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Storia<br />

Cippi <strong>di</strong> confi ne<br />

sulle coll<strong>in</strong>e bresciane<br />

<strong>di</strong> Aldo Giacom<strong>in</strong>i<br />

Primavera 1944. C’era la guerra e c’erano le bande ribelli<br />

al nazifascismo autonomamente costituite e s<strong>in</strong>golarmente<br />

operanti, fi nché vennero riorganizzate <strong>in</strong><br />

tutte le valli bresciane anche come giuris<strong>di</strong>zione territoriale<br />

per <strong>in</strong>iziativa del clandest<strong>in</strong>o Comando Militare <strong>di</strong> Liberazione<br />

Nazionale, rappresentato dai partiti politici antifascisti<br />

(Popolare, Socialista, Comunista, d’Azione ed altri liberali).<br />

Ma che cosa c’entra la guerra partigiana con i cippi? Il seguito<br />

del racconto ve ne darà la ragione! Dialettalmente erano<br />

chiamati da alcuni “prede de galera” perché chi le spostava<br />

per appropriarsi <strong>di</strong> un maggior spazio <strong>di</strong> pascolo e <strong>di</strong> bosco<br />

veniva severamente punito, mentre per altri più fantasiosamente<br />

erano “prede de la liuna” data la scolpitura della<br />

leonessa rampante con la coda <strong>in</strong>nalzata ad <strong>in</strong>vitante provocazione.<br />

A quell’epoca accompagnavo l’<strong>in</strong>caricato C.L.N.<br />

a contattare gli sparuti “ribelli” e sbandati, fra <strong>di</strong>sertori alla<br />

leva, ex prigionieri stranieri ed ex soldati italiani che dal settembre<br />

1943 si aggiravano nella zona compresa tra le Pese,<br />

i monti Palosso e Predosa, la Cocca ed i monti Conche, San<br />

Giorgio, Sp<strong>in</strong>a (Sant’Onofrio) e Pesso. Bisognava assumere<br />

strategie, quantifi care uom<strong>in</strong>i fi dati ed armamento, approvvigionamento<br />

<strong>di</strong> viveri, coperte, <strong>in</strong>dumenti, scarpe, za<strong>in</strong>i e<br />

sostenere il valido aiuto dei boscaioli-carbonai e famigli <strong>di</strong><br />

malga () che <strong>in</strong><strong>di</strong>cavano una <strong>di</strong> queste pietre<br />

come luogo <strong>di</strong> convegno sicuro, tant’è che presso la cas<strong>in</strong>a<br />

<br />

pag. 10 – Adamello 112<br />

Sp<strong>in</strong>a-Brognola fu costituito il primo gruppo-comando della<br />

Brigata Giustizia e Libertà trasferitasi poi sui monti del Seb<strong>in</strong>o<br />

bresciano. Perciò, se pur <strong>in</strong> forma m<strong>in</strong>ore rispetto ad altre<br />

località valligiane, quella era una zona battuta dalla primitiva<br />

Resistenza; <strong>in</strong>teressava i paesi <strong>di</strong> Ca<strong>in</strong>o, Nave, Bovezzo,<br />

Concesio, Carc<strong>in</strong>a, Lumezzane e B<strong>in</strong>zago <strong>di</strong> Agnos<strong>in</strong>e dove<br />

vi furono morti, feriti, prigionieri, rappresaglie e <strong>di</strong>struzioni a<br />

seguito dei rastrellamenti maggiormente fascisti. Con questa<br />

<strong>in</strong>troduzione all’argomento dei cippi ho <strong>in</strong>teso illustrare<br />

ai lettori anche alcuni passi della Resistenza bresciana da<br />

orgoglioso protagonista con mio padre, comandante classe<br />

1888, poiché la montagna non è fatta solo <strong>di</strong> bellezze naturali,<br />

<strong>di</strong> svago e <strong>di</strong> cultura alp<strong>in</strong>a, ma anche <strong>di</strong> storia genu<strong>in</strong>a,<br />

quella che ha riscattato l’Italia dalla vergognosa umiliazione<br />

<strong>di</strong> fronte al mondo belligerante <strong>di</strong> allora.<br />

Fu nel 1984 che venne pubblicata dalla appassionata signora<br />

Ida Esposito la scoperta <strong>di</strong> due <strong>di</strong> tali cippi sulla Maddalena,<br />

per cui, memore, corsi subito a cercare quello presso<br />

il quale ci radunavamo tra partigiani nel 1944 sul monte<br />

Pesso. Purtroppo non c’era più a causa <strong>di</strong> sbancamenti per<br />

aprire una carreggiata, ma <strong>in</strong> compenso ne scoprii altri due<br />

nei pressi del Sant’Onofrio e del Predosa (foto n 14 e 15).<br />

Perlustrai ancora la zona senza esito, per cui, a seguito della<br />

segnalazione avvenuta <strong>in</strong> Maddalena, trasferii su quella ulteriori<br />

ricerche che svolsi per sette anni con una c<strong>in</strong>quant<strong>in</strong>a

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