00 - Copertina n. 9-2008.indd - Centro Studi Lavoro e Previdenza
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il Giurista del <strong>Lavoro</strong> 9 2<strong>00</strong>8<br />
La Suprema Corte, investita della questione,<br />
riteneva anzitutto corretta la pronuncia di<br />
inammissibilità della prova in ordine alla concessione<br />
informale delle ferie da parte della<br />
datrice di lavoro, atteso che tale prova non era<br />
stata dedotta dal dipendente durante il giudizio<br />
di primo grado, ma articolata per la prima volta<br />
in appello.<br />
In mancanza di tale prova, doveva configurarsi<br />
un’ipotesi di autoassegnazione delle ferie.<br />
Senonchè, la Cassazione ha osservato al riguardo<br />
che il godimento delle ferie non è lasciato alla<br />
libera scelta del dipendente, trattandosi di evento<br />
dell’attività aziendale, che va coordinato con<br />
l’attività produttiva e, come tale, è subordinato<br />
alla valutazione del datore di lavoro.<br />
Doveva pertanto ritenersi corretta l’affermazione<br />
del giudice di appello, secondo il quale nel caso<br />
di specie lo stesso Caio aveva negato di essere in<br />
malattia e in ogni caso la facoltà del lavoratore<br />
di imputare a ferie le assenze per malattia doveva<br />
essere contemperata con le esigenze organizzative<br />
del datore di lavoro, costituendo, come già<br />
detto, la concessione delle ferie una prerogativa<br />
riconducibile al potere organizzativo dello stesso<br />
datore di lavoro.<br />
Costituisce principio pacifico in giurisprudenza<br />
quello secondo il quale spetta all’imprenditore,<br />
nel contemperamento delle esigenze dell’impresa<br />
e degli interessi del lavoratore, la scelta<br />
del tempo in cui le ferie debbono essere fruite,<br />
purché tale potere non sia esercitato in modo<br />
da vanificare il principio della effettività del<br />
riposo in questione e la finalità cui è preordinato<br />
l’istituto, attesa la sua funzione reintegratrice<br />
delle energie lavorative e partecipativa alle<br />
vicende della società civile (Cass. Sez. Lav., 12<br />
giugno 2<strong>00</strong>1, n. 7951; 21 febbraio 2<strong>00</strong>1, n. 2569;<br />
19 novembre 1998, n. 11691; 6 giugno 1991,<br />
n. 6431; 18 giugno 1988, n. 4198; C. Cost., 19<br />
dicembre 1990, n. 543).<br />
La sentenza: C. Cost., 9 luglio 2<strong>00</strong>8, n. 218, ordinanza<br />
La questione: è fondata la questione di legittimità<br />
costituzionale dell’art. 26, comma1, lettera b), D.Lgs.<br />
Osservatorio Giurisprudenziale<br />
n. 80/2<strong>00</strong>5, che rende appellabile la sentenza resa nel<br />
giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione?<br />
La soluzione: la Corte Costituzionale risponde negativamente.<br />
Il giudizio di opposizione ad ordinanzaingiunzione<br />
innanzi al Giudice di pace<br />
si concludeva con l’irrogazione di una<br />
sanzione amministrativa pecuniaria.<br />
In appello, il Tribunale sollevava, in riferimento<br />
agli artt. 76 e 77, primo comma, Cost., ed in relazione<br />
all’art. 1, commi 2 e 3, L. 14 maggio 2<strong>00</strong>5, n.<br />
80 (recante conversione in legge, con modifiche,<br />
del D.l. 14 marzo 2<strong>00</strong>5, n. 35) questione di legittimità<br />
costituzionale dell’art. 26 (rectius, art. 26,<br />
comma 1, lettera b), del D.Lgs. 2 febbraio 2<strong>00</strong>6,<br />
n. 40, che aveva abrogato l’ultimo comma dell’art.<br />
23, L. 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al<br />
sistema penale).<br />
Secondo il Giudicante, infatti, la norma censurata,<br />
applicabile nel giudizio principale ratione<br />
temporis, abrogando l’ultimo comma dell’art.<br />
23, L. n. 689/1981, aveva reso impugnabile con<br />
appello la sentenza che aveva deciso l’opposizione<br />
all’ordinanza-ingiunzione, prima soltanto ricorribile<br />
per cassazione.<br />
L’art. 26, comma 1, lettera b), tuttavia, violerebbe<br />
gli artt. 76 e 77, primo comma, Cost., in<br />
relazione all’art. 1, commi 2 e 3, della legge n.<br />
80 del 2<strong>00</strong>5, in quanto la delega oggetto di quest’ultima<br />
disposizione concerneva l’introduzione<br />
di modificazioni al codice di procedura civile ed<br />
al processo di cassazione, non all’art. 23, L. n.<br />
689/1981.<br />
Inoltre, il citato art. 1, comma 3, lettera a), aveva<br />
conferito al Governo il potere di modificare<br />
il processo di legittimità e di prevedere “la non<br />
ricorribilità immediata delle sentenze che decidono<br />
di questioni insorte senza definire il giudizio”,<br />
ipotesi differente da quella disciplinata dalla<br />
norma censurata.<br />
La Corte Costituzionale ha preliminarmente<br />
rilevato che una questione identica, sollevata in<br />
riferimento ai medesimi parametri costituzionali<br />
e sotto gli stessi profili, era stata già dichiarata<br />
non fondata dalla Corte con sentenza 11 aprile<br />
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