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Per una retorica del cibo nella poesia comicorealistica

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Giuseppe Crimi<br />

deriamo i temi affrontati nei Carmina burana, al vino sono riservate maggiori<br />

attenzioni rispetto al <strong>cibo</strong>; e infine, neanche nell’ambito trobadorico il <strong>cibo</strong><br />

compariva troppo apertamente 5 .<br />

Ciò premesso, procederò abbozzando <strong>una</strong> breve rassegna e <strong>una</strong> casistica, da<br />

ampliare e approfondire, sull’uso <strong>del</strong> <strong>cibo</strong> <strong>nella</strong> <strong>poesia</strong> comico-realistica tra il<br />

XIV e il XV secolo, con qualche incursione <strong>nella</strong> <strong>poesia</strong> morale. Cercherò quindi<br />

di illustrare topoi e riprese di temi nei quali compaia esclusivamente il <strong>cibo</strong><br />

(non introdotto necessariamente in tutti i testi che parlano, ad esempio, di gola o<br />

di conviti) 6 .<br />

Uno tra i motivi per cui il <strong>cibo</strong> non attecchisce troppo <strong>nella</strong> nostra <strong>poesia</strong>,<br />

almeno all’inizio, al di là dei gusti personali di ciascun autore, è sicuramente da<br />

ricercare <strong>nella</strong> predilezione per i topoi <strong>del</strong>la fame e <strong>del</strong>la miseria con i quali il<br />

poeta filtrava la propria esperienza (pensiamo ai sonetti di Cecco Angiolieri) 7 .<br />

In secondo luogo <strong>nella</strong> nostra <strong>poesia</strong> giocosa, per via degli antecedenti mediolatini,<br />

ha <strong>una</strong> certa rilevanza il tema <strong>del</strong> vino. È comunque da escludere che il<br />

silenzio sul tema possa essere stato provocato dal fatto che la gola, <strong>nella</strong> cultura<br />

cristiana, fosse annoverata tra i vizi 8 .<br />

Ricordiamo, pur non trattandosi di casi che premono al nostro discorso, che<br />

il <strong>cibo</strong> può essere inserito nel contesto comico come modo di dire (ovviamente<br />

non si tratta di <strong>una</strong> peculiarità <strong>del</strong>la <strong>poesia</strong>): «Chi de l’altrui farina fa lasagne, /<br />

il su’ castel non ha muro né fosso; / di senno, al mio parer, è vie più grosso, /<br />

che se comprasse noci per castagne» 9 , «siché si trova poche / persone che se non<br />

con vernacciuola / conoschin la treggea dalla gragnuola» 10 , «Ma or, che’e mar-<br />

5 Cfr. S. THIOLIER-MEJEAN, Les poésies satiriques et morales des troubadours du XII e siècle<br />

à la fin du XIII e siècle, Paris, Nizet, 1978, pp. 428-43.<br />

6 Premetto fin d’ora che tralascerò l’uso particolare <strong>del</strong> <strong>cibo</strong> nel Burchiello e nei burchielleschi:<br />

mi riferisco soprattutto alle metafore più o meno ardue, che richiederebbero uno<br />

studio mirato (ad esempio i meloni e i maccheroni indicano persone sciocche, oppure le frittelle<br />

le sciocchezze, etc.), e alle personificazioni.<br />

7 Cfr. F. ALFIAN, ‘I’ son sì magro che quasi traluco’: Inspiration and Indebtedness among<br />

Cecco Angiolieri, Meo Dei Tolomei and Il Burchiello, in «Italian Quarterly», 35, 1998, pp. 5-<br />

28 e P. CAMPORESI, Il paese <strong>del</strong>la fame, Milano, Garzanti, 2000, in part. pp. 139-205. Ora in<br />

part. si veda P. ORVIETO – L. BRESTOLINI, La <strong>poesia</strong> comico-realistica dalle origini al<br />

Cinquecento, Roma, Carocci, 2000, pp. 127-42.<br />

8 Cfr. C. CASAGRANDE – S. VECCHIO, I sette vizi capitali. Storia dei peccati nel Medioevo,<br />

Torino, Einaudi, 2000, pp. 124-48 e V. COCOZZA, La <strong>retorica</strong> e il <strong>cibo</strong>. La folle sineddoche,<br />

Firenze, Alinea, 1997, pp. 76-78.<br />

9 C. ANGIOLIERI, Le rime, a cura di A. Lanza, Roma, Archivio Guido Izzi, 1990, Sonetti<br />

di dubbia attribuzione, 5, vv. 1-4, p. 236. Il significato <strong>del</strong> primo verso è il seguente «Colui<br />

che per le cose proprie fa ciecamente assegno sugli altri» (Marti).<br />

10 I sonetti <strong>del</strong> Burchiello, edizione critica <strong>del</strong>la vulgata quattrocentesca, a cura di M.<br />

Zaccarello, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 2000, XXXII, vv. 15-17, p. 30. Una<br />

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