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Zewde si ferma sui limiti <strong>della</strong> sua<br />

valutazione del trattato <strong>di</strong> Ad<strong>di</strong>s Abeba<br />

del 1896. All’attenzione e alla curiosità<br />

<strong>di</strong> Giglio per l’area musulmana nel<br />

Me<strong>di</strong>terraneo orientale, che traspare<br />

da opere minori e articoli <strong>di</strong>versi,<br />

circoscrive <strong>il</strong> proprio intervento<br />

Federico Cresti.<br />

Ne esce una lettura che parlando <strong>di</strong><br />

uno storico che per la sua formazione<br />

culturale e politica era rimasto fermo<br />

alla personale convinzione <strong>di</strong> un<br />

apporto positivo offerto dalla<br />

colonizzazione europea ai paesi<br />

VITTORIO EMILIANI, L’enigma<br />

<strong>di</strong> Urbino. La città scomparsa, Nino<br />

Aragno E<strong>di</strong>tore, Torino 2004<br />

Vittorio Em<strong>il</strong>iani torna con<br />

questo nuovo libro alla città nella<br />

quale ha vissuto la sua infanzia e in cui<br />

sono rimasti suoi fam<strong>il</strong>iari, Urbino, la<br />

stessa città nella quale negli anni<br />

sessanta dell’Ottocento era cresciuto<br />

Giovanni Pascoli e in anni più vicini<br />

Paolo Volponi. Il primo <strong>di</strong>ceva essere<br />

Urbino «<strong>il</strong> luogo natìo <strong>della</strong> mia<br />

anima» «dove vorrei tornare un<br />

giorno, in devoto pellegrinaggio, solo<br />

e sconosciuto, adorando e<br />

piangendo», Volponi incideva nei<br />

suoi versi «l’immagine <strong>di</strong> Urbino/che<br />

io non posso fuggire/la sua crudele<br />

festa/quieta fra le mie ire».<br />

Le schede<br />

africani sposta via via l’attenzione<br />

all’evoluzione successiva degli stu<strong>di</strong><br />

dell’Africa e del colonialismo. Calchi<br />

Novati, chiosando alcune valutazioni<br />

<strong>di</strong> Giglio sul colonialismo africano, alla<br />

luce del <strong>di</strong>sastro dell’Africa <strong>di</strong> questi<br />

nostri anni commenta come Giglio<br />

non fosse mai arrivato a comprendere<br />

come «<strong>di</strong>sgraziatamente quelli che<br />

venivano vantati come “buoni” da<br />

spendere sul mercato del progresso<br />

erano proprio gli impe<strong>di</strong>menti da cui i<br />

paesi africani non si sarebbero più<br />

liberati del tutto» (Severina Fontana).<br />

Vittorio Em<strong>il</strong>iani vi aveva già<br />

ambientato Le mura <strong>di</strong> Urbino, un<br />

romanzo <strong>di</strong> storia e memoria. Di<br />

nuovo in questo secondo libro si<br />

muove fra passato e presente.<br />

Consapevole <strong>di</strong> avvolgere i luoghi<br />

<strong>della</strong> propria infanzia del velo del<br />

mito e <strong>di</strong> ficcarsi, nello sforzo <strong>di</strong><br />

cercare le ragioni dei cambiamenti,<br />

in un «doloroso, frustrante, spinoso<br />

ginepraio psicologico» non<br />

rinuncia a denunciare le con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>della</strong> città <strong>di</strong> oggi «svuotata e come<br />

scomparsa, una città fantasma <strong>della</strong><br />

quale sembra a volte restare una<br />

sorta <strong>di</strong> guscio spen<strong>di</strong>damente<br />

vuoto. Caso-limite o, più<br />

probab<strong>il</strong>mente, para<strong>di</strong>gma dei<br />

nostri centri storici più belli e<br />

civ<strong>il</strong>i». Quel che è accaduto a<br />

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