di Bruno Bontempo - Edit

vić e il designer Dan Reisinger
li occhi aperti
definitiva nel suo percorso creativo: è
il disegno, la pittura, la grafica quello
che lo attrae, più della progettazione
architettonica.
Da anni Veličković risiede a Parigi,
è molto noto e sue opere si trovano
nei maggiori musei e gallerie del mondo.
Con la mostra abbaziana ritorna
dopo tanti anni ad esporre in Croazia,
si presenta con sette lavori, cinque dipinti,
due disegni e una scultura, opere
di grandi dimensioni realizzate tra
il 1996 ed il 2001. Il tema è sempre lo
stesso, sin dai primi anni del suo iter
creativo: figure martoriate, dilaniate,
acefale, teste che rotolano, ratti, ecc, in
un vortice inarrestabile, sia che emergano
da immacolati fondi bianchi, sia
come inquietanti dimensioni visionarie
di spazi dipinti, scuri, anonimi. C’è
l’urlo e c’è il silenzio nei suoi lavori,
c’è l’irruenza formale e, sempre ma
proprio sempre, la coerenza nel procedere,
nel “tenere gli occhi aperti”
come ha detto Maroević.
Gli organizzatori del festival Bejahad
hanno portato ad Abbazia pure un
notissimo artista israelita, il pluripremiato
designer Dan Reisinger, che in
due splendide conferenze ha raccontato
e mostrato parte della sua ampia
e qualificatissima produzione. Reisinger
è nato in Vojvodina, a Kanjiža, nel
1949, e sedicenne, dopo essere rimasto
senza padre, finito in un campo di
sterminio, con la madre ed il patrigno
si trasferisce in Israele. Fa l’imbianchino
- conosce a perfezione il lavoro in
quanto proviene da una nota famiglia
di pittori e decoratori - e dopo un solo
anno viene ammesso all’Accademia
Bezalel di Arte e Design di Tel Aviv.
Nel 1957 un suo manifesto, realizzato
per l’EXPO universale di Bruxelles
1958, ottiene il primo premio. Inizia la
sua attività di designer dopo altri studi
che compirà a Londra. In Israele rientra
definitivamente nel 1966.
Reisinger è autore di manifesti e
loghi su temi sociali e politici, visualizzati
come forme e colori puri, matematicamente
calibrati, un linguaggio,
il suo, che comprova l’influenza
esercitata dal costruttivismo come dal
Arte
Reinsiger dinanzi ad una sua opera. A lato e sotto: alcuni suoi manifesti
Il manifesto di Reinsiger premiato
all’Expo di Bruxelles del 1958
minimalismo. E tra i colori primeggiano
quelli principali: il giallo, il colore
della stella che gli ebrei (e lui stesso
da ragazzo) sono stati costretti a portare
durante il nazismo; il rosso, il colore
della bandiera russa dei liberatori;
l’azzurro, il colore del cielo d’Israele.
Ma se il colore è l’elemento che
contraddistingue i suoi lavori grafici,
compreso l’originale calendario perpetuo
commissionatogli dal Museo
d’Arte Moderna di New York con la
bellezza di oltre quattromila combinazioni,
e se tra i suoi interventi ambientali
ci sono opere coloratissime,
c’è pure un suo lavoro, un rilievo del
1978, con una citazione biblica in alluminio
pressofuso, lungo cinquanta
metri. Grigio, grigio. ●
Panorama 21