di Bruno Bontempo - Edit
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22 Panorama<br />
Cinema e <strong>di</strong>ntorni<br />
Alcune ambiguità riscontrate nelle scelte della 67.esima Mostra <strong>di</strong> Venezia<br />
Azzeramento della firma autoriale<br />
<strong>di</strong> Gianfranco Sodomaco<br />
Ci siamo occupati, l’altra volta,<br />
del grande regista italiano,<br />
scomparso, Luchino Visconti.<br />
Questa volta ci occupiamo, vedremo<br />
subito il perché, <strong>di</strong> Quentin Tarantino,<br />
regista americano <strong>di</strong> origini italiane<br />
“immortalato” dalla grancassa<br />
dell’industria pubblicitaria, per alcuni,<br />
forse molti, grande regista non solo<br />
americano ma “mon<strong>di</strong>ale”. Tarantino,<br />
quest’anno, ha presieduto la Giuria della<br />
Mostra d’Arte Cinematografica <strong>di</strong><br />
Venezia: non a caso. Il <strong>di</strong>rettore della<br />
Mostra, Marco Muller, ha insistito perché<br />
fosse lui a <strong>di</strong>rigere il lavoro critico.<br />
Perché? Credo che il popolo dei cinefili,<br />
degli amanti del cinema, si possa <strong>di</strong>videre<br />
in due categorie: i “tarantiniani”<br />
e gli “antitarantiniani”. Dico subito, io<br />
appartengo agli “anti” ma qualche volta<br />
mi pento, devo riconoscere che...<br />
Anche Tarantino, a suo modo, è<br />
un cinefilo, però lui ama solo il cinema<br />
in quanto tale, il cinema che si<br />
nutre <strong>di</strong> cinema (anche quello <strong>di</strong> serie<br />
B, leggendaria ormai la sua passione<br />
per il genere “spaghetti western<br />
all’italiana”, cavalli che sparano<br />
e pistole che galoppano o per,<br />
sempre italiano, l’horror, o per il cinema<br />
d’azione cinese, tutto arti marziali,<br />
pugnali e spade mortali e uomini,<br />
anche donne, che volano, ecc.).<br />
Cioè ama le sue tecniche, i suoi ritmi,<br />
ma anche i suoi luoghi comuni, i<br />
suoi <strong>di</strong>fetti, vizi, ecc.: insomma, tutto<br />
ciò che ha a che fare col cinema<br />
come linguaggio, meglio, con la visione<br />
tout court, che viene prima, è<br />
più importante della... realtà che rappresenta:<br />
forse, perché qualche volta,<br />
quasi mai, pare che della realtà un po’<br />
gliene importi... Pensate, ad esempio,<br />
al suo secondo film (<strong>di</strong>ventato<br />
un cult!): “Pulp fiction” (1994), che<br />
tradotto, più o meno, significa una<br />
“storia inventata <strong>di</strong> carta straccia” e<br />
che ha dato vita (o si ricollega) al genere<br />
“pulp”, omonimo: “genere letterario<br />
o cinematografico che ricorre a<br />
temi <strong>di</strong> facile presa, come il sesso e<br />
la violenza, trattandoli con uno stile<br />
aggressivo e spesso volutamente<br />
Il presidente della Giuria del Festival <strong>di</strong> Venezia, Quentin Tarantino<br />
trascurato” (Zingarelli). Sinonimo:<br />
“splatter”. “Pulp fiction”, <strong>di</strong>ventato<br />
una sorta <strong>di</strong> “manifesto per un nuovo<br />
cinema” (attenzione, Palma d’Oro a<br />
Cannes 1994 e Oscar per la migliore<br />
sceneggiatura) ha una storia ma,<br />
appunto, Tarantino, raccontando <strong>di</strong><br />
violenza e sesso, “non prende nulla<br />
sul serio e sdrammatizza le situazioni<br />
più truci con un umorismo ghignante<br />
a volte irresistibile” (Mereghetti, Dizionario<br />
dei film 2008, tre asterischi e<br />
mezzo, quasi un capolavoro).<br />
L’avete già intuito, l’uomo piace<br />
non solo ad una parte (probabilmente<br />
sempre più ampia) <strong>di</strong> cinefili ma anche<br />
ai giovani, che al cinema in generale,<br />
ma anche ai videogiochi, a tutta la comunicazione<br />
visiva <strong>di</strong>gitale (computer<br />
tra<strong>di</strong>zionale, Iphone, Ipad, ecc.), chiedono<br />
soprattutto quelli che una volta<br />
andavano sotto il nome <strong>di</strong> “effetti speciali”,<br />
cioè quella parte della espressività<br />
visuale “inventata” con l’aiuto<br />
della tecnologia rispetto a quella frutto<br />
della “registrazione” della realtà. Ma<br />
il problema che solleva Tarantino, che<br />
non è affatto uno stupido e comunque,<br />
se non una sua poetica, un suo mondo,<br />
ha un suo “stile” (basti pensare al<br />
suo ultimo film, “Bastar<strong>di</strong> senza gloria”,<br />
dove riesce finalmente a mescolare<br />
temi, la guerra contro il nazismo e<br />
l’amore per il cinema, e toni, <strong>di</strong>verti-<br />
ti ed emozionanti, in modo equilibrato).<br />
E proprio questo (per me, sempre<br />
quello) è il problema: fino a qual punto<br />
un film d’autore (che per me esiste<br />
ancora, mentre altri cominciano a negarlo)<br />
può costruirsi “facendo il verso”,<br />
attraverso citazioni e stereotipi,<br />
ecc., al cinema già girato, precedente,<br />
fino a qual punto il “gioco d’immagini”<br />
garantisce l’originalità dell’opera?<br />
Alle volte può riuscire, molto più<br />
spesso no, rimane un gioco, infantile,<br />
fine a se stesso: esempio più clamoroso,<br />
il suo terzo film in due puntate,<br />
“Kill Bill 1” e “Kill Bill 2”!<br />
Ma torniamo al Festival <strong>di</strong> Venezia<br />
e al fatto che il suo <strong>di</strong>rettore ha<br />
voluto, non a caso, proprio Tarantino<br />
come presidente della Giuria. Perché?<br />
Perché, come ha scritto Alessandra<br />
Mammì su “L’espresso”, “I film scelti<br />
per il Festival sembrano un omaggio<br />
al presidente della giuria. Perché<br />
è Tarantino l’uomo destinato a traghettare<br />
il cinema nel nostro secolo”.<br />
A me, sinceramente, pare proprio esagerato<br />
ma, per le cose dette, qualcosa<br />
<strong>di</strong> vero c’è... (anche perché il Leone<br />
alla Carriera è stato assegnato a John<br />
Woo, maestro del cinema d’azione cinese<br />
e dunque uno dei maestri <strong>di</strong> Tarantino.<br />
Domanda velenosa: e se Tarantino<br />
avesse accettato la presidenza<br />
della Giuria in cambio...?) Allora ve-