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6 LABATE - Conservatorio di Messina

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RINTRACCIARE IL NOVECENTO. IL TESTO LETTERARIO NEL TEATRO MUSICALE 293<br />

libretto rinascimentaleggiante della sua più pretenziosa opera Parisina<br />

(1913), ambizioso progetto poetico-musicale <strong>di</strong> creare «col più me<strong>di</strong>terraneo<br />

dei musicisti» il dramma musicale wagneritaliano. In effetti il<br />

libretto richiama Tristano e Isotta, lo parafrasa abbondantemente in un<br />

puro linguaggio da melodramma (e in questo è decadente), ed è risonante<br />

<strong>di</strong> cori, usignoli e litanie mariane (e in questo è italianissimo). In<br />

realtà le risposte musicali sono tra loro contrad<strong>di</strong>ttorie. Sulla pietra <strong>di</strong><br />

paragone dei versi dannunziani, della loro mistificazione simbolistica,<br />

della loro sonorità sgargiante, i musicisti italiani reagiscono in maniera<br />

antitetica. Mascagni e Zandonai col lusso sonoro, la ridondanza melo<strong>di</strong>ca<br />

e un colorito da antiquario.<br />

Giannotto Bastianelli, che pure considerava gretto il verismo, <strong>di</strong>ce<br />

<strong>di</strong> Mascagni che è un musicista <strong>di</strong> grande interesse perché si sentiva<br />

attratto dalla freschezza e dalla sana genuinità popolare <strong>di</strong> Cavalleria<br />

rusticana, doti imme<strong>di</strong>atamente contrapposte alle ‘malaticce sofferenze<br />

e agli spasimi sa<strong>di</strong>stici’ <strong>di</strong> Richard Strauss e Claude Debussy 41 . E tuttavia<br />

Pietro Mascagni esteriorizza la trage<strong>di</strong>a dannunziana e si immedesima<br />

nelle situazioni <strong>di</strong> un estremismo visionario e sfocato rendendone<br />

partecipe un linguaggio musicale legato ai gran<strong>di</strong> gesti melodrammatici<br />

e alle pose veristiche. La musica <strong>di</strong> Riccardo Zandonai sembra piuttosto<br />

voler contemplare e sfumare i contorni della trage<strong>di</strong>a per cogliere la<br />

pregnanza dei simboli e il languore dei personaggi. Certo è più matura<br />

la Francesca da Rimini che Zandonai <strong>di</strong>ede al Regio <strong>di</strong> Torino l’anno<br />

dopo (1914), nella quale opera una ricostruzione neogotica del testo<br />

dannunziano, con mescolanza <strong>di</strong> preziosi arcaismi <strong>di</strong> linguaggio, crudeltà<br />

e sensualità estetizzante, virtuosistica poesia <strong>di</strong> colori, il piacere<br />

della pittura, anzi del pittoricismo, fatta a colpi <strong>di</strong> luci e <strong>di</strong> tinte: tutto<br />

rappresentava il crepuscolo del verismo 42 .<br />

41 GIAN PAOLO MINARDI, cit., p. 22.<br />

42 Notevole, nel primo atto della Francesca da Rimini, prima rappresentazione, la lunga scena<br />

dell’innamoramento a vista, tutta occhiate e niente canto, sullo sfondo <strong>di</strong> una orchestrazione arricchita<br />

<strong>di</strong> strumenti antichi. Nella seconda rappresentazione si notano belle soluzioni timbriche, belle

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