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NN. 69/70 LUGLIO-AGOSTO/SETTEMBRE-OTTOBRE 2009

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Inge è sposata con Werner e “innamorata di suo<br />

marito”. Dubitiamo di quest’affermazione riportata nel<br />

catalogo del festival dove si descrivono brevemente le<br />

trame dei film presentati a Trieste. Ne dubitiamo perché<br />

tenta di aggirare il reticolo sociale che avvolge uomini e<br />

donne con la complicità di una psicologia da cui<br />

scaturiscono quei sentimenti – e non altri – che<br />

abbiamo elencato due capoversi sopra. Quando<br />

incontra il settantaseienne Karl, fra i due si verifica<br />

quella condizione imprevista e non descrivibile che,<br />

difatti, il regista non si prova nemmeno a decifrare, ma<br />

che si limita a registrare negli sguardi e nell’evidente<br />

felicità dell’uomo e della donna. I sensi di colpa in<br />

agguato per Inge, la spingono a parlare di quello che le<br />

sta accadendo con il marito. I coniugi finiscono col<br />

lasciarsi e dopo un po’ Werner ne muore.<br />

Non ci sarebbe null’altro da aggiungere, se non che il<br />

regista Andreas Dresen ha messo in scena una volta di<br />

più l’archetipo amore/morte, che in questo caso va a<br />

colpire una parte terza e, siamo certi, non sfiorerà<br />

neppure Inge e Karl che si sono rifugiati nella loro<br />

L’ECO & RIFLESSIONI ossia FORUM AUCTORIS<br />

Autoritratto di Canova<br />

Fonte: Wikipedia<br />

IL MITO CANOVA<br />

A differenza di alcuni<br />

fra gli eccelsi nomi<br />

della letteratura e<br />

dell’arte figurativa,<br />

Dante, Leonardo, Michelangelo,<br />

Raffaello,<br />

Tiziano…, passati di<br />

diritto alla Storia con il<br />

loro nome di battesimo,<br />

quasi che quel<br />

nome abbiano incarnato definitivamente e che – dopo<br />

di loro – nessuno abbia più il diritto di portarlo, chi<br />

forse più d’ogni altro occupa gli spazi assoluti di una<br />

fantasia rivolta all’arte scultorea, Canova, si è insediato<br />

nella mente dei posteri col solo cognome.<br />

Nel saggio Vera bellissima carne, che apre il catalogo<br />

della mostra Canova l’ideale classico fra scultura e<br />

pittura, aperta al pubblico a Forlì fino al 21 giugno,<br />

Antonio Paolucci, Presidente del Comitato scientifico e<br />

curatore della manifestazione insieme a Sergei<br />

Androsov e Fernando Mazzocca, afferma che “Nel 1802<br />

e per i vent’anni che lo separano dalla morte, Canova è<br />

agli occhi del mondo lo scultore senza altre<br />

specificazioni”. Tale asserzione, a metà strada fra il<br />

dato storico e l’esegesi psicologica, è giunta fino ai<br />

nostri giorni trasformata in percezione. La si potrebbe<br />

definire una sorta di sentimento estetico che ha perso<br />

per strada ogni connotazione temporale. Canova, in<br />

questi termini, non è solo fuori del tempo – volendo<br />

usare una chiave retorica che si sente fin troppo di<br />

frequente – ma appare slegato dalla prassi che in una<br />

qualsiasi parte del mondo e in ogni tempo prevede che<br />

nuova normalità. Il regista ha brillantemente evitato<br />

anche la norma di un triangolo che nasca da una<br />

insopportabile condizione di sofferenza all’interno della<br />

coppia. Questo falso problema da cui derivano<br />

altrettanto illusorie soluzioni non è neppure adombrato<br />

in Al settimo cielo, in cui – al nastro di partenza – i<br />

protagonisti si trovano in una condizione di assoluta<br />

serenità.<br />

Lo scandalo del film non è quello di vedere l’amore a <strong>70</strong><br />

anni come a 20. Lo scandalo non è nell’uomo, quindi,<br />

ma in una vita che non ci abbandona a dispetto di<br />

un’organizzazione razionale che ogni società esige.<br />

L’unica soluzione sembrerebbe quella proposta dalla<br />

figlia di Inge, con cui la madre si confida e che le<br />

suggerisce il segreto, il silenzio col marito.<br />

Razionalmente ineccepibile, quest’alternativa ha il<br />

difetto di limitare un illusorio orizzonte di libertà e di<br />

onestà a cui la donna non sa rinunciare.<br />

Enzo Vignoli<br />

- Conselice (Ra) -<br />

una persona abbia un nome proprio collegato in un<br />

unicum inscindibile a quello del suo ceppo famigliare.<br />

Accade a Canova ciò che la Storia ha tributato, prima<br />

che a lui, ai nomi sopra citati.<br />

Solo a leggere di Dante Alighieri o Leonardo da Vinci,<br />

ecco che subito avvertiamo uno stravolgimento, un<br />

mutamento prospettico. Il mito assoluto si è allontanato<br />

e al suo posto subentra un quadro critico cronologico in<br />

cui incasellare l’idea e renderla più comprensibile, più<br />

vicina a noi, più umana. Mentre, però, quei grandi sono<br />

ben presenti in una chiara iconografia a cui il nome li<br />

collega immediatamente, Canova gode di una parziale<br />

invisibilità che gli consente di sostare per un attimo di<br />

più nel vago territorio della leggenda. Egli è sospeso in<br />

una atemporalità che non sembra rendere necessaria la<br />

sua collocazione storica – anzi, non la vuole affatto - o<br />

l’uso di un nome proprio che lo identifichi e lo<br />

personifichi. Così facendo, infatti, smarriremmo subito il<br />

Paradiso per tornare sulla terra. Canova, invece,<br />

permane nascosto nella notte dei tempi. È impalpabile,<br />

magico, impersonale ed imperscrutabile. Se quei sommi<br />

sono fissati in un nome da cui scaturisce un’immagine e<br />

una perentoria collocazione storica, Canova non si<br />

lascia catturare e quasi si stenta ad immaginare che<br />

dietro ad esso ci sia stata un’esistenza reale.<br />

Quali sono le ragioni che lo rendono così specificamente<br />

unico, differente dagli altri? Paradossalmente, il<br />

tentativo di definire quella diversità, pur non riuscendo<br />

a svelare il mistero della creazione artistica, non può<br />

che portare di filato a quel momento della Storia<br />

dell’Arte in cui si avvertì fortissimo il bisogno di ritrovare<br />

la severità e la purezza ideale che avevano guidato la<br />

mano degli scultori della classicità greco-latina, dopo il<br />

trionfo dell’eccesso decretato dalla grande stagione del<br />

barocco. Però, pur dovendo inevitabilmente e quasi a<br />

malincuore arrivare a parlare di Antonio Canova, nato a<br />

Possagno nel 1757 e morto a Venezia nel 1822, si<br />

80<br />

OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove A<strong>NN</strong>O XIII – <strong>NN</strong>. <strong>69</strong>/<strong>70</strong> <strong>LUGLIO</strong>-<strong>AGOSTO</strong>/<strong>SETTEMBRE</strong>-<strong>OTTOBRE</strong> <strong>2009</strong>

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