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AMBIENTE<br />
tagione dell’Arizona. Per Russell Monson,<br />
professore di ecologia e biologia evolutiva<br />
all’Università dell’Arizona e autore principale<br />
dello studio, «la soppressione della<br />
produzione di isoprene nelle foglie ha innescato<br />
percorsi di segnalazione di stress<br />
alternativi che sembrano compensare la<br />
perdita di tolleranza<br />
allo stress dovuta<br />
all’isoprene». In<br />
sostanza «gli alberi<br />
hanno mostrato una<br />
risposta intelligente<br />
che ha permesso<br />
loro di aggirare la<br />
perdita di isoprene<br />
e arrivare allo stesso risultato, tollerando<br />
efficacemente le alte temperature e lo<br />
stress da siccità». In questo modo, dicono<br />
gli scienziati, le piante geneticamente<br />
modificate con la tecnica dell’interferenza<br />
dell’RNA risultano “non inquinanti”. «I nostri<br />
risultati suggeriscono che le emissioni<br />
di isoprene possono essere ridotte senza<br />
Lo studio è stato pubblicato<br />
sulla rivista Proceedings<br />
of National Academy<br />
of Sciences<br />
© jaroslava V/www.shutterstock.com<br />
influire sulla produzione di biomassa nelle<br />
piantagioni forestali temperate - chiosa<br />
il co-autore dello studio Steven Strauss,<br />
professore di biotecnologia forestale presso<br />
la Oregon State University - questo è ciò<br />
che volevamo comprende. Ci chiedevamo<br />
se era possibile ridurre la produzione di<br />
isoprene e conservare<br />
allo stesso tempo<br />
la salute generale<br />
delle piante. Sembra<br />
che sia possibile,<br />
che la nostra modifica<br />
non comprometta<br />
in modo significativo<br />
lo stato di salute».<br />
Ora, mentre saranno realizzati altri studi<br />
sulle piante geneticamente modificate, gli<br />
scienziati sperano che il loro esperimento<br />
possa aprire le porte «ad una maggiore sostenibilità<br />
ambientale mentre sviluppiamo<br />
le piantagioni e anche, se si pensa ai biocarburanti,<br />
all’utilizzo come fonti alternative<br />
a combustibili fossili». (G. T.).<br />
La pianta Ogm che<br />
depura la casa<br />
Lo scorso anno, parlando di piante<br />
geneticamente modificate, ha<br />
fatto scalpore una versione transgenica<br />
di una pianta comunemente<br />
presente nelle nostre case, l’Epipremnum<br />
aureum o Pothos, che<br />
grazie a <strong>dei</strong> geni di coniglio è stata<br />
modificata in modo tale da assorbire<br />
la maggior parte degli inquinanti<br />
potenzialmente cancerogeni che respiriamo<br />
in casa. Lo studio è stato<br />
realizzato da un gruppo di ricercatori<br />
dell’Università di Washington<br />
che attraverso un gene che codifica<br />
per un enzima presente nel fegato<br />
<strong>dei</strong> conigli ha realizzato una pianta<br />
modificata e destinata ad ambienti<br />
chiusi, pensata per depurare da<br />
benzene e cloroformio, derivanti<br />
magari da fumo o candele o dall’evaporazione<br />
dell’acqua d’uso domestico.<br />
Secondo i ricercatori la versione<br />
non modificata ha assorbito meno<br />
del 10 per cento degli inquinanti in<br />
una settimana; quella transgenica<br />
invece oltre il 90 per cento.<br />
© Myimaginem/www.shutterstock.com<br />
<strong>Il</strong> <strong>Giornale</strong> <strong>dei</strong> <strong>Biologi</strong> | Febbraio 2020<br />
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