6 LABATE - Conservatorio di Messina
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RINTRACCIARE IL NOVECENTO. IL TESTO LETTERARIO NEL TEATRO MUSICALE 315<br />
insieme alla sua folle illusione: inciso riba<strong>di</strong>to nel prelu<strong>di</strong>o del secondo<br />
atto e ripetuto in tutta l’opera, sino alla sua conclusione, quasi per<br />
imprimere la certezza della immagine regale della Madre viva e forte<br />
più <strong>di</strong> qualsiasi ragione. Nel terzo atto i toni francamente <strong>di</strong>scorsivi del<br />
Principe dettati dagli sviluppi drammatici <strong>di</strong> Pirandello, non rispondono<br />
più all’ispirazione iniziale <strong>di</strong> Malipiero 77 .<br />
Nel teatro Malipiero conserverà una pre<strong>di</strong>lezione per i vecchi testi<br />
letterari successivamente sostituiti con i più noti Euripide, Calderòn de<br />
la Barca, William Shakespeare, fino ad allontanarsene per autori più<br />
recenti, come nelle composizioni Festino, <strong>di</strong> appena un anno dopo Il<br />
Torneo, dell’ottocentesco Giovan Gherardo De Rossi. In seguito il testo<br />
sarà chiaramente <strong>di</strong> estrazione romantica come quello dei Capricci<br />
<strong>di</strong> Callot nato dall’incontro con Ernst Theodor Amadeus Hoffman, <strong>di</strong><br />
Donna Urraca tratto da Prospér Merimée, <strong>di</strong> Venere prigioniera ricavato<br />
da un racconto <strong>di</strong> Emmanuel Gonzales, del Don Giovanni <strong>di</strong><br />
Aleksandr Sergeevič Puškin, delle Metamorfosi <strong>di</strong> Bonaventura da un<br />
anonimo tedesco ottocentesco, tutti composti nell’arco <strong>di</strong> tempo che va<br />
dal 1930 (Torneo notturno) al 1965 (Metamorfosi <strong>di</strong> Bonaventura).<br />
Fu però La favola del figlio cambiato a manifestare i sintomi iniziali<br />
della crisi <strong>di</strong> Malipiero e che matureranno nelle opere successive<br />
(Giulio Cesare, Antonio e Cleopatra, Ecuba, La vita è sogno). La musica,<br />
pur accogliendo quell’elementare <strong>di</strong>alettica drammatica e tematica<br />
che andrà a sollecitare gli sviluppi minimali della «parentesi lirica», si<br />
abbandona ai propri impulsi intrinseci e si <strong>di</strong>stacca dal testo e dramma<br />
letterario fino alle troppo prolungate navigazioni musicali della trage-<br />
77 Esor<strong>di</strong>ta con buon successo nel 1934 al Landestheater <strong>di</strong> Braunschweig in una versione<br />
ritmica tedesca <strong>di</strong> Hans Fer<strong>di</strong>nand Redlich, l’opera fu ripresa in marzo a Darmstadt e subito fu<br />
osteggiata dall’autorità nazista che ne sospese la seconda recita a causa delle sue caratteristiche<br />
atonali e culturalmente <strong>di</strong>sfattiste. Anche la censura fascista aveva ingiunto il taglio, nel finale, <strong>di</strong><br />
un’allusione beffarda alla corona: «La corona! / Cangiate questa <strong>di</strong> carta e vetraglia / in una d’oro e<br />
<strong>di</strong> gemme <strong>di</strong> vaglia, / il mantelletto in un manto / e il re da burla <strong>di</strong>venta sul serio, / a cui voi vi inchinate».<br />
La prima rappresentazione italiana della Favola, il 24 marzo 1934, pur presenti Mussolini in<br />
persona e l’intera gerarchia, si risolve in un clamoroso fiasco, seguito subito dall’or<strong>di</strong>ne, impartito<br />
dal Duce, <strong>di</strong> vietarne ogni replica.