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Per una retorica del cibo nella poesia comicorealistica

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Giuseppe Crimi<br />

tornò di Francia mette in luce la scarsa attitudine <strong>del</strong> protagonista nel conservare<br />

le ricchezze accumulate e quindi lo stato di miseria e di disperazione in cui certamente<br />

incorrerà: «Ond’io mettere’ ’l cuor per un fiorino / che, anzi che passati<br />

sien mesi otto, / s’egli avrà pur <strong>del</strong> pan, dirà: – Bonino!» 14 . Il pane è oggetto<br />

spesso citato per esprimere la fame o la condizione misera come nel caso <strong>del</strong><br />

verso di Bellincioni «E Magi fo s’i’ veggo un pane intero» 15 o <strong>del</strong>l’attacco di<br />

Matteo Franco I’ ho mangiato tanto pan col conio 16 . Con differenti sfumature i<br />

cibi indicano altre riflessioni sulle condizioni umane: «e questo mondo è <strong>una</strong><br />

strana farsa / et ciba molti d’altro che di zuppa» 17 oppure «Così è l’uomo che non<br />

ha denari, /[…] E’ dolci pomi li paion amari» 18 . Altrove invece possono rappresentare<br />

un disagio politico-esistenziale come nei casi di Piero dei Faitinelli: «E<br />

qui me’ voglio ’l bretto castagniccio, / ’nanzi ch’altrove pan di gran calvello» 19 o<br />

<strong>del</strong> Burchiello nel sonetto Bench’io mangi a Gaeta pan di Puccio 20 (uno dei<br />

punti di partenza è certamente Pd XVII, vv. 58-59: «Tu proverai sì come sa di<br />

sale / lo pane altrui, […]») 21 . All’interno <strong>del</strong> tema <strong>del</strong>la miseria vanno annoverate<br />

anche le accuse di Cecco a Dante, nel sonetto Dante Alighier s’i’ so’ buon begolardo:<br />

«s’e’ desno con altrui, e tu vi ceni; / s’io mordo ’l grasso, tu vi sugi el<br />

lardo» (vv. 3-4) 22 . Interessante il sonetto di Francesco Tedaldi, Sommi nutrito ne<br />

la magna Francia, nel quale emerge la forte opposizione tra i cibi consumati in<br />

un momento favorevole e quelli dei quali il poeta deve ora accontentarsi:<br />

68<br />

Sommi nutrito ne la magna Francia<br />

a capi di vin buon e a capponi,<br />

fagian, conigli, pernice e pagoni<br />

e pesci buon da tener ben la pancia.<br />

Or son tornato a carne secca rancia,<br />

a vecchi infermi e a magri castroni,<br />

14 ANGIOLIERI, Le rime, cit., CVII, p. 212.<br />

15 BELLINCIONI, Le rime, cit., parte II, XCII, v. 10, p. 98.<br />

16 L. PULCI – M. FRANCO, Il “Libro dei Sonetti”, a cura di G. Dolci, Milano-Genova-<br />

Roma-Napoli, Società editrice Dante Alighieri, 1933, LX, p. 62.<br />

17 G. M. DI MEGLIO, Rime, a cura di G. Brincat, Firenze, Olschki, 1977, IX, vv. 10-11, pp.<br />

67-68.<br />

18 ANGIOLIERI, Le rime, cit., LXXXVII, vv. 1-5, p. 173.<br />

19 S’eo veggio en Lucca bella mio ritorno, vv. 9-10, in Poeti giocosi <strong>del</strong> tempo di Dante,<br />

a cura di M. Marti, Milano, Rizzoli, 1956, p. 436.<br />

20 I sonetti <strong>del</strong> Burchiello, cit., CLIV, p. 152.<br />

21 Cfr. C. IPPOLITO, Il <strong>cibo</strong> e le sue metafore in Dante, in «Cultura e scuola», 124, 1992,<br />

pp. 58-65.<br />

22 ANGIOLIERI, Le rime, cit., XXIX, p. 59. Cfr. M. FRANCO, <strong>Per</strong>ché molto, Luigi, avesti a<br />

male, vv. 1-4, in L. PULCI – M. FRANCO, Il “Libro dei Sonetti”, cit., XXXII, p. 41: «<strong>Per</strong>ché<br />

molto, Luigi, avesti a male / ch’i’ ti chiamai parassito e cagnotto, / duo dì provasti a pagarti lo<br />

scotto / e condir la minestra col tuo sale» e il v. 12: «Se tu non torni a roder gli ossi a corte».

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