di Bruno Bontempo - Edit
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che poi era stata braccata ad Antivari e costretta a rifugiarsi<br />
nelle Bocche <strong>di</strong> Cattaro, il Danubio nelle sue migliaia <strong>di</strong><br />
colorazioni, nei suoi miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> acquerelli bagnati dal caldo<br />
della pianura, nelle sue baracche costruite sopra gli argini.<br />
E poi i <strong>di</strong>scorsi con gente come lui, istriani e fiumani,<br />
<strong>di</strong>scorsi su cosa si era prima <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare soldati dell’impero.<br />
Chi conta<strong>di</strong>no, chi pescatore, chi barbiere, chi salinaro,<br />
chi bigliettaio sui treni.<br />
Da Pančevo in poi aveva cominciato a scrivere anche<br />
<strong>di</strong> come gli ufficiali trattavano la truppa o <strong>di</strong> cosa <strong>di</strong>cevano<br />
in merito alla guerra che andavano a combattere. Le lettere,<br />
durante il primo anno <strong>di</strong> conflitto, facevano sempre il<br />
viaggio contrario da lui intrapreso. Poi, causa la sostituzione<br />
del fante postino, uno sloveno <strong>di</strong> Bagnoli mandato a<br />
casa in licenza, le lettere che lui mandava a casa <strong>di</strong>ventarono<br />
mucchi <strong>di</strong> carta dentro ad un magazzino. E lì rimasero<br />
per molto, molto tempo.<br />
I primi se<strong>di</strong>ci mesi <strong>di</strong> guerra furono abbastanza silenziosi,<br />
qualche cannonata ogni tanto, giusto per vedere se il<br />
nemico era ancora dall’altra parte ad aspettare; ogni tanto<br />
anche per gioco, perché la noia, in quei primi se<strong>di</strong>ci mesi<br />
<strong>di</strong> guerra, fu per Lucio la balcanica crisalide della folle<br />
carsica farfalla. Farfalla che alcuni istriani e soldati imperiali<br />
sul Carso non ebbero mai il triste piacere <strong>di</strong> ammirare.<br />
Perché prima del fuoco bolscevico che sconvolse l’impero<br />
dello zar, furono catturati proprio da quei cavalieri alati<br />
che sembravano essere i cosacchi. Catturati e fatti marciare<br />
per chilometri, per poi caricarli su treni che destinavano<br />
quel carico umano alla Siberia. In verità non furono molti.<br />
Vissero il resto della guerra da posizione quasi privilegiata,<br />
fuori dal conflitto, <strong>di</strong>stanti da casa e dall’ondata <strong>di</strong> follia<br />
dell’ultimo anno.<br />
E proprio quando sembrava che il conflitto stesse per<br />
prendere una certa piega a favore degli austriaci, arrivò la<br />
notizia che su a Mosca stava succedendo il finimondo e<br />
che allora quel fronte non serviva più. Ma non era ancora<br />
l’ora <strong>di</strong> tornare a casa. Bisognava raggiungere il carso giuliano,<br />
alle spalle <strong>di</strong> Gorizia e Trieste.<br />
Fu in questo modo che molti soldati vennero spe<strong>di</strong>ti il<br />
più rapidamente possibile verso ponente, verso il tramontare<br />
del sole. Molti, tra cui Lucio che pensava, ignorando<br />
la realtà, al momento che aspettava da quand’era partito.<br />
Non arrivò niente <strong>di</strong> desiderato perché lo attendeva la<br />
spietata e lucente velocità con cui quel piccolo vermetto<br />
<strong>di</strong>venne l’incubo <strong>di</strong> molte notti. Così Lucio giunse alle<br />
spalle dell’emporio triestino dopo molti mesi passati nei<br />
Carpazi e fu qui, nell’autunno del 1917, che capì che la<br />
guerra, anche se più vicina a casa, non era affatto una tranquilla<br />
ed innocente crisalide.<br />
II<br />
“Il nostro campanile <strong>di</strong> San Biagio è stato costruito nel<br />
1818 da Antonio Porta da Trieste. È senz’altro uno dei più<br />
belli <strong>di</strong> tutta l’Istria e senza ombra <strong>di</strong> dubbio il più alto <strong>di</strong><br />
tutta la penisola. Avete qualche domanda ragazzi?”<br />
“Signora Maestra, un giorno possiamo andare fin su in<br />
alto?”<br />
Il rumore della campana che suona la fine della lezione<br />
irrompe tutto d’un tratto nel silenzio tra la domanda e la risposta.<br />
Non c’è <strong>di</strong> meglio che una <strong>di</strong>strazione rumorosa e<br />
spezzante per mettere in salvo il tempo che le occorre per<br />
Letture<br />
rispondere ad un quesito <strong>di</strong> cui non conosce la soluzione.<br />
Non aveva mai pensato ad una cosa <strong>di</strong> questo genere, era<br />
un insolita curiosità. Ne aveva parlato tante <strong>di</strong> quelle volte,<br />
lo amava intensamente ma più come una reliquia che a<br />
guisa <strong>di</strong> santo protettore.<br />
“Vedremo, Manzin. Intanto ricordatevi <strong>di</strong> fare i compiti<br />
per domani, mi raccomando!”<br />
La maestra Dorina Biasiol lasciò uscire tutti i piccoli<br />
studenti dalla classe e rimase un po’ davanti alle finestre<br />
che davano sul giar<strong>di</strong>no della scuola. Fuori, un leggero<br />
vento scompigliava i soprabiti dei suoi alunni che se<br />
ne tornavano verso casa. Cominciavano già a formarsi dei<br />
piccoli gruppetti anche perché erano tutti figli dello stesso<br />
paese e dopo aver fatto i compiti che la maestra assegnava,<br />
quasi tutti uscivano in strada a giocare. Così, la strada dalla<br />
campanella al pranzo era l’occasione per darsi appuntamento<br />
nel pomeriggio all’ombra <strong>di</strong> San Biagio.<br />
Dorina era nata e cresciuta proprio a Dignano d’Istria<br />
da una famiglia <strong>di</strong> antiche origini venete arrivata secoli<br />
prima nella penisola. La famiglia si era integrata perfettamente<br />
sin da subito e con il passare del tempo, dopo l’inclusione<br />
dell’Istria dentro al Regno d’Italia napoleonico,<br />
ebbe modo <strong>di</strong> guadagnare qualcosa dalla ven<strong>di</strong>ta dei propri<br />
prodotti. Successivamente, i Zelaschi, aprirono un laboratorio<br />
artigianale per fare il pane e così riuscirono a <strong>di</strong>ventare<br />
una delle prime anime commerciali del paese. O<br />
almeno così la storia si era tramandata <strong>di</strong> generazione in<br />
generazione.<br />
In effetti il benessere <strong>di</strong> cui la famiglia aveva goduto in<br />
passato e quello <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>sponeva in questi primi anni del<br />
Novecento, era l’unico motivo per cui Dorina aveva potuto<br />
stu<strong>di</strong>are tanto da <strong>di</strong>ventare maestra elementare.<br />
Gli stu<strong>di</strong> li aveva compiuti in quel <strong>di</strong> Pola ove risiedeva<br />
un ramo della famiglia, la quale aveva ben accettato la presenza<br />
dell’adolescente Dorina. Fin da piccola aveva posseduto<br />
una forma <strong>di</strong> curiosità superiore a quella che tutti<br />
i bambini possiedono. Chiedere, domandare, voler sapere<br />
erano state le basi da cui ella stessa maturò una vera e propria<br />
passione per la scuola. A Pola rimase per alcuni anni,<br />
tempo in cui imparò tante cose. Dalla letteratura alla matematica.<br />
Dal leggere al far <strong>di</strong> conto. Quando ebbe finito gli<br />
stu<strong>di</strong> tornò a Dignano dove nel frattempo, nell’estate del<br />
1908, la scuola era rimasta senza maestro. Il maestro Quarantotto,<br />
dopo quasi vent’anni <strong>di</strong> insegnamento, smise <strong>di</strong><br />
lavorare perché la stanchezza aveva preso il sopravvento<br />
sulla passione che eterna non è.<br />
La scuola, un e<strong>di</strong>ficio appena fuori dal borgo, era stata<br />
costruita non troppi anni prima, tanto che l’e<strong>di</strong>ficio era<br />
integro, sia nella facciate che nelle sue aule. Muri gran<strong>di</strong><br />
costruiti con pietre altrettanto gran<strong>di</strong> e lunghe. Ma anche<br />
angolari, pesanti, basilari, in<strong>di</strong>spensabili, imprescin<strong>di</strong>bili.<br />
Pietre forti per <strong>di</strong>fendere gli alunni, per insegnare loro che<br />
l’esistenza e la vita più in generale è dura come quelle pietre.<br />
Alle volte Dorina tentava <strong>di</strong> trasmettere anche questo<br />
tipo <strong>di</strong> nozioni, anche se a <strong>di</strong>re il vero nei primi anni della<br />
sua nuova professione si atteneva ai programmi e a quei<br />
pochi libri che possedeva e per i quali era molto gelosa.<br />
Negli anni aveva anche maturato quell’amore verso il suo<br />
mestiere che le regalava il sorriso ad ogni canto del gallo o<br />
quasi. (1 - continua)<br />
Panorama 37