05.06.2013 Views

NN. 69/70 LUGLIO-AGOSTO/SETTEMBRE-OTTOBRE 2009

NN. 69/70 LUGLIO-AGOSTO/SETTEMBRE-OTTOBRE 2009

NN. 69/70 LUGLIO-AGOSTO/SETTEMBRE-OTTOBRE 2009

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

sono due vie separate e scisse, sono due forze in lotta<br />

fra di loro, non è così nel buddhismo ove il dolore e la<br />

quiete, le due forze opposte, non lottano fra di loro, ma<br />

ognuna delle due, quando c’è, ha un suo percorso, ed<br />

entrambe sono propedeutiche al divenire cosmico e nel<br />

loro moto di perpetua alternanza e di eterno ritorno<br />

danno luogo a quel flusso vitale che prende il nome di<br />

“tantra”.<br />

Anche se difficile e faticoso, giungere al “nirvana” è una<br />

possibilità insita nella natura umana; coltivare la<br />

disciplina interiore è un processo che richiede molto<br />

tempo, ma possiamo realizzare il distacco definitivo<br />

dalle cose solo se prima ne abbiamo carpito l’essenza,<br />

possiamo vincere il dolore solo se prima lo abbiamo<br />

esperito bruciando ogni vanità. Soltanto dalla<br />

disperazione si può giungere alla catarsi, soltanto<br />

avendo toccato il vero punto più basso si può<br />

raggiungere l’apice: il dolore non va riscattato in<br />

qualche fantasmagorico e indimostrato mondo<br />

ultraterreno, il dolore va riscattato in questo mondo<br />

tramite il lavoro interiore di ogni giorno. Il dolore non è<br />

male, il dolore è la via del riscatto.<br />

Bisogna avere coraggio per affrontare i demoni della<br />

nostra anima, bisogna avere coraggio per conoscere le<br />

umane debolezze senza alcun tipo di velleità; Leopardi,<br />

come vedremo, questo coraggio lo ha avuto, capendo<br />

che soffrire è la via stessa di liberazione dal dolore,<br />

proprio come nella filosofia buddhista.<br />

Il primo passo sulla strada che porta al “nirvana” è un<br />

profondo senso di malessere.<br />

Lo stato di malessere che condusse Siddartha a<br />

diventare il “Buddha” nacque dalla scoperta della<br />

malattia: Siddartha era un principe, egli non sapeva<br />

dell’esistenza della malattia, fino a quando un giorno<br />

volle uscire dal palazzo e sconvolto dall’aver scoperto<br />

l’universale sofferenza, concluse che la vita è un male di<br />

cui bisogna liberarsi.<br />

In Leopardi questo stato di malessere fu provocato<br />

dalla consapevolezza del suo difetto fisico.<br />

Questo malessere genera inevitabilmente tensione e<br />

depressione, in Leopardi aggravati dalla perdita<br />

dell’affetto da parte della famiglia, e un sentimento di<br />

solitudine; a loro volta questi stati d’animo producono<br />

un sentimento di conflitto sia con se stessi sia con<br />

l’intero mondo relazionale.<br />

Se questo stato d’animo cresce fino allo spàsimo e<br />

raggiunge il suo apice a tal punto da avvertire ogni ente<br />

esterno, individuale o comunitario, come uno strumento<br />

di lotta contro il proprio principio individuale, a tal<br />

punto da sentirsi del tutto esclusi dalla natura e dalla<br />

vita (come appunto in Leopardi), incomincia il lento<br />

percorso che porta all’accettazione di sè, alle resa che è<br />

la chiave del rilancio.<br />

Successivamente infatti avviene uno “svuotamento<br />

interiore”, cioè una fase in cui lo iato esistenziale<br />

accumulato per anni svanisce e si avverte il “sè”, quel<br />

“se stesso”che non era mai riuscito prima a sfociare<br />

nella coscienza attiva.<br />

Nel buddhismo sono nettamente distindi “l’io” e il “sè”:<br />

“l’io” è la coscienza immediata che lega l’individuo al<br />

divenire delle cose, il “sè” è quell’anima più profonda<br />

che non ha nulla a che fare col mondo esterno. “L’io” è<br />

illusione, solo il “sè” è realtà.<br />

In Leopardi questo passaggio che parte da uno stato di<br />

tensione e porta alla resa, che parte da una serie di<br />

illusione che una volta cadute producono uno<br />

svuotamento interiore è ben delineato in “A Silvia”.<br />

In “A Silvia” (1828) la scoperta della morte e la<br />

meditazione sulla stessa interrompe l’attrazione verso le<br />

attività transitorie che ormai sono prive di significato.<br />

Leopardi comprende che la vita si regge su un inganno<br />

di fondo contro cui l’uomo è impotente: è l’illusione<br />

stessa, sotto forma di saggezza derivata dalla<br />

delusione, a distruggere tutte le illusioni. Leopardi<br />

comprende che tutte le speranze e i desideri sono privi<br />

di sè, la vita umana ormai gli appare come qualcosa di<br />

insignificante e tutta la realtà ora è concepita come uno<br />

stato di tensione tra l’individuo e un principio universale<br />

(il quale si identifica con la Natura) che si erge sempre<br />

come l’assioma della nostra sofferenza e causa della<br />

nostra lotta. La sofferenza vera è il frutto di cause che<br />

sono illusorie: questa è la causa dello iato esistanziale<br />

già citato.<br />

Dopo lo svuotamento, dopo lo svanimento dello iato<br />

esistenziale la propria vita è totalmente cambiata: nulla<br />

è più percepito o recepito come prima, la mente rigetta<br />

tutte le precedenti convinzioni e viene sommersa dalle<br />

grandi domande esistenziali, e tenta con tutti i suoi<br />

mezzi di trovare le risposte a queste domande.<br />

Se il desiderio di risposta giunge alla forza necessaria la<br />

mente vive lo stato del “satori”.<br />

Che cos’è il “satori”?<br />

Mentre il “nirvana” è uno stato di illuminazione<br />

spirituale perenne, il “satori” è uno stato di<br />

illuminzazione transitoria. La differenza tra questi due<br />

stati consiste nelle temporaneità o permanenza<br />

dell’illuminazione.<br />

Il “satori” è un periodo di non-mente in cui un uomo<br />

scopre dentro di sè la sua natura superiore e ciò lo<br />

conduce ad agire e pensare in maniera totalmente<br />

rinnovata.<br />

Quando lo stato del “satori” termina e ritorna a<br />

funzionare la mente, torna anche la normale sensazione<br />

delle cose. Se invece la mente cessa definitivamente si<br />

entra nel “nirvana”.<br />

Il “satori” è il distacco silenzioso dal quotidiano, dal<br />

mondo che tutti sperimentiamo.<br />

Il distacco dal mondo è un atteggiamento intimo dello<br />

spirito, che potenzialmente può tradursi in un definitivo<br />

ritiro dal mondo, ma comunque è funzionale alla<br />

meditazione più profonda, a quella lunga preparazione<br />

che può scaturire nel “nirvana”.<br />

Questo distacco diventa una piattaforma di slancio<br />

dell’anima onde proseguire per la conoscenza del “sè”:<br />

si parte da “l’io” per giungere al “sè”, si parte<br />

dall’illusione di se stessi per giungere all’essere libero<br />

dalle ombre, proprio come in Leopardi.<br />

Dopo questa lunga premessa mi sembra doveroso<br />

applicare la ricerca da me svolta all’espressione poetica<br />

Leopardiana, partendo dalla sua lirica giovanile più<br />

famosa: “L’infinito”.<br />

Questo idillio nasce dalla vista di una siepe che non<br />

consente al poeta di vedere cosa c’è oltre e,<br />

metaforicamente, a schiudere il senso ulteriore<br />

dell’esistenza.<br />

Ciò spinge Leopardi a immaginare un mondo lontano,<br />

infinito, e gli eventi atmosferici che si susseguono non<br />

52<br />

OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove A<strong>NN</strong>O XIII – <strong>NN</strong>. <strong>69</strong>/<strong>70</strong> <strong>LUGLIO</strong>-<strong>AGOSTO</strong>/<strong>SETTEMBRE</strong>-<strong>OTTOBRE</strong> <strong>2009</strong>

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!