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Per una retorica del cibo nella poesia comicorealistica

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Giuseppe Crimi<br />

avvenuta ai danni <strong>del</strong>l’ospite: questi mangia <strong>una</strong> rapa credendo inizialmente che<br />

si tratti di formaggio 93 ; <strong>una</strong> cena andata male è descritta anche nel sonetto di<br />

Simone de’ Prodenzani, Una fiata, Signiori, avìen pensato, nel quale il poeta<br />

racconta di un cappone sottrattogli improvvisamente da un cane 94 .<br />

Non è raro trovare che sul <strong>cibo</strong> possano nascere questioni e discussioni. In<br />

Sacchetti il sonetto Io potea a cena molto male 95 è composto su di un tema proposto<br />

dal commensale a proposito <strong>del</strong> <strong>cibo</strong> consumato la sera precedente.<br />

Possediamo anche <strong>una</strong> tenzone sulla natura dei frutti: con il sonetto Io non<br />

posso trovare ecclesiastico, attribuito da Novati ad Antonio da Ferrara 96 , si<br />

chiede al destinatario quali siano i dieci frutti dei quali si mangia soltanto la<br />

parte esterna, quelli che si mangiano sia <strong>nella</strong> parte interna che in quella esterna<br />

ed infine quelli soltanto <strong>nella</strong> parte interna. La risposta, Uva, fiche, pere,<br />

melle, mora 97 , contiene trenta nomi di frutti. Analogamente il Burchiello chiede<br />

a Francesco d’Altobianco degli Alberti, nel sonetto missivo Compar, s’i’ non<br />

ho scritto al comparatico 98 , quale sia il <strong>cibo</strong> che è mangiato <strong>una</strong> volta soltanto<br />

e viene espulso dal corpo due volte: la risposta, il miele o l’uovo, è affidata al<br />

sonetto Compare il tuo quesito matematico 99 . Sulla quaestio troviamo il sonetto<br />

missivo Troppo ben le tre, ti confesso, di Simone de’ Prodenzani, nel<br />

quale il poeta chiede al suo corrispondente se proprio sia necessario il digiuno,<br />

quando Dio ha fornito la terra di doni gastronomici così prelibati 100 ; ancora<br />

sulla domanda è impostato il sonetto di Pulci Io vuo’ che tu ci assolva <strong>una</strong> quistione<br />

101 .<br />

L’impiego <strong>del</strong> <strong>cibo</strong>, come <strong>del</strong> resto è naturale, compariva già per designare la<br />

golosità in epoca classica e mediolatina 102 . In Cecco l’accusa di ghiottoneria nei<br />

confronti <strong>del</strong> padre lascia poco spazio al <strong>cibo</strong>:<br />

93 Si legge in F. FERRI, La <strong>poesia</strong> popolare in Antonio Pucci, Bologna, Libreria L.<br />

Beltrami, 1909, p. 134.<br />

94 Rime, cit., vol. II, p. 335.<br />

95 SACCHETTI, Il Libro <strong>del</strong>le Rime, cit., [CCLX], pp. 413-14.<br />

96 Obiezioni in M. ANTONIO DA FERRARA (A. BECCARI), Rime, edizione critica a cura di L.<br />

Bellucci, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1967, pp. XLV-XLVII.<br />

97 Edita in F. NOVATI, Di due poesie <strong>del</strong> secolo XIV su “la natura <strong>del</strong>le frutta”. Nuove<br />

comunicazioni, in «Giornale storico <strong>del</strong>la letteratura italiana», XVIII (1891), p. 353.<br />

98 I sonetti <strong>del</strong> Burchiello, cit., CXXXVI, pp. 135-36.<br />

99 In Lirici toscani <strong>del</strong> Quattrocento, cit., vol. I, p. 99.<br />

100 Si legge tra le Rime varie <strong>del</strong>l’edizione <strong>del</strong>le Rime cit., vol. II, pp. 362-63.<br />

101 Il “Libro dei Sonetti”, cit., CXI, pp. 100-1.<br />

102 Cfr. CURTIUS, Letteratura europea…, cit., p. 483. L’accusa giocosa di golosità si sviluppa<br />

anche alla luce di testi di stampo morale: si vedano i versi di Feo Belcari: «Fratelli, il<br />

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