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Per una retorica del cibo nella poesia comicorealistica

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<strong>Per</strong> <strong>una</strong> <strong>retorica</strong> <strong>del</strong> <strong>cibo</strong> <strong>nella</strong> <strong>poesia</strong> comico-realistica fra Tre e Quattrocento<br />

sonetto burchiellesco Se tu volessi fare un buon minuto, dove gli ingredienti<br />

sono decisamente fuori luogo rispetto all’obiettivo iniziale 63 .<br />

Una <strong>del</strong>le situazioni più frequenti nelle quali possiamo trovare il <strong>cibo</strong> è<br />

ovviamente nel momento conviviale; il banchetto è un tema diffusissimo nel<br />

Medioevo in versi e in prosa 64 . Nei testi esaminati il tema è trattato con differenti<br />

sfumature e soluzioni. Nella <strong>poesia</strong> trecentesca si parla di banchetti, ma si<br />

evita il rapporto diretto con il <strong>cibo</strong>, come nel caso di un banchetto in un accampamento<br />

militare descritto in un sonetto attribuito a Cecco Angiolieri Salute<br />

manda lo tu’ buon Martini 65 , o come in un altro sonetto nel quale un soldato<br />

vende abiti e armi per procurarsi <strong>cibo</strong> e bevande, senza ulteriori specificazioni<br />

(I’ son venuto di schiatta di struzzo) 66 . Abbiamo invece due esempi, sul finire<br />

<strong>del</strong> Trecento e nel Quattrocento, relativi al momento in cui si progetta il pranzo<br />

o la cena. Si tratta di un testo di Franco Sacchetti e di uno di Niccolò Tinucci.<br />

Leggiamo il primo:<br />

Vo’ sète qui, brigata, tutti quanti<br />

per manicar il bue e’ macheroni:<br />

fate sì che non ci abia Salamoni<br />

né legge né dicreto a voi davanti.<br />

Se messer de’ Goldè stesse da canti<br />

fategli onor, perch’e’ fa buon bocconi;<br />

d’atorno atorno si faccian sermoni<br />

che l’un con l’altro non sian acordanti.<br />

Ciascun favelli, e nessun l’altro intenda,<br />

e chi volesse pur filosofare,<br />

dato gli sia sùbito merenda 67 ;<br />

63 I sonetti <strong>del</strong> Burchiello, cit., XXXI, p. 29.<br />

64 Cfr. Banquets et manières de table au Moyen Âge, Aix-en Provence, Cuerma, 1996,<br />

pp. 179-559. Sul rapporto tra <strong>cibo</strong> e banchetto, alla fine <strong>del</strong> Duecento, Bonvesin de la Riva<br />

scrive il De quinquaginta curialitatibus: il <strong>cibo</strong> compare molto raramente, in maniera vaga<br />

(carne, formaggio, pane) e in senso strumentale, mentre più chiara è l’attenzione al comportamento<br />

adatto che occorre mantenere a tavola (cfr. A. J. GRIECO – A. MANCIULLI, La codificazione<br />

<strong>del</strong> modo di stare a tavola, in Et coquatur ponendo…, cit., pp. 109-14); si veda anche S.<br />

LAZARD, L’institution alimentaire dans le Reggimento e costumi di Donne di Francesco da<br />

Barberino, in Le table et ses dessous, études réunies par A. Ch. Fiorato et A. Fontes Baratto,<br />

Paris, Presse de la Sorbonne Nouvelle, 1999, pp. 13-37.<br />

65 ANGIOLIERI, Le rime, cit., Sonetti di dubbia attribuzione, 8, p. 242.<br />

66 Ivi, Sonetti di dubbia attribuzione, 7, p. 240.<br />

67 SACCHETTI, Il Libro <strong>del</strong>le Rime, cit., LXXXI, vv. 1-11, p. 104. Si noti l’inserimento<br />

all’ultimo verso <strong>del</strong>la locuzione “dare merenda”, cioè ‘picchiare’, coerentemente al contesto<br />

gastronomico iniziale.<br />

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