo<br />

sorso <strong>di</strong> quella malvasia <strong>di</strong> casa pensai che non potevo<br />

sapere se per me sarebbe stata l’ultima volta. Si sarebbe<br />

fatto sul serio, avremmo sparato, pallottole vere, avremmo<br />

combattuto contro un esercito che non conoscevamo,<br />

in una delle zone dell’Impero meno sicure. Giugno stava<br />

per finire, la torrida estate che luglio <strong>di</strong> solito regala<br />

avrebbe raggiunto temperature ancora più bollenti.<br />

A Vergarolla i polesani facevano il bagno quasi già da<br />

un mese e lì la <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> guerra non era rimbalzata.<br />

Molti <strong>di</strong> noi erano istriani e a casa lasciavamo molto,<br />

quasi tutto. Non potevamo sapere che tante cose sarebbero<br />

cambiate».<br />

Diario <strong>di</strong> guerra del fante austriaco Marino Benussi<br />

Nei pressi <strong>di</strong> Nizni Novgorod. Quasi Siberia<br />

“Scrivo tutto questo perchè non so esattamente che<br />

fine faremo, quale sarà la nostra sorte, il nostro destino<br />

<strong>di</strong> giovanissimi soldati <strong>di</strong> uno dei più gran<strong>di</strong> e longevi imperi<br />

della storia. L’ultima parte l’ho aggiunta riportando<br />

le parole dei nostri comandanti, sia chiaro, io nell’Impero<br />

non ci ho mai creduto più <strong>di</strong> tanto. Credevo che bastasse<br />

sentire il richiamo <strong>di</strong> casa tua, della tua città in riva al<br />

mare, del tuo campanile così bello e così slanciato verso<br />

le azzurre altitu<strong>di</strong>ni del cielo. Azzurro, che bel colore, così<br />

limpido, senza veli, senza bisogno <strong>di</strong> unirsi ad altri. Ed<br />

invece quando sono stato chiamato dall’esercito imperiale<br />

austrungarico, sulla lettera c’era scritto che l’arruolamento<br />

era obbligatorio e che bisognava presentare la propria<br />

faccia al primo comando militare più vicino a casa.<br />

Per le normali operazioni <strong>di</strong> riconoscimento e successivamente<br />

<strong>di</strong> addestramento. Almeno questo era quello che<br />

mi aspettava. Gli ufficiali del comando da subito si rivelarono<br />

gente alquanto scorbutica, poco rispettosa del mio<br />

non sapere una sola parola <strong>di</strong> tedesco, se non quelle legate<br />

al saluto <strong>di</strong> qualche amministratore citta<strong>di</strong>no influente,<br />

i convenevoli e le banalità da usare con qualche ragazza,<br />

alle volte figlia dello stesso influente e quanto mai ra<strong>di</strong>oso<br />

amministratore del paese. Oggi invece, gli stessi ufficiali<br />

baffuti e rabbiosi, spesso sono quelli che hanno più paura<br />

<strong>di</strong> tutti. Non me lo riesco ancora a spiegare. Così mi <strong>di</strong>edero<br />

l’equipaggiamento per affrontare la guerra, mi assegnarono<br />

un posto dove dormire, un fucile e poche altre<br />

cianfrusaglie che sicuramente non avrei mai usato. Siamo<br />

in cammino da <strong>di</strong>versi giorni ormai ed il fronte si avvicina<br />

sempre <strong>di</strong> più. Questa notte ci sarà qualche movimento,<br />

penso che forse tra un paio d’ore ci metteremo in cammino.<br />

Tutto per il più grande impero della storia, o almeno<br />

questo è quello che ci vogliono far credere”.<br />

Lucio Basiaco, fante scelto.<br />

Marcia per arrivare al fronte.<br />

11 agosto 1914<br />

“La mia Istria. Chissà cosa ne è <strong>di</strong> lei durante questi<br />

giorni così infuocati, così lontani dal periodo in cui ero<br />

bambina. Il mio paese, le sue spesse ed invalicabili mura,<br />

i suoi portoni <strong>di</strong> legno, le case <strong>di</strong> pietra dura, San Biagio<br />

ed il suo altissimo campanile. Chissà come vivono quelle<br />

persone rimaste lì, chissà se sanno dove ci hanno portati,<br />

chissà. Ci hanno detto, il giorno che ci hanno fatto uscire<br />

da Dignano, che ci avrebbero trasferiti perché poteva<br />

essere pericoloso restare dentro al borgo. Ora è tanto<br />

che siamo lontani e lontani sono i tempi in cui ero bambi-


na. Lontani, sì. Qui a Wagna - ho visto la tabella del paese<br />

dall’autocarro - tutto sembra immobile, nessuno parla<br />

con gioia della vicenda, qualcuno lo fa apposta, nessuno<br />

parla della guerra. Almeno una cosa, però, non va male:<br />

siamo tra noi, tanta gente del paese come me. Cerco <strong>di</strong> capire<br />

cosa sta succedendo, alle volte domando alla guar<strong>di</strong>a<br />

qualche notizia, ma non mi risponde. Chissà perchè. Già,<br />

chissà”.<br />

Dorina Biasiol, maestra elementare.<br />

Campo <strong>di</strong> Wagna, vicino Leibnitz, Stiria.<br />

Marzo 1916<br />

I<br />

Un colpo <strong>di</strong> cannone, il fischio in lontananza e poi giù,<br />

verso la terra che rimbalza sotto l’urto <strong>di</strong> quelle palle pesanti<br />

ed insanguinate già in partenza. La terra esplode,<br />

rimbalza ed esplode, i corpi dell’esercito austrungherese<br />

volano a <strong>di</strong>stanze impossibili, nessuno ha mai visto tanta<br />

violenza in un solo colpo <strong>di</strong> cannone.<br />

Un altro sibilo, il volo nel cielo notturno, la paura <strong>di</strong> essere<br />

colpiti trepidamente vacilla dalla base <strong>di</strong> speranza su<br />

cui poggia quando il sole è alto, gli occhi si fanno curiosi<br />

da un lato e ciechi dall’altro, le orecchie attendono l’urto,<br />

quella pioggia <strong>di</strong> fuoco che attraverserà il campo nemico e<br />

farà rimbalzare ed esplodere la terra in un attimo.<br />

Fischio, volo e rumore <strong>di</strong> terra.<br />

Dall’altra parte già si prepara il terzo colpo, quello decisivo,<br />

quello che zittirà la notte. Il cielo si apre, scorrono<br />

rapide le poche nuvole che <strong>di</strong>sturbano le stelle e poi silenzio.<br />

Solo un tremendo silenzio <strong>di</strong> sospetto e paura.<br />

“Penso che per stanotte i gà finì...”<br />

“Se non i son troppo insemenì dei tiri credo che i scominzierà<br />

de novo tra un ora, forsi due. E se ‘l cannon xè<br />

quel che <strong>di</strong>go mi, i lo devi forbìr, carigar n’altra volta, preparar<br />

el spago de fogo e le bale. Xè ‘taliani, no i ghe metterà<br />

meno de un’ora...”<br />

“Cosa ti <strong>di</strong>si, quanto xè che semo qua?”<br />

“Quasi un anno. Ti no ti li conti i giorni?”<br />

“Cosa ti xè mato? Gnanche co iero Pola per l’addestramento...<br />

poi no xè che se li conto duto passa prima.<br />

Per mi xè contrario, più che ghe penso a ‘sta maledetta<br />

guerra e più go paura de no tornar...”<br />

“Ti sa che co iero in Bosnia no gavemo tirà gnanche<br />

un colpo? Sicuro, qualchidun xè sta ciapà co la forza, vizin<br />

de Sarajevo. Ma mi son tornà casa co i stessi tiri che<br />

co iero partì...”<br />

“La prima volta che go ciapà un s’ciopo in man xè stada<br />

co ‘vevo <strong>di</strong>ese anni. El pare mio ‘ndava becàr cinghiai,<br />

el ghe scondeva le trapole in tei boschi vizin de casa e<br />

‘speta, una volta el xè tornà casa con un s’ciopo dell’esercito,<br />

che lu <strong>di</strong>seva ghe lo gaveva dà un ufiziàl in congedo<br />

venù ‘bitàr Montona...”<br />

La terra esplode. Rimbalza ed esplode. E poi <strong>di</strong> nuovo,<br />

ad intervalli precisi, fischio, volo e rumore.<br />

“Un’ora, ah?”<br />

“Pensavo ch’el iera el cannon compagno de quel de<br />

prima...”<br />

“Ah, no star sempre a pensar ti...”<br />

Volo e fischio. Niente rumore.<br />

Cinquanta, forse sessanta metri più a destra, rumore, la<br />

terra che esplode. Fiamme su fiamme.<br />

Letture<br />

“Quanti cannoni i gaverà ‘sti ‘taliani?”<br />

“De sicuro no un solo...”<br />

“Grazie, questo gavevo capì anca mi...”<br />

“...due, forse tre...”<br />

Sul fronte della guerra, provocata da uno studente bosniaco<br />

più <strong>di</strong> un anno prima, in verità i colpi d’artiglieria,<br />

le munizioni e gli spari non erano all’or<strong>di</strong>ne del giorno.<br />

Capitava che si stesse anche per settimane senza vedere<br />

neanche l’ombra del conflitto, senza esser protagonisti <strong>di</strong><br />

battaglie, <strong>di</strong> scontri all’arma bianca, <strong>di</strong> assalti alla baionetta.<br />

Si stava fermi per giorni e giorni, scavati dentro alla terra,<br />

dentro al corpo umido e vivo del ventre del pianeta, per<br />

giorni e giorni, senza mai uscire allo scoperto, senza che<br />

nessuno sapesse cosa effettivamente al Comando stessero<br />

decidendo. Lì, fermi per ore, sporchi <strong>di</strong> terra, <strong>di</strong> polvere da<br />

sparo, macchiati <strong>di</strong> guerra. Trincee come case, passaggi<br />

sottoterra, cunicoli lunghi centinaia <strong>di</strong> metri, un an<strong>di</strong>rivieni<br />

continuo <strong>di</strong> persone, soldati e ufficiali me<strong>di</strong>ci.<br />

Spesso il fronte su cui si combatteva era lungo decine<br />

<strong>di</strong> chilometri e l’esercito nemico sostava ad una <strong>di</strong>stanza<br />

<strong>di</strong> neanche cento metri dall’altro. Come due mammiferi in<br />

letargo, sepolti sotto una striscia <strong>di</strong> terra ad aspettare <strong>di</strong> incontrarsi,<br />

in una violenta e sanguinosa primavera.<br />

Il tempo poi era un elemento scatenante. Si poteva persino<br />

impazzire nel dargli confidenza, farsi raccontare da<br />

lui le mille storie che conosceva e <strong>di</strong> cui era stato un eccelso<br />

protagonista. C’era chi dopo un po’ lo considerava suo<br />

amico ma spesso poi doveva ricredersi perché poteva sparire<br />

per intere settimane, ad<strong>di</strong>rittura mesi.<br />

Mesi, in cui essere appostati sul fronte del Carso, <strong>di</strong>ventava<br />

una vera e propria corsa verso la follia. Una follia<br />

che in tanti percepivano già dai primi momenti, una follia<br />

sola, confidente e amica del fucile, invi<strong>di</strong>osa <strong>di</strong> quelli che<br />

partiti non erano, <strong>di</strong> quelli che erano riusciti a rimanere a<br />

casa, nelle campagne, giù in Istria.<br />

Lucio non si lasciò prendere per matto, non si consegnò<br />

mai, non concluse la sua vita nella folle morte della guerra.<br />

Per tutto, o almeno quasi, il tempo che aveva passato come<br />

soldato in prima linea aveva continuato a pensare ad altro,<br />

a qualcosa <strong>di</strong> bello, <strong>di</strong> estremamente felice, <strong>di</strong> contagioso.<br />

Era convinto che se non l’avesse fatto, la signora dal vestito<br />

nero come le notti <strong>di</strong> trincea sarebbe andata a trovarlo<br />

molto presto e <strong>di</strong> certo senza mandargli alcuna convocazione<br />

scritta. Era fante scelto dell’esercito imperiale più<br />

importante del vecchio continente, una simile debolezza<br />

non avrebbe potuto concepirla, né tantomeno sopportarla.<br />

O almeno questo era quello che gli ufficiali, urlando il più<br />

delle volte gli or<strong>di</strong>ni in un tedesco stretto ed incomprensibile<br />

per i numerosi istriani incorporati con la leva obbligatoria,<br />

volevano sentire dai loro sottoposti.<br />

L’artiglieria nel frattempo aveva smesso <strong>di</strong> bombardare.<br />

Lucio e gli altri soldati da trincea anche per quella notte<br />

potevano <strong>di</strong>rsi sod<strong>di</strong>sfatti. E perché no, anche un po’ più<br />

leggeri.<br />

“Quanti colpi ‘stanotte?”<br />

“Quattro!”<br />

“E ti?”<br />

“Gnanca un... però go visto passar un lèvero ch’el correva<br />

pulito davanti de noi...”<br />

“E no ti ghe ga tirà?”<br />

“E no go ‘rivà...”<br />

Panorama 35


36 Panorama<br />

Letture<br />

“Sicuro lo ga ciapà i ‘taliani...”<br />

“Cosa i magna lèvero anche lori?”<br />

“No, lori va in ristorante ogni giorno per marenda,<br />

pranzo e zena... sempio, si che i magna lèvero anca lori,<br />

cosa no ti ga fame ti?”<br />

“Si mi..”<br />

“E no te pensi che forsi i la ga anca lori, siora fame?”<br />

“Mi pensavo che...”<br />

“No sta star tropo tempo a pensar ti. Lasa che pensi el<br />

manzo che ga la testa granda e ch’el no ga niente de far<br />

tuto el giorno in stalla!”<br />

Suono <strong>di</strong> tromba. Ripetuto più e più volte. Sempre più<br />

vicino, sempre più forte. Così un soldato annunciava l’adunata,<br />

il momento peggiore del fronte. Tutti stretti dentro ad<br />

una trincea scavata nel fango, nello sporco, nel primo ventre<br />

della terra. Tutti sull’attenti e tutti ad ascoltare un ufficiale<br />

molto austroungherese, baffo e capèl col ciodo.<br />

“Soldati abbiamo il compito <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere i confini del<br />

più grande impero della storia! Impalpabile deve essere<br />

la paura <strong>di</strong> affrontare il nemico, quel maledetto esercito<br />

reale italiano, quelle file <strong>di</strong> savoiar<strong>di</strong> francofone che dal<br />

giorno alla notte s’inventano che Trieste è una città italiana!<br />

Mai cadrà l’aquila che domina il porto più importante<br />

dell’Impero! Mai Piazza Grande vedrà sventolare la su<strong>di</strong>cia<br />

e bambina, ban<strong>di</strong>era tricolore...”<br />

“Pss...”<br />

“De chi el parla?”<br />

“Sta bon, dopo te spiego...”<br />

“...mai il nostro imperatore massimo, duce <strong>di</strong> ogni battaglia<br />

contro gli italiani sin dai tempi <strong>di</strong> Lissa, permetterà<br />

che questo piccolo paese possa minare secoli <strong>di</strong> totale fedeltà!<br />

Mai. E mai potranno pensare le altre potenze <strong>di</strong> promettere<br />

nostri terrirori ad altri in caso <strong>di</strong> impossibile loro<br />

vittoria! Non c’è, non esiste la parola sconfitta nel nostro<br />

esercito, dobbiamo fare in modo che Trieste e l’Istria non<br />

siano mai italiane!”<br />

“Cosa c’entremo noi, Lucio?”<br />

“Sta bon, sempio!”<br />

“...mai lasceremo queste terre per noi così importanti,<br />

mai lasceremo a questo nemico i nostri baluar<strong>di</strong>, le nostre<br />

torri <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa dell’Impero! Non una ban<strong>di</strong>era italiana<br />

sventolerà sul colle <strong>di</strong> San Giusto! Mai il loro vessillo potrà<br />

trovare posto sui municipi istriani, mai per le strade <strong>di</strong><br />

Pola si sentirà la lingua del <strong>di</strong>avolo italiano...”<br />

“Ma i no parlà za italian a Pola, Lucio?”<br />

“La prossima che te <strong>di</strong>si no rispondo de mi...”<br />

“...perchè queste sono regioni del nostro grande Impero,<br />

sono per il nostro Imperatore più importanti della<br />

sua stessa vita! Non dovete essere timorosi, abbiate fede<br />

nell’Austria-Ungheria, la vittoria è vicina! Gli italiani<br />

sono in ritirata, a nord già nostre <strong>di</strong>visioni attaccano da<br />

un paio <strong>di</strong> giorni quelle nemiche, molti soldati scappano<br />

e <strong>di</strong>sertano...”<br />

Così almeno per mezzora. Ogni qualvolta l’ufficiale<br />

aveva voglia <strong>di</strong> <strong>di</strong>re qualcosa. Ogni qualvolta gli arrivavano<br />

degli or<strong>di</strong>ni da eseguire con prontezza. Adunata,<br />

adunata, il tenente deve <strong>di</strong>re qualcosa. E sempre le stesse<br />

cose, sempre gli stessi proclami, le stesse storie <strong>di</strong> italiani<br />

in fuga dal loro esercito, le ban<strong>di</strong>ere da bruciare, il fronte<br />

da sfondare, i contatti da non avere, le fucilazioni, la corte<br />

marziale.<br />

Come sempre tutto finiva con delle urla veementi,<br />

cariche <strong>di</strong> forza, <strong>di</strong> passione e <strong>di</strong> trasporto. Appena finita<br />

l’adunata gli sguar<strong>di</strong> si cercavano, si ponevano le stesse<br />

domande. E i molti istriani chiusi dentro a quella trincea<br />

buia come la signora in nero, si stringevano nei dubbi,<br />

nelle paure <strong>di</strong> non aver capito niente <strong>di</strong> tutto il <strong>di</strong>scorso o<br />

semplicemente se ne fregavano. Da qualche parte correva<br />

la voce che istriani e gente del Quarnero, assieme in un<br />

battaglione, cantassero delle canzoni mentre marciavano.<br />

Niente <strong>di</strong> strano se non fosse che erano canzoni che parlavano<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>serzioni e della voglia <strong>di</strong> veder la guerra, prima<br />

o poi finire. Questo gli austriaci non lo potevano sapere,<br />

anche perché molti ufficiali l’italiano non lo capivano e, <strong>di</strong><br />

conseguenza, poteva capitare che qualche baffuto ometto<br />

dalla <strong>di</strong>visa piena <strong>di</strong> riconoscimenti si mettesse a fischiettare<br />

una canzone <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>mento. Senza sapere <strong>di</strong> esser deriso<br />

da molti.<br />

Lucio aveva combattuto sul fronte dei Carpazi, contro<br />

l’impero dello Zar, contro i cosacchi, gente che a cavallo<br />

sembrava volare tanto rapide erano le loro azioni. Erano<br />

partiti da Pola e via mare erano arrivati a Fiume, non esattamente<br />

in riva, un po’ più verso Sussak. Dopo l’ormeggio,<br />

tutti i militari dell’esercito imperiale erano scesi dalla<br />

Ulan, raggruppati secondo preciso e svevo or<strong>di</strong>ne, messi<br />

in marcia e mandati verso quella linea da <strong>di</strong>fendere che era<br />

molto, molto <strong>di</strong>stante. I Carpazi più che <strong>di</strong>stanti erano un<br />

vero e proprio incubo. Dopo la bollente uccisione <strong>di</strong> Francesco<br />

Fer<strong>di</strong>nando, quella frontiera orientale era <strong>di</strong>ventata<br />

meno sicura. Non che gli ucraini, i rumeni o i moldavi fossero<br />

gente strana o piena d’o<strong>di</strong>o verso l’Impero austrungarico,<br />

era solo che la Russia aveva chiaramente espresso<br />

il suo amore verso Belgrado e non poteva tra<strong>di</strong>re la città e<br />

l’onore serbo. Almeno non in quel momento <strong>di</strong> così grave<br />

bisogno perché erano, i serbi, accusati <strong>di</strong> aver ucciso<br />

il principe ere<strong>di</strong>tiero e sua moglie, cosa che aveva scosso<br />

tremendamente i già scarsi ed inconsistenti equilibri in<br />

quella penisola balcanica.<br />

San Pietroburgo non poteva lasciare i fratelli serbi in<br />

balìa del senso <strong>di</strong> rivalsa e <strong>di</strong> nemesi austroungheresi. Così<br />

intere <strong>di</strong>visioni, composte da uomini <strong>di</strong> ogni provenienza,<br />

si ritrovarono assieme in una marcia verso i Carpazi.<br />

Gente da ogni dove, dalmati, istriani, croati, sloveni, boemi,<br />

moraviani, ungheresi, slavoni, italiani, bosniaci, forse<br />

anche qualche musulmano. Tutti insieme su una linea<br />

<strong>di</strong> confine.<br />

Due imperi contro.<br />

I serbi tra i due.<br />

Lucio sin da quando era partito da Pola aveva pensato<br />

che l’unica cosa importante, ma veramente importante, era<br />

quella <strong>di</strong> tornare a casa, lassù in Istria, vicino a Montona.<br />

Là era casa, il resto, la guerra, i cosacchi, i campi montati<br />

in un paio d’ore e rismontati ancora più velocemente, non<br />

lo entusiasmavano. A casa aveva lasciato la morosa e il<br />

vecchio. La mamma era morta, papà Anselmo era in gamba<br />

e se Nerina avesse avuto bisogno <strong>di</strong> conforto o <strong>di</strong> sue<br />

notizie, lì a San Piero de Portole li avrebbe trovati.<br />

Ucio, facile e parsimonioso soprannome, teneva sempre<br />

un <strong>di</strong>ario, voleva che tutte le cose viste durante la guerra<br />

restassero per sempre nella sua memoria. Certamente le<br />

cose belle, i sorrisi della gente ungherese vicino a Maribor,<br />

lo sguardo del marinaio dalmato a bordo della Ulan


che poi era stata braccata ad Antivari e costretta a rifugiarsi<br />

nelle Bocche <strong>di</strong> Cattaro, il Danubio nelle sue migliaia <strong>di</strong><br />

colorazioni, nei suoi miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> acquerelli bagnati dal caldo<br />

della pianura, nelle sue baracche costruite sopra gli argini.<br />

E poi i <strong>di</strong>scorsi con gente come lui, istriani e fiumani,<br />

<strong>di</strong>scorsi su cosa si era prima <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare soldati dell’impero.<br />

Chi conta<strong>di</strong>no, chi pescatore, chi barbiere, chi salinaro,<br />

chi bigliettaio sui treni.<br />

Da Pančevo in poi aveva cominciato a scrivere anche<br />

<strong>di</strong> come gli ufficiali trattavano la truppa o <strong>di</strong> cosa <strong>di</strong>cevano<br />

in merito alla guerra che andavano a combattere. Le lettere,<br />

durante il primo anno <strong>di</strong> conflitto, facevano sempre il<br />

viaggio contrario da lui intrapreso. Poi, causa la sostituzione<br />

del fante postino, uno sloveno <strong>di</strong> Bagnoli mandato a<br />

casa in licenza, le lettere che lui mandava a casa <strong>di</strong>ventarono<br />

mucchi <strong>di</strong> carta dentro ad un magazzino. E lì rimasero<br />

per molto, molto tempo.<br />

I primi se<strong>di</strong>ci mesi <strong>di</strong> guerra furono abbastanza silenziosi,<br />

qualche cannonata ogni tanto, giusto per vedere se il<br />

nemico era ancora dall’altra parte ad aspettare; ogni tanto<br />

anche per gioco, perché la noia, in quei primi se<strong>di</strong>ci mesi<br />

<strong>di</strong> guerra, fu per Lucio la balcanica crisalide della folle<br />

carsica farfalla. Farfalla che alcuni istriani e soldati imperiali<br />

sul Carso non ebbero mai il triste piacere <strong>di</strong> ammirare.<br />

Perché prima del fuoco bolscevico che sconvolse l’impero<br />

dello zar, furono catturati proprio da quei cavalieri alati<br />

che sembravano essere i cosacchi. Catturati e fatti marciare<br />

per chilometri, per poi caricarli su treni che destinavano<br />

quel carico umano alla Siberia. In verità non furono molti.<br />

Vissero il resto della guerra da posizione quasi privilegiata,<br />

fuori dal conflitto, <strong>di</strong>stanti da casa e dall’ondata <strong>di</strong> follia<br />

dell’ultimo anno.<br />

E proprio quando sembrava che il conflitto stesse per<br />

prendere una certa piega a favore degli austriaci, arrivò la<br />

notizia che su a Mosca stava succedendo il finimondo e<br />

che allora quel fronte non serviva più. Ma non era ancora<br />

l’ora <strong>di</strong> tornare a casa. Bisognava raggiungere il carso giuliano,<br />

alle spalle <strong>di</strong> Gorizia e Trieste.<br />

Fu in questo modo che molti soldati vennero spe<strong>di</strong>ti il<br />

più rapidamente possibile verso ponente, verso il tramontare<br />

del sole. Molti, tra cui Lucio che pensava, ignorando<br />

la realtà, al momento che aspettava da quand’era partito.<br />

Non arrivò niente <strong>di</strong> desiderato perché lo attendeva la<br />

spietata e lucente velocità con cui quel piccolo vermetto<br />

<strong>di</strong>venne l’incubo <strong>di</strong> molte notti. Così Lucio giunse alle<br />

spalle dell’emporio triestino dopo molti mesi passati nei<br />

Carpazi e fu qui, nell’autunno del 1917, che capì che la<br />

guerra, anche se più vicina a casa, non era affatto una tranquilla<br />

ed innocente crisalide.<br />

II<br />

“Il nostro campanile <strong>di</strong> San Biagio è stato costruito nel<br />

1818 da Antonio Porta da Trieste. È senz’altro uno dei più<br />

belli <strong>di</strong> tutta l’Istria e senza ombra <strong>di</strong> dubbio il più alto <strong>di</strong><br />

tutta la penisola. Avete qualche domanda ragazzi?”<br />

“Signora Maestra, un giorno possiamo andare fin su in<br />

alto?”<br />

Il rumore della campana che suona la fine della lezione<br />

irrompe tutto d’un tratto nel silenzio tra la domanda e la risposta.<br />

Non c’è <strong>di</strong> meglio che una <strong>di</strong>strazione rumorosa e<br />

spezzante per mettere in salvo il tempo che le occorre per<br />

Letture<br />

rispondere ad un quesito <strong>di</strong> cui non conosce la soluzione.<br />

Non aveva mai pensato ad una cosa <strong>di</strong> questo genere, era<br />

un insolita curiosità. Ne aveva parlato tante <strong>di</strong> quelle volte,<br />

lo amava intensamente ma più come una reliquia che a<br />

guisa <strong>di</strong> santo protettore.<br />

“Vedremo, Manzin. Intanto ricordatevi <strong>di</strong> fare i compiti<br />

per domani, mi raccomando!”<br />

La maestra Dorina Biasiol lasciò uscire tutti i piccoli<br />

studenti dalla classe e rimase un po’ davanti alle finestre<br />

che davano sul giar<strong>di</strong>no della scuola. Fuori, un leggero<br />

vento scompigliava i soprabiti dei suoi alunni che se<br />

ne tornavano verso casa. Cominciavano già a formarsi dei<br />

piccoli gruppetti anche perché erano tutti figli dello stesso<br />

paese e dopo aver fatto i compiti che la maestra assegnava,<br />

quasi tutti uscivano in strada a giocare. Così, la strada dalla<br />

campanella al pranzo era l’occasione per darsi appuntamento<br />

nel pomeriggio all’ombra <strong>di</strong> San Biagio.<br />

Dorina era nata e cresciuta proprio a Dignano d’Istria<br />

da una famiglia <strong>di</strong> antiche origini venete arrivata secoli<br />

prima nella penisola. La famiglia si era integrata perfettamente<br />

sin da subito e con il passare del tempo, dopo l’inclusione<br />

dell’Istria dentro al Regno d’Italia napoleonico,<br />

ebbe modo <strong>di</strong> guadagnare qualcosa dalla ven<strong>di</strong>ta dei propri<br />

prodotti. Successivamente, i Zelaschi, aprirono un laboratorio<br />

artigianale per fare il pane e così riuscirono a <strong>di</strong>ventare<br />

una delle prime anime commerciali del paese. O<br />

almeno così la storia si era tramandata <strong>di</strong> generazione in<br />

generazione.<br />

In effetti il benessere <strong>di</strong> cui la famiglia aveva goduto in<br />

passato e quello <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>sponeva in questi primi anni del<br />

Novecento, era l’unico motivo per cui Dorina aveva potuto<br />

stu<strong>di</strong>are tanto da <strong>di</strong>ventare maestra elementare.<br />

Gli stu<strong>di</strong> li aveva compiuti in quel <strong>di</strong> Pola ove risiedeva<br />

un ramo della famiglia, la quale aveva ben accettato la presenza<br />

dell’adolescente Dorina. Fin da piccola aveva posseduto<br />

una forma <strong>di</strong> curiosità superiore a quella che tutti<br />

i bambini possiedono. Chiedere, domandare, voler sapere<br />

erano state le basi da cui ella stessa maturò una vera e propria<br />

passione per la scuola. A Pola rimase per alcuni anni,<br />

tempo in cui imparò tante cose. Dalla letteratura alla matematica.<br />

Dal leggere al far <strong>di</strong> conto. Quando ebbe finito gli<br />

stu<strong>di</strong> tornò a Dignano dove nel frattempo, nell’estate del<br />

1908, la scuola era rimasta senza maestro. Il maestro Quarantotto,<br />

dopo quasi vent’anni <strong>di</strong> insegnamento, smise <strong>di</strong><br />

lavorare perché la stanchezza aveva preso il sopravvento<br />

sulla passione che eterna non è.<br />

La scuola, un e<strong>di</strong>ficio appena fuori dal borgo, era stata<br />

costruita non troppi anni prima, tanto che l’e<strong>di</strong>ficio era<br />

integro, sia nella facciate che nelle sue aule. Muri gran<strong>di</strong><br />

costruiti con pietre altrettanto gran<strong>di</strong> e lunghe. Ma anche<br />

angolari, pesanti, basilari, in<strong>di</strong>spensabili, imprescin<strong>di</strong>bili.<br />

Pietre forti per <strong>di</strong>fendere gli alunni, per insegnare loro che<br />

l’esistenza e la vita più in generale è dura come quelle pietre.<br />

Alle volte Dorina tentava <strong>di</strong> trasmettere anche questo<br />

tipo <strong>di</strong> nozioni, anche se a <strong>di</strong>re il vero nei primi anni della<br />

sua nuova professione si atteneva ai programmi e a quei<br />

pochi libri che possedeva e per i quali era molto gelosa.<br />

Negli anni aveva anche maturato quell’amore verso il suo<br />

mestiere che le regalava il sorriso ad ogni canto del gallo o<br />

quasi. (1 - continua)<br />

Panorama 37


38 Panorama<br />

Libri<br />

Un cofanetto bianco-panna racchiude tre monografie sulla storia, le usanze, la<br />

I colori della terra e dell’urbe <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> Ilaria Rocchi<br />

Il rosso, il verde, il marrone, tre colori<br />

che idealmente potrebbero simboleggiare<br />

Dignano: il rosso del suo<br />

ottimo terrano, il verde del suo eccellente<br />

olio d’oliva, il marrone della sua<br />

terra fertile... Tre colori che segnano e<br />

separano tre <strong>di</strong>verse parti <strong>di</strong> un prezioso<br />

cofanetto (bianco panna) che la Comunità<br />

degli Italiani <strong>di</strong> Dignano ha voluto<br />

regalare ai lettori. Uno scrigno che<br />

racchiude, in quasi 570 pagine, tutto<br />

ciò che c’era e c’è da sapere sul “regno<br />

dei Bumbari” e i suoi abitanti. L’antologia<br />

s’intitola Dignano nei secoli ed<br />

è un’accurata e corposa ricerca etnografica,<br />

urbanistica e storico-culturale<br />

sulla realtà <strong>di</strong>gnanese. Basata su fonti<br />

<strong>di</strong> notevole ampiezza e varietà, si presenta<br />

come una pregevole opera <strong>di</strong> sintesi,<br />

nella quale sono confluite <strong>di</strong>verse<br />

indagini sulla storia, l’architettura, i costumi,<br />

la vita e via <strong>di</strong> seguito, che tracciano<br />

un ritratto a 360 gra<strong>di</strong> della città<br />

protetta da San Biagio. Scritti a partire<br />

dagli anni Settanta del secolo scorso,<br />

da parte <strong>di</strong> gruppi letterari e <strong>di</strong> ricerca<br />

etnografica della stessa Comunità degli<br />

Italiani e della Scuola elementare <strong>di</strong> Dignano,<br />

questi contributi per certi aspetti<br />

<strong>di</strong>menticati - e <strong>di</strong>fficilmente reperibili<br />

ai più - sono stati ora recuperati, riletti,<br />

accuratamente selezionati, riproposti e<br />

“serviti” su un piatto che non sarà d’argento<br />

ma che è altrettanto accattivante<br />

e gustoso. La raccolta fa confluire così<br />

in un unico cofanetto argomenti finora<br />

trattati in “separate se<strong>di</strong>”. Insomma,<br />

come conclude Carla Rotta, in qualità<br />

<strong>di</strong> rappresentante dell’e<strong>di</strong>tore (era presidente<br />

della CI quando il volume è<br />

stato promosso e realizzato), è nata una<br />

singolare enciclope<strong>di</strong>a su Dignano.<br />

Presentata a Palazzo Bradamente agli<br />

inizi <strong>di</strong> luglio, la collezione antologica<br />

è frutto dell’impegno e dell’ingegno <strong>di</strong><br />

Carla Rotta, redattrice, <strong>di</strong> Li<strong>di</strong>a Delton<br />

e Giorgina Kutić, membri del Comitato<br />

<strong>di</strong> redazione, Marta Banko, Erica<br />

Fabbro, Anita Fioranti e Daniela Rotta<br />

Stoiljković, in qualità <strong>di</strong> collaboratori.<br />

Va detto ancora che il volume è stato<br />

realizzato con i contributi del Ministero<br />

degli Affari Esteri italiano per il trami-<br />

te dell’Unione Italiana (in applicazione<br />

alla Legge nro. 73 del 21 marzo 2001)<br />

e della Città <strong>di</strong> Dignano. A completare<br />

la lista dei meritevoli, Silvio Forza,<br />

<strong>di</strong>rettore dell’EDIT, che ha pubblicato<br />

l’antologia, Liliana Venucci Stefan,<br />

del Settore e<strong>di</strong>toriale dell’EDIT, Daria<br />

Vlahov Horvat, art <strong>di</strong>rector (sempre<br />

EDIT), che ha curato la parte grafica, e<br />

le maestre Anita Forlani e Maria Biasiol,<br />

che nel corso degli anni hanno seguito<br />

i vari gruppi letterari ed etnografici<br />

dell’Elementare <strong>di</strong> Dignano.<br />

I curatori dell’antologia si sono basati<br />

sui risultati <strong>di</strong> una ventina <strong>di</strong> lavori,<br />

selezionati da una mole complessiva<br />

<strong>di</strong> circa quaranta. Le ricerche sono<br />

state quin<strong>di</strong> sud<strong>di</strong>vise in <strong>di</strong>versi blocchi<br />

tematici, ai quali è stato affiancato<br />

un ricco apparato iconografico fatto <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>segni, fotografie, schizzi e illustrazioni.<br />

Sono nate così le tre monografie <strong>di</strong><br />

“Dignano nei secoli”: “Tra storia e leggenda”<br />

(libro rosso, 183 pagine), “Usi<br />

e tra<strong>di</strong>zioni” (libro verde, 199 pagine)<br />

e “Centro storico” (libro marrone, 185<br />

pagine).<br />

La prima monografia, <strong>di</strong> impronta<br />

più “storica”, risale fino alle ra<strong>di</strong>ci della<br />

città, svelandone alcuni dei tratti peculiari.<br />

Il volume comprende sette capitoli:<br />

“Sui casteleri”, “Rasonando de<br />

piere e groûmasi”, “Lo Statuto <strong>di</strong> Dignano<br />

del 1492”, “Su e giù per le contrade<br />

(Dignano tra storia e cronaca)”,<br />

“Echi del passato nelle contrade <strong>di</strong> Di-<br />

gnano”, “Fiabe e leggende del mio luogo<br />

natio”, “Aneddoti, fatti e personaggi<br />

del mio luogo natio”. Ciascuna <strong>di</strong> queste<br />

parti è interessante e coinvolgente,<br />

anche se alcune, come quelle sui castellieri<br />

e sulle casite, si caricano <strong>di</strong> valori<br />

aggiunti. Quella sui castellieri <strong>di</strong> Dignano,<br />

risalenti al periodo tra il XVI e<br />

il XIV secolo a.C., perché oltre a presentare<br />

e rivalorizzare un fenomeno tipico<br />

dell’area istriana - la cultura dei<br />

castellieri si sviluppò in Istria nell’età<br />

del bronzo me<strong>di</strong>o per espandersi successivamente<br />

in Friuli, Venezia Giulia,<br />

Dalmazia, Veneto e zone limitrofe -, dà<br />

visibilità a un certosino lavoro fatto dai<br />

giovani. Infatti, i dati raccolti nel volume<br />

sono il frutto degli scavi realizzati<br />

anni ad<strong>di</strong>etro dagli alunni dell’elementare<br />

<strong>di</strong>gnanese. Le loro ricerche hanno<br />

riportato alla luce numerosi reperti (soprattutto<br />

cocci <strong>di</strong> vasi, scodelle, olle,<br />

boccali...), grazie ai quali è stato possibile<br />

ricostruire il vasellame utilizzato<br />

a quell’epoca. La monografia è arricchita<br />

dai <strong>di</strong>segni degli stessi giovani<br />

“In<strong>di</strong>ana Jones“, realizzati sulla base <strong>di</strong><br />

ciò che hanno ritrovato. Inoltre, è stato<br />

ricostruito “lo stato patrimoniale”<br />

dell’area alta <strong>di</strong> Dignano, conosciuta<br />

come “Casteleri”, con i nomi dei proprietari<br />

delle varie parcelle<br />

Il capitolo “Rasonando de piere e<br />

groûmasi” è invece particolare perché<br />

parla delle casite <strong>di</strong> Dignano, ovvero<br />

le capanne monocellulari costru-


vita dei «bumbari»<br />

Dignano<br />

ite con pietre a secco dove<br />

un tempo si riparavano i<br />

conta<strong>di</strong>ni. Tipiche <strong>di</strong> tutta<br />

l’area del Me<strong>di</strong>terraneo, le<br />

casite accomunano <strong>di</strong>verse<br />

civiltà. La ricerca include<br />

inoltre il primo censimento<br />

delle casite del Dignanese,<br />

con tanto <strong>di</strong> località,<br />

nome e in alcuni casi anche soprannome<br />

del proprietario. Si legge pertanto<br />

<strong>di</strong> un tale Giovanni Giachin-Spacapulpiti,<br />

<strong>di</strong> un Biasion-Braghe Nigre, <strong>di</strong><br />

un Giovanni Forlani-Granpin, <strong>di</strong> una<br />

Maria Odogaso-Balerina, <strong>di</strong> una Maria<br />

Fioranti-Sanchina, <strong>di</strong> un Domenico<br />

Donorà-Macaco...<br />

Dignano come Colombo... L’anno<br />

della scoerta del Nuovo Continente è<br />

anche quello in cui viene redatto lo Statuto<br />

citta<strong>di</strong>no. Non sarà sicuramente il<br />

primo, ma questo del 1492 abbraccia<br />

praticamente tutto quanto può o potrebbe<br />

succedere nella vita in riferimento<br />

alla legge: racchiude in sé sia il co<strong>di</strong>ce<br />

civile che i co<strong>di</strong>ci penali. Il volume<br />

prosegue con le ricerche “Su e giù per<br />

le contrade” - con un occhio attento alle<br />

vie, alle epigrafi, agli stemmi delle famiglie<br />

<strong>di</strong>gnanesi -, mentre con “Echi<br />

del passato nelle contrade <strong>di</strong> Dignano”<br />

si ricostruisce la storia della città, attraberso<br />

una passeggiata lungo le vie, i lastricati<br />

e i selciati della vecchia Dignano,<br />

con tutte le sue caratteristiche, dai<br />

palazzi alle cisterne, dai camini ai ballatoi,<br />

dai “batoci” ai “pisadori”... Completano<br />

il quadro “Fiabe e leggende” e<br />

“Aneddoti, fatti e personaggi del mio<br />

luogo natio”, che trasportano il lettore<br />

a vivere atmosfere <strong>di</strong> una volta, un po’<br />

misteriose, affascinanti, <strong>di</strong> una semplicità<br />

e autenticità <strong>di</strong>sarmanti. In conclusione,<br />

sunti in lingua croata e inglese<br />

(come nelle altre monografie).<br />

Le tra<strong>di</strong>zioni, arti e mestieri, arnesi,<br />

giochi, me<strong>di</strong>cine e cure naturali, abiti<br />

da festa e da lavoro, acconciature, danze,<br />

folclore, l’immancabile leron: nel<br />

secondo volume scorre la plurisecolare<br />

vita dei <strong>di</strong>gnanesi. Otto “momenti”<br />

- “Quando le tra<strong>di</strong>zioni erano vita”,<br />

“Dignano: usi e tra<strong>di</strong>zioni”, “Attinianum,<br />

la mia città cent’anni fa”, “Quando<br />

a Dignano non c’erano le macchi-<br />

ne”, “Arti e mestieri della mia gente”,<br />

“Come si curavano i nostri nonni”, “I<br />

giochi dei nostri nonni”, “Folclore <strong>di</strong>gnanese”<br />

- che consentono la comprensione<br />

più completa della cultura, dei valori,<br />

delle cerimonie, delle norme, delle<br />

credenze, dei comportamenti dei “bumbari”.<br />

I quali, a quanto sembra, non <strong>di</strong>sdegnavano<br />

affatto il <strong>di</strong>verimento (cominciavano<br />

fin da piccoli, trascorrendo<br />

a giocare almeno tre ore al giorno). E<br />

amavano anche farsi belli, anzi belle, a<br />

giu<strong>di</strong>care dalle complesse acconciature<br />

delle giovani <strong>di</strong>gnanesi.<br />

Dalla pulsante vita quoti<strong>di</strong>ana al..<br />

“mattonei”, pardon alla pietra d’Istria<br />

con cui sono stati tirati su i palazzi del<br />

centro storico, costruite finestre, balconi,<br />

cisterne, “pile”, bifore e trifore, lastricati<br />

e paracarri, scolpiti stemmi familiari.<br />

La terza antologia, “Centro storico”,<br />

è un viaggio nei secoli <strong>di</strong> Dignano<br />

attraverso la sua architettura, in cinque<br />

tappe. Si scoprono e ritrovano elementi<br />

urbani altrimenti poco valorizzati, visto<br />

anche il degrado <strong>di</strong> numerosi e<strong>di</strong>fici.<br />

L’opera si sofferma in modo particolare<br />

sulla piazza maggiore <strong>di</strong> Dignano e l’ex<br />

castello: “Un castello che non c’è più e<br />

del quale rimangono presenze materiali<br />

e storico-architettoniche, e una piazza<br />

che si trova nel posto lasciato dal castello,<br />

abbattuto per dare ai Dignanesi uno<br />

spazio più ampio per la popolazione,<br />

più luce e sole sulle case e quin<strong>di</strong> meno<br />

umi<strong>di</strong>tà”. Gioielli <strong>di</strong> questa piazza sono<br />

la Casa dell’orologio - Palazzo Bradamante<br />

e Palazzo Bettica: la monografia<br />

“entra” al loro interno e “fotografa”gli<br />

angoli più significativi e belli. Infine, un<br />

“assaggio” dell’arte del ferro battuto”.<br />

La collezione si ferma qui. Noi potremmo<br />

invece proseguire ancora a<br />

parlare <strong>di</strong> questo lavoro. Innazitutto<br />

perché è davvero uno scrigno che non<br />

va tenuto chiuso come un forziere, ma<br />

Libri<br />

che merita, anzi che va riaperto <strong>di</strong> continuo<br />

per riscoprire perle <strong>di</strong> cui magari<br />

si era già a conoscenza, ma che vista<br />

l’abbondanza <strong>di</strong> gemme che il nostro<br />

territorio racchiude in sé, erano state<br />

quasi <strong>di</strong>menticate. In secondo luogo,<br />

questo accurato ed esauriente lavoro<br />

- presentato in una bella veste grafica<br />

- merita tutta la nostra attenzione<br />

perché riporta alla luce una <strong>di</strong>mensione<br />

dell’attività svolta dai ragazzi e dai<br />

docenti delle nostre scuole; attività che<br />

(ri)conferma la vali<strong>di</strong>tà dell’impostazione<br />

<strong>di</strong>dattico-pedagogica delle istituzioni<br />

della CNI, oltre che l’ampiezza<br />

culturale e intellettuale <strong>di</strong> chi questa<br />

attività ha impostato e <strong>di</strong>retto. In<br />

terzo luogo - beninteso, non si va per<br />

fila d’importanza - perché si tratta <strong>di</strong><br />

un’autentica impresa portata avanti in<br />

modo più che egregio (se si vuole anche<br />

guardando al lato scientifico) da<br />

una Comunità degli Italiani. Quest’ultimo<br />

fatto sta a testimoniare una tendenza,<br />

più che incoraggiante, che si<br />

afferma nel panorama della CNI, che<br />

vede, da qualche anno a questa parte,<br />

un proliferare <strong>di</strong> eccellenti progetti<br />

e<strong>di</strong>toriali - nel campo della ricerca<br />

storico-culturale-etnografica - sfornati<br />

proprio dalle nostre CI. Una tendenza<br />

<strong>di</strong> cui tenere conto, da incoraggiare e<br />

sostenere con adeguati mezzi finanziari.<br />

Sono opere che vanno a completare<br />

la nostra memoria, e, in alcuni casi,<br />

a tenerla viva laddove rischia <strong>di</strong> scomparire<br />

o <strong>di</strong> venire storpiata. Altra cosa<br />

importantissima, è che opere <strong>di</strong> questo<br />

genere possono integrare, o fare da<br />

base e spunto per ricerche scientifiche<br />

più approfon<strong>di</strong>te. Il “neo” è che, essendo<br />

spesso finanziate con mezzi pubblici,<br />

raramente - quasi mai - si trovano<br />

in commercio, per cui non hanno quella<br />

risonanza <strong>di</strong> pubblico (e <strong>di</strong> mercato)<br />

che invece meriterebbero. ●<br />

Panorama 39


N ato a Fiume nel 1939, dopo<br />

l’opzione per l’Italia Diego<br />

Bastianutti nel 1947 si trasferisce<br />

con la famiglia in Liguria e cinque<br />

anni dopo in Nord America. Nel<br />

1974, dopo la laurea, il Master in<br />

letteratura spagnola e un master in<br />

International business consegue<br />

il Ph.D. in letteratura spagnola<br />

all’Università <strong>di</strong> Toronto. Or<strong>di</strong>nario<br />

<strong>di</strong> letteratura spagnola e italiana<br />

alla Queen’s University, in Canada<br />

(1970-1997), è responsabile<br />

anche per lo sviluppo dell’intero<br />

programma <strong>di</strong> lingua e letteratura<br />

italiana. Oltre alle pubblicazioni<br />

accademiche sia in spagnolo sia<br />

in italiano ed inglese che vertono<br />

in particolare sul teatro spagnolo<br />

del XVI e XVII secolo e sullo<br />

sviluppo <strong>di</strong> programmi <strong>di</strong>dattici<br />

al computer, nel 1997 ha dato alle<br />

stampe la traduzione in inglese<br />

dell’opera completa <strong>di</strong> Ungaretti,<br />

A Major Selection of the Poetry<br />

of Giuseppe Ungaretti, che ha<br />

ricevuto il Premio Internazionale<br />

John Glassco 1998 come migliore<br />

traduzione inglese <strong>di</strong> un’opera<br />

letteraria straniera in Nord America.<br />

Grazie a sovvenzioni accademiche<br />

sono state pubblicate<br />

due raccolte dei suoi versi: Il punto<br />

caduto e La barca in secco. La<br />

sua ultima raccolta, Per un pugno<br />

<strong>di</strong> terra/For a Fistful of Soil, è stata<br />

pubblicata in e<strong>di</strong>zione bilingue<br />

da Zeisciu Centro Stu<strong>di</strong>, Magenta,<br />

nell’agosto 2006.<br />

”Più che una fonte <strong>di</strong> lettura,<br />

questo volume dovrebbe <strong>di</strong>ventare<br />

un compagno <strong>di</strong> vita, qualcosa<br />

da sfogliare e rileggere nel corso<br />

<strong>di</strong> anni per trovarvi riflessi <strong>di</strong><br />

esperienze, barbagli <strong>di</strong> emozioni<br />

e ripercorrere itinerari dell’anima<br />

che forse possiamo comprendere<br />

appieno soltanto quando l’impeto<br />

della gioventù si placa, almeno<br />

per alcuni, nella pacata saggezza<br />

della maturità - ha scritto<br />

Anna Foschi Ciampolini -. I temi<br />

universali del viaggio, reale e metaforico,<br />

della per<strong>di</strong>ta e della sofferta<br />

riconquista <strong>di</strong> una identità, la<br />

futilità del cercare risposte ad interrogativi<br />

che forse trascendono<br />

la capacità umana ma che sono<br />

anche lo stimolo dell’esistenza”.<br />

40 Panorama<br />

Italiani nel mondo<br />

Il professor Diego Bastianutti, poeta, pittore, conferenz<br />

Dopo l’esodo, Fiume è sta<br />

a cura <strong>di</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Bontempo</strong><br />

Dal Me<strong>di</strong>terraneo al Pacifico, il<br />

lungo cammino non è stato facile<br />

per Diego Bastianutti. Poeta,<br />

pittore, scrittore, conferenziere ed ex<br />

docente universitario, risiede da qualche<br />

anno a Vancouver, nella British<br />

Columbia, Bastianutti si racconta in<br />

un’intervista rilasciata ad Anna Maria<br />

Zampieri Pan nell’e<strong>di</strong>zione per l’estero<br />

del Messaggero <strong>di</strong> sant’Antonio.<br />

Ognuno <strong>di</strong> noi possiede la storia<br />

del proprio passaggio su questa terra,<br />

una storia intima, la cui continuità,<br />

il cui significato, è la sua vita stessa.<br />

Ognuno <strong>di</strong> noi deve dunque raccontare<br />

la propria storia. Sono parole citate<br />

da uno dei suoi molti scritti...<br />

”Io sono un nomade, figlio <strong>di</strong> noma<strong>di</strong>.<br />

Nacqui prima della Seconda<br />

Guerra Mon<strong>di</strong>ale a Fiume, allora in<br />

Italia; oggi si chiama Rijeka, e si trova<br />

in Croazia. La mia città era poliglotta.<br />

La mia piccola patria era il territorio<br />

della Venezia Giulia che l’Italia perse<br />

alla fine della Seconda Guerra Mon<strong>di</strong>ale,<br />

e che 350 mila esuli abbandonarono.<br />

Fiume è la città nella quale io e i<br />

60 mila italiani che la lasciarono, non<br />

ritorneremo a vivere mai più, essendo<br />

stati forzati a fuggire dalla pulizia etnica<br />

e dal terrorismo <strong>di</strong> Stato lanciato<br />

contro i citta<strong>di</strong>ni italiani dall’allora regime<br />

comunista. Nel 1947 la mia famiglia<br />

optò per l’Italia. Ci stabilimmo<br />

in Liguria, ma nel 1952, visto che lo<br />

Stato italiano non aveva ancora riconosciuto<br />

la nostra opzione, decidemmo<br />

<strong>di</strong> emigrare come D.P. Dopo un<br />

mese <strong>di</strong> esami me<strong>di</strong>ci e politici nel<br />

campo americano <strong>di</strong> Bagnoli, fummo<br />

accettati dagli Stati Uniti. Viaggio in<br />

treno da Bagnoli a Bremmen Haven, e<br />

poi a bordo <strong>di</strong> una nave Liberty, la General<br />

Sturgis, fino a New Orleans. Stavo<br />

per compiere 13 anni. Venni quin<strong>di</strong><br />

sra<strong>di</strong>cato proprio quando, <strong>di</strong> solito, si<br />

sta formando in un adolescente la propria<br />

identità, e mi vennero a mancare<br />

le amicizie della gioventù. L’arrivo in<br />

una nuova terra è sempre un trauma;<br />

e anche se l’emigrante riesce a integrarsi,<br />

non sarà mai assimilato. L’assimilazione<br />

richiede l’esperienza <strong>di</strong> un<br />

completo ciclo vitale nel nuovo Paese.<br />

L’emigrante deve rinunciare a una<br />

parte della propria in<strong>di</strong>vidualità, cultura<br />

e lingua. Per me Fiume è quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>ventata<br />

la città dei sogni, la città della<br />

memoria. Ma la memoria tende a creare<br />

una città ideale che non è mai esistita,<br />

una città dove ci sarebbe piaciuto<br />

vivere. Chi come me appartiene a una<br />

doppia cultura, è condannato a vivere<br />

in una terra straniera dentro se stesso.<br />

Per moltissimi anni la mia è stata una<br />

patria della mente, mentre cercavo la<br />

mia identità, un luogo <strong>di</strong> appartenenza.<br />

Ho dovuto inventarmi un passato,<br />

perché non sono i fatti a <strong>di</strong>rci la verità:<br />

i miti e le storie sono capaci <strong>di</strong> colmare<br />

la <strong>di</strong>stanza fra l’inizio e la fine, dando<br />

un significato alla nostra esistenza<br />

in questo mondo”.<br />

Nella sua carriera accademica,<br />

lei si è occupato <strong>di</strong> lingua e letteratura<br />

spagnola, <strong>di</strong> lingua e cultura<br />

italiane. Come vede, in questo momento,<br />

sia le une che le altre al <strong>di</strong><br />

fuori dei Paesi d’origine?<br />

”In Canada lo stu<strong>di</strong>o della lingua<br />

italiana, a livello universitario, non è<br />

più quello della fine degli anni Ottanta.<br />

La letteratura oramai viene stu<strong>di</strong>ata<br />

in grosse Università come Toronto<br />

e Montréal che offrono il Ph.D. Nelle<br />

altre Università, la letteratura viene<br />

offerta in inglese dai Dipartimenti<br />

<strong>di</strong> lingue straniere, quando non dallo<br />

stesso Dipartimento <strong>di</strong> inglese. La società<br />

nordamericana non è propensa<br />

allo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> lingue che non siano <strong>di</strong><br />

chiaro beneficio pratico ed economico.<br />

Di conseguenza, pochi licei offrono<br />

corsi <strong>di</strong> lingua italiana, e non sono<br />

mai obbligatori. Ciò limita il numero<br />

<strong>di</strong> iscritti ai corsi <strong>di</strong> lingua italiana nelle<br />

Università, e tale panorama non offre<br />

sbocchi <strong>di</strong> lavoro per i laureati in<br />

italiano. È evidente che l’interesse per<br />

la lingua e la cultura <strong>di</strong>pende dall’immagine<br />

che lo Stato italiano sa dare <strong>di</strong><br />

sé a livello nazionale e internazionale:<br />

dalle arti alla scienza, dall’economia<br />

alla politica. Ci sono ombre ma anche<br />

luci in questo panorama, e le luci sono<br />

offerte dagli Istituti Italiani <strong>di</strong> Cultura<br />

che si pro<strong>di</strong>gano per offrire programmi<br />

ad alto livello in tutti i campi dal-


iere e docente universitario, in America dal 1952<br />

ta la mia città dei sogni<br />

lo scibile prodotto dagli italiani. Grande<br />

è pure il contributo dei cervelli in<br />

fuga dall’Italia, in virtù del prestigio e<br />

della stima conquistati nelle maggiori<br />

istituzioni <strong>di</strong> ricerca. Non meno importanti<br />

sono scrittori e poeti italocanadesi<br />

<strong>di</strong> seconda e terza generazione<br />

affermatisi nel mondo letterario canadese,<br />

fino a pochi decenni fa dominato<br />

da scrittori anglofoni e francofoni. Le<br />

loro opere sono un ponte fra le due realtà,<br />

un punto <strong>di</strong> vista originale che fa<br />

lezione ai due mon<strong>di</strong>”.<br />

Lei è stato viceconsole onorario<br />

d’Italia in Ontario...<br />

”Nei quasi 18 anni <strong>di</strong> attività ho<br />

cercato <strong>di</strong> coinvolgere la collettività<br />

quanto più possibile. Per me era importante<br />

che gli italiani della circoscrizione<br />

avessero l’opportunità <strong>di</strong> arricchire<br />

lingua e cultura partecipando a<br />

decisioni e iniziative, evitando la solita<br />

imposizione dall’alto. Accettando<br />

l’incarico, decisi che avrei rappresentato<br />

‘tutti’ gli italiani, senza <strong>di</strong>stinzione<br />

<strong>di</strong> origine, <strong>di</strong> classe o <strong>di</strong> posizione<br />

economica. Non volevo calcare i ‘vizi<br />

italici’ <strong>di</strong> favoritismi e campanilismi<br />

assur<strong>di</strong>. Fra le varie iniziative ne ricordo<br />

alcune: la fondazione della sezione<br />

locale della Società Dante Alighieri,<br />

la biblioteca <strong>di</strong> letteratura italiana per<br />

la collettività, un programma ra<strong>di</strong>ofonico<br />

italiano, un notiziario televisivo<br />

settimanale, vari concerti <strong>di</strong> artisti<br />

in tournée nordamericana, e poi tea-<br />

Esuli e ricerca<br />

genealogica<br />

Diego Bastianutti invita gli anziani<br />

che sanno navigare nelle acque<br />

delle nuove tecnologie a farsi<br />

presenti attraverso blog, Facebook<br />

e varie forme <strong>di</strong> comunicazione<br />

globale. Esorta figli e nipoti ad<br />

avviare progetti <strong>di</strong> ricerca genealogica<br />

delle loro famiglie, ma anche<br />

nel senso più vasto delle loro<br />

origini più remote usando il sito<br />

https://genographic.nationalgeographic.com/genographic/lan/en/<br />

participate.html<br />

tro, cinema, feste nazionali,<br />

la raccolta <strong>di</strong> oltre 70 mila<br />

dollari a favore dei terremotati<br />

in Friuli-Venezia Giulia,<br />

borse <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o per figli <strong>di</strong><br />

emigrati italiani, voli in Italia<br />

per coppie <strong>di</strong> anziani, raccolta<br />

<strong>di</strong> fon<strong>di</strong> per una lapide<br />

commemorativa de<strong>di</strong>cata a<br />

decine <strong>di</strong> operai italiani morti<br />

tragicamente durante la costruzione<br />

<strong>di</strong> una ferrovia. E<br />

ancora il Comitato sociale<br />

per i pensionati, il capitolo<br />

dell’Enotria per i cultori del<br />

vino, le continue visite ufficiali<br />

nei cinque penitenziari<br />

della zona”.<br />

Italianità e italicità: quale<br />

dei due termini le appare<br />

più adatto a esprimere conoscenza e<br />

presenza della cultura e dell’identità<br />

italiana all’estero?<br />

”Per me italianità si riferisce a lingua,<br />

cultura, valori, costumi e citta<strong>di</strong>nanza<br />

che fanno parte della mia vita<br />

fin dalla nascita. Per mantenere e <strong>di</strong>chiarare<br />

la mia italianità lasciai le nostre<br />

terre per andare in ciò che restava<br />

dell’Italia dopo l’ultima guerra. Alcuni<br />

anni fa, un caro amico mi <strong>di</strong>sse: Diego,<br />

scen<strong>di</strong> da quella croce. Guarda che<br />

puoi usare il legno per cose più importanti<br />

e belle. Aveva ragione: se avevo<br />

perso molto, era anche vero che avevo<br />

guadagnato molto <strong>di</strong> più girando il<br />

mondo e <strong>di</strong>ventando parte dell’italicità<br />

globale. Italicità è un concetto più<br />

vasto, più esteso e quin<strong>di</strong> più ricco<br />

dell’italianità. Italicità fa riferimento a<br />

una comunità extra-territoriale, transnazionale<br />

presente in tutto il mondo<br />

che, secondo varie stime, va dai 60 ai<br />

200 milioni <strong>di</strong> persone: una comunità<br />

globale composta da quanti sono <strong>di</strong><br />

origine italiana e dagli italofili. La globalizzazione<br />

- anche attraverso Internet<br />

- ci dà la possibilità <strong>di</strong> moltiplicare<br />

e intensificare incontri reali e virtuali.<br />

I ra<strong>di</strong>oamatori <strong>di</strong> onde corte <strong>di</strong> ieri<br />

sono gli internauti <strong>di</strong> oggi: una <strong>di</strong>aspora<br />

globale intessuta <strong>di</strong> valori, interessi<br />

e conoscenze <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ce italica, e molto<br />

più. L’italicità non è più un’identità<br />

fissa nel senso etnico, linguistico o<br />

Italiani nel mondo<br />

Il professor Diego Bastianutti<br />

politico, ma un processo aperto e continuo<br />

<strong>di</strong> vero e proprio meticciato basato<br />

sui valori dell’arte, della scienza,<br />

della cultura, del sentimento <strong>di</strong> umanità<br />

piuttosto che <strong>di</strong> utilità”.<br />

Diego Bastianutti è relativamente<br />

nuovo a Vancouver, e già costituisce<br />

un punto <strong>di</strong> riferimento importante<br />

per la comunità sia italiana che multiculturale.<br />

Quali proposte o progetti<br />

vorrebbe vedere realizzati, specialmente<br />

perchè i giovani ricevano<br />

da noi e apprezzino il valore della<br />

memoria storica?<br />

”Il tempo è <strong>di</strong>ventato un predatore<br />

per noi <strong>di</strong> una certa età, ma anche<br />

per i giovani, seppure in mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi,<br />

e noi non possiamo aspettarci che<br />

i giovani vengano da noi, siamo noi<br />

che dobbiamo andare loro incontro,<br />

stimolarli, incuriosirli, far loro amare<br />

la Storia con la S maiuscola attraverso<br />

quella con la s minuscola, cioè personale<br />

e intima. È più facile <strong>di</strong>rlo che<br />

farlo. Dobbiamo coinvolgere i giovani<br />

nel recupero della storia, facendo capire<br />

che senza quella nostra storia, loro<br />

sono come corpi senza ombra. Dobbiamo<br />

invogliarli a raccogliere i racconti<br />

dei genitori, dei nonni, invitarli<br />

a trascriverli, lasciarsi ispirare per racconti,<br />

poesie, canzoni. Non possiamo<br />

dargliele noi già confezionate, devono<br />

farsene responsabili, sentirne la sod<strong>di</strong>sfazione...”<br />

(Inform)<br />

Panorama 41


Una visione onirica della realtà<br />

La seconda e<strong>di</strong>zione della Biennale dell’Associazione<br />

croata artisti figurativi delle arti applicate,<br />

ha portato in Istria, prima a Rovigno, Art Gallery Batana,<br />

e a ottobre sarà al Museo civico <strong>di</strong> Albona (coorganizzatori),<br />

la mostra fotografica intitolata “Attuale<br />

2+60”, che testimonia l’alta qualità, la vitalità<br />

e la continuità dell’opera dei suoi membri. Tra quelli<br />

della “vecchia guar<strong>di</strong>a”, un posto <strong>di</strong> rilievo spetta al<br />

connazionale Virgilio Giuricin <strong>di</strong> Rovigno, con il suo<br />

repertorio espressivo sempre riconoscibile e attuale.<br />

Nelle sue scelte, la giuria selezionatrice ha optato per<br />

opere che siano aderenti alla nostra quoti<strong>di</strong>anità, con<br />

un’astrazione, una <strong>di</strong>versità, una forma espressiva<br />

d’eccellenza che ha come risultato l’acquisizione <strong>di</strong><br />

una poetica dal valore artistico assoluto e globale.<br />

Virgilio Giuricin (Rovigno):<br />

Petra, 2009. A lato, da sinistra:<br />

Saša Četković (Zagabria),<br />

Nikolina, 2010; Stanko<br />

Abadžić (Zagabria), Alla<br />

ricerca <strong>di</strong> una via d’uscita,<br />

2009. Sotto, da sinistra: Denis<br />

Gržetić (Parenzo), Dileguo,<br />

2009; Berislava Picek<br />

(Zagabria), Larissa (della<br />

serie Attesa), 2010; Saša<br />

Vadanjel (Rovigno), Planet<br />

Earth, 2009; in basso: Ivo<br />

Vučetić (Lesina), Orizzonte,<br />

polittico, 2009-2010<br />

Panorama 59

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