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ventimila beghe sotto i mari - CHIAIA MAGAZINE

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LA<br />

PILLI<br />

Saper<br />

Vivere<br />

28<br />

<strong>CHIAIA</strong>magazine 9>11 settembre novembre 2011<br />

Sfizi&Note di Massimo Lo Iacono<br />

MORRA, NARDIS E ANDERS: TRIS D’ASSI<br />

Nel bilancio di fine estate spiccano due concerti squisiti,<br />

per realizzazione e locandina, in cui emergeva la<br />

presenza di due solisti napoletani in trasferte<br />

veramente inconsuete, l’uno al Nord l’altro al Sud, l’uno sul<br />

mare l’altro in montagna, o quasi. Ad inizio agosto, con la<br />

Corsica all’orizzonte, nella remota Capraia, di dantesca<br />

memoria, nel piccolo festival di nicchia offerto da Maria<br />

Grazia Amoroso ai villeggianti sulla piccola isola, quasi un<br />

grande scoglio, il chitarrista napoletano Salvatore Morra,<br />

anche insigne solista di liuto arabo e saggista in merito, ha<br />

realizzato con il tenore Marcello Nardis (nella foto), il più<br />

prestigioso interprete italiano di Lieder degli ultimi decenni,<br />

un insolito, inimmaginabile di fatto, recital di Lieder di<br />

Schubert. La chitarra suonava al posto del prevedibile e<br />

convenzionale pianoforte, che minimamente si rimpiangeva<br />

salvo a ricordare che il pianoforte usato da Schubert era<br />

meno tonante ed aggressivo di quello del pieno<br />

Romanticismo. Sonorità più limpide e terse, amalgama delle<br />

voci, umana e strumentale,<br />

incantevole e delicato, parole,<br />

forse soprattutto, e musica,<br />

esaltate dal recupero di una<br />

prassi filologica viennese<br />

dimenticata ed ora<br />

riproposta. L’aveva fatto<br />

saltuariamente a Napoli<br />

Antonello Grande<br />

lungimirante, con Daniela del<br />

Monaco. Ora Marcello Nardis,<br />

con la collaborazione di<br />

Salvatore Morra, va molto<br />

oltre e con successo immenso<br />

a giudicare dall’esito del<br />

concerto a Capraia, seguito da più di cento persone,<br />

applaudito moltissimo e commentato con entusiasmo in paese<br />

il giorno dopo. Tutto ciò trova verifica nella corrente stagione<br />

concertistica della Comunità Luterana, con identici interpreti<br />

ed autore uguale. Immensa differenza: in locandina l’intera<br />

“Winterreise”, cimento arditissimo. A fine agosto l’altro<br />

concerto in montagna a Malvito, in Calabria, per ricordare<br />

l’insigne chirurgo Fausto Lippo, nato appunto nel<br />

caratteristico borgo in provincia di Cosenza, mitico, per<br />

generosità e bravura, pri<strong>mari</strong>o al Pellegrini di Napoli. Ci sono<br />

state pure l’esposizione della sua collezione di quadri ed una<br />

messa e ricordo con autorità e pazienti ancora commossi nella<br />

gratitudine in piazza. Hanno suonato qui Pierluigi<br />

Ciapparelli, bravissimo tiorbista del “Complesso barocco” di<br />

Alan Curtis, ed ascoltato poco tempo prima in affine recital<br />

per la “Scarlatti” in San Marcellino e Festo, alla tiorba,<br />

appunto, con sonorità aeree e suggestive e Sabrina Colonna-<br />

Preti alla viola da gamba, plastica e corrusca nelle sonorità di<br />

incisività fuor dell’ordinario, entrambi artisti di singolare<br />

comunicativa con i loro strumenti di rado protagonisti.<br />

Gundula Anders, dotta e sensibilissima cantante, pressoché<br />

sconosciuta dalle nostre parti, ha intonato in maniera<br />

commovente e poetica ogni pezzo, molti di autori dimenticati,<br />

ed il più noto era addirittura Monteverdi. In locandina<br />

c’erano musiche sacre ispirate al “Cantico dei cantici”, rarità<br />

preziose scelte per l’occasione, di rara spiritualità intonate<br />

all’occasione dell’anniversario, centenario, della nascita di<br />

Fausto Lippo. Ogni esecuzione è stata accolta con compunto<br />

entusiasmo dal pubblico che colmava la singolare piazza della<br />

“Schiavonea”, rivelatasi un teatro naturale. Il merito di<br />

questa performance memorabile è tutto di Silvia Lippo, figlia<br />

dell’insigne, indimenticabile dottore, tra l’altro insigne<br />

cittadino di Chiaia.<br />

Sguardi lontani di Francesco Iodice<br />

LA FORTUNA “PICCERELLA” DI TITINA<br />

ltre che a molti illustri personaggi, la storia di via Bausan è legata<br />

Osoprattutto a Eduardo, Peppino e Titina De Filippo, i tre giganti del<br />

teatro e del cinema del Novecento. Stavolta parleremo di Titina che,<br />

benché un po’ stretta fra i due eccelsi fratelli, fu attrice finissima e<br />

insuperabile Filumena Maturano. Titina riferisce in una autobiografia,<br />

tuttora inedita, una frase della mamma Luisa che spesso le diceva, a<br />

commento di qualche delusione o qualche ingiustizia: “Tittì, tu tiene ‘na<br />

fortuna piccerella”; da qui deriva il titolo che l’attrice diede al<br />

bellissimo volume di tenere poesie, pubblicate postume dal figlio<br />

Augusto Carloni: “Niente va propriamente male, ma niente va<br />

propriamente bene!”. Fu profeta di se stessa perché andò così anche<br />

all’apice della carriera con il successo della sua Filumena,<br />

interpretazione che ancora oggi mette in soggezione le attrici che la<br />

portano in scena. Infatti, fu l’ultimo personaggio creato da lei (“Eduà,<br />

lassa fa a me!” disse al fratello che le chiedeva di interpretarlo a suo<br />

modo) poiché una malattia cardiaca – che solo pochi anni dopo<br />

sarebbe diventata curabilissima – l’allontanò per sempre dal<br />

palcoscenico e dalla vita.<br />

Morì il 26 dicembre del 1963 e nel secondo anniversario della<br />

scomparsa l’Associazione napoletana della stampa affisse una targa di<br />

marmo nell’atrio del cinema<br />

Filangieri che negli anni ’30 si<br />

chiamava Kursall e dove il successo<br />

dei De Filippo era esploso: “Sul<br />

palcoscenico di questo teatro Titina<br />

de Filippo colse il grande abbraccio<br />

del pubblico creando a immagine<br />

propria figure liete e dolenti che<br />

vissero e soffrirono con lei in un<br />

messaggio continuo d’arte e di<br />

umanità”. La fortuna ‘piccerella’<br />

perseguitò Titina anche dopo la<br />

morte: la sua lapide fu staccata per<br />

lavori, scomparve e dopo qualche<br />

tempo è ricomparsa nell’atrio del<br />

teatro Delle Palme, dove Titina non<br />

ha mai raccolto l’abbraccio del<br />

pubblico, né ha mai creato figure liete e dolenti, perché non vi ha mai<br />

recitato. Un’ultima prova della fortuna piccerella di Titina è il fatto che<br />

è rimasta fuori dalla toponomastica napoletana: esiste infatti piazza<br />

Eduardo, dove si affaccia il teatro da lui ricostruito, e via Peppino, poco<br />

distante dalla piazza. Quando sarà riportato nel posto giusto quel<br />

pezzo di marmo che si trova al Delle Palme? E quando sarà intitolata<br />

una strada anche a Titina? Unicuique suum!

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