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Dal ‘caso Rosi’ alla separazione tra le società di A e di B,<br />

passando per il fattaccio di Ascoli<br />

Bonolis<br />

e dintorni<br />

• Mauro Mancini Proietti<br />

Apparirà superfluo da sottolineare, ma<br />

sarà pur doveroso riflettere di come la vicenda<br />

del “cascatore” Rosi e la spettacolarizzazione<br />

a tutti i costi del sistema calcio<br />

ad uso e consumo dell’ audience,<br />

appaiono in fondo due facce della stessa<br />

medaglia ed in particolare del processo<br />

della profonda involuzione sempre più<br />

marcata dei valori nel sistema calcio.<br />

Se un grande conduttore di una importante<br />

emittente televisiva ha visto bene di<br />

svilire il malcapitato di turno, reo di aver improvvidamente<br />

deciso di plateizzare a<br />

scoppio ritardato un colpo ricevuto da un<br />

giocatore dando luogo alla prima espulsione<br />

nella storia di un calciatore per violenza<br />

consumata nei confronti di un soccorritore,<br />

apparirà allora ovvio, caro Bonolis, di come<br />

non ci debbano più stupire le sconsiderate<br />

gesta di Ascoli e via discorrendo, frutto<br />

della ordinaria demenza di coloro che probabilmente<br />

più che negli stadi farebbero<br />

miglior mostra di sé nelle gabbie di un buon<br />

giardino zoologico.<br />

Un calciatore strapagato che sulla<br />

vendita della propria immagine ricava la<br />

propria fortuna, non potrà in nessun modo<br />

essere paragonato a chi in fondo non fa<br />

altro che prestare gratis et amore dei la<br />

propria opera al servizio degli altri. Né<br />

tanto meno le stesse società sportive potranno<br />

continuare a lamentarsi di un uso a<br />

loro danno in sede di giustizia sportiva di<br />

quelle stesse immagini che, croce e delizia,<br />

rappresentano nello stesso tempo una<br />

ricca fetta del loro fatturato.<br />

Si è parlato giustamente di una ricercata<br />

spettacolarizzazione a tutti i costi,<br />

frutto di una superficialità assoluta che finisce<br />

per dar luogo ad una pesante inver-<br />

sione della scala dei valori, laddove viene<br />

messa sullo stesso piano la condotta di un<br />

volontario soccorritore con quella di un<br />

calciatore professionista con il risultato di<br />

una odiosa comparazione anche delle<br />

conseguenti responsabilità. Non occorre<br />

scomodare principi di diritto per capire<br />

che non è così. Non lo è ne dal punto di<br />

vista giuridico, tanto meno dal punto di<br />

vista morale. E questo chi fa informazione<br />

pubblica su scala nazionale dovrebbe ben<br />

averlo presente.<br />

Ma la vicenda di per sé censurabile<br />

nella quale nessuno si è preoccupato di<br />

procurare le proprie scuse e, ancor più<br />

grave, sulla quale nessuno ha sentito il dovere<br />

di stigmatizzare, si presenta come<br />

tutt’uno rispetto al problema della profonda<br />

crisi del sistema calcio, sempre più votato<br />

nella sua trasformazione ed adeguamento<br />

alle pure leggi di mercato a scapito<br />

di quei valori deontologici che dovrebbero<br />

essere propri dello sport, anzi dello sport<br />

per eccellenza di molti giovani.<br />

La separazione consensuale registrata<br />

in Lega tra le società di serie A e di serie B,<br />

non è altro che il riflesso di una profonda divaricazione<br />

che le leggi di economia pongono<br />

tra grosse e piccole società in un mercato<br />

sempre più concorrenziale ove appare<br />

impensabile condividere spettatori paganti<br />

ed introiti per diritti televisivi e non. Era inevitabile<br />

nel momento stesso in cui aveva<br />

termine la mutualità in termini di diritti collettivi,<br />

per lasciare spazio a diritti soggettivi<br />

delle singole società, che la forbice e le differenze<br />

in termini di capacità finanziaria,<br />

avrebbero fatto sentire tutto il loro peso<br />

Era inevitabile, pertanto, che la riduzione<br />

degli introiti per i diritti televisivi determi-<br />

nata dalla concorrenza tra reti pubbliche e<br />

private e tra queste rispetto a quelle a pagamento,<br />

finisse per determinare la necessità<br />

di estromettere le parti più deboli.<br />

Ad oggi si parla di separazione consensuale<br />

con tanto di buonuscita spalmata<br />

nei nove anni a venire, ma il dopo, è<br />

certo, apparirà sempre più a tinte fosche.<br />

Dal momento che finiranno gli “alimenti”,<br />

per le società meno virtuose di B o che vivranno<br />

al di sopra della loro capacità economica<br />

effettiva al di fuori da artificiose<br />

cosmesi di bilancio, le possibilità di sopravvivenza<br />

appaiono assai ridotte. Qualcuno<br />

parla di una opportuna riduzione<br />

delle società professionistiche ed un ritorno<br />

ad un più virtuoso dilettantismo o semi<br />

professionismo.<br />

Per le altre inutile parlare di virtuosismi<br />

e di amore per lo sport nel senso nobile del<br />

termine. Si tratterà solo di vendere meglio<br />

e a miglior prezzo il proprio prodotto, con<br />

buona pace dei tifosi. Su questo piano, l’<br />

ennesimo escamotage da parte delle società<br />

finalizzato a fare cassa sfruttando i<br />

propri diritti di immagine. È la stessa filosofia<br />

di fondo che regola i diritti di autore<br />

nelle opere d’ingegno. Qui si tratterà di<br />

sfruttare l’uso della propria immagine da<br />

parte delle emittenti, una volta che, terminata<br />

la stagione calcistica di riferimento,<br />

queste tornano a far parte del patrimonio<br />

della società secondo il noto sistema delle<br />

Library. Le emittenti che a fini di repertorio<br />

vorranno poi utilizzare quelle stesse immagini<br />

avranno così l’ onere di pagare alle<br />

società i relativi diritti.<br />

Una soluzione che la dice lunga sullo<br />

stato economico delle cose e della situazione<br />

finanziaria dei grandi club sempre<br />

più indebitati tra loro e con il fisco. Decreto<br />

spalma debiti o non, in mancanza di una<br />

netta inversione di tendenza nella “riduzione<br />

del costo del lavoro” dei giocatori, la situazione<br />

appare difficile in una guerra che<br />

registrerà il tutti contro tutti. Una corsa ovviamente<br />

a cui non si sottrarranno le emittenti<br />

televisive, come l’attuale querelle tra<br />

Mediaset e Lega docet, ove in fondo ciò<br />

che conta è solo lo sfruttamento in esclusiva<br />

delle immagini e degli highlights.<br />

Per le bandiere, l’attaccamento ad una<br />

maglia e le nostalgie del passato, potrà a<br />

ragione parlarsi di articoli da museo o di<br />

amarcord. È allora che il povero “cascatore<br />

Rosi” finirà per accorgersi di essere caduto<br />

in un sistema più grande di lui con<br />

buona pace di tutti.<br />

Lui probabilmente avrà perso, ma si è<br />

altrettanto sicuri che con lui abbiamo<br />

perso un po’ tutti. E su questo, caro Bonolis,<br />

prima di invertire i termini morali del<br />

problema e di somministrare un certo<br />

modo di fare informazione e commenti a<br />

buon mercato sulla parte debole di turno,<br />

farà bene a riflettere anche lei. ■<br />

Una immagine<br />

di Francesco Rosi,<br />

qui premiato per<br />

la sua attività<br />

di volontario della<br />

Pubblica Assistenza<br />

ca l c i o 15

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