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C‟è un libro interessantissimo, “Storia e destino” <strong>di</strong> Aldo Schiavone, in cui lui afferma proprio<br />

che nella Chiesa si parla <strong>di</strong> valori non negoziab<strong>il</strong>i, <strong>di</strong> morale, ma non serve a niente, <strong>per</strong>ché<br />

viviamo in una situazione così fluttuante che vanifica tali riflessioni.<br />

Allora, in tutta questa situazione, quale è la forza del Cristianesimo? Che dai un riferimento<br />

morale?<br />

Io ho incontrato situazioni incre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i, <strong>di</strong> gente che si sente in colpa <strong>per</strong>ché tra<strong>di</strong>sce l‟amante,<br />

non la moglie! Con quale morale uno gli va a <strong>di</strong>re qualcosa? A partire da dove? Allora, o<br />

scomunichiamo tutti o proviamo a offrire quella che è la vera forza nostra, che è la preghiera.<br />

Noi siamo soprattutto <strong>per</strong>sone es<strong>per</strong>te <strong>di</strong> preghiera.<br />

Oggi la gente ha un <strong>di</strong>s<strong>per</strong>ato bisogno <strong>di</strong> pregare. La corsa, la velocità, la frag<strong>il</strong>ità, la<br />

precarietà, trovano proprio nella preghiera una forma <strong>di</strong> incastonatura. Tra l‟altro, precario e<br />

preghiera hanno la stessa etimologia. È la stessa parola. Uno può essere precario, può vivere la<br />

frag<strong>il</strong>ità, la mob<strong>il</strong>ità, <strong>per</strong>ché c‟è qualcuno che ha ascoltato la sua preghiera. Precario significa<br />

fare qualcosa <strong>per</strong>ché qualcuno ha ascoltato la mia preghiera.<br />

C‟è un bisogno enorme <strong>di</strong> preghiera oggi, <strong>di</strong> capacità <strong>di</strong> fermarsi, <strong>di</strong> sostare, si stare. Che<br />

tipo <strong>di</strong> preghiera offriamo noi oggi? Veglie, adorazioni, punto-preghiera molto semplici,<br />

elementari, quello che fanno molte comunità monastiche, come Taizé, Camaldoli, Bose…<br />

Tutto questo ormai è sparito, non inventiamo una preghiera popolare ormai dal 1200. Su<br />

questo c‟è molto lavoro da fare, anzi, è proprio tipico del prete questo aspetto.<br />

Chi è <strong>il</strong> prete? È quello che ha una straor<strong>di</strong>naria competenza mistagogica. Purtroppo<br />

abbiamo ridotto <strong>il</strong> prete a quello che ha le chiavi della parrocchia e apre tutte le porte, e basta.<br />

Invece <strong>il</strong> prete - ci arriverò poi dopo, <strong>di</strong>cendo che già <strong>di</strong> <strong>per</strong> sé la parola significa “vecchio”,<br />

“anziano”, “adulto” - <strong>di</strong> <strong>per</strong> sé è uno che ha competenza maieutica, mistagogica, uno che sa<br />

che <strong>per</strong> arrivare al tempio ci sono m<strong>il</strong>le possib<strong>il</strong>ità, m<strong>il</strong>le porte. Questa è una cosa che dobbiamo<br />

“Precario significa fare qualcosa<br />

<strong>per</strong>ché qualcuno ha ascoltato la mia preghiera”<br />

riscoprire, ossia <strong>per</strong>mettere al prete <strong>di</strong> essere ciò che deve essere, cioè maieuta, mistagogo,<br />

sapiente, profeta.<br />

Per fare questo dobbiamo anche <strong>di</strong>smettere alcune cose. La gente ha bisogno davvero <strong>di</strong><br />

pregare. Allora mi domando se l‟aumento delle Messe la domenica aiuta a pregare. Se la<br />

quantità aiuta a pregare. Anche durante la settimana, solo la Messa può aiutare a pregare?<br />

Pensiamo a come offrire occasioni alla gente <strong>per</strong> riconc<strong>il</strong>iarsi con la vita.<br />

Una delle domande che io faccio sempre quando parlo al clero è: se in un decanato, in<br />

una foranìa, in una vicarìa, la domenica non resta neppure un prete libero, noi non vogliamo<br />

bene ai giovani. Se non c‟è neppure uno <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e all‟ascolto la domenica, <strong>per</strong>ché siamo tutti<br />

impegnati avanti e in<strong>di</strong>etro a correre <strong>per</strong> le Messe, e non c‟è un minimo anche <strong>di</strong> ospitalità, <strong>di</strong><br />

possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> confessarsi, <strong>di</strong> incontrare qualcuno che ti ascolta, allora la cosa non ci interessa.<br />

Continuiamo ad andare avanti e in<strong>di</strong>etro a <strong>di</strong>re Messe così come si è sempre fatto, o abbiamo <strong>il</strong><br />

coraggio <strong>di</strong> liberare qualcuno almeno la domenica? La domenica ci deve essere un prete<br />

libero, o un frate libero che ascolti e che sia fac<strong>il</strong>mente rintracciab<strong>il</strong>e, visib<strong>il</strong>e, ci vuole questo<br />

secondo me, <strong>per</strong>ché c‟è una ricerca, o quanto meno dobbiamo creare l‟occasione <strong>per</strong>ché<br />

questa ricerca avvenga. Nel Vangelo <strong>di</strong> Marco Gesù è sempre sulla strada, incontra le <strong>per</strong>sone<br />

sulla strada. Anzi, l‟unico caso in cui Gesù non è sulla strada è <strong>il</strong> caso della Cananea. Gesù è<br />

molto stanco, si ritira nella regione <strong>di</strong> Tiro e Sidone e arriva questa donna, - e lì gli apostoli fanno<br />

una figuraccia <strong>per</strong>ché in do<strong>di</strong>ci non riescono a fermare questa donna -, ed era imbarazzante<br />

una donna con tre<strong>di</strong>ci uomini! Imbarazzante a tal punto che Matteo ritraduce la scena e porta<br />

Gesù sulla strada, scrivendo più tar<strong>di</strong>vamente. Normalmente <strong>il</strong> Gesù <strong>di</strong> Marco è sempre in mezzo<br />

alla strada, e <strong>per</strong> questo <strong>il</strong> giovane lo può incontrare, in Marco 10. È visib<strong>il</strong>e. Ma se noi siamo<br />

invisib<strong>il</strong>i, siamo irraggiungib<strong>il</strong>i, <strong>per</strong>ché dobbiamo celebrare le Messe, quel mondo ci sfugge.<br />

20<br />

Anno XXXIV ● N. 223 ● Marzo 2012

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