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Per una retorica del cibo nella poesia comicorealistica

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<strong>Per</strong> <strong>una</strong> <strong>retorica</strong> <strong>del</strong> <strong>cibo</strong> <strong>nella</strong> <strong>poesia</strong> comico-realistica fra Tre e Quattrocento<br />

vin tanto beo e spesso di cerconi:<br />

quando ho <strong>del</strong> buon, mi par aver la mancia.<br />

Pur a le volte un po’ di torticina<br />

di carne fredda, di formaggio e d’ova,<br />

di quella che ci avanza la mattina.<br />

In casa nostra spezie non si truova,<br />

però non ragionar di gelatina,<br />

ché troppo ci parrebbe cosa nuova 23 .<br />

Strettamente connesso a quest’uso compare quello legato al <strong>cibo</strong> per esprimere<br />

la condizione sociale; sono esemplari i versi <strong>del</strong>la Nativitas rusticorum di<br />

Matazone da Caligano 24 : «Ora è stabilito / che deze aver per victo / lo pan de la<br />

mistura / con la zigola cruda, / faxoy, ayo e alesa fava, / paniza freda e rava»<br />

(vv. 97-102) 25 ; l’immagine è a suo modo riproposta dal Burchiello «I’ vidi presso<br />

a Parma in sun un uscio / villani scalzi cinti di vincastri / e ritti in sun un piè<br />

come pilastri, / mangiando fave sanza pan col guscio» 26 . In termini più ampi si<br />

presentano i versi di Giovanni Pigli (la «porcellana» è <strong>una</strong> verdura):<br />

Porcellane rifritte in insalata<br />

piacciono assai a questi rusticani,<br />

che d’ogni cosa mangion come cani<br />

e massime trovandosi in brigata.<br />

Un capo di castrone con l’agliata<br />

parrebbe loro istarne e fagiani,<br />

ungendosene il ceffo con le mani,<br />

perché hanno di questo gran derrata 27 .<br />

In <strong>una</strong> società fortemente gerarchizzata come quella medievale, specificare il<br />

<strong>cibo</strong> di cui ci si nutre è un’azione densa di significato. Non è casuale quindi che<br />

Cecco Nuccoli, inviando a Cucco di messer Gualfreduccio Baglioni il sonetto<br />

23 Si legge in Lirici toscani <strong>del</strong> Quattrocento, a cura di A. Lanza, 2 voll., Roma, Bulzoni,<br />

1973-75, vol. II, p. 654. Si veda inoltre il sonetto anonimo E’ mi par esser divenuto astore (in<br />

V. ROSSI, Tre sonetti burleschi di vecchi poeti tratti da antichi codici, in Miscellanea per<br />

nozze Bruno De Varra-Emma Theiss, Trento, Scotoni e Vitti, 1894, p. 10). <strong>Per</strong> opposizioni<br />

simili a quelle <strong>del</strong> Pigli cfr. il sonetto di Tommaso Baldinotti Stommi in cucina e quivi è ’l<br />

refettorio (in Rime volgari, a cura di A. Lanza, Roma, Archivio Guido Izzi, 1992, p. XXIX).<br />

24 Importanti suggerimenti si trovano in O. BAGNASCO, Note su <strong>cibo</strong> e società, in Et<br />

coquatur ponendo…cultura <strong>del</strong>la cucina in Europa tra Medioevo ed età moderna, Prato,<br />

Giunti, 1996, pp. 27-39.<br />

25 In Poeti <strong>del</strong> Duecento, a cura di G. Contini, to. I, Milano-Napoli, Ricciardi, 1960, p. 794.<br />

26 I sonetti <strong>del</strong> Burchiello, cit., LXX, vv. 1-4, p. 69.<br />

27 G. PIGLI, Porcellane rifritte in insalata, vv. 1-8, in Lirici toscani <strong>del</strong> Quattrocento, cit.,<br />

vol. II, p. 271. Con tono spregiativo sono scritti i versi di Pulci «Questi mangia-ravizze e –rave e<br />

verzi, / che ne mangia un toson per tre giganti, / tanto che son ravizze tutti quanti, / non sapranno<br />

ricever poi gli scherzi» (in Opere minori, a cura di P. Orvieto, Milano, Mursia, 1986, p. 211).<br />

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