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IN QUESTO NUMERO - Fondazione Museo Storico del Trentino

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velenose, l’uso di vasi di cucina, da tavola, e da bere,di lavoro da pentolajo, di rame, e di ottone, e finalmentela falsificazione <strong>del</strong>le bevande”, pubblicato il18 dicembre 1829, insediò speciali commissioni giudizialiincaricate di visitare annualmente le rivenditeautorizzate di veleni, le drogherie, i “trafficanti di prodottichimico-farmaceutici”, i “negozianti d’erbe”, masoprattutto le locande e le osterie per verificare che irecipienti in rame utilizzati per cucinare o conservarei cibi fossero perfettamente stagnati.Anche le disposizioni che si occupano di bevanderiprendono, infine, gli argomenti cari alla cosiddetta“mappa dei disordini” elaborata dai teorici <strong>del</strong>la poliziamedica. Una circolare governativa <strong>del</strong> 10 febbraio1821, ma non è che uno dei tanti provvedimenti, proibivala preparazione di bevande vinose utilizzando lafeccia o vini di qualità inferiore, mentre per quantoriguardava l’acqua l’attenzione era perlopiù concentratada una parte sull’uso promiscuo <strong>del</strong>le acque<strong>del</strong>le fontane e dall’altra sulla scarsa attenzione postanelle operazioni di imbottigliamento <strong>del</strong>le acque difonte destinate alla commercializzazione. In un casos’intervenne con la reiterazione di regolamenti pubbliciche vietavano determinate lavorazioni nellevasche <strong>del</strong>le fontane e dall’altra con l’emanazione diprecise nome sui sistemi di chiusura da adottare osui controlli da effettuare in relazione alle partite ingiacenza nei depositi. Non esistevano altri modi perfar fronte altrimenti al pericolo rappresentato dall’acquaimpura o, con concetto che stava prendendoforma proprio in questo periodo, non potabile.Ad esempio una normale <strong>del</strong>la Reggenza <strong>del</strong> Tiroloitaliano <strong>del</strong> 3 giugno 1853, constatato che in diversiluoghi <strong>del</strong>la città di Trento si vendevano acque aciduledi Rabbi e di Pejo in bottiglie “mal otturate”,ordinava una visita a tutti i depositi di acque minerali<strong>del</strong>la città e il sequestro immediato di tutte le bottigliecon caratteristiche non corrispondenti a quellepreviste dalla normativa.L’intervento volto a favorire la più ampia diffusionepossibile di comportamenti aderenti ai principi teoriciaffidava, tuttavia, le proprie chances di successonon solo allo strumento normativo. Altrettantoimportante era ritenuta l’azione pedagogico-correttivasviluppata attraverso un’agguerrita pubblicisticache suggeriva stili di vita più adeguati alle finalitàdi salute pubblica perseguite. È il caso emblematico<strong>del</strong>l’opera Uberto ossia le serate d’invernopei buoni contadini, scritta dal religioso FrancescoTecini (già autore nel 1805 <strong>del</strong>l’Omelia contro i pregiudiziche ancora s’oppongono alla vaccinazione).In quest’opera l’autore immagina le conversazioni<strong>del</strong> saggio contadino Uberto tenute all’interno <strong>del</strong>lestalle, quando nelle lunghe e fredde serate d’invernole persone s’incontravano a fare filò. Le conversazioni,lasciate da parte quelle che l’Autore definisce“assurde fiabe”, sarebbero dovute diventare occasionepreziosa per lo scambio e apprendimentodi tutta una serie di utili ed elementari precetti nelcampo <strong>del</strong>la medicina, <strong>del</strong>l’igiene, <strong>del</strong>l’agricoltura evia dicendo.Al di là di quanto tratteggiato da alcune teorizzazionie dalle conseguenti norme sembra però che la popolazioneconoscesse il nesso alimentazione-salute esapesse gestire i propri bisogni alimentari meglio diquanto queste fonti non facciano supporre, muovendosicon padronanza fra le risorse offerte dall’ambientein cui vive immerso. Le voci di molti medicio altri testimoni occasionali costituirebbero in talsenso più il segnale di sensibilità e attenzioni particolarmenteaccentuate su determinati aspetti, che nonla rappresentazione reale <strong>del</strong>la gravità di una condizioneo semplicemente <strong>del</strong>la sua esistenza. L’impressioneè che una cosa sia la situazione disegnata dalletrattazioni teoriche e altra quella corrispondente allostato reale <strong>del</strong>le cose, almeno per tutta la prima metà<strong>del</strong>l’Ottocento. La riflessione medica stessa, fe<strong>del</strong>ealle impostazioni <strong>del</strong> passato, scontava una fondamentaleignoranza rispetto ai meccanismi biologici<strong>del</strong>la nutrizione e quindi di una corretta alimentazione.Siamo nel 1871 quando il medico trentinoLeonardo Cloch dà alle stampe i suoi Avvertimential popolo per vivere lungamente sano di corpo e dimente: sono passati tre secoli ma ben poco sembracambiato rispetto al mo<strong>del</strong>lo prospettato da CastorDurante da Gualdo o per citare altro esempio, altrettantonoto, da Baldassarre Pisanelli con il Trattato<strong>del</strong>la natura de’ cibi, et <strong>del</strong> bere (1583).Trattato <strong>del</strong>la natura de’ cibi,et <strong>del</strong> bere è il titolo <strong>del</strong>lafortunata opera scritta dalmedico bolognese BaldassarrePisanelli: apparsa per laprima volta a Roma nel 1583,ebbe più di 25 edizioni fino atutto il Settecento. L’autoreprende in esame i vari prodottialimentari e di ognunodescrive le caratteristiche, “igiovamenti e i nocumenti”che tale alimento può provocare con i relativirimedi. Pisanelli studiò a Bologna, dove si laureòin medicina e insegnò fino al 1562, quando cominciòi suoi viaggi in Tunisia per studiare la peste.Rientrò a Roma, dove fu medico all’ospedale diSanto Spirito di Saxia. La prima edizione <strong>del</strong> fortunatissimoTrattato è seguita da edizioni di formatopiù piccolo, dimostrazione <strong>del</strong>la diffusionepiù popolare <strong>del</strong> testo.13

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