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IN QUESTO NUMERO - Fondazione Museo Storico del Trentino

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le squisite pietanze e gli intingoli appetitosi preparatidalle mani premurose e <strong>del</strong>icate <strong>del</strong>la mammao <strong>del</strong>la sposa lontana; abbia ripensato ai tempi incui felice presiedeva all’allestimento di essi e dalloscambio reciproco di ricordi, rimpianti e desiderine sia scaturito questo ricettario. L’utilità di esso èdiscutibile, non fosse altro ci farà ricordare di tanteore tristi e monotone in tempi migliori che con unsimile riscontro sapremo salutare traendone insegnamentied esperienza”. Sono ricettari nazionali,forse più rappresentativi <strong>del</strong>le diversità regionali<strong>del</strong>la Scienza in cucina di Pellegrino Artusi. Chioni eFiorentino, genovese il primo e siciliano il secondo,mettono insieme ricette che provengono dal nordcome dal sud, dal Piemonte come dall’Abruzzo odalla Puglia, dal Veneto come dalla Sardegna. Maesprimono, a ben leggere, anche un immaginariodi opulenza, espressione di un sogno che conduceoltre il filo spinato <strong>del</strong>la prigionia, verso un paradisogastronomico dove è possibile mangiare e bere adismisura, un mondo capovolto rispetto a quello<strong>del</strong> campo. Grassi, ripieni e condimenti la fanno dapadroni. Ecco la ricetta <strong>del</strong> riccio al forno: “Si riempieil riccio molto grasso e grosso, con prosciutto,funghi, sedano e qualche pezzetto di corteccia di formaggiopecorino, noce moscata, zenzero. Con dettocomposto si riempie pure la gobba <strong>del</strong> riccio, si cucee si pone in un testo insieme a patate condite conlo strutto, sale, pepe, prezzemolo”. Si aggiungono ilguanciale di maiale all’arrabbiata, la lepre in salmì, ilconiglio ripieno al forno, le costate di maiale al latte,le lasagne imbottite, la polenta con lardo e prosciuttograsso o pasta di salsiccia.Germania 1943-1945. Di nuovo la fame. I prigionieridei nuovi lager nazisti vivono in condizioni materialiancor più precarie, a volte ai limiti <strong>del</strong>la sopravvivenza:sono tormentati da una fame continua cheriappare monotona e ossessiva nelle note dei diariche registrano la pessima qualità <strong>del</strong> cibo, le dosiinsufficienti <strong>del</strong>le razioni alimentari, il rito <strong>del</strong>la divisione<strong>del</strong> pane, e poi la nostalgia dei cibi di casa,l’ansia e la preoccupazioni per i pacchi familiari chenon arrivano. Il pasto principale è una brodaglia dirape con l’aggiunta di una fetta di pane di segala, oin alternativa 20-25 grammi di margarina, un cucchiaiodi marmellata, 25 grammi di zucchero, 500grammi di patate ogni due o tre giorni, crauti crudi,un mestolo di brodo nero detto caffè. L’ossessionealimentare ritorna perfino nei sogni come scrive nelsuo diario Giuseppe Volpe, internato a Sandbostel:“Quante volte mi sogno di trovarmi a casa tra i mieiche mi offrono pietanze su pietanze di ogni specialitàe abbondantemente… Questo perché? Perchéil nostro subcosciente, anche nel sonno, continua abattere sulle nostre necessità impellenti: mangiare.Ieri mi raccontavo il nuovo piatto che certamentedovrà essere squisito: maccheroni al forno. Ieri seraa letto vi ho lungamente pensato. Questa volta hosognato di aver fatto scorpacciate di maccheronicon sugo abbondante. E stamane poi mi sono alzatocon un buco”. Così non è un caso che il ricettariodi prigionia di Ferruccio Fanizza, in appendice al suodiario, sia intitolato “I nostri sogni”: nostri, perchéanche in questo caso si tratta di una raccolta messainsieme trascrivendo le ricette dei commilitoni cheprovenivano da ogni parte d’Italia: troviamo i mezzarellialla siciliana (pasta, pomodoro, melanzanefritte, mozzarella, parmigiano) e l’agliata provenzale;la cucina meridionale <strong>del</strong>l’olio d’oliva e quella settentrionale<strong>del</strong> burro; le verdure mediterranee e lacarne; le minestre e le creme francesi. Le fantasioseannotazioni di ricette, come testimonia una recenteantologia di lettere e diari degli internati militari,sono più frequenti di quello che è dato immaginare,perché, come scrive Riccardo Zipoli a commento<strong>del</strong> ricettario <strong>del</strong> padre, “Piatti casalinghi e locali <strong>del</strong>perfetto gefangene e di Chelm”, la dimensione alimentaree culinaria permea “gran parte <strong>del</strong>la vita siamateriale sia immaginaria <strong>del</strong> lager, configurandosi,tale dimensione, non solo quale aiuto per la sopravvivenzafisica ma anche come sfogo e conforto mentaledegli internati”.Le informazioni sul lager di Celle e la condizione dei prigionieri italiani sono riprese dal volume di GiovannaProcacci, Soldati e prigionieri italiani nella Grande guerra, Torino, Bollati Boringhieri, 2000; la citazionedi Bonaventura Tecchi è tratta dal suo libro Baracca 15c, Milano, Bompiani, 1962; i ricettari di GiuseppeChioni e Giosuè Fiorentino sono pubblicati nel volume La fame e la memoria: ricettari <strong>del</strong>la GrandeGuerra: Cellelager 1917-1918, a cura di Quinto Antonelli e Gianfranco Bettega, con saggi introduttivi diFabio Caffarena e Annarita Caputo, Feltre, Agorà, 2008; il brano di Giuseppe Volpe si trova nell’antologiadi Mario Avagliano e Marco Palmieri, Gli internati militari italiani: diari e lettere dai lager nazisti: 1943-1945, Torino, Einaudi, 2009; il ricettario di Ferruccio Fanizza è conservato, insieme al diario, presso la<strong>Fondazione</strong> <strong>Museo</strong> storico <strong>del</strong> <strong>Trentino</strong>-Archivio <strong>del</strong>la scrittura popolare; la citazione di Riccardo Zipoli ètratta dall’introduzione a Gefangenennummer 40148: memorie dai lager nazisti <strong>del</strong> capitano Mario Zipoli,Venezia, Istituto veneziano per la storia <strong>del</strong>la Resistenza e <strong>del</strong>la società contemporanea, 2003.24

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