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Welfare Infortuni sul lavoro L’onere della prova è sempre del datore di lavoro Corte di Cassazione Sentenza n. 19494 del 10 settembre 2009 Con la sentenza n. 19494 del 10 settembre 2009, la Corte di Cassazione ha precisato che il datore di lavoro ha sempre l’onere della prova di aver utilizzato tutti gli strumenti necessari al fine di evitare qualsiasi danno alla salute del lavoratore e che l’eventuale colpa del lavoratore, dovuta ad imprudenza, negligenza o imperizia, non elimina quella del datore di lavoro. La Corte di Cassazione precisa infatti che non è sufficiente un semplice concorso di colpa del lavoratore per interrompere il nesso di causalità. L’esonero di responsabilità si potrebbe configurare solo qualora nel comportamento del lavoratore venissero accertati i caratteri di “abnormità” e assoluta “inopinabilità”. Nel caso specifico valutato dalla Corte, la decisione è scaturita dall’accertamento del fatto che il lavoratore, al momento dell’infortunio, era impegnato nelle abituali attività che svolgeva secondo le modalità consuete, eseguendo la fase di carico di un carro agricolo. Tale carro, era venuto a trovarsi con la parte anteriore rialzata e con l’albero cardanico in posizione obliqua. Proprio in conseguenza di tale posizione, si era creata una fessura ove si era infilata la sciarpa della vittima, evento che aveva determinato la morte per strangolamento del lavoratore. La Corte territoriale ha accertato che nello svolgimento dell’ attività l’uso della sciarpa, che aveva provocato l’incidente, era normalmente tollerato dal datore di lavoro. Inoltre il lavoratore stava eseguendo le ordinarie mansioni assegnategli, senza che gli fosse stata vietata espressamente l’operazione con quelle modalità, laddove il posizionamento in obliquo del carro era evenienza non solo possibile, ma anche probabile, per effetto delle caratteristiche costruttive del mezzo. Quest’ultimo avrebbe dovuto essere munito delle protezioni anche per la posizione obliqua ed invece si creava una fessura che rendeva la zona pericolosa e non completamente protetta. Parità uomo-donna e decorrenza pensione Corte Costituzionale Già con riferimento alla disciplina in vigore prima delle riforme pensionistiche degli anni novanta, la Corte aveva avuto modo di giudicare illegittima una regolamentazione che discriminasse uomini e donne sulla base dell’età anagrafica, in relazione alla possibilità di proseguire l’attività lavorativa ed, altresì che obbligasse le donne ad una comunicazione gennaio 2010 Orientamenti e giurisprudenza preventiva al fine di ottenere il diritto alla prosecuzione stessa mentre per gli uomini non era previsto alcun onere. Con la sentenza in commento, la Corte osserva che il progressivo innalzamento dell’età pensionabile non ha minimamente scalfito le ragioni che avevano condotto alle decisioni sopra illustrate e, pertanto, la reintroduzione, in capo alle lavoratrici, di un obbligo preventivo di comunicazione della decisione di proseguire l’attività lavorativa non ha alcuna ragionenole giustificazione e, dunque, va considerato tutt’ora illegittimo. SENTENZA Corte Costituzionale, 29 ottobre 2009, n. 275. Rapporto di lavoro subordinato - Dlgs n. 198/2006, art. 30 - Prosecuzione dell’attività lavorativa fino ai 65 anni di età - Obbligo per le donne di preventiva comunicazione - Illegittimità. E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 30 del Dlgs n. 198/ 2006 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna) nella parte in cui prevede, a carico della lavoratrice che intende proseguire il rapporto di lavoro oltre il sessantesimo anno di età, l’onere di dare comunicazione della propria intenzione al datore di lavoro almeno trei mesi prima della data di perfezionamento della pensione di vecchiaia. Sanatoria colf e badanti Chiarimenti Il ministero dell’Interno, con la nota 29/10/2009 n. 6466, ha precisato che trova applicazione il rigido regime sanzionatorio previsto dalla L 102/2009 nei confronti del datore di lavoro che rinuncia alla regolarizzazione della colf o badante extracomunitaria clandestina, nelle more della convocazione presso lo Sportello unico per l’immigrazione. Secondo la nota ministeriale, il datore di lavoro è infatti tenuto a completare la procedura di emersione firmando presso lo Sportello unico per l’immigrazione il contratto di soggiorno insieme al lavoratore e inviando all’Inps la comunicazione relativa all’assunzione. Soltanto dopo aver definito l’intesa il datore di lavoro potrà eventualmente recedere dal rapporto di lavoro domestico. La rinuncia alla dichiarazione di emersione intervenuta nel corso della procedura (che verrà comunque ufficializzata con la convocazione del datore di lavoro) comporta l’archiviazione dell’istanza e la cessazione della sospensione del regime sanzionatorio previsto dall’art. 1ter commi 8-9 della predetta legge. Solo se la rinuncia alla regolarizzazione è dovuta a causa di forza maggiore (quale il decesso della persona da assistere) allora è consentito il subentro anche modificando il rapporto di lavoro. Qualora, invece al datore di lavoro deceduto non subentri altro familiare, il lavoratore extracomunitario potrà comunque ottenere il permesso di soggiorno per attesa occupazione. 58
Ambiente - Sicurezza Politiche energetiche Indice POLITICHE ENERGETICHE Sacchetti in plastica per la spesa - Normativa europea e nazionale - Proroga al 1° gennaio 2011 del divieto di commercializzazione . . . . . . . . . . . Pag. 59 IN PRIMO PIANO Sacchetti in plastica per la spesa Normativa europea e nazionale Proroga al 1° gennaio 2011 del divieto di commercializzazione La plastica tradizionale, o sintetica, è normalmente prodotta da derivati del petrolio come sottoprodotto della filiera del greggio verso il grande settore della petrolchimica. Le economie di scala, oltre alla quasi secolare storia della petrolchimica nel mondo, permettono una grande produzione di plastica sintetica a bassi costi economici. Alcuni costi sociali però non sono computati dalle industrie della petrolchimica. I prodotti in plastica tradizionale sono riassorbiti dalla natura dopo lunghi periodi di tempo: una busta di plastica (come il normale shopper/sacchetto della spesa, imballaggio di utilizzo diffusissimo), lasciata galleggiare nel mare, resiste all’attacco di qualsiasi batterio per secoli; una bottiglia di plastica si decompone nell’arco di almeno 400 anni. A questo impatto ambientale si aggiunge il costo sociale del trattamento dei rifiuti in plastica: una discarica implica uno stoccaggio per lunghi periodi; mentre l’incenerimento della plastica comporta l’emissione di diossine. E se da un lato il trattamento per il riciclaggio gennaio 2010 Politiche energetiche della plastica impone costi assai elevati (disincentivanti dal punto di vista economico), d’altro canto, il costo economico dell’incenerimento o del trattamento dei rifiuti tende a crescere nel tempo, alimentando spesso anche disagi sociali tra i cittadini nelle località coinvolte. Gli imballaggi ed rifiuti di imballaggi rappresentano dunque un ambito a cui il legislatore, comunitario e nazionale, è particolarmente attento e sensibile. Sintesi quadro normativo in tema di imballaggi e rifiuti di imballaggi È del 1994 la prima direttiva europea sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggi (direttiva 94/62/Ce, successivamente modificata dalla direttiva 2004/12/Ce), che, all’All. II definisce i requisiti essenziali concernenti composizione, riutilizzabilità, recuperabilità (in particolare riciclabilità) degli imballaggi. L’ordinamento italiano ha recepito tale direttiva con il Dlgs 22/1997 (il decreto Ronchi), poi sostituito dal vigente Dlgs 152/2006 (il Codice dell’ambiente), che, all’All. F alla parte quarta (sulla gestione dei rifiuti) ripropone la definizione degli identici requisiti essenziali di cui all’All. II della direttiva del 1994. A questo punto, la rispondenza del materiale da imballaggio a detti requisiti doveva a sua volta essere regolamentata. Lo strumento con cui garantire conformità (evitando costose certificazioni) ai requisiti essenziali posti da una direttiva europea è la “norma armonizzata”: una norma contenente disposizioni tecniche, così detta appunto perché recepisce i requisiti essenziali di una direttiva. La norma armonizzata di riferimento per il caso in questione è la norma europea En 13432 “Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione”, emanata nel 2001 dal competente organismo, il Comitato europeo di normazione (Cen). Adottata in Italia con la denominazione Uni En 13432, essa definisce le caratteristiche che un materiale deve possedere per poter essere definito “compostabile”. Di seguito si indicano le suddette caratteristiche: - la biodegradabilità: la conversione metabolica del materiale compostabile in anidride carbonica; - la disintegrabilità: la frammentazione e perdita di visibilità nel compost finale (assenza di contaminazione visiva); - bassi livelli di metalli pesanti e assenza di effetti negativi sulla qualità del compost (quali possono essere, ad es., la riduzione del valore agronomico e la presenza di effetti ecotossicologici sulla crescita delle piante). La legge Finanziaria 2007 e la norma Uni En 13432 La norma En 13432 è stata inserita nella legge Finanziaria 2007, secondo le cui previsioni entro il 2010 tutti i sacchetti in AMBIENTE - SICUREZZA - POLITICHE ENERGETICHE 59
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