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Per una retorica del cibo nella poesia comicorealistica

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Giuseppe Crimi<br />

rimenti ai cibi (come arance o ravanelli) che si potevano trovare <strong>nella</strong> Roma nel<br />

Quattrocento.<br />

In rapporto con il mercato possiamo inscrivere il sonetto <strong>del</strong> Burchiello Va in<br />

mercato, Giorgin, tien qui un grosso 34 , quello di Francesco Scambrilla, Fattor,<br />

tien qui quarantrè pilossi 35 e di Franco Baccio, tien que’ duo’ grossi, va’ via presto<br />

36 , nei quali i cibi, che il garzone di turno deve acquistare, sono descritti<br />

attraverso perifrasi argute e immagini non banali.<br />

Ancora legato al mercato è il resoconto di un pessimo acquisto:<br />

Andrea, tu mi vendesti per pollastra<br />

sabato sera <strong>una</strong> vecchia gallina<br />

ch’era degli anni più d’<strong>una</strong> trentina<br />

stata <strong>del</strong>l’altre curatrice e mastra.<br />

E non fu mai sì affamato il Calastra<br />

che mangiato avesse tal cucina,<br />

però ch’ella parria come canina<br />

e quell’omore ha in sé che ha <strong>una</strong> lastra.<br />

Volevasi mandare alla fornace<br />

e tanto far bollire ogni stagione<br />

che ammorbidasse sua carne tenace.<br />

Ma primamente il tegolo o ’l mattone<br />

o calcina sarìa stata verace,<br />

che quella mossa avesse condizione.<br />

Mangia’ne alcun boccone<br />

per fame e misi a ripentaglio i denti.<br />

<strong>Per</strong>ò fa tu che d’altro mi contenti 37 .<br />

Il sonetto ha <strong>una</strong> sua fort<strong>una</strong>: Michele di Nofri <strong>del</strong> Giogante lo rielabora in<br />

Antonio, tu mi vendesti per pollastra 38 e sua volta il tema è ripreso da<br />

34 Ivi, XCIII, p. 93.<br />

35 In Lirici toscani <strong>del</strong> Quattrocento, cit., vol. II, p. 482. I sonetti sono costruiti su di un<br />

topos che circolava dall’antichità. Si veda il testo contenuto nell’Antologia palatina, a cura di<br />

F. M. Pontani, vol. I, Libri I-V, Torino, Einaudi, 1978, V, 185, p. 210, nel quale viene fornita<br />

ad un garzone <strong>una</strong> lista <strong>del</strong>la spesa, oppure Plauto, Menaechmi, vv. 209-211: «aliquid scitamentorum<br />

de foro opsonarier / glandionidam suillam, laridum pernonidam, / aut sincipitamenta<br />

porcina aut aliquid ad eum modum». Nel sonetto bolognese <strong>del</strong>la fine <strong>del</strong> Trecento Se<br />

sì cresciuto fosse el fançulino, anonimo e mutilo, si invita un ragazzo a recarsi dall’ortolano<br />

per prendere <strong>del</strong>l’uva (in Rimatori bolognesi <strong>del</strong> Trecento, a cura di L. Frati, Bologna,<br />

Romagnoli – Dall’Acqua, 1915, p. 222).<br />

36 In PULCI – FRANCO, Il “Libro dei Sonetti”, cit., CXXVI, pp. 110-11.<br />

37 In Poeti <strong>del</strong> Trecento, cit., p. 353. Alla conclusione <strong>del</strong>la quinta giornata <strong>del</strong> Decameron<br />

Boccaccio ricordava l’esistenza <strong>del</strong>la canzonetta Io mi comperai un gallo <strong>del</strong>le lire cento.<br />

38 In R. RABBONI, <strong>Per</strong> un’edizione <strong>del</strong>le rime di Michele di Nofri <strong>del</strong> Giogante, in «Filologia<br />

e Critica», VI, 1981, p. 188.<br />

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