ventimila beghe sotto i mari - CHIAIA MAGAZINE
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CCon regolarità<br />
e frenesia, tre volte<br />
a settimana, i napoletani -<br />
non tutti ma un bel gruzzolo - pagano<br />
la tassa del lotto. Tassa dei<br />
fessi, secondo Eduardo Scarfoglio;<br />
tassa dei sogni, «unico grande irrinunciabile<br />
patrimonio dei poveri», scrive Vittorio<br />
Paliotti. Se di gabella si tratta,<br />
Napoli la sborsa con sentimento. Da queste<br />
parti i giocatori sono tra i più incalliti<br />
e sognatori, e nell’immaginario collettivo,<br />
quando si parla della città di Pulcinella si<br />
pensa alla pizza, al mandolino, al mare,<br />
a San Gennaro, a Posillipo, alle canzoni<br />
e al «bancolotto». Eppure il gioco del lotto<br />
non nacque all’ombra del Vesuvio ma<br />
della Madunnina. Milàn, 1448: Francesco<br />
Taverna, ragioniere che vive e sopravvive<br />
di numeri, dà inizio al valzer<br />
delle estrazioni e inventa una sorta di<br />
gioco del lotto. Il gioco del «ragiunatt» Taverna<br />
piace e conquista prima Firenze e<br />
La tassa<br />
dei sogni<br />
Gira la ruota<br />
di Max De Francesco<br />
poi Genova, dove, nel 1576, un certo Benedetto<br />
Gentile ha un’altra idea: abbinare<br />
ciascun numero al nome di uno dei candidati<br />
del Serenissimo Collegio. Il gioco,<br />
detto «del Seminario», si perfeziona e si<br />
«politicizza»: il successo è tale che il governo<br />
della Repubblica genovese decide<br />
di statalizzarlo. Altre città italiane fiutano<br />
l’affare e trovano nel lotto un amico e un<br />
tesoro. Genova, inoltre, per incassare più<br />
denari e alzare la febbre del gioco (e delle<br />
illusioni), forma il «personale del lotto»,<br />
ovvero una task-force di corrieri girovaghi<br />
con la missione di raccogliere puntate<br />
e pagare vincite.<br />
Prima che il lotto entrasse nei cuori e nei<br />
sogni partenopei, a Napoli, nel Cinquecento,<br />
si scommetteva, presso ricevitorie<br />
private, sul sesso dei<br />
nascituri e sui nomi dei nuovi<br />
papi. Si scommetteva troppo,<br />
e troppo si giocava col<br />
sacro e col profano. L’amministrazione vicereale<br />
il 3 marzo del 1583 vietò di<br />
«scommettere sulla morte del papa». Nel<br />
1682, invece, per contrastare l’egemonia<br />
dei ricevitori vaganti di Genova anche a<br />
Napoli si decise di far divenire ufficiale il<br />
gioco del lotto. In un giro di puntate e<br />
giornate, la città che da sempre dà i numeri,<br />
divenne la capitale italiana del lotto.<br />
Il papa ritornò in gioco: ogni accadimento<br />
era quello giusto per indovinare il terno<br />
della svolta. Ad aggiudicarsi l’appalto del<br />
lotto fu un tal Goffredo Spinola. Tra le novità<br />
ci fu quella di abbinare, di volta in<br />
volta, i novanta numeri ai nomi delle orfanelle<br />
dell’ospizio dell’Annunziata. Le<br />
sorteggiate incassavano una «dote di<br />
<strong>mari</strong>taggio», sottratta dal montepremi.<br />
Dalla ruota dell’Annunziata<br />
- dove venivano abbandonati i<br />
figli del peccato - alla ruota<br />
di Napoli: l’accoppiata<br />
scommesse&solidarietà fu strategicamente<br />
perfetta e anticipò la tendenza, così in<br />
voga ai giorni nostri, dei giochi a sfondo<br />
benefico. Lazzaroni e aristocratici: nessuno<br />
rinunciava alla «giocata» fino a che<br />
non arrivò Giuseppe Garibaldi. Il condottiero,<br />
nel settembre del 1860, dopo quattro<br />
giorni dal suo ingresso nel capoluogo<br />
campano, decise di abolire il gioco del<br />
lotto. Mai provvedimento fu più infelice.<br />
L’eroe dei due mondi non conosceva per<br />
niente il mondo di Partenope. A causa di<br />
una rivoluzione, capeggiata da pezzenti<br />
e altolocati, tre mesi dopo l’impopolare<br />
decisione garibaldina, il luogotenente Farini,<br />
anche per arginare le giocate clandestine<br />
gestite dalla camorra, ripristinò<br />
il lotto. Nonostante i tentativi di osteggiare<br />
il gioco, - più di un secolo<br />
prima di Garibaldi, precisamente<br />
nel 1728, papa Benedetto<br />
minacciò persino<br />
IV