00 - Copertina n. 9-2008.indd - Centro Studi Lavoro e Previdenza
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il Giurista del <strong>Lavoro</strong> 9 2<strong>00</strong>8<br />
ripartite ed attribuite” (Cass. 2 ottobre 2<strong>00</strong>6 n.<br />
21282; Cass. n. 21121 del 2<strong>00</strong>4; Cass. 15 novembre<br />
1993 n. 11241; Cass. n. 13021 del 2<strong>00</strong>1; Cass.<br />
n. 4670 del 2<strong>00</strong>1).<br />
Con affermazione innovativa, la Corte, anche<br />
“considerando il diritto datorile di assegnare al<br />
dipendente (nei limiti dell’art. 2103 cod. civ.)<br />
mansioni equivalenti” ha poi aggiunto che “il<br />
rapporto di causalità (che nell’art. 3 della Legge<br />
15 luglio 1966 n. 604 è espresso con la parola<br />
‘determinato’) fra licenziamento ed attività produttiva<br />
(od organizzazione del lavoro) coinvolge<br />
l’intera struttura aziendale con le sue finalità e le<br />
sue conseguenti esigenze. Può pertanto delinearsi<br />
anche in relazione a settori diversi da quello cui<br />
il lavoratore era assegnato”.<br />
Conclude quindi la Corte affermando altresì, da<br />
un lato, che “nell’ambito della riorganizzazione<br />
aziendale determinata da oggettiva situazione di<br />
crisi, la scelta datorile legittima, nel quadro della<br />
redistribuzione delle mansioni, anche la conservazione<br />
delle mansioni svolte dal lavoratore licenziato,<br />
attraverso l’accorpamento con altre mansioni<br />
complessivamente assegnate ad altro lavoratore<br />
dell’azienda”; dall’altro lato, che “la necessità dell’azienda<br />
di assicurare, ed in elevato grado, qualità<br />
e sicurezza del servizio, anche al fine di presentarsi<br />
competitiva sul mercato ed evitare perdite, ha<br />
fondamento nella stessa esistenza e sopravvivenza<br />
dell’impresa. La scelta aziendale fondata su questa<br />
necessità rientra pertanto nello spazio della tutela<br />
costituzionale (art. 41 Cost.)”.<br />
Accertato quindi che nel caso di specie vi era stato<br />
un effettivo calo di fatturato per calo di commesse,<br />
ancorché esso non avesse determinato la soppressione<br />
dei posti di lavoro specifici dei due autisti,<br />
la sentenza ha riconosciuto la legittimità dei loro<br />
licenziamenti, a seguito di assegnazione delle loro<br />
mansioni a personale dell’officina aziendale.<br />
La sentenza, come preannunciato, si inserisce<br />
dunque in uno stato del dibattito giurisprudenziale<br />
tutt’altro che univoco.<br />
Approfondimenti<br />
L’art. 3 della Legge n. 604 del 1966 contiene la<br />
nozione di giustificato motivo: “il licenziamento<br />
per giustificato motivo con preavviso é determinato<br />
da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali<br />
del prestatore di lavoro ovvero da ragioni<br />
inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione<br />
del lavoro ed al regolare funzionamento di essa”.<br />
Nella giurisprudenza, a tale proposito, va rilevato<br />
innanzitutto che non si trova una chiara definizione<br />
e distinzione delle tre previsioni finali della<br />
norma, integranti il motivo oggettivo, ricorrendo<br />
invece sovente il richiamo a generiche “esigenze<br />
aziendali”.<br />
Tradizionalmente si ritiene che in ipotesi di cessazione<br />
della esigenza di un determinato posto<br />
di lavoro, il relativo dipendente che fino a quel<br />
momento era ivi occupato, può essere legittimamente<br />
licenziato: così si ritiene legittimo sia il<br />
licenziamento che consegua ad una soppressione<br />
del posto di lavoro determinata da calo di commesse,<br />
sia se determinata da autonoma scelta<br />
imprenditoriale che, ad esempio, comporti la<br />
commissione all’esterno di un servizio fino a prima<br />
gestito internamente 2 .<br />
Il contrasto giurisprudenziale si é manifestato invece<br />
in relazione al caso in cui le mansioni di un<br />
dipendente licenziato vengano redistribuite tra gli<br />
altri dipendenti rimasti: si possono, per tale fattispecie,<br />
individuare tre filoni giurisprudenziali.<br />
Secondo il primo di essi il licenziamento, in<br />
quanto volto soltanto ad un maggior profitto imprenditoriale,<br />
risulterebbe illegittimo: così è per<br />
Cass. SS. UU. 11.04.1994, n. 3353 (in FI 1994, I,<br />
1352), pronunciatasi nel caso di un insegnante di<br />
una scuola gestita con fini di lucro da una congregazione<br />
religiosa, che aveva affidato, nell’intento<br />
di realizzare economie di gestione, lo stesso posto<br />
di lavoro ad un religioso che, in quanto membro<br />
dell’organizzazione, prestava la propria attività<br />
senza retribuzione.<br />
Così è pure per Pret. Vicenza, 17.2.1995, RGL VE,<br />
1996, 71, secondo la quale “se la modifica è dovuta<br />
(2) Vedi, per tutti tali casi, la giurisprudenza citata da A. VALLEBONA, in Istituzioni di diritto del lavoro, II, Il rapporto di lavoro, Cedam, 2<strong>00</strong>5,<br />
pag. 406/407 (e nota 84). Merita solo richiamare la specificazione dell’Autore circa il fatto che la soppressione del posto di lavoro “non significa<br />
necessariamente soppressione delle mansioni già svolte da quest’ultimo, …essendo sufficiente che siano eliminate quelle prevalenti e caratterizzanti<br />
la posizione lavorativa cui era addetto il dipendente licenziato: Cass. 17 dicembre 1997 n. 12764, MGL, 1998, suppl., 21”.<br />
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