informatoregennaio2010 - Unione del Commercio di Milano
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Sindacale<br />
gennaio 2010<br />
Leggi decreti circolari<br />
tesi in cui la madre sia casalinga, documenti attestanti l’effettiva<br />
impossibilità <strong>del</strong>la stessa <strong>di</strong> occuparsi <strong>del</strong> figlio non appare<br />
supportata da alcuna <strong>di</strong>sposizione normativa in tal senso.<br />
LETTERA CIRCOLARE C/2009 <strong>del</strong> ministero <strong>del</strong> Lavoro<br />
<strong>del</strong>la Salute e <strong>del</strong>le Politiche sociali. Art. 40, lettera c) <strong>del</strong> Dlgs<br />
n. 151/2001 - Riposi giornalieri <strong>del</strong> padre.<br />
Con lettera circolare B/2009, emanata, a firma congiunta,<br />
dalla Dg <strong>del</strong>la tutela <strong>del</strong>le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> lavoro e dalla Dg per<br />
l’attività ispettiva, questo ministero ha chiarito, a seguito <strong>del</strong>la<br />
sentenza <strong>del</strong> Consiglio <strong>di</strong> Stato n. 4293 <strong>del</strong> 9 settembre 2008,<br />
che l’ipotesi contemplata alla lettera c) <strong>del</strong>l’art. 40 <strong>del</strong> decreto<br />
legislativo n. 151/2001 - concernente i riposi giornalieri<br />
<strong>del</strong> padre nel caso in cui “la madre non sia lavoratrice <strong>di</strong>pendente”<br />
- deve ritenersi comprensiva anche <strong>del</strong> caso in cui la<br />
madre svolga lavoro casalingo.<br />
Tale conclusione appare in sintonia con il già consolidato in<strong>di</strong>rizzo<br />
<strong>del</strong>la giurisprudenza <strong>di</strong> legittimità, che aveva precedentemente<br />
sottolineato come in numerosi ambiti or<strong>di</strong>namentali la<br />
casalinga sia considerata come lavoratrice (Cass., sez. III, n.<br />
20324 <strong>del</strong> 20 ottobre 2005), in quanto impegnata in attività<br />
che comunque la <strong>di</strong>stolgono dalla cura <strong>del</strong> neonato.<br />
L’interpretazione estensiva <strong>del</strong>la lettera c) <strong>del</strong>l’art. 40 citato,<br />
derivante dalla pronuncia <strong>del</strong> Consiglio <strong>di</strong> Stato risulta, dunque,<br />
maggiormente aderente alla ratio legis , volta a garantire<br />
al lavoratore padre la cura <strong>del</strong> bambino in tutte le ipotesi in<br />
cui l’altro genitore sia impegnato in attività lavorative che lo<br />
<strong>di</strong>stolgano dall’assolvimento <strong>di</strong> tale compito.<br />
Orbene, in data 15 ottobre 2009 l’Inps, con circolare n.<br />
112/2009, ritornando sulla questione, ha con<strong>di</strong>zionato la<br />
fruizione dei riposi <strong>di</strong> che trattasi ad una serie <strong>di</strong> limiti (oggettiva<br />
impossibilità <strong>del</strong>la madre casalinga <strong>di</strong> de<strong>di</strong>carsi alla cura<br />
<strong>del</strong> neonato, perché impegnata in altre attività, quali accertamenti<br />
sanitari, partecipazione a pubblici concorsi, ecc.) ed<br />
oneri (produzione <strong>di</strong> documentazione me<strong>di</strong>ca, attestato <strong>di</strong><br />
partecipazione a corsi e concorsi, e simili).<br />
In rapporto a ciò, si ravvisa la necessità <strong>di</strong> meglio chiarire<br />
quanto esplicitato nella citata lettera circolare B/2009, alla<br />
luce <strong>del</strong>la ratio sottesa alla sentenza <strong>del</strong> Consiglio <strong>di</strong> Stato, in<br />
relazione a quanto affermato dall’Inps nella citata circolare.<br />
Come si legge nella sentenza de quo, la ratio <strong>del</strong>l’art. 40, lettera<br />
c) <strong>del</strong> Dlgs n. 151/2001 è quella <strong>di</strong> beneficiare il padre<br />
dei permessi per la cura <strong>del</strong> figlio allorquando la madre non<br />
ne abbia <strong>di</strong>ritto in quanto lavoratrice non <strong>di</strong>pendente e pur tuttavia<br />
impegnata in attività che la <strong>di</strong>stolgano dalla cura <strong>del</strong><br />
neonato. Tale ultima affermazione non sembra avere lo scopo<br />
<strong>di</strong> porre dei limiti o <strong>del</strong>le con<strong>di</strong>zioni alla possibilità <strong>di</strong> fruire<br />
<strong>del</strong> beneficio, ma solo quella <strong>di</strong> esplicitare l’intenzione <strong>del</strong><br />
legislatore.<br />
Al riguardo, coerentemente alle finalità <strong>di</strong> favor per il ruolo<br />
genitoriale riba<strong>di</strong>te dalla sentenza, per le ipotesi in cui a fruire<br />
<strong>del</strong> riposo giornaliero sia il padre coniugato con donna<br />
lavoratrice <strong>di</strong>pendente o lavoratrice autonoma, l’Inps non<br />
richiede alcuna documentazione in merito alle ragioni che<br />
hanno impe<strong>di</strong>to alla madre <strong>di</strong> occuparsi <strong>del</strong> bambino e che<br />
hanno, dunque, reso necessario l’intervento <strong>del</strong> padre (circolare<br />
n. 109/2000 per le lavoratrici autonome). Né esiste una<br />
norma che imponga <strong>di</strong> provare e documentare le ragioni che<br />
impe<strong>di</strong>scono alla madre lavoratrice non <strong>di</strong>pendente <strong>di</strong> occuparsi<br />
<strong>del</strong> bambino.<br />
Tanto premesso, la richiesta <strong>del</strong>l’Inps <strong>di</strong> produrre, nelle sole ipotesi<br />
in cui la madre sia casalinga, documenti attestanti l’effettiva<br />
impossibilità <strong>del</strong>la stessa <strong>di</strong> occuparsi <strong>del</strong> figlio non appare supportata<br />
da alcuna <strong>di</strong>sposizione normativa in tal senso.<br />
Inoltre, neanche in via interpretativa può essere avallata tale<br />
richiesta, in quanto una simile interpretazione <strong>del</strong>l’art. 40, lettera<br />
c), citato, può facilmente ingenerare questioni <strong>di</strong> costituzionalità,<br />
ai sensi <strong>del</strong>l’art. 3 Cost., per evidente <strong>di</strong>sparità <strong>di</strong><br />
trattamento dei soggetti destinatari <strong>del</strong>la norma (le lavoratrici<br />
non <strong>di</strong>pendenti).<br />
Riammissione<br />
nelle liste <strong>di</strong> mobilità<br />
a seguito <strong>di</strong> <strong>di</strong>missioni<br />
per giusta causa<br />
L’Inps, con messaggio n. 25942 <strong>del</strong> 12 novembre 2009, ha<br />
precisato che il lavoratore iscritto nelle liste <strong>di</strong> mobilità, successivamente<br />
assunto a tempo indeterminato con conseguente<br />
cancellazione dalle predette liste, potrà iscriversi nuovamente<br />
nelle stesse, con <strong>di</strong>ritto a percepire la relativa indennità, qualora<br />
abbia rassegnato le <strong>di</strong>missioni per giusta causa.<br />
MESSAGGIO Inps <strong>del</strong> 12 novembre 2009, n. 25942.<br />
Risposta a quesito su indennità <strong>di</strong> mobilità.<br />
Si trasmette, per opportuna conoscenza e norma, il quesito formulato<br />
da una sede <strong>di</strong> questa regione corredato <strong>del</strong>la risposta<br />
fornita, in quanto l’argomento trattato è <strong>di</strong> interesse comune.<br />
Il caso riguarda una lavoratrice che, percettrice <strong>del</strong>l’indennità<br />
<strong>di</strong> mobilità, era stata fatta decadere in quanto aveva instaurato<br />
un rapporto <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong>pendente a tempo indeterminato.<br />
Dal nuovo rapporto <strong>di</strong> lavoro era stata costretta a <strong>di</strong>mettersi<br />
per giusta causa (mancato pagamento <strong>del</strong>le retribuzioni) e<br />
aveva richiesto all’Inps il ripristino <strong>del</strong>l’indennità <strong>di</strong> mobilità<br />
per il periodo corrispondente alla parte residua non goduta<br />
decurtata <strong>del</strong> periodo <strong>di</strong> attività lavorativa prestata (art. 2,<br />
comma 6 <strong>del</strong>la legge 451 <strong>del</strong> 19/7/1994).<br />
Quesito<br />
Una signora percepiva l’indennità <strong>di</strong> mobilità e a seguito <strong>del</strong>l’instaurazione<br />
<strong>di</strong> rapporto <strong>di</strong> lavoro a tempo indeterminato è<br />
stata fatta decadere <strong>del</strong>l’indennità come previsto dalla legge.<br />
Nel nuovo posto <strong>di</strong> lavoro, dopo qualche mese, il datore <strong>di</strong><br />
lavoro non ha più provveduto a pagare le retribuzioni dovute.<br />
La stessa ha chiesto per iscritto al datore <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> pagarle<br />
le retribuzioni dovute e ha fatto la segnalazione all’Ispettorato<br />
<strong>del</strong> lavoro.<br />
Ciò premesso, la signora, perdurando tale situazione, si troverebbe<br />
costretta a <strong>di</strong>mettersi per giusta causa. Chiede se,<br />
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