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Il Giornale dei Biologi - N. 2

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SALUTE<br />

Le scienze omiche in ambito nutrizionale<br />

si esprimono essenzialmente<br />

attraverso i concetti di<br />

Nutrigenetica e Nutrigenomica<br />

netico, capace di indurre adattamenti e/o<br />

modulazioni dell’espressione genica che<br />

possono ripercuotersi sullo stato metabolico<br />

e di salute.<br />

È quindi molto importante tenere in<br />

considerazione entrambi gli aspetti nella<br />

presa in carico del paziente al quale potrà<br />

essere fornito un consiglio ad alta specificità<br />

e personalizzazione.<br />

La priorità assoluta per poter prendere<br />

in considerazione la Nutrigenetica come<br />

approccio pratico è che i test a cui il paziente<br />

decide di sottoporsi, facciano parte<br />

del pool di test validati tramite ampi studi<br />

su popolazione. Numerosi siti e motori di<br />

ricerca scientifici accreditati, tra cui il più<br />

importante è sicuramente il sito GWAS<br />

(www.gwas.com) gestito dalla NCBI; riportano<br />

tutti gli studi di validazione ed è quindi<br />

“semplice” soprattutto per gli “addetti ai lavori”<br />

comprendere ciò che viene realmente<br />

proposto alla persona.<br />

Uno <strong>dei</strong> primi esempi di Nutrigenetica<br />

applicata è stato lo studio di relazione<br />

tra l’espressione del polimorfismo (SNP)<br />

-13910, posto sul gene della lattasi e le manifestazioni<br />

fenotipiche associate alla “intolleranza<br />

genetica al lattosio”. Fino dai primi<br />

lavori pubblicati (che risalgono agli anni<br />

2000), si è osservato come lo studio dell’espressione<br />

di suddetto polimorfismo potesse<br />

rappresentare una vera e propria analisi<br />

di genetica di popolazione in termini di<br />

adattamento evolutivo. Oggi sappiamo che<br />

l’analisi di questo SNP costituisce un passo<br />

fondamentale di approccio al paziente tanto<br />

che l’American Gastroenterological Association,<br />

ha sentito l’esigenza di stilare vere<br />

e proprie line guida rivolte alla popolazione<br />

per una migliore conoscenza, comprensione<br />

e gestione dell’intolleranza stessa [2]. Lo<br />

stesso, può dirsi per molte altre situazioni in<br />

cui la genetica individuale può porsi come<br />

spartiacque tra diversi metodi di approccio<br />

allo stesso problema. Un esempio tra tutti è<br />

l’insorgere di condizioni di obesità/sovrappeso<br />

in cui è ormai dimostrato come la<br />

componente genetica incida almeno per il<br />

30%. Sul restante 70% di rischio, giocano<br />

un ruolo fondamentale tutti i fattori ambientali.<br />

Molti sono i polimorfismi associati<br />

alla predisposizione all’obesità ma due tra<br />

tutti sembrano fare davvero la differenza<br />

determinando, a livello fenotipico, uno<br />

scompenso nel bilancio energetico: il deficit<br />

nel sistema della melanocortina con<br />

specificità del suo recettore 4 (MC4R) e il<br />

deficit del gene dell’obesità (FTO).<br />

A questo proposito, in uno studio<br />

pubblicato da Ortega-Azorín et. al. (2012)<br />

[3], è stato valutato su un gruppo di 7.052<br />

soggetti a rischio cardiovascolare se le associazioni<br />

tra MC4R, FTO e peso corporeo<br />

potessero essere modulate dalla dieta e<br />

dall’attività fisica. Dopo un attento monitoraggio<br />

<strong>dei</strong> geni interessati in relazione al<br />

cambio dello stile di vita (nello specifico<br />

adesione alla dieta mediterranea e attività<br />

fisica continuativa), è stata dimostrata<br />

una modulazione positiva <strong>dei</strong> polimorfismi<br />

FTO e MC4R sulla percentuale di rischio<br />

relativa ad obesità/sovrappeso.<br />

Alla luce di quanto sopra descritto,<br />

possiamo affermare, senza dubbio, che<br />

la più affascinante delle opportunità che<br />

si apre nel campo della Nutrigenetica<br />

è lo sviluppo, partendo dalle differenze<br />

genetiche individuali, di una «nutrizione<br />

personalizzata», allo scopo di ottenere<br />

una effettiva “terapia dietetica ottimale”<br />

in grado di prevenire e/o ritardare l’insorgenza<br />

di condizioni croniche o legate all’alimentazione,<br />

per singoli individui o per<br />

particolari gruppi di popolazione.<br />

In questi termini, la possibilità di associare<br />

alcuni SNPs (riscontrati e validati<br />

attraverso studi su larga scala) alla<br />

modificazione nell’introduzione di alcuni<br />

nutrienti e/o alimenti della dieta al fine<br />

di promuovere una modulazione positiva<br />

dello stato di salute è certamente da considerarsi<br />

una delle nuove sfide della scienza.<br />

Tuttavia, la posizione della comunità<br />

scientifica a riguardo è certamente da considerarsi<br />

controversa in quanto il rischio di<br />

cattiva o falsata interpretazione <strong>dei</strong> risultati<br />

ottenuti da questo tipo di valutazioni e la<br />

necessità di conoscenze specifiche e trasversali<br />

in materia di nutrizione e salute da<br />

parte del professionista che legge la refertazione<br />

ci pone in un’ottica di prudenza e di<br />

necessità di approfondimento delle conoscenze.<br />

A tal riguardo infatti è da sottolineare<br />

l’importanza di dover necessariamente<br />

considerare la presenza di SNPs e/o predisposizioni<br />

metaboliche come un insieme di<br />

aspetti che possono convivere, interagire e<br />

generare condizioni che non possono esulare<br />

da un’ampia conoscenza anamnestica del<br />

paziente a 360° da parte del professionista<br />

e dall’esperienza ed utilizzo di una visione<br />

di insieme delle interazioni metaboliche/alimentari<br />

che si possono generare.<br />

A questo proposito l’applicabilità della<br />

Nutrigenetica e delle altre scienze omiche<br />

nella pratica di personalizzazione del profilo<br />

alimentare deve necessariamente passare<br />

attraverso una serie di considerazioni<br />

preliminari:<br />

- conoscenza approfondita <strong>dei</strong> test ad<br />

oggi disponibili e validati, delle loro potenzialità<br />

e <strong>dei</strong> loro limiti oggettivi<br />

- corretta gestione degli stessi in concerto<br />

con la completa anamnesi del soggetto<br />

- aggiornamento continuo da parte degli<br />

“addetti ai lavori” poiché, come detto in<br />

precedenza, le scienze omiche sono in costante<br />

evoluzione.<br />

In conclusione, il professionista non<br />

può esimersi dal mettere in guardia il proprio<br />

paziente verso il grande “business”<br />

che purtroppo colpisce ed ha colpito l’affascinante<br />

mondo della genetica applicata.<br />

Ricordiamo che, come già accaduto nella<br />

recente storia scientifica, la proposta “selvaggia”<br />

e senza scrupoli di test non scientificamente<br />

validati porta il soggetto a false<br />

credenze o aspettative ma soprattutto rischia<br />

di mettere sullo stesso piano “speculazione”<br />

e scienza.<br />

Bibliografia<br />

[1] Di Renzo et al., 2019.<br />

[2] Linee Guida American Gastroenterological<br />

Association, 2019.<br />

[3] Ortega-Azorín et. al., 2012.<br />

<strong>Il</strong> <strong>Giornale</strong> <strong>dei</strong> <strong>Biologi</strong> | Febbraio 2020<br />

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