di Bruno Bontempo - Edit

Cinema e dintorni
John Woo, regista di “Reign of assassins” (a sinistra) e scene dai film “All inclusive” nonché “13 Assassin’s Creed” (in basso)
diamoli ‘sti film “tarantiniani” passati
a Venezia (soprattutto nella rassegna
“Orizzonti”).
E certo, tanto per cominciare, l’ultimo
film del Maestro John Woo,
“Reign of Assassins” (prodotto e girato
assieme al suo collega taiwanese
Su Chao Pin), kolossal dove continuano
a piovere spade e misteri e che
ha coronato la cerimonia in suo onore.
E, a proposito di “assassini”, “13
Assassins”, di Takashi Miike,
giovane regista giapponese
famoso per gli schizzi
di sangue che spesso restano
sull’obiettivo della sua macchina
da presa. Neanche a
farlo apposta, un suo precedente
film, “Sukiyaki Western
Django”, titolo “tarantinissimo”,
visto a Venezia
tre anni fa, vedeva come interprete...
ma sì, il nostro Tarantino!
E certo, non poteva
mancare il 3D, e allora ecco
“The Child’s Eye”, horror metafisico
dei fratelli cinesi Pang, provenienti da
Hong Kong e già passati per Hollywood
(è la globalizzazione, dolcezza, la
globalizzazione!). Poteva mancare il
3D italico? Ma no, certamente, c’hanno
pensato Nadia Ranocchio e David
Zamagni con “All inclusive” (titolo in
inglese, mi raccomando, sennò come
e dove lo distribuisco?), fondatori di
“Zapruder”, filmakersgroup che, tradotto,
vuole significare “gruppo di ricerca
sull’immagine in movimento”
più che, semplicemente, gruppo di
persone che fanno cinema... Ed ecco
arrivare, poteva mancare?, l’omaggio
a Bruce Lee, sequel de “Dalla Cina
con furore”, “Legend of the Fist”, di
Andrew Lau, e subito dopo, la prima
notte del Festival, l’attesissimo
“Machete”, di Robert Rodriguez, ma
concepito assieme a Tarantino che,
tra l’altro, gli ha prodotto, nel 2007,
lo splatterissimo “Grindhouse Planet
Terror”. Ormai siamo alla “famiglia”
(mafiosa?): film in concorso, “Road
to Nowhere”, del vecchio Monte Hellman,
regista mitico degli anni ‘60,
non solo, produttore del primo film di
Tarantino: ”Iene”... Che dire?
Lasciamo parlare Marco Muller,
direttore della Mostra: “Quello che
ora chiamiamo ancora cinema ha azzerato
tutti gli antichi criteri qualitativi,
dalla ‘fattura’ alla ‘firma’ dell’autore,
e ha spalancato nuovi campi di
sperimentazione suscitando speranze
di una attualità sempre più rigorosa”
(ancora “L’espresso”, 26 agosto).
E qui ti volevo. Azzeramento della
firma autoriale? Che vuol dire? È da
un secolo e passa che sappiamo che il
cinema è un’arte collettiva ma che poi
c’è un tizio, il regista, che mette insieme
tutti i pezzi secondo il suo modo
di vedere, pensare, sentire ecc. ecc.
e giustamente lo firma. Una attualità
sempre più rigorosa? E che vuol dire?
Quella di Tarantino e company, che
non sanno nemmeno dove stia di casa
l’attualità, tutti presi dalla storia del
cinema, in particolare, come abbiamo
detto, da alcuni generi di seconda e
terza categoria? Ho l’impressione che
Muller abbia voluto salvare “capra e
cavoli”, sapendo che alla Mostra sono
arrivati, quasi sull’”altra sponda della
laguna”, tanti “docu-film”, documentari
che però, giustamente, giocano
sempre più anche sulla finzione, sulle
emozioni, sull’estetica, che poi è quello
che hanno sempre fatto i grandi documentaristi,
da Flaherty a
Herzog, da Vertov a Michael
Moore, ai nostri De Seta,
Guzzanti, ecc. ecc. Perché
questa è stata la vera novità
della Mostra di quest’anno:
al di là dei film in concorso,
al di là dei vincitori, la
presenza dei lavori di gente
come Turturro, Scorsese,
Bellocchio, Casey, Affleck,
Salvatores, Tornatore, ecc.,
che hanno sentito il bisogno
di raccontare storie “vere”,
di carattere familiare, sociale, artistico,
ecc., quasi in contrapposizione
alla grande “abbuffata” tarantiniana,
quasi a voler sottolineare che la realtà
globale che stiamo vivendo è così
complessa e “decisiva” circa le sorti
dell’umanità... che il cinema non può
fingere di ignorarla, anzi può ritrovare
la sua originarietà affrontandola, registrandola
per comprenderla, criticarla,
coinvolgendo sempre lo spettatore,
onestamente, senza trucchi, artifici,
senza creare falsi doppioni di realtà,
senza “avatar”... Se il cinema, per
molte ragioni, attraversa la sua crisi
non sarà, sui tempi lunghi, fuggendo
la realtà che la risolverà...
La prossima volta, i vincitori e la
presenza italiana: quattro film in concorso,
che non sono stati pochi!●
Panorama 23