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NN. 69/70 LUGLIO-AGOSTO/SETTEMBRE-OTTOBRE 2009

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suo successo nel panorama della produzione<br />

cinematografica americana e mondiale.<br />

Alla luce di queste considerazioni si procederà<br />

preliminarmente all’indagine delle norme attive nel<br />

sistema artistico-culturale del cinema holliwoodiano in<br />

merito all’adozione della narrazione VO, per poi, in<br />

maniera complementare, vagliare la narrazione VO in<br />

Blade Runner sulla base di tale riferimento canonico, in<br />

modo da misurarne l’adesione e gli eventuali<br />

scostamenti.<br />

Sarah Kozloff, nell’unica monografia interamente<br />

dedicata allo studio della narrazione VO di cui abbiamo<br />

notizia[11], fornisce sulla base delle osservazioni<br />

condotte su una filmografia “of roughly four-hundred<br />

English-language feature films that use voice-over<br />

narration” (Kozloff, 1988: 141) un’esaustiva descrizione<br />

degli elementi che, sui piani strutturale e funzionale,<br />

costituiscono il modello normativo – in senso,<br />

ovviamente, descrittivo e non prescrittivo – per l’uso<br />

della narrazione VO. Sulla base di questa griglia,<br />

confrontando il caso in esame alle osservabili pertinenti<br />

che essa comprende, sarà possibile descrivere la<br />

narrazione VO che compare nella edizione del 1982 di<br />

Blade Runner.<br />

Come si può giudicare fin dall’incipit descritto nella<br />

sezione precedente, si tratta, secondo le categorie<br />

genettiane, di un narratore di livello extradiegetico in<br />

rapporto omodiegetico con le vicende narrate (cfr.<br />

Genette, 1972: 291-300). L’applicazione delle categorie<br />

narratologiche al testo filmico si deve in linea di<br />

principio confrontare con la complessa questione delle<br />

diverse istanze narratoriali, connessa alla natura<br />

sincretica (cfr. la voce “sincretismo” in Courtés,<br />

Greimas, 1979: 325) del linguaggio cinematografico,<br />

che, a differenza di quanto accade nel racconto<br />

scritturale, coesistono in una struttura gerarchica alla<br />

quale il narratore verbale – l’istanza responsabile della<br />

VO – partecipa in una posizione di strutturale<br />

subordinazione (cfr. Gaudreault, 1988: 181-194 e<br />

Kozloff, 1988: 45-48). Con questa avvertenza, e<br />

rimandando ai testi segnalati in nota per ulteriori<br />

approfondimenti, si può affermare che Blade Runner si<br />

uniforma alla scelta espressiva più tipica nei film<br />

holliwoodiani secondo la quale, con una attenta<br />

organizzazione degli elementi e dei rapporti strutturali<br />

che toccano la narrazione omodiegetica VO, “there are<br />

powerful inducements for viewers to bend over<br />

backwards to accept the voice-over as the teller of the<br />

film”(Kozloff, 1988: 48) “as if he or she has generated<br />

not only what he is saying but also what we are seeing”<br />

(1988: 45), facoltà a rigore esclusiva dell’istanza<br />

narrativa sovraordinata al complesso del testo narrativo<br />

filmico.<br />

Le tre osservabili strutturali cui Kozloff riconduce<br />

questa strategia complessiva nell’uso della narrazione<br />

VO omodiegetica ricorrono puntualmente in Blade<br />

Runner. Innanzitutto rilevanti sono le soluzioni tramite<br />

le quali “the film emphasizes the character’s claim to be<br />

telling the story” (1988: 45). Esse includono<br />

tipicamente scene topiche in cui il personaggio si<br />

qualifica come narratore – ripreso nell’atto di narrare a<br />

un eventuale narratario finzionale o direttamente a noi<br />

stessi, allora volgendo gli occhi alla macchina da presa,<br />

per poi lasciare in dissolvenza la scena alle immagini del<br />

racconto che egli passa a condurre in VO – cui è<br />

equipollente in Blade Runner la scena iniziale già<br />

descritta. In essa il lungo piano ravvicinato di Deckard e<br />

la coincidenza fonica – sancibile a posteriori, soltanto<br />

dopo le prime battute di dialogo – che si manifesta tra<br />

le voci del personaggio e del narratore che esordisce in<br />

prima persona (“my profession [...] my ex-wife”)<br />

inducono lo spettatore ad identificare il primo con il<br />

secondo e, sulla base delle regole di lettura più o meno<br />

consapevolmente acquisite dalla visione di innumerevoli<br />

incipit analoghi, presumere l’avviarsi dell’atto linguistico<br />

di una narrazione, di cui non è esplicitamente<br />

rappresentato il contesto comunicazionale, ma del<br />

quale egli ha già potuto individuare il soggetto<br />

emittente – Deckard, cioè la stessa persona apparsa<br />

sullo schermo – e iniziare a fruire il messaggio – le<br />

battute della VO e, per estensione, l’intero film.<br />

L’assenza in Blade Runner di scene in cui l’attività di<br />

narratore di Deckard sia mostrata esplicitamente è<br />

d’altronde ovviamente connessa, nella storia della<br />

lavorazione e delle varianti editoriali del film, alla<br />

possibilità di eliminare la VO senza dover modificare la<br />

colonna visiva del film né perdere in efficacia narrativa<br />

e valore artistico, una soluzione già considerata durante<br />

le fasi iniziali della lavorazione del film, e poi attuata<br />

nelle edizioni successive alla prima.<br />

Una seconda variabile strutturale è costituita dalla<br />

frequenza e dalla distribuzione nel corso del film degli<br />

interventi del narratore. Non è, precisa la Kozloff, tanto<br />

il valore quantitativo della frequenza a determinare, in<br />

una ipotetica relazione di proporzionalità diretta, la<br />

rilevanza della narrazione VO nell’economia globale del<br />

film (1988: 45-46), quanto la cura nella distribuzione<br />

degli interventi narratoriali nei luoghi topici dell’opera.<br />

In particolare, sono sempre tali l’incipit del film, perché<br />

“once the presence of the voice-over narrator has been<br />

established, the entire film serves as a sort of linguistic<br />

event, as the narrator’s speech even when there is<br />

none” (Smoodin, 1983: 19), e l’explicit, in cui il regime<br />

narrativo omodiegetico inaugurato in partenza viene<br />

confermato in chiusura. Blade Runner è pienamente<br />

uniformato a questi principi strutturali, la vicenda del<br />

protagonista – dopo i titoli in sovraimpressione e gli<br />

iniziali piani vuoti che fungono da establishing shot–<br />

comincia con la prima battuta della narrazione in VO:<br />

They don’t advertise for killers in a<br />

news paper. That was my profession.<br />

Ex-cop. Ex Blade Runner. Ex-killer<br />

(Scena 4)<br />

Il narratore interviene in seguito una mezza dozzina<br />

di volte concentrate nella prima metà del film, in cui<br />

sono compresi tutti gli interventi in VO tranne gli ultimi<br />

due. L’ultimo intervento, in particolare, realizza una<br />

chiusura del film simmetrica all’incipit, formando un<br />

chiasmo dai membri antitetici: campo vuoto<br />

lunghissimo di avvicinamento alla città / VO di<br />

introduzione del personaggio // VO di congedo / campo<br />

vuoto lunghissimo sulle valli boscose in cui fuggono<br />

dalla città i due protagonisti[12]:<br />

Gaff had been there and let her live.<br />

Four years, he figured. He was wrong.<br />

OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove A<strong>NN</strong>O XIII – <strong>NN</strong>. <strong>69</strong>/<strong>70</strong> <strong>LUGLIO</strong>-<strong>AGOSTO</strong>/<strong>SETTEMBRE</strong>-<strong>OTTOBRE</strong> <strong>2009</strong> 67

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