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I poteri di questo mondo (la rivoluzione francese, il bolscevismo, il nazismo) non possono non «odiare» chi difende la libertà della persona e fonda la libertà sul valore trascendente della persona umana. Papa Giovanni Paolo II più volte chiama i cristiani a raccogliersi intorno ai martiri e sempre ce ne da il fondamento ontologico dicendo che nei martiri Cristo è sommamente presente e nel martirio ci chiama alla libertà suprema. Il martirio è anche un forte segno ecumenico, poiché i martiri appartengono a tutte le confessioni cristiane: il martirio dunque come via all‟ unità delle Chiese, anzi come segno di una unità già raggiunta: “morire per Cristo lo possono solo le membra della Chiesa già unita, oltre le Chiese confessionali”. Il martirio dunque supremo valore delle Chiese: oggi è diffusa, anche tra i credenti, la tendenza a condannare le persecuzioni come espressione di intolleranza, di violazione della libertà di coscienza e di offesa dei diritti umani; si guarda al martirio senza percepirne il valore profondo, l‟ essere segno di una proposta di vita evangelica radicale da vivere anche nella nostra quotidianità. Narrando la storia delle persecuzioni contro i cristiani si può incorrere in un altro pericolo. Si oppone al silenzio delle censure un ripartizione manichea, forse ancora ideologica: tracciare un confine esteriore tra buoni e malvagi, senza ricordare che il confine passa sempre e comunque dentro il cuore di ogni uomo. I martiri non sono eroi mitici: hanno avuto i dubbi, le paure, le angosce di noi tutti. Sono stati tentati di tradire, molti di fatto hanno tradito. Eppure i rimasti fedeli fino all‟ ultimo hanno capito i loro compagni di prigionia deboli, traditori: ricordiamo, per esempio, che padre Nicolas chiese a padre Leoni perdono di averlo tradito davanti al giudice istruttore, perdono subito accordato, ricordiamo la indulgente comprensione che si percepisce nelle lettere di alcune monache a mons. Neveu, nelle quali raccontano del venir meno di alcuni preti durante un processo. Il tribunale della polizia segreta, con buon intuito, non fa differenza tra «intransigenti» e «collaborazionisti». Sfrutta i secondi ai propri fini, ma di questi diffida, come dei primi e tutti li condanna con eguale sentenza: forse perché vede Cristo nella forza dei primi e nella debolezza dei secondi. Sappiamo con quali metodi crudeli venivano estorte le confessioni, le ritrattazioni, le delazioni: nei documenti più personali si possono percepire tra le righe il rimorso e il dolore, effetti dei cedimenti e delle debolezze umane. Avveniva così per tutti il «vaglio della fede»: se è più importante sottrarsi alla morte perché la Chiesa continuasse a vivere o essere pronto alla suprema rinunzia per Cristo e poi affidare a Lui il futuro della sua Chiesa. I giudici istruttori facevano abilmente intravvedere nell‟aula del tribunale uno spiraglio di libertà, una uscita dalla prigione con assoluzione per continuare il lavoro di apostolato, ma a prezzo della collaborazione con gli assassini, del tradimento degli amici. Nella storia della Chiesa il martirio risplende grazie al coraggio di chi fu fedele, ma anche grazie alle debolezze di chi tradì: perché nel martirio si da a vedere il Mistero di Cristo, che si fa visibile nei suoi testimoni, siano essi forti, sia essi deboli. Infine lettere e testimonianze documentano al di là di tutto la letizia profonda, misteriosa, legata all‟ esperienza della prossimità di Cristo che si prolunga nella prossimità dei detenuti tra loro: nel carcere, nel lager, al confino fioriscono vincoli di affettuosa amicizia, di paternità e di figliolanza più forti dei vincoli della carne e del sangue. E di questo il mondo ha bisogno. 24 Anno XXXIV ● N. 223 ● Marzo 2012
I luoghi del dolore: le carceri, i lager, i luoghi del confino in URSS Per capire meglio le vicende cui si fa cenno nel presente libretto è necessario conoscere alcuni aspetti di tipo giuridico e amministrativo del sistema di detenzione in Unione Sovietica e i relativi luoghi. Innanzitutto il sistema giudiziario: con la rivoluzione erano nate molte istituzioni giudiziarie, non regolate da leggi precise. Operavano differenti Tribunali: rivoluzionari, militari, tribunali di fabbrica ed altri ancora; esistevano anche Reparti mobili dei vari Tribunali, che andavano a «fare giustizia» sul campo. Il 21 febbraio 1918 il Consiglio dei commissari del popolo emanò un decreto “Sulla sicurezza dello stato”: con lo slogan pretestuoso «La patria socialista è in pericolo», si reintroduceva la pena di morte e l‟applicazione del decreto sulla sicurezza dello Stato veniva affidato non agli organi giudiziari già in vigore, ma a una «Commissione straordinaria panrussa per la lotta contro la controrivoluzione, il sabotaggio e la speculazione», detta VČK, poi chiamata semplicemente ČK (Čeka), da cui tra l‟altro viene anche il termine čekista (poliziotto della Čeka). Il 22 marzo 1918 la VČK ordinava la creazione di «commissioni straordinarie» a livello regionale in tutta l‟ URSS: si formava così la rete degli Organi di polizia sul territorio del paese. Queste commissioni avevano un potere superiore a tutti gli altri organi dello stato regionali, compresi i soviet. La VČK era in pratica uno Stato nello Stato. Nel febbraio 1919 il Comitato esecutivo centrale (il VCIK) approvava una disposizione, in virtù della quale la VČK poteva emettere condanne extragiudiziarie al lager o alla fucilazione. Nel 1922 veniva promulgato il nuovo Codice penale sovietico, che metteva ordine nel disordine dei vari organi giudiziari. Benché il nuovo Codice penale limitasse il diritto di infliggere una pena agli organi giudiziari già operativi in modo legale, veniva concessa alla VČK la facoltà di applicare qualsiasi tipo di sanzione. Si creavano in questo modo due strutture parallele e in conflitto tra loro: la VČK con ampie competenze e il sistema giudiziario normale, costituito dalle comuni Corti e Tribunali. C‟ era una notevole differenza: per emettere una sentenza i tribunali normali avevano bisogno di prove di colpevolezza (come in tutti i tribunali del mondo civile), la VČK poteva applicare qualsiasi misura, prevista dalla legge, in base a denunce, rapporti di informatori, delazioni. Si trattava in pratica di un organo di giustizia sommaria ed extragiudiziaria. Al di sopra della VČK stava solo il Comitato Centrale del partito. Il 6 febbraio 1922 un decreto del Comitato esecutivo centrale (VCIK) abolita la VČK, ne trasferiva le competenze alla Direzione politica statale (la GPU oppure OGPU, che faceva capo alla KOGPU, il Collegio di giudizio sovraordinato). Dai due organismi, che utilizzavano due paralleli sistemi di procedura penale, dipendevano due sistemi di luoghi di pena: uno controllato dalla GPU, l‟ altro controllato dal Commissariato del popolo agli Interni. In pratica numerosi lager sovietici erano una specie di istituzione non statale, di proprietà esclusiva della GPU; ad esempio il famoso lager delle Isole Solovki (in sigla USLON). Ma dal 1929 tutti 25 Anno XXXIV ● N. 223 ● Marzo 2012
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