NN. 69/70 LUGLIO-AGOSTO/SETTEMBRE-OTTOBRE 2009
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sofferenza accresce la forza interiore e il desiderio di<br />
soffrire fa scomparire la sofferenza.<br />
Ciò accade in Leopardi in modo ben delineato ne “Il<br />
pensiero dominante”, ove il poeta espone un nuovo<br />
stato interiore.<br />
“Dolcissimo, possente / Dominator di mia profonda<br />
mente”: è evidente un cambio di prospettiva da parte<br />
del poeta che riconosce come “dolcissimo” il pensiero<br />
che in passato era stato fonte di tedio. “Di mia<br />
profonda mente”: la mente si caratterizza come<br />
“profonda” poichè Leopardi ha compreso di esistere in<br />
un nuovo mondo relativo all’attività della mente e non<br />
più condizionato da tutte le altre esistenze.<br />
“Terribile, ma caro / Dono del ciel; consorte / Ai lùgubri<br />
miei giorni, / Pensier che (...) spesso torni”: Leopardi è<br />
totalmente rinnovato, il lui la bruttezza muta in<br />
bellezza, la malattia in forza, l’errore in virtù,<br />
comprende che le cose non sono più le stesse e che<br />
nulla esiste oggettivamente, così le vacuità e le essenze<br />
esistono allo stesso tempo, ma è compito dell’individuo<br />
discernerle e separarle.<br />
“Come solinga è fatta / La mente mia d’allora / Che tu<br />
quivi prendesti a far dimora!”: qui ripensa al suo<br />
passato stato mentale e lo paragona a quello attuale e<br />
finisce col dedurne il superamento del più volte citato<br />
“giovanil errore”. Questo errore tuttavia non è nè<br />
galvanizzato nè ripudiato, poichè è conscio che nel suo<br />
percorso sono proprio gli errori del passato che lo<br />
hanno portato ad essere l’uomo che più tardi è<br />
diventato.<br />
Se da giovane era afflitto dalle illusioni, ora la caduta di<br />
queste, dopo un periodo di fisiologico dolore, lo ha<br />
portato alla serenità definitiva: come ho già detto noi<br />
possiamo distaccarci dalle cose solo carpendone prima<br />
l’essenza, cosa che Leopardi ha fatto.<br />
L’esistenza a questo punto non è più illusione ma<br />
esperienza diretta dell’essenza, uno stato esistenziale<br />
che deriva dalla consapevolezza di essere il fulcro<br />
dell’esperienza che si vive, di esserne il processo<br />
creatore e non un frutto accidentale.<br />
“Che divenute son, fuor di te solo, / Tutte l’opre<br />
terrene, / Tutta l’intera vita al guardo mio!”: le vicende<br />
umano sono insignificanti e nella settima strofa che qui<br />
non riporto il poeta giunge ad affermare che da quando<br />
ha compreso cosa sia la vita non lo ha più stretto la<br />
paura della morte. Questo avviene poichè lo stato di<br />
autocoscienza successivo al “satori” lo porta a intendere<br />
la vita come insieme di rapporti e convenzioni sociali<br />
pari alla morte, poichè quel tipo di vita non è il frutto<br />
dell’esperienza dell’essenza; mentre la morte intesa<br />
come senso ulteriore della semplice esperienza<br />
sensoriale è vita, poichè concerne il passaggio da “l’io”<br />
ufficiale a quel “sè” più profondo.<br />
In questa canzone la vita umana non appare più come<br />
qualcosa di insignificante come nel “Canto notturno”,<br />
ma è un percorso verso un fine, e questo fine coincide<br />
con l’illuminazione.<br />
Illuminazione che in Leopardi giunge con “A se stesso”.<br />
Or poserai per sempre,<br />
Stanco mio cor. Perì l’inganno estremo,<br />
Ch’eterno io mi credei. Perì. Ben sento,<br />
In noi di cari inganni,<br />
Non che la speme, il desiderio è spento.<br />
Posa per sempre. Assai<br />
Palpitasti. Non val cosa nessuna<br />
I moti tuoi, nè di sospiri è degna<br />
La terra. Amaro e noia<br />
La vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.<br />
T’acqueta omai. Dispera<br />
L’ultima volta. Al gener nostro il fato<br />
Non donò che il morire. Omai disprezza<br />
Te, la natura, il brutto<br />
Poter che, ascoso, a comun danno impera,<br />
E l’infinita vanità del tutto.<br />
Come ho detto all’inizio di questa proposta<br />
d’interpretazione il raggiungimento del “nirvana” è un<br />
processo interiore che richiede tempo e che raggiunge<br />
la sua evoluzione tramite il raggiungimento di tre<br />
obbiettivi:<br />
- ridurre l’attaccamento alla vita<br />
- eliminare ogni forma di desiderio<br />
- eliminare l’amore verso se stessi.<br />
In “A se stesso” tutti questi elementi sono riscontrabili.<br />
In questa poesia si assiste ad una serie di cessazioni,<br />
tutto è un necrologio.<br />
Questa lirica segna un decisivo passaggio evolutivo che<br />
il poeta esprime bruciando ogni vanità e concentrando il<br />
senso stesso delle lirica nella forza dei silenzi e delle<br />
pause, creando un ritmo in cui si avverte tutta la<br />
tensione che precede l’ultimo volo.<br />
Il poeta si lascia andare per l’ultima volta come fosse<br />
un addio definitivo alla vita la cenerificazione della<br />
stessa, ma è proprio dalle ceneri, come Leopardi ci dirà<br />
ne “La ginestra”, che a volte può rinascere quel fiore<br />
profumato e sublime che è la vita.<br />
Vincenzo A. Latrofa<br />
ARTURO GRAF E IL PESSIMISMO DI EDUARD<br />
VON HARTMA<strong>NN</strong><br />
Arturo Graf<br />
Nato ad Atene nel 1848 da<br />
padre bavarese e madre<br />
italiana, Arturo Graf, dopo<br />
la laurea in legge a Napoli,<br />
si dedicò ai prediletti studi<br />
letterari, fino a divenire<br />
docente di letteratura<br />
italiana all’Università di<br />
Torino, città in cui rimase<br />
fino alla morte, avvenuta<br />
nel 1913. Notevole la sua<br />
mole di studi eruditi, alcuni<br />
dei quali ancora oggi fondamentali; ma egli è noto<br />
soprattutto come poeta, è anzi uno dei massimi<br />
rappresentanti del Decadentismo italiano, anche se una<br />
critica miope e settaria lo ha relegato nello stuolo dei<br />
cosiddetti “minori”. Le sue principali raccolte di versi<br />
sono: “Medusa” (1880), “Dopo il tramonto” (1893), “Le<br />
Danaidi” (1897), “Morgana” (1901), “Poemetti<br />
drammatici” (1905), “Rime della selva” (1906).<br />
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OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove A<strong>NN</strong>O XIII – <strong>NN</strong>. <strong>69</strong>/<strong>70</strong> <strong>LUGLIO</strong>-<strong>AGOSTO</strong>/<strong>SETTEMBRE</strong>-<strong>OTTOBRE</strong> <strong>2009</strong>