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L‟archetipo del potere inevitab<strong>il</strong>mente ci allontana dal mondo dei giovani, <strong>per</strong>ché <strong>il</strong> potere<br />

oggi è in mano a quella classe <strong>di</strong> adulti che tutto fa tranne che pensare veramente al futuro,<br />

alla s<strong>per</strong>anza.<br />

A mio avviso c‟è invece da immaginare piccole s<strong>per</strong>imentazioni guidate, effettive, reali, non<br />

gran<strong>di</strong> proclami. Proviamo a fare qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso in modo serio, tenendo conto <strong>di</strong> questa<br />

situazione <strong>di</strong> povertà. Nella vita religiosa questo si sta verificando più celermente che nelle<br />

Diocesi. C‟è una piccola Diocesi che ha 70 preti, ma nel giro <strong>di</strong> pochi anni la metà su<strong>per</strong>erà i 75<br />

anni, metà clero! C‟è qualcosa da cambiare, da s<strong>per</strong>imentare <strong>di</strong> nuovo. Solo nella misura in cui<br />

ci arren<strong>di</strong>amo a questa situazione, riconosciamo questo stato <strong>di</strong> povertà, possiamo avere la<br />

capacità <strong>di</strong> resistere rispetto alle vie <strong>di</strong> fuga.<br />

Anzi, proprio la via della povertà – e in questo c‟è secondo me un‟affinità con <strong>il</strong> mondo dei<br />

francescani – è via <strong>di</strong> ricchezza. Scopriamo che la più grande delle nostre ricchezze non sono le<br />

vocazioni, non sono le chiese, non sono i conventi, non sono i raduni, ma Gesù Cristo. La<br />

ricchezza della Chiesa, la vera forza della Chiesa non è <strong>il</strong> fatto che abbiamo 220 Diocesi,<br />

parrocchie… La ricchezza nostra è l‟umanissima umanità <strong>di</strong> Gesù, sulla quale Francesco si è<br />

fondato.<br />

Oggi la teologia sta molto puntando su questo: Gesù come uomo infinitamente contento <strong>di</strong><br />

esistere, attraversato da una riconc<strong>il</strong>iazione totale con l‟esistenza. La forza del Cristianesimo è<br />

proprio l‟atteggiamento <strong>di</strong> fede, <strong>di</strong> fiducia in un uomo che ha vissuto la sua vita in pienezza, e<br />

che ha saputo creare intorno a sé una capacità <strong>di</strong> bene<strong>di</strong>zione <strong>per</strong> gli altri, <strong>per</strong> i più poveri. È<br />

questo che va risco<strong>per</strong>to. Non puntare gli occhi su ciò che lentamente stiamo <strong>per</strong>dendo, ma su<br />

ciò che è la nostra vera forza, che è la presenza <strong>di</strong> Gesù Cristo. Confessare la povertà significa in<br />

fondo riconoscere la verità della Chiesa, cioè che siamo semplicemente delle torce, ma che la<br />

fiamma non siamo noi. Nel f<strong>il</strong>m e nel libro “La strada” <strong>di</strong> Cormac McCarthy, nel futuro dove tutto<br />

“Confessare la povertà<br />

significa in fondo riconoscere la verità della Chiesa”<br />

sarà <strong>di</strong>strutto, un padre e un figlio devono scappare da una situazione <strong>di</strong> cannibalismo, e sono<br />

convinti che andando verso <strong>il</strong> mare potranno trovare, come <strong>di</strong> fatto succede, <strong>per</strong>sone che<br />

resistono a questo degrado umano. A un certo punto, lungo la strada, <strong>il</strong> figlio chiede al padre se<br />

si salveranno. Il padre risponde: «Sì, <strong>per</strong>ché noi portiamo <strong>il</strong> fuoco». È <strong>il</strong> fuoco che <strong>per</strong>mette che <strong>il</strong><br />

cibo da crudo <strong>di</strong>venti commestib<strong>il</strong>e. Il fuoco è <strong>il</strong> luogo attorno al quale ci si trova insieme <strong>per</strong><br />

<strong>di</strong>scutere, è <strong>il</strong> primo luogo del culto, ci allontana dalla paura <strong>per</strong>ché ci fa vedere <strong>di</strong> notte, ci<br />

protegge dagli animali.<br />

È importante accettare questo tempo <strong>di</strong> povertà <strong>per</strong> riscoprire che la nostra deve essere<br />

sempre più la Chiesa <strong>di</strong> Cristo. È un tempo <strong>di</strong> spoliazione che può aiutarci a riscoprire la forza<br />

magnetica <strong>di</strong> Gesù Cristo. Se la gente viene in Chiesa <strong>per</strong> un altro motivo che non sia Gesù<br />

Cristo, vuol <strong>di</strong>re che non stiamo facendo bene <strong>il</strong> nostro mestiere. Quin<strong>di</strong> non ci dobbiamo<br />

chiedere <strong>per</strong>ché la gente non viene in Chiesa, bensì se la nostra Chiesa sa <strong>di</strong> Gesù Cristo.<br />

Questo è ciò che <strong>il</strong> nostro tempo ci impone. Confessare la nostra povertà significa interrogarsi se<br />

c‟è Gesù Cristo, questo Gesù umano, “del presepe” <strong>di</strong>rei. Mi piace l‟immagine <strong>di</strong> Christoph<br />

Theobald, un gesuita tedesco ma che scrive in francese, e usa l‟immagine straor<strong>di</strong>naria della<br />

“santità ospitale”. Gesù è un uomo talmente riconc<strong>il</strong>iato con se stesso, santo, capace <strong>di</strong> vivere<br />

una <strong>per</strong>fetta omogeneità e integrazione tra ciò che pensa, che <strong>di</strong>ce, che vive, che attira come<br />

miele tutti intorno a sé e <strong>per</strong>mette agli altri <strong>di</strong> liberare la loro vita da ciò che li ostacola in una<br />

piena integrazione.<br />

Penso che questo sia <strong>il</strong> primo punto: ritornare a parlare <strong>di</strong> più <strong>di</strong> Gesù Cristo, essere una<br />

Chiesa che invita a questo. È vero, ci sono tanti problemi, tante situazioni <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>i, e viene da<br />

chiedersi: se siamo poveri che cosa possiamo dare noi ai giovani?<br />

16<br />

Anno XXXIV ● N. 223 ● Marzo 2012

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