6 LABATE - Conservatorio di Messina

RINTRACCIARE IL NOVECENTO. IL TESTO LETTERARIO NEL TEATRO MUSICALE 307
Senza alcun’altra linea d’intesa il piemontese Casella ha tradotto in
musica la poetica del siciliano Pirandello. Nulla di precostituito come
in altre collaborazioni tra poeti e musicisti. Il fatto è che Pirandello e
Casella, viaggiatori dello spirito nel mondo mitteleuropeo, si incontrarono
in quello spirito. E ciò permise a Casella di tradurre in termini
musicali gli archetipi mentali e le immagini simboliche che percorrono
La giara, come immagini virtuali di un paradosso della condizione
umana: l’uomo si costruisce da sé il proprio involucro (la propria vita)
e, per osservarlo in maniera oggettiva dall’esterno, deve distruggerlo,
ossia deve morire. Casella, trattando questa materia tragica, traduce i
segreti dell’immaginario in chiarezza di ideogrammi e persino il tragico
e lo spaventoso divengono occasione di felicità quando i segreti vengono
svelati dalla sola forza che possa svelarli: l’arte. Dice Casella che
in poche ore di comune lavoro con Pirandello il libretto fu pronto e che
subito si pose all’opera con vivissimo entusiasmo. Si servì di parecchio
materiale popolare siciliano ricreandolo totalmente e con padronanza
di mezzi tecnici. Folklore che funge da sfondo al succedersi narrativo
degli ideogrammi. Di particolare efficacia sono sia il ritmo pastorale
della sicilienne, armonicamente complicato, quasi una quotidianità
tagliata fuori dal corso della grande storia; sia il valore caricaturale e
grottesco di una figura ritmica che compare con Zì Dima e viene poi
iterata sulla base di un’armonia sempre variata. La prima rappresentazione
de La Giara ebbe luogo il 19 novembre 1924 a Parigi e riuscì un
magnifico successo di pubblico e di critica 66 .
Il programma attribuito alla Generazione dell’Ottanta prendeva le
mosse non dallo sviluppo di una tradizione propria, ma dal rifiuto di
una cultura melodrammatica neoromantica che in Italia era divenuta
l’espressione culturale popolare della unità nazionale senza coniugarsi
con la letteratura e la cultura culta. La Generazione fondava, quindi, in
questa negazione l’inizio di un processo di modernizzazione che nel
66 Nel 1932 Casella ci darà La donna serpente, libretto tratto dai Capricci scenici o Fiabe di
Carlo Gozzi.