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00 - Copertina n. 9-2008.indd - Centro Studi Lavoro e Previdenza

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il Giurista del <strong>Lavoro</strong> 9 2<strong>00</strong>8<br />

posti in essere dal datore nello svolgimento delle<br />

indagini preliminari al procedimento disciplinare.<br />

Il “dato personale”, ai fini della disciplina positiva,<br />

consiste in qualsiasi informazione relativa,<br />

anche indirettamente, a persona fisica, oltre che<br />

a persona giuridica, ente od associazione 3 . Se<br />

controversa è spesso risultata la qualificazione<br />

dell’espressione «qualunque informazione», vero<br />

è che su tale questione definitoria il Garante si<br />

è pronunciato affermando che con la norma in<br />

parola il legislatore, nell’attribuire alla nozione di<br />

«dato personale» la massima ampiezza, ha voluto<br />

comprendere anche “… ogni notizia, informazione<br />

o elemento che abbia un’efficacia informativa<br />

tale da fornire un contributo aggiuntivo di conoscenza<br />

rispetto ad un soggetto identificato o<br />

identificabile …” (provvedimento 19 dicembre<br />

2<strong>00</strong>1, doc. n. 41854 in www. garanteprivacy. it).<br />

La costruzione delle categorie di “dato personale”<br />

e di “trattamento”, inusitate prima nel nostro ordinamento,<br />

disciplinano pressoché qualsiasi informazione,<br />

a prescindere quindi dal loro oggetto<br />

e dal contesto dei diversi comportamenti. Ciò<br />

sembra francamente iniquo, in quanto il taglio<br />

generale ed astratto della disciplina normativa,<br />

seppur per una scelta espressa del legislatore, non<br />

mette sempre in rilievo i variegati e contrastanti<br />

interessi sottostanti 4 . Si pone poi la questione di<br />

come conciliare la disciplina contenuta nell’art.<br />

7 dello Statuto dei lavoratori che regolamenta,<br />

pur entro una serie di limiti, il potere disciplinare<br />

del datore di lavoro e la normativa volta a<br />

realizzare un sistema di tutela della riservatezza<br />

del lavoratore nei confronti di qualsiasi forma<br />

di trattamento di dati inerenti la persona. Ad<br />

avviso della giurisprudenza antecedente l’entrata<br />

in vigore della L. n. 675/1996 (poi recepita nel<br />

D.Lgs. n. 196/2<strong>00</strong>3), in materia di sanzioni disciplinari,<br />

erano da ritenersi legittime le indagini<br />

preliminari al procedimento disciplinare disposte<br />

dal datore di lavoro purché finalizzate all’acqui-<br />

Approfondimenti<br />

sizione di elementi necessari per la verifica della<br />

configurabilità o dell’esclusione dell’illecito da<br />

sanzionare 5 ; nuovi interrogativi oggi si pongono<br />

a fronte del sistema di garanzie introdotto a<br />

tutela della riservatezza delle informazioni sulla<br />

persona 6 .<br />

L’indagine non può non concentrarsi sul consenso<br />

del titolare dei dati trattati; infatti, se il<br />

consenso espresso dell’interessato costituisce il<br />

requisito per la legittimità 7 di qualsiasi forma di<br />

trattamento di dati personali (art. 23, D.Lgs. n.<br />

196/2<strong>00</strong>3), è vero altresì che lo stesso legislatore<br />

contempla una serie di casi di esclusione del consenso<br />

(art. 24, D.Lgs. n. 196/2<strong>00</strong>3). Il conflitto<br />

tra consenso finalizzato al trattamento dei dati<br />

e l’esercizio del potere disciplinare datoriale è<br />

in certa misura paradossale, poiché può condurre<br />

al risultato di un comportamento lecito,<br />

che tuttavia lascia una traccia, la cui raccolta<br />

deve considerarsi illecita, a fronte del mancato<br />

rispetto delle norme del «Codice sulla privacy»,<br />

ovvero di un dato trattato in conformità alle<br />

disposizioni di quest’ultima fonte normativa,<br />

ma raccolto in forma illecita. Di tale difficoltà,<br />

peraltro, pare essere ben consapevole l’estensore<br />

della decisione annotata. Con riguardo alla causa<br />

di esclusione del consenso del titolare dei dati,<br />

si deve mettere in rilievo come, nel caso specifico,<br />

la richiesta di acquisizione dei tabulati sia<br />

duplice: la prima avanzata dal datore di lavoro<br />

in una fase preliminare al giudizio, ove le ultime<br />

tre cifre dei numeri chiamati risultavano criptate<br />

in conformità a quanto previsto dall’art. 124,<br />

comma 4, del D.Lgs. 196/2<strong>00</strong>3; e la seconda, durante<br />

la fase istruttoria del giudizio, ordinata dal<br />

giudice ai sensi dell’art. 421 c.p.c. (quest’ultima<br />

con numerazione completa).<br />

Per quanto concerne il primo caso, la richiesta,<br />

come osserva il Tribunale, è legittima in quanto<br />

il datore di lavoro è titolare dell’utenza e la mo-<br />

(3) M. POLACCHINI, Tutela della privacy in azienda: misure di sicurezza per il trattamento dei dati personali, Milano, 2<strong>00</strong>5, pag. 54 e segg.<br />

(4) Per una lucida ed esaustiva trattazione sul tema cfr E. GRAGNOLI, Tutela della riservatezza, obbligo di protezione e consenso del lavoratore,<br />

in ADL., 2<strong>00</strong>6, 1, pag. 235.<br />

(5) Trib. Roma, 14 giugno 1997, in NGL, 1997, pag. 767; Cass. 10 gennaio 1990, n. 23, in NGL, 1990, pag. 398; Trib. Roma, 24 settembre 1988,<br />

in Riv. It. Dir. Lav., 1989, II, pag. 141, con nota di V.A. POSO.<br />

(6) In tema di tutela dei dati personali nel rapporto di lavoro cfr. A. BELLAVISTA, La protezione dei dati personali nel rapporto di lavoro dopo il<br />

codice della privacy, in <strong>Studi</strong> in onore di Giorgio Ghezzi, vol. I, Padova, 2<strong>00</strong>5, pag. 319.<br />

(7) Sull’assoluta rilevanza del consenso cfr V. SCALISI, Il diritto alla riservatezza, Milano, 2<strong>00</strong>2, pagg. 240 e ss.<br />

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