BOLLETTINO 178 - Società Filosofica Italiana
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società dei popoli 7 , come prima quella del pluralismo 8 per la singola società. La debolezza<br />
normativa che interessa il concetto di ragionevolezza verrebbe tradita, sul piano<br />
fattuale, dalla argomentazione poco stringente con cui viene legittimato il dovere di<br />
assistenza. Non è rinvenibile il carattere categorico e vincolante del principio di differenza,<br />
e in luogo di una analoga giustificazione normativa Rawls sembrerebbe fare<br />
ricorso unicamente alla ipotesi fattuale della benevolenza liberale.<br />
Si tratta quindi di un principio transitorio e alternativo a qualunque radicale<br />
affermazione della giustizia cosmopolitica, intesa come promozione del benessere di<br />
ciascuno. Per questo comunque è possibile ritrovarvi le ragioni che anche nel caso<br />
nazionale indicavano come prioritari il giusto e la stabilità sociale rispetto al benessere<br />
della singola persona. Ciò che cambia in modo più vistoso è nella prudenza e nella<br />
modestia degli scopi che interessano l’applicazione effettiva del dovere di assistenza. In<br />
analogia con il principio del giusto risparmio, esso si limiterebbe a garantire istituzioni<br />
decenti per i popoli svantaggiati e a dare incentivi che non compromettano la cultura<br />
dei paesi beneficiari. Le società avvantaggiate, partendo dal dato reale della diseguaglianza,<br />
ma riconoscendosi in relazioni di reciprocità con le altre, non possono non sentire<br />
il dovere di offrire aiuti nelle diverse forme possibili della finanza internazionale. Si<br />
avverte la distanza profonda tra la priorità che si riconosceva alle preferenze dei meno<br />
avvantaggiati nella società nazionale, e la vaghezza della procedura sul piano internazionale,<br />
nonché dei suoi esiti confinati in un criterio di decenza 9 , a sua volta debole e<br />
poco chiaro. Può dirsi che le sorti delle società svantaggiate non trovino, con il dovere<br />
di assistenza, una direttiva di analoga efficacia procedurale e ideale insieme, come<br />
invece accadeva per i cittadini nel caso nazionale. Per tale ragione, se obiettivo primario<br />
di Rawls è stato fin dall’inizio trovare risposte all’ impasse del pensiero democratico,<br />
investendo su un’esigente versione dei concetti di eguaglianza e libertà, altrettanto<br />
non sembra avvenire per la società dei popoli. Qui infatti all’utopia resterebbe tutta<br />
l’equità, e alla realtà una giustizia distributiva ridotta alla spontanea assistenza di paesi<br />
caritatevoli, come suggerisce la critica di Buchanan 10 . Il problema della distribuzione<br />
non trova così una risoluzione forte in ambito internazionale, analoga a quella realizzata<br />
con il principio di differenza per le quote della cooperazione in ogni società bene<br />
ordinata.<br />
Su questo punto diversi autori hanno sollevato obiezioni a quello che sembra<br />
essere uno sviluppo poco coerente della teoria di Rawls, sulla giustizia distributiva.<br />
7 Ivi, pp. 15-75.<br />
8 J. Rawls, Liberalismo politico, Milano 1994, pp. 123-154.<br />
9 J. Rawls, Il diritto dei popoli, Torino 2001, pp. 93-103.<br />
10 A. Buchanan, Rawls’s law of peoples: Rules for a Vanisched Westphalian World, «Ethics», 4<br />
(2000), pp. 697-721.<br />
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