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Per una retorica del cibo nella poesia comicorealistica

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<strong>Per</strong> <strong>una</strong> <strong>retorica</strong> <strong>del</strong> <strong>cibo</strong> <strong>nella</strong> <strong>poesia</strong> comico-realistica fra Tre e Quattrocento<br />

Dall’offerta all’uso <strong>del</strong> <strong>cibo</strong> come strumento di corruzione e persuasione il<br />

passo è breve: già <strong>nella</strong> canzone <strong>del</strong> Castra fiorentino – siamo <strong>nella</strong> prima metà<br />

<strong>del</strong> Duecento – il protagonista cerca di ottenere i favori <strong>del</strong>la fanciulla fermana<br />

(presentata con vivande in mano), offrendole panieri di fichi e more (queste,<br />

però, usate per pulire i denti) 50 e in modo analogo si sviluppa il sonetto <strong>del</strong><br />

Fiore Que’ che vorrà campar <strong>del</strong> mi’ furore (CXXV). Se con i versi di Niccola<br />

Muscia «Giùgiale di quaresima a l’uscita, / e sùcina fra l’entrar di fevra[i]o / e<br />

mandorle novelle di gennaio / mandar vorre’ io a Lan, ch’e’ gioi compita» 51 ,<br />

siamo ancora nell’ambito amoroso, Bindo Bonichi riporta l’attenzione sul piano<br />

morale: «Chi mantener vuole amistà di frate, / conviensi che ’l saluti con la torta<br />

/ e sia <strong>del</strong> tutto l’avarizia morta / in far migliacci e cose dilicate» 52 . Più complessa<br />

è l’operazione di Adriano de’ Rossi, nel testo dall’indubbio tono morale:<br />

Il selvaggiume che viene in Fiorenza<br />

occupa molte <strong>del</strong>l’altrui ragioni:<br />

la lepre e i cavriuoli per testimoni<br />

ci vaglian più che buona coscienza,<br />

e dessi piena fede e udienza<br />

a starne quaglie, fagiani e capponi,<br />

sì ch’elli rompon le riformagioni<br />

e fanno rivocare ogni sentenza.<br />

Or non so io qual agnol Gabriello<br />

non si piegasse, veggendo la soma<br />

di frutte e di pippion per soprassello,<br />

per che la lealtà ch’ebbe già Roma<br />

al tutto è spenta, e Fabrizio e Metello<br />

e lor seguaci han bando <strong>del</strong>la chioma;<br />

e più non ci sia noma<br />

chi lascia sé per acquistar onore,<br />

ma chi peggio ci fa quelli è il migliore 53 .<br />

Dall’offerta di <strong>cibo</strong> si può passare alla richiesta. Nel sonetto Io non vorrei<br />

entrare nel pecorone, fatto a nome di Francesco da Colligrano, Franco Sacchetti<br />

chiede a ser Giovanni <strong>del</strong> Pecorone, dopo avergli promesso un cappone per il<br />

pranzo o per la cena, di spedirgli <strong>del</strong> grano per produrre farina e per preparare<br />

50 In Poeti <strong>del</strong> Duecento, cit., to. I, p. 917.<br />

51 A. BRUNI BETTARINI, Le rime di Meo dei Tolomei e di Muscia da Siena, in «Studi di<br />

filologia italiana», XXXII (1974), p. 92.<br />

52 B. BONICHI, Chi mantener vuole amistà di frate, vv. 1-4, in Rimatori <strong>del</strong> Trecento, cit.,<br />

p. 670.<br />

53 Si legge in Poeti minori <strong>del</strong> Trecento, a cura di N. Sapegno, Milano-Napoli, Ricciardi,<br />

1952, p. 422.<br />

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