6 LABATE - Conservatorio di Messina

RINTRACCIARE IL NOVECENTO. IL TESTO LETTERARIO NEL TEATRO MUSICALE 305
pirandelliani vengono infatti illustrati con dovizia di colori, sfogata felicità
melodica. L’abbondante impiego di materiale folclorico ricrea quasi
visivamente una vita sana e piena di ottimismo. Già Stravinskij andava
sostituendo gli ideogrammi stilizzati alla musica figurata di Franz Liszt,
ai Leitmotive wagneriani, al Naturlaut mahleriano, alla poetica musicale
di Schönberg, influenzando in parte anche Strauss. Scelta ripresa anche
da Casella nel Concerto per due violini, viola e violoncello op. 40. Svolta
stilistica intesa come sensibilità verso le oscillazioni del gusto europeo.
Nella Giara l’uso di una scrittura artistica fondata su ideogrammi si
sposa felicemente con l’invenzione e aderisce perfettamente alla trama 63 ,
al pensiero e allo stile pirandelliani.
Riguardo allo stile di Pirandello c’è da dire che la sua esigenza di essenzialità
porta al ripudio del linguaggio poetico tradizionale e dell’espressione
ricercata, la quale, invece, depurata da qualsiasi intenzione di oratoria
etico-politica, sciolta dai legami logico-sintattici, riesce ad attingere al
fondo della realtà che si vuole esprimere. Restituisce cioè alla parola,
logora e abusata, verginità e novità, la carica di quel valore e di quella
pregnanza che essa aveva quando, usata nella notte dei tempi per la
prima volta, poteva ancora stabilire un rapporto tra l’uomo e le cose ed
aveva quasi un valore magico ed evocativo, dando forma e realtà alle
cose. Pirandello definisce non tanto il personaggio e il suo carattere,
quanto il rapporto della sua persona con gli altri. In tale direzione gli
63 La vicenda si svolge in Sicilia al tempo della raccolta delle olive. Don Lollò, proprietario
terriero, acquista una grossa giara per conservarvi l’olio, ma questa, dopo poco, viene trovata dai
suoi contadini spaccata a metà. Terrorizzati comunicano al proprietario l’avvenuto danno. Tra
malumore e imprecazioni Don Lollò chiama Zì Dima per riparare la brocca con il suo mastice miracoloso.
Questi, un vecchietto storto e malandato, propone di usare solo il mastice per fare un lavoro
pulito. Ma Don Lollò la vuole cucita. Così, controvoglia, Zì Dima s’infila dentro la giara. Ma,
portato al termine il lavoro, al momento di uscire ogni sforzo è vano: rimane imprigionato senza via
d’uscita. Don Lollò furibondo, dà a Zì Dima il suo compenso, ma corre dall’avvocato, il quale tra
le risate lo convince a liberare il sequestrato dietro pagamento di una parte del valore della giara. Zì
Dima però, dopo aver contrattato il prezzo, si rifiuta di pagare e dice a Don Lollò di essere deciso a
rimanere per sempre dentro la giara. Manda ai contadini da bere e organizza un festino sull’aia.
Don Lollò, nel pieno della notte, svegliato dal canto a squarciagola di Zì Dima e dei contadini ubriachi,
con un calcio fa rotolare la giara che va a sbattere contro un albero. La giara è nuovamente rotta,
ma Zì Dima è finalmente libero.