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DI MAGAZINE cover MENA MARANO _ ARAV FASHION GROUP

Molti sono convinti che l'imprenditorialità sia scritta nel codice genetico. Diverse ricerche dimostrano però il contrario: imprenditori si diventa, soprattutto con una adeguata formazione (oltre che, ovviamente, con l'esperienza). Non si può negare, tuttavia, che alcuni abbiano come dotazione naturale una «marcia in più» per svolgere questo particolare tipo di attività: la capacità di leadership, di ragionare con la propria testa, di saper attendere i risultati dei propri sforzi; ma anche la creatività, l'elasticità mentale, la facilità di stabilire buone relazioni umane e una equilibrata propensione al rischio. Purtroppo, solo pochi hanno tutte queste doti insieme: ecco perché è con grande orgoglio che vi presento una donna che rappresenta l’emblema di tutte queste attitudini. Lei è Mena Marano, una giovane imprenditrice che è riuscita, in pochi anni, a conquistare la pole position del fashion system internazionale. Amministratrice delegata di ARAV srl: due decenni di storia che cercheremo di raccontare per rendere omaggio agli ambiziosi traguardi raggiunti. [...]

Molti sono convinti che l'imprenditorialità sia scritta nel codice genetico. Diverse ricerche dimostrano però il contrario: imprenditori si diventa, soprattutto con una adeguata formazione (oltre che, ovviamente, con l'esperienza). Non si può negare, tuttavia, che alcuni abbiano come dotazione naturale una «marcia in più» per svolgere questo particolare tipo di attività: la capacità di leadership, di ragionare con la propria testa, di saper attendere i risultati dei propri sforzi; ma anche la creatività, l'elasticità mentale, la facilità di stabilire buone relazioni umane e una equilibrata propensione al rischio. Purtroppo, solo pochi hanno tutte queste doti insieme: ecco perché è con grande orgoglio che vi presento una donna che rappresenta l’emblema di tutte queste attitudini. Lei è Mena Marano, una giovane imprenditrice che è riuscita, in pochi anni, a conquistare la pole position del fashion system internazionale. Amministratrice delegata di ARAV srl: due decenni di storia che cercheremo di raccontare per rendere omaggio agli ambiziosi traguardi raggiunti. [...]

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www.dimagazine.it

Amore e lavoro: un’equazione spesso molto

difficile da risolvere. Poter contare su una vita

professionale soddisfacente e stimolante è senza

dubbio molto importante, ma a volte con risvolti

nefasti per la coppia. Non è certamente il suo

caso Mena: suo marito, Giuseppe Ammaturo, le è

sempre stato accanto sia nella sfera privata

quanto in quella professionale appoggiando le

sue scelte strategiche e accondiscendendo al

fatto che fosse lei l’immagine di ARAV Fashion

Group…

Io e mio marito ci siamo conosciuti da ragazzini,

siamo cresciuti insieme, per fortuna caratterialmente

ci siamo trovati, avevamo le medesime aspirazioni.

Abbiamo condiviso tutto. Mio marito non ha mai

cercato di offuscarmi o di limitarmi: mi ha sempre

appoggiata, ma la sua approvazione è sempre stata

dettata dal merito. Non ha mai cercato di

compiacermi, né tanto meno si è mai sentito in

secondo piano: è un uomo intelligente… abbiamo

semplicemente deciso di dividerci i ruoli in relazione

alle nostre attitudini. In ARAV vige il principio della

meritocrazia; è questo lo spirito che ti porta a

costruire qualcosa di buono, tanto alla fine è la

squadra che vince, non la singola persona.

ARAV è l’acronimo dei vostri figli: Rossana e

Vittorio… è una sorta di dichiarazione d’affetto o

un desiderio di continuità?

Certamente una continuità. Quando abbiamo

pensato al nome abbiamo pensato ad un obiettivo: di

creare qualcosa che si perpetuasse nel tempo.

In una recente intervista ha dichiarato: cito

testualmente “Le crisi possono diventare

occasione di riflessione ed opportunità, questa

in particolare, è stato un po’ come riprendere

l’azienda da zero, come fosse un foglio bianco

sul quale cominciare da capo a scrivere”. Come

ha affrontato questa pandemia a livello

professionale e come sta riscrivendo su quelle

pagine bianche il presente ed il futuro?

L’emergenza Coronavirus ha bloccato in un istante i

progetti, le azioni e i programmi della nostra vita. È

stata come un’onda che ci ha travolto e lasciato da

un giorno all’altro a cercare nuove soluzioni.

Paradossalmente, però, le pandemie si sono sempre

dimostrate capaci anche di mutare il corso della

storia in positivo, innescando l’innovazione dei

sistemi politici, economici ma anche tecnologici.

Trovo pertanto che questo contesto macroeconomico

rappresenti anche una grande

opportunità per chi la sa cogliere, mi riferisco in

particolare al settore fashion che è quello che mi

rappresenta. Su quelle pagine bianche oggi sto

riscrivendo una nuova realtà aziendale figlia di

cambiamenti che incombono a ritmi sempre più

incalzanti. Quello che abbiamo fatto durante il lungo

periodo di lockdown è stato infatti analizzare tutti gli

scenari e le opportunità su cui andare a riconvertire

l’azienda; tagliare tutto quello che non è produttivo e

concentrare l’interesse sulle opportunità strategiche

che ci troviamo di fronte per essere competitivi. Il

focus generale è certamente la trasformazione

digitale: perdere il treno della digitalizzazione vuol

dire semplicemente perdere la sfida della

competitività. La partita si giocherà sulle competenze

digitali. Le aziende si sono trovate da un giorno

all’altro a dover accelerare sul fronte delle

tecnologie, diventare digitali per sopravvivere. Non ci

sono piani B, non è più possibile aspettare. In una

situazione come questa, non sopravvivi: questi sono

momenti che portano inevitabilmente ad una

accelerazione. A investire su piani emergenziali e

modelli operativi in grado di rispondere con efficacia

a eventi inaspettati; dobbiamo adattarci alle nuove

urgenze del consumo, introdurre strumenti e

strategie innovativi lungo tutta la catena del valore,

per realizzare cambiamenti radicali e duraturi. Il

consumatore moderno chiede ai brand un nuovo tipo

di relazione, esperienze di acquisto e servizi

personalizzati, sia online che offline. Come

soddisfarlo? In che modo fidelizzarlo? Quali

tecnologie adottare per offrire la migliore customer

experience? Come possono i brand influenzare i

consumatori nelle loro scelte e come è possibile

indirizzare questa influenza? Sono queste le

principali domande alle quali dobbiamo rispondere. È

necessaria quindi una sorta di contaminazione tra

fisico e digitale, che si può ottenere portando le

tecnologie digital negli esercizi commerciali ed

evitando di perdere la dimensione umana del brand

anche sul web, elemento fondamentale che potenzia

l’esperienza di acquisto del consumatore. Noi siamo

pronti…

Mena, mi parla dei suoi brand?

La nostra avventura imprenditoriale è iniziata con

Silvian Heach, per me è come se fosse un figlio

(sorride)…è stato il primo brand dell'azienda. Un

marchio di moda donna dalla filosofia chiara ed

ambiziosa: abiti accessibili, stylish e facili da

interpretare. Una ricerca attenta di capi cool a un

costo accessibile; una linea pensata per le donne

comuni; donne che rappresentano la quotidianità,

come me... ed infatti è in brand che più mi

rappresenta. La donna Silvian Heach è una donna

contemporanea che ama il buon gusto e la qualità dei

prodotti combinati ad una forte passione per la ricerca

dei dettagli. Il retail resta sempre in primo piano; la

nostra politica in materia è stata aggressiva ma

qualificante: abbiamo puntato ad essere in tutti i posti

adatti a noi. Inoltre abbiamo rilanciato il nostro e-store,

affidandolo a una struttura esterna. Fiore all'occhiello,

l'accordo siglato al Pitti Bimbo con John Richmond,

nel 2017… abbiamo avviato questo progetto di

rilancio che è stata davvero una sfida complicata e

difficile perchè non è facile approcciarsi ad un

contemporary luxury… una sfida che abbiamo vinto

perché in tre anni abbiamo avuto grandi soddisfazioni

dal punto di vista del mercato. Richmond per me è

una start-up come Marcobologna, un brand molto più

giovane, anch'esso con grandissime potenzialità in

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