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I tedeschi scomparsi <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />
circolazione; un quadro unitario per la sicurezza; un or<strong>di</strong>namento con<br />
alcune caratteristiche <strong>di</strong> sovranazionalità. Ma restano irrime<strong>di</strong>ab<strong>il</strong>i,<br />
perlomeno per <strong>il</strong> futuro preve<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e, le lacerazioni sociali e culturali che <strong>il</strong><br />
secondo confitto mon<strong>di</strong>ale ha inferto ad altre sue componenti essenziali.<br />
Karl Schloegel 6 sottolinea in particolare la per<strong>di</strong>ta <strong>della</strong> presenza cap<strong>il</strong>lare<br />
<strong>di</strong> ebrei e tedeschi nei Paesi dell’Europa centrale e orientale. Per<strong>di</strong>ta tanto<br />
più grave, si è tentati <strong>di</strong> aggiungere, e tanto più incomprensib<strong>il</strong>e nella sua<br />
genesi, quanto più erano significativi alcuni legami tra i due gruppi. Basti<br />
citare anche solo l’uso dell’yid<strong>di</strong>sch nel «regno» ebraico <strong>di</strong> Polonia e Lituania<br />
e oltre, che nonostante i tanti ebraismi lessicali resta una lingua germanica,<br />
e l’identificazione degli ambienti citta<strong>di</strong>ni ebraici <strong>di</strong> Boemia e Moravia con<br />
la lingua e la cultura tedesca.<br />
Il parallelo <strong>di</strong> Schloegel non deve naturalmente indurre a confondere<br />
esperienze storiche profondamente <strong>di</strong>verse nella loro genesi, nelle loro<br />
conseguenze, nelle responsab<strong>il</strong>ità. Ma può essere riproposto in una certa<br />
misura anche al periodo <strong>della</strong> guerra fredda, allorchè, <strong>di</strong> fronte al<br />
consolidamento dei nuovi regimi, i pochi rimasti <strong>di</strong> entrambi i gruppi<br />
dovettero affrontare <strong>di</strong>fficoltà in parte comparab<strong>il</strong>i. Gabriele Eschenazi e<br />
Gabriele Nissim sottolineano l’angustia degli spazi <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>i oltrecortina<br />
agli ebrei superstiti, spesso tollerati a livello in<strong>di</strong>viduale solo ponendo la<br />
sor<strong>di</strong>na alla loro <strong>di</strong>mensione collettiva, <strong>di</strong>venendo così sempre più<br />
atomizzati, sempre più «invisib<strong>il</strong>i» 7 . Un destino per alcuni tratti non<br />
<strong>di</strong>ssim<strong>il</strong>e da quello dei pochi tedeschi rimasti nell’Europa centro-orientale<br />
dopo l’esodo <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> loro verso Germania ed Austria. Anch’essi<br />
<strong>di</strong>vennero «invisib<strong>il</strong>i», conservando semmai la loro germanicità a titolo<br />
in<strong>di</strong>viduale ma non più <strong>di</strong> minoranze nazionali, d<strong>il</strong>uendosi così quasi<br />
completamente nel resto <strong>della</strong> popolazione, sotto <strong>il</strong> peso storico <strong>di</strong> una<br />
presunta colpa collettiva e <strong>il</strong> peso materiale <strong>della</strong> cortina <strong>di</strong> ferro. Cortina che<br />
peraltro paradossalmente contribuì a preservare una parvenza <strong>di</strong> vita per<br />
alcune collettività, che alla sua caduta furono poi falci<strong>di</strong>ate da una vera e<br />
propria fuga verso la Repubblica Federale.<br />
Qualche cifra. Nella Romania del 1930, i 750.000 tedeschi costituivano<br />
oltre <strong>il</strong> quattro per cento <strong>della</strong> popolazione; erano ancora 120.000 nel 1992,<br />
ma solo 95.000 nel 1997. In altri Paesi la cesura <strong>della</strong> guerra fu ancor più<br />
brutale. Se in Cecoslovacchia nel 1938 i tedeschi costituivano un quarto<br />
<strong>della</strong> popolazione, erano già scesi all’ 1,3 per cento nel 1950 e allo 0,4 nel<br />
1980 8 , mentre al censimento del 2001 le persone <strong>di</strong>chiaratesi <strong>di</strong> lingua<br />
tedesca sono state in tutto 38.000. Diffic<strong>il</strong>e un confronto tra la situazione<br />
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