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numero 4 anno 2012 - CCIAA di Catanzaro - Camera di Commercio

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a posto la vecchia bottega dei Piccinino. Tuttaroba riciclata: le se<strong>di</strong>e, il vecchio tavolo, quello<strong>di</strong> nonna. Tutto ri<strong>di</strong>pinto, sistemato per dareforma a una vita nuova e <strong>di</strong>versa. È nato così illoro bed & breakfast: tre camere, una sala ristorantecon una ventina <strong>di</strong> posti. Il nome: “La pecoranera”. Suggerito da un amico con una suateoria: “la pecora nera non è migliore o peggioredelle altre, è solo <strong>di</strong>fferente”. Perfetto per quelloche Raffaella e Stefano avevano in testa.Oggi la “La pecora nera” è un posto speciale. Chici arriva capisce subito che non è solo un ristorante.Stefano accoglie gli ospiti con un bicchiere<strong>di</strong> rosso e la raccomandazione: “bevete, chiacchierate,al resto pensiamo noi”. Il resto sonouna serie <strong>di</strong> antipasti, primi, secon<strong>di</strong> verdure.Tutto rigorosamente del posto e <strong>di</strong> stagione perchéalla “Pecora nera” una cella frigorifera nonha mai trovato posto e mai lo troverà.In cucina lavorano insieme Raffaella e Stefano,insieme tirano fuori paste rigorosamente freschee stese a mano, con<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> verdure chedall’orto finiscono in padella. Piatto forte lostinco <strong>di</strong> maiale, inutile <strong>di</strong>rlo, provenienza allevamentidella Sila, cotto nella birra, quella rossa,artigianale, che f<strong>anno</strong> a Zagarise, un altro paesedella Presila catanzarese.L’atmosfera è quella <strong>di</strong> una casa, una casa vissutacon la credenza dove ci metti dentro i piattibuoni e i ninnoli regalati dagli amici sparsi dappertutto,pecore <strong>di</strong> ogni genere. Tutti regali <strong>di</strong>chi qui è arrivato, magari per caso proprio comei titolari, ed è tornato ed ha voluto lasciare qualcosa.Alla Pecora nera il pranzo scivola via come unrituale antico, nessuna fretta, nessun corteggiamento<strong>di</strong> pretenziose stoviglie, i cibi h<strong>anno</strong> ilsapore autentico e il profumo della montagna.Quella montagna che ha stregato in modo definitivoRaffaella e Stefano ma che corteggia eammalia chiunque arrivi fino a Buturo con lospirito giusto, fermando le lancette dell’orologioe senza neppure avere la necessità <strong>di</strong> spegnere ilcellulare, tanto lassù la linea non prende.Raffaella si esibisce a fine pranzo con i suoi dolcie le sue marmellate deliziose. Sorride e scopriche quella serenità è l’ingre<strong>di</strong>ente magico dellasua cucina. A chi le chiede se si sente sod<strong>di</strong>sfattadella scelta, risponde senza esitazione: “Al duecentoper cento”. Stefano annuisce, anche il suobilancio tre anni dopo è più che positivo. Sorridepure lui e il caffè per gli ospiti lo porta dopo untempo lunghissimo per chi è abituato alla macchinettaelettrica. Ma lui, il caffè lo fa con unavecchia moka, come si faceva un tempo quandol’orologio non aveva rubato le nostre vite.Loro, Raffaella e Stefano, le loro, <strong>di</strong> vite, h<strong>anno</strong>avuto il coraggio <strong>di</strong> riprendersele.OC - 23

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