EDITORIALE<strong>di</strong> Paolo AbramoSpecchio sì manon “delle brame”Itempi che viviamo impongonoa chi è investito <strong>di</strong>responsabilità istituzionaliscelte rapide, spesso obbligatema soprattutto operative, efficacinell’imme<strong>di</strong>ato o quantomenoa me<strong>di</strong>o termine. Sarebbeun errore, però, pensare chesi tratti <strong>di</strong> un momento contingente,legato a un’emergenzatemporanea e che quin<strong>di</strong>,tutto sommato, quelle sceltesiano un dovere solo per chi èchiamato a operare in questomomento eccezionale. I tempiche viviamo e le decisioni cheessi impongono, infatti, sonofrutto <strong>di</strong> errori e miopie passate,inadeguatezze e incapacità<strong>di</strong>ffuse, nella certezza ri<strong>di</strong>cola onell’incoscienza colpevole, chei no<strong>di</strong> non sarebbero venuti alpettine. I no<strong>di</strong>, invece, vengonosempre al pettine; si trattasolo <strong>di</strong> capire quando.Da questo particolare punto<strong>di</strong> vista, quanto accade oggi esoprattutto il perché accade,dovrà essere un monito peril domani; per quando cioè,superata l’emergenza, occorrerànon ripetere gli errori delpassato e costruire il futuro subasi <strong>di</strong>verse. Per completare ilragionamento, però, occorreanche aggiungere che, poichégli errori non vengono mai dasoli ma c’è chi li commette, perevitare <strong>di</strong> ripeterli ci voglionoanche la competenza e la capacità<strong>di</strong> tenere la barra dritta percentrare l’obiettivo <strong>di</strong> far benele cose e soprattutto, scegliere<strong>di</strong> fare quelle giuste. Questeelementari considerazioni <strong>di</strong>2 - OC
uon senso non riguardanosolo il Paese in quanto tale mariguardano anche i singoli territori,poiché ciascuno concorrea fare il tutto e nessuno ha il<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> chiamarsi fuori dalleresponsabilità. Anche perchéc’è un tema, sugli altri, che ci riguardain<strong>di</strong>stintamente: quellocioè della cosiddetta classe <strong>di</strong>rigente,delle sue qualità e dellesue capacità. Sono queste qualitàe queste capacità che d<strong>anno</strong>o tolgono spessore alle Istituzioni,che ne valorizzano o necompromettono la <strong>di</strong>gnità.Nei mesi scorsi, abbiamo riflettutosullo stato <strong>di</strong> salute deipartiti e sulla necessità che essisiano all’altezza del compitoche è loro affidato. Ma anche lacosiddetta “società civile” deveessere oggetto <strong>di</strong> analisi, speciedopo che proprio a causa dellacrisi dei partiti, essa ha fatto ilsuo ingresso nelle Istituzioniattraverso <strong>numero</strong>se personalità.A questo proposito, però,un rapido giro del nostro orizzontepiù prossimo ci consegna,purtroppo, più <strong>di</strong> una perplessità,soprattutto alla lucedella gravità dei problemi cheogni giorno siamo chiamati adaffrontare.Appaiono in verità pochi, quelliche con spirito quasi missionarioci mettono la faccia ebuona parte del loro tempo ein nome <strong>di</strong> un impegno politico,istituzionale o associativoche sia, d<strong>anno</strong> interamentese stessi per mantenere fede aipropri doveri. Lo f<strong>anno</strong> conautentica de<strong>di</strong>zione. Forsetroppa, verrebbe da <strong>di</strong>re… Cisono poi quelli - e appaionoessere molti <strong>di</strong> più - che raggiungonoposizioni <strong>di</strong> rilievo,incarichi <strong>di</strong> prestigio ma, unavolta colto questo obiettivo, si<strong>di</strong>stinguono per mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> esseree comportamenti all’insegnadel più rigoroso “grigio”. Insomma,niente colpi <strong>di</strong> testa,niente scelte eclatanti e neppureun po’ <strong>di</strong> creatività ma soloun’anonima piattezza. Sonoquelli cui si potrebbe <strong>di</strong>re chenon interessino né l’infamia,né la lode ma piuttosto unadesolante e or<strong>di</strong>naria gestionedel quoti<strong>di</strong>ano. Forse perchél’incarico ricoperto coincidecon una buona remunerazione,benefit, auto con autista, prebendevarie. Tutte cose che, peril nostro bravo esponente dellasocietà civile, sembrano esserel’unico vero motivo d’interesse.Il solo obiettivo. Infine, visono coloro che un incarico <strong>di</strong>prestigio vorrebbero ottenerloe ci provano con ogni mezzoma senza riuscirvi. Occupanonella società civile postazioni <strong>di</strong>rilievo ma l’insod<strong>di</strong>sfazione peraver fallito nell’intento finisceper compromettere anche ilruolo che svolgono. Spesso sitratta <strong>di</strong> ruoli importanti, chepure potrebbero contribuire albuon andamento complessivodella comunità ma che, esercitatimale, rischiano ad<strong>di</strong>rittura<strong>di</strong> causare d<strong>anno</strong>.Siamo consapevoli <strong>di</strong> aver schematizzato,forse eccessivamente.Le cose sono quasi semprepiù complesse dei tentativi chesi f<strong>anno</strong> <strong>di</strong> mettere or<strong>di</strong>ne nellarealtà. Ma è proprio la realtàche ci circonda ad averci spintonell’azzardo: che ci sia un deficit<strong>di</strong> classe <strong>di</strong>rigente, appareabbastanza chiaro, che il deficitriguar<strong>di</strong> anche quella parte reclutatadalla società civile lo èaltrettanto e più si sale nel grado<strong>di</strong> gravità e <strong>di</strong> complicatezzadei problemi, più le risposteappaiono spesso inadeguate oad<strong>di</strong>rittura improvvisate.Quel futuro <strong>di</strong> cui abbiamoparlato all’inizio, la necessitàche esso venga costruito subasi più solide e più serie, malsi conciliano con l’improvvisazioneo la <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> interessi particolariche spesso sembranoprendere il sopravvento. Allorac’è bisogno <strong>di</strong> un robusto esame<strong>di</strong> coscienza. C’è bisognoche, senza ipocrisie, si valutinole cose per ciò che sono nella realtà,sapendo che le capacità, lacompetenza e il senso dell’eticao si possiedono oppure no: unavia <strong>di</strong> mezzo non esiste. Insomma,impariamo a guardarci allospecchio ma per favore, chenon sia lo “specchio delle miebrame”.OC - 3