BOLLETTINO 178 - Società Filosofica Italiana
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all’orizzonte religioso ultimo in cui si inscrive ogni attualità umana. Insomma era il<br />
James dell’empirismo radicale non quello del pragmatismo che mi interessava, il James<br />
che consideravo continuabile (i suoi due libri più significativi mi apparivano allora I<br />
principi di psicologia e le Varietà dell’esperienza religiosa, e oggi sono più che mai<br />
convinto che essi sono i libri che fanno di lui il più grande dei filosofi americani).<br />
Passai allora allo studio di Whitehead (La filosofia speculativa di A. N. Whitehead,<br />
Torino 1976) in cui mi sembrava di trovare una teorizzazione migliore di questo empirismo,<br />
capace fra l’altro di giungere ad una armonia fra empirismo e razionalismo, che<br />
mi liberasse dal fastidioso costeggiare l’irrazionalismo proprio di James. Mi concentrai<br />
soprattutto sul pensiero religioso di Whitehead, e passai un anno negli Stati Uniti a studiare<br />
gli sviluppi teologici della sua filosofia, ma studiando questi sviluppi, mi imbattei<br />
nel fatto che tutta questa teologia si inscriveva in quello che potrei chiamare in largo<br />
senso un razionalismo religioso, e dovetti constatare ben presto che nei confronti di<br />
quella di James la filosofia di Whitehead costituiva una specie di restringimento (nel<br />
senso che in essa andavano perdute molte suggestioni teoretiche che si trovavano in<br />
James), e i tentativi che feci di svilupparla al di fuori di questo razionalismo religioso di<br />
base trovarono ostacoli che mi convinsero che esso era essenziale allo stesso<br />
Whitehead.<br />
La mia posizione a questo punto del mio sviluppo spirituale era comunque quella<br />
di un empirismo aperto, non riduzionistico e non agnostico, dissociato da quel razionalismo<br />
religioso che trovavo ancora presente come presupposto non problematizzato<br />
negli empiristi che avevo preso a studiare, pur con tensioni verso un suo oltrepassamento.<br />
Il problema che mi tormentava era ormai quello del razionalismo religioso e da<br />
questo problema che avevo incontrato anche studiando Schopenhauer (Schopenhauer<br />
interprete dell’Occidente, Milano 1968) ero riportato a quella problematica generale di<br />
storia della filosofia di cui dicevo all’inizio.<br />
Una problematizzazione esplicita degli schemi storiografici della storia della<br />
filosofia la ritrovavo in Del Noce e in Pareyson. Con loro ebbi a questo proposito un<br />
colloquio continuo che si protrasse per un lungo corso di anni. Quel che ne trassi può<br />
essere fissato in alcuni punti: 1) c’è effettivamente una linea di pensiero nella modernità<br />
che ha come esito l’ateismo e il nichillismo; 2) il presupposto ultimo di questa<br />
linea che occorre problematizzare è il razionalismo metafisico (espressione equivalente<br />
ma più comprensiva di quella di razionalismo religioso in quanto ne designa anche le<br />
conseguenze ultime) che si riassume nelle due tesi della superiorità della filosofia sulla<br />
religione e della negatività del finito; 3) questa linea non è l’unica e c’è nel moderno<br />
una linea ad essa alternativa, che compie questa problematizzazione; 4) in questa prospettiva<br />
la cifra per la comprensione dell’uomo contemporaneo non è quella nietzschiana<br />
della morte di Dio, ma quella pascaliana della scommessa: la storia della modernità<br />
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